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Su alcuni istituti del diritto tradizionale dei Kazaki[1]

 

Gulena R. Useinova

Università Nazionale del Kazakistan “Al Farabi”

Almaty

 

 

Dopo che il Kazakistan ha acquistato la sovranità e l’indipendenza si sono rinnovate le vaste ricerche sull’epoca d’oro del diritto consuetudinario dei kazaki. Si sa che è impossibile comprendere e tanto meno pronosticare il futuro senza studiare il passato. L.A. Slovokhotov ha osservato che «comprendere, stimare in modo dovuto e soppesare il presente si può solo tramite uno studio del passato. Il passato generò, educò, coltivò il popolo sotto l’influsso di diverse condizioni della vita popolare. Ogni istituto del diritto, così come l’ordinamento giuridico del popolo si formava sotto l’influsso dei fattori di carattere storico-etnico, territoriale, religioso e di altro tipo della vita quotidiana del popolo»[2].

Il diritto kazako con la sua storia plurisecolare, cresciuto sulle fondamenta democratiche e umanistiche, varcò le soglie della sua epoca. Fino all’inizio del XX secolo il diritto consuetudinario dei kazaki continuò a svolgere la sua reale funzione regolatrice della vita sociale. La durata del diritto kazako viene spiegata dall’accademico S.Z. Zimanov, che ne rivela due fattori: in primo luogo, i principi dell’economia nomade e della quotidianità, nonché quelli della tradizione culturale si realizzano su un vastissimo territorio; in secondo luogo, il diritto consuetudinario dei kazaki si trova in strettissimo contatto con lo stesso popolo, con la logica della sua vita[3].

Presentemente il diritto consuetudinario dei kazaki viene considerato dagli storici del diritto sempre più sotto l’aspetto della tradizionale cultura giuridica della società nomade.

Le norme di diritto consuetudinario rappresentano una parte integrante della storia della società kazaka, un suo elemento organico. Si formarono sotto l’influsso del modo di vita nomade e del nuovo ordinamento. I tratti generali del diritto consuetudinario dei kazaki sono la democrazia e l’umanesimo. A testimonianza di tutto questo si osservino gli istituti giuridici illustrati qui di seguito.

Prima di tutto nel diritto consuetudinario dei kazaki erano largamente accettati gli istituti di mutuo soccorso, che avevano per base i principi della libera volontà e dell’aiuto senza remunerazione:

 

1. konak asy, cioè l’ospitalità. Questo istituto consisteva nell’obbligo di offrire cibo e alloggio per la notte a qualsiasi viandante, indipendentemente dalla quantità di persone che lo accompagnavano. Nel caso di violazione del dovere di ospitalità da parte del padrone del carro di pelle, il viandante poteva citarlo davanti al tribunale del bij chiedendo di essere risarcito con la multa, che variava secondo la stagione dell’anno, di un cavallo, una pelliccia o una vestaglia.

 

2. asar: l’aiuto gratuito per tagliare il fieno, scavare il pozzo, costruire la struttura abitativa invernale e simili.

 

3. zhylu: l’aiuto gratuito nel caso di calamità dovuta a cause naturali.

 

4. zhurscyly: aiutare un parente a pagare un debito.

 

5. agajynshylyk: il sostegno materiale ad un membro del proprio clan, qualora pervenisse ad una situazione di povertà.

 

6. kyzyl koteru: l’aiuto gratuito al parente nel caso di moria di animali di allevamento. Il bestiame veniva diviso in 12 parti, poi i parenti lo pagavano risarcendone il completo valore.

 

In secondo luogo, il diritto tradizionale kazako si caratterizzava per l’assenza delle severe pene di punizione dei reati, tipiche per gli altri paesi orientali. Nella società kazaka non esistevano l’uso della prigione, zindani, cioè mancavano del tutto celle di reclusione; per di più, la pena di morte fu molto rara e veniva comminata solo con l’approvazione della assemblea popolare (kurultaj).

Questa regola rimase in vigore fino al XVIII secolo. Inoltre l’antico diritto consuetudinario kazako non conosceva punizioni corporali. La pena più severa fu la espulsione dal clan. Al condannato a questa pena si tagliava l’orlo del vestito e egli veniva cacciato dalla comunità e dichiarato fuori legge.

Va notato che tutto il sistema delle pene si basava sul principio di composizione, vale a dire che si usava di norma un sistema di multe (aip) e di riscatti (kun). Proprio a causa di questo principio nel diritto penale il diritto consuetudinario kazako fu molto criticato veniva criticato dagli “specialisti”. A nostro avviso, l’uso del sistema di multe e di riscatti non serve a dimostrazione del carattere patriarcale e reazionario del diritto consuetudinario dei kazaki, ma attesta, piuttosto, un forte sviluppo dei rapporti patrimoniali nella società kazaka.

Poiché la pena riguardava la persona colpevole di un reato, sarebbe opportuno a questo punto trattare brevemente il concetto e la tipologia dei reati.

Nel diritto consuetudinario dei kazaki il concetto di reato poco differiva dal concetto di trasgressione della legge civile. Il reato veniva inteso come una “cattiva faccenda”, un “illecito”, solo in presenza di azioni che cagionavano il danno materiale o morale. Il soggetto del reato secondo il diritto consuetudinario dei kazaki poteva essere che l’uomo. A differenza del diritto medievale occidentale, né animali, né oggetti inanimati potevano essere soggetti del reato. Non lo erano nemmeno dementi, ritardati di mente, sordomuti. Nemmeno gli schiavi potevano essere soggetti del reato. Quindi soggetto del reato poteva essere solo una persona fisica, capace, che gestisse liberamente il proprio patrimonio.

Soggettivamente il reato si qualificava secondo la presenza della colpa. Oramai si fa differenza tra azioni dolose e non dolose. Le azioni dolose supponevano la presenza di una diretta intenzione, in tutti gli altri casi avevano luogo le azioni non dolose. Per la qualificazione dei reati avevano una grande importanza anche gli elementi della parte soggettiva come modo, luogo e tempo del reato commesso.

Del diritto civile basterà dire quanto segue. Com’è noto nella società tradizionale kazaka non esisteva proprietà privata sui pascoli. La terra veniva considerata proprietà collettiva delle comunità nomadi. Si distingueva il diritto di proprietà sulla terra che apparteneva alla comunità, il diritto di uso dei pascoli appartenente ai singoli collettivi economici e il diritto di amministrare i pascoli che era attribuito invece ai governanti delle comunità (capi eletti, bii e batyr). Però questi non potevano disporre della proprietà comunitaria a danno degli altri membri della comunità. La misura fondamentale della ricchezza fu il bestiame. Perciò tutto il patrimonio si divideva in due categorie: mal (bestiame) e mulik (il resto dei beni).

Una grande importanza nel diritto consuetudinario dei kazaki aveva il diritto della «cattura dal primo venuto» che interessava le sorgenti naturali. Esso consisteva nel diritto di usare sia la sorgente come abbeveratoio, sia i pascoli circostanti da parte di quella comunità che per prima avesse occupato i luoghi nel momento di ritorno dalla stazione di svernamento. Il diritto di «cattura dal primo venuto» non si applicava, invece, alle fonti d’acqua artificiali, quali pozzi e simili, che restavano in proprietà di quella comunità che li avesse scavati.

Un ruolo particolare occupava nel diritto dei kazaki l’istituto di barymta, cioè il furto del bestiame allo scopo di ripristinare il proprio diritto violato in precedenza. Questo istituto affondava le sue radici nell’antichità; era sorto, cioè, in secoli lontani, ancora prima degli statuti dell'antico impero e delle “Leggi (jasa) di Gengis Khan”, anche se queste ultime in un certo modo ne avevano influenzato il contenuto. Le fonti dimostrano, infatti, che l’istituto della barymta figurava ancora nel sistema giuridico consuetudinario turco (secoli VI-XII).

La Barymta rappresentava sia una regola morale, sia una norma giuridica consuetudinaria. Non era un semplice furto di bestiame. L’istituto aveva per scopo principale la ricerca obiettiva della giustizia, mediante una riparazione della violazione del diritto consumata ai danni dell’agente.

La barymta rappresentava dunque:

 

- in primo luogo, la vendetta legata al danno fisico o quello morale;

- in secondo luogo, era lo strumento di punizione per la violazione degli interessi della comunità;

- in terzo luogo, era un modo per difendersi dalle trasgressioni del diritto, oppure il modo per costringere qualcuno ad osservare la decisione del tribunale dei bij;

- in quarto luogo, era una forma per esprimere la protesta sociale o il malcontento comunitario;

- in quinto luogo, serviva per risolvere le controversie tra i clan.

 

In origine la barymta nasce come forma di “taglione” nella società nomade. La caratteristica principale per la pena del taglione è la proporzionalità, in tal modo si limita la misura della remunerazione. Se nel diritto europeo essa equivale al principio “occhio per occhio”, “dente per dente”, nel diritto kazaro si manifesta con il principio “orecchio per orecchio”, “zoccolo per zoccolo”.

Come modo di difesa dalla violazione del diritto, la barymta fu necessaria ad alcune tappe dello sviluppo storico della società e dello stato. La presenza della barymta come modo di ripristino della trasgressione del diritto dimostra quanto la società tradizionale kazaka tendesse all’autoregolazione e al proprio sviluppo.

Se le condizioni di adempimento della barymta non venivano rispettate, era possibile intraprendere altre azioni e misure di responsabilità come il pagamento del kun e dell’aip; inoltre potevano essere comminati vari rimproveri orali di tipo morale.

Dopo l’annessione alla Russia che portò dei profondi cambiamenti alla cultura giuridica tradizionale dei kazaki, mentre si sviluppava la differenziazione della società, si modificarono i rapporti giuridici internazionali, si limitarono i diritti dei tribunali dei bii; allora anche la barymta perde la sua importanza primordiale. Verso la fine del XVIII sec. – l’inizio del XIX sec., questo antico istituto giuridico tradizionale diventa sinonimo di guerra feudale accompagnata dalla cattura del bestiame, sinonimo della rapina. Per barymta si intendeva, a quel punto, qualsiasi tipo di appropriazione violenta dei beni altrui, indipendentemente dal fine.

L’analisi del diritto comune dimostra che un istituto simile alla barymta esisteva presso i popoli dell’Ucraina. Lo conobbe anche il diritto antico dell’Irlanda, dove si trovano alcune norme nelle regole della Legge Salica[4]. E’ un fatto notato prima di tutti da M. Kovalevskij. In particolare scrive lo studioso: «“La “rapina” della Piccola Russia (Ucraina) che di recente passò nella storia come procedimento favoloso, assomiglia alla barymta. La differenza della “rapina” consiste nel fatto che veniva indirizzata solo alla persona che non rispettava le condizioni del contratto senza toccare i suoi parenti. Il fatto trova spiegazione dal diminuito contatto tra i parenti nelle condizioni moderne al confronto con quello nelle condizioni della società primitiva»[5] .

Quanto al diritto irlandese, l’analisi della raccolta di testi irlandesi dal titolo “Senchus Mor” del V sec. rivela tanto i tratti simili, quanto quelli distintivi. Ai primi si riferisce la mancanza di distinzione tra leggi civili e penali nei riguardi della cattura, nonché il fatto che gli irlandesi, così come i kazaki, eseguendo la barymta rispettavano determinate condizioni, cioè il costume presupponeva una certa regolamentazione della procedura.

Secondo alcuni autori, le regole della barymta  presso gli irlandesi furono più perfette di quelle dei kazaki[6].

Le condizioni di legittimità della appropriazione dei beni presso gli irlandesi furono:

1. Alla “cattura” si ammettevano solo le persone giuridicamente capaci. Secondo il diritto comune irlandese la persona era capace se aveva una determinata età ed apparteneva come membro a un noto clan. Non venivano considerate persone capaci né quelle senza parenti, né i coloni.

2. La appropriazione poteva essere effettuata solo nei confronti di una persona con uguale capacità giuridica.

3. Si rispettava il principio di pubblicità. Questa condizione presupponeva l’accompagnamento del querelante dai suoi parenti durante l’azione di autorisarcimento.

4. I beni “catturati” diventavano proprietà del querelante solo alla scadenza della data prestabilita per la soddisfazione delle legittime richieste. Alla scadenza della data potevano essere concessi alcuni giorni di proroga.

Cercheremo di esaminare le condizioni riportate sopra riguardo al diritto comune dei kazaki per capire i motivi che permettono ad alcuni ricercatori russi di concludere che il diritto irlandese nel regolamento della “cattura” fosse più perfetto.

Sebbene le prime due condizioni non si riferiscano alla legittimità della barymta secondo il diritto comune dei kazaki, tuttavia nella pratica erano rispettate poiché stavano alla base del diritto penale e di quello delle obbligazioni, quindi il loro rispetto fu condizione sottintesa. La terza condizione aveva luogo presso i kazaki, anche se non si confermava in forma di condizione ma si esprimeva nell’istituto “komek”.

Nel diritto tradizionale dei kazaki mancava la fissazione delle date di esecuzione delle richieste. Però i kazaki, a differenza degli irlandesi, avevano diverse altre condizioni e perciò, a nostro avviso, non sarebbe giusto dichiarare la perfezione di uno dei sistemi di regolazione della “cattura” (barymta), in quanto l’ordinamento giuridico di ogni popolo si forma sulla base delle sue determinate particolarità, nelle condizioni specifiche della sua sua storia e della sua vita quotidiana.

 

 



 

[1] Per la traduzione italiana del testo russo, ringrazio la professoressa Natalia Sredinskaya dell’Accademia delle Scienza di Russia, San Pietroburgo.

 

[2] Slovochotov L.A. Narodnyi sud obyčnogo prava kigiz Maloj ordy // Drevnij mir prava kazahov. Almaty, 2005. V.6, 81.

 

[3] Zimanov S.Z. K ozenke kazahskogo prava v istorii mysli // Drevnij mir prava kazahov. Almaty, 2004. V.2, 17.

 

[4] Useinova K.R. Institut barymty i ego mesto v obyčno-pravovoj sisteme. Almaty: Nur-Print, 2011, 101.

 

[5] Kovalevskij M.M. Sovremennyi obyčaj i drevnij zakon // Obyčnoje pravo osetin v istoriko-sravnitelnom osvešenii. Moskva, 1886. V.1, 184.

 

[6] Miakutin A.I. Juridičeskij byt kigizov. Vešnoje i obiazatelstvennoje pravo // Trudy Orenburgskoj učenoj archivnoj komissii. Orenburg, 1910. V. 25, 9-179.