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onidaPietro Paolo Onida

Università di Sassari

 

Per lo studio delle costituzioni imperiali in Sardegna: cursus publicus e humanitas costantiniana

 

SOMMARIO: – 1. Nel segno di Giorgio La Pira. – 2. Natura non marginale del tema del cursus publicus nella legislazione costantiniana. – 3. Un primo quadro delle costituzioni costantiniane per la Sardegna. – 4. La disciplina del cursus publicus nei secoli IV e V d.C. – a. La praepositura mansionum. – b. La fornitura di animali da sella e da soma. – 5. Ius naturae e humanitas costantiniana. - Abstract.

 

 

1. – Nel segno di Giorgio La Pira

 

Le costituzioni, emanate da Costantino, con riferimento specifico alla Sardegna, rivestono un particolare interesse non solo, come è ovvio, per la valutazione della attività normativa del Santo e Imperatore[1], ma, più in generale, per la analisi dell’incontro e dello scontro fra i sistemi giuridici del Mediterraneo, e quindi fra le personae nel loro concreto operare all’interno di quella straordinaria invenzione, “macchina societaria per eccellenza” (l’espressione è di Giovanni Lobrano) che è la città: Cic., rep. 1.49: quid est enim civitas nisi iuris societas civium? [2].

In questa prospettiva, l’identità, religiosa e politica, del popolo sardo trova nel culto del Santo e Imperatore, lo ha messo bene in evidenza Pierangelo Catalano, utilizzando una espressione cara all’accademico dei Lincei Giovanni Lilliu[3], un aspetto essenziale della “costante resistenziale sarda”, nel quadro “dell’universalismo giuridico-religioso cristiano”[4].

Giorgio La Pira, nel 1974, nella sua “Riflessione storico-politica”[5], un testo denso di spunti giuridici e religiosi, persino commovente nel suo ardore, a proposito di Costantino, individua, con la forza che all’illustre romanista proviene dalla sua testimonianza di giurista e di uomo di pace, il senso di quella che egli definisce la “struttura bipolare” della Storia: la prima fase è quella di Augusto che “prepara la venuta di Cristo”; la seconda è quella che si apre con il “sogno di Costantino”, che permette alla Chiesa di uscire dalle catacombe e di divenire “protagonista della storia” dialogando con l’“Impero”, “sempre inteso non come imperialista”, egli aggiunge, “ma come l’unità del mondo intero”. Ecco, quindi, il significato della svolta costantiniana, con il suo favorire il dialogo fra Chiesa e Impero, nel senso ora precisato, in una costante apertura verso l’Oriente:

 

“Lui intanto fondò anche Costantinopoli. Se non avesse fatto l’accordo con la Chiesa, poteva fare Costantinopoli? Ma Costantinopoli significa l’Oriente. Aprì alla Chiesa, aprì al Cristianesimo, aprì alla storia del mondo e della civiltà, tutto l’Oriente fondando Costantinopoli, bellissima città, dalla quale deriva poi Ravenna ecc... tutto il mondo orientale, il mondo russo, il mondo greco parte di là. Se non avesse fatto la pace con la Chiesa, poteva fare queste cose? No!”

 

È un testo forte, questo del La Pira, che ha la capacità di scuotere le coscienze nel richiamare concetti e principi di grande rilevanza giuridica e religiosa, in nome della svolta costantiniana: la “unità dei popoli”, il “disarmo dei popoli”, la “pace dei popoli”, la “giustizia dei popoli” e la “grazia e la bellezza dei popoli”[6].

In questo momento storico, non di pace, ma di desiderio di pace, il giurista deve trovare la forza di testimoniare con il La Pira che il sogno di Costantino è un sogno vero, nel senso che esso ha il carattere della profezia che si realizza nella tolleranza “dichiarata per tutti i popoli della terra”, nella quale si può cogliere il significato più profondo della svolta costantiniana[7].

 

 

2. – Natura non marginale del tema del cursus publicus nella legislazione costantiniana

 

È in questa prospettiva, delineata dal La Pira, in maniera così semplice, e che dalla semplicità trae tutta una forza particolare, che il tema del cursus publicus si presenta come un argomento non marginale della attività normativa dell’Imperatore e quindi anche come chiave di lettura per l’analisi della svolta costantiniana. Si deve, infatti, tenere conto di due aspetti fondamentali, uno generale e uno più specifico, entrambi connessi al cursus publicus.

In generale, occorre richiamare la funzione del cursus publicus non solo come sistema viario di trasporti di persone o cose, ma soprattutto come strumento di controllo e di diffusione di informazioni essenziali alla gestione del potere politico e alla stessa applicazione del diritto[8]. Si deve tenere presente, inoltre, che nell’ambito di quelle strutture produttive che furono le villae, aperte per destinazione agli scambi verso l’esterno, si andarono determinando rapporti non esclusivamente orientati alla alienazione delle merci, di cui si ha ampia attestazione nella letteratura de re rustica[9], ma anche alla costruzione di relazioni di più ampio respiro fra città e campagna, di cui il cursus publicus svela logiche e strutture essenziali in una visione che è assieme attinente al piano del ius publicum e a quello del ius privatum[10]. Si comprende, quindi, la importanza riconosciuta in età imperiale al cursus publicus.

Nello specifico, ed è questo il punto sul quale ci soffermeremo, si può rilevare che le costituzioni emanate da Costantino in tema di cursus publicus debbono essere ricondotte a quella parte della sua attività normativa per la quale si è parlato in dottrina di una particolare carica umanitaria[11]. In effetti, tali costituzioni possono essere assimilate, per il loro fondamento umanitario, a quella serie di disposizioni che dell’Imperatore svelano una sua attenzione alle condizioni sociali dei cittadini. Pensiamo anzitutto a quelle con le quali egli introduce alcune importanti innovazioni in tema di esecuzione della pena: dalle misure adottate in materia di giochi gladiatori[12], all’abolizione della condanna alla croce e della pratica di spezzare le gambe al sottoposto al supplizio[13]; dal divieto di marchiare il viso del condannato[14], al riconoscimento della possibilità, per colui che fosse stato in attesa di giudizio, di godere della luce del sole ogni giorno[15]. E poi anche pensiamo a quelle disposizioni con le quali Costantino prese alcune misure a favore degli indigenti[16].

Per comprendere il carattere umanitario delle disposizioni relative al cursus publicus, è necessario anzitutto considerare le tensioni frequenti tra amministratori preposti alla cura della stazioni di posta, i quali avevano fra l’altro il compito di procurare gli animali da impiegare nei trasporti, e le popolazioni locali, sulle quali invece gravava l’onere di consegnare gli animali necessari[17]. Tensioni che a volte sconfinavano nei caratteri di veri e propri abusi. Costantino intervenne in tema di cursus publicus per tentare, anche per i problemi organizzativi ad esso connessi, di rendere migliori le condizioni economiche e sociali della Sardegna, con riferimento alle quali, come riscontra il Pais, “al periodo di relativa felicità della quale fruirono le provincie romane dalla fine delle guerre civili e dal reggimento di Augusto, che culminò sotto Traiano, Adriano ed i  primi Antonini, succedette per le nostre Isole come per le altre parti dell’Impero un periodo di oppressioni fiscali, di tristi condizioni economiche”[18].

Nella disciplina costantiniana del cursus publicus si può quindi intravedere una espressione importante della tolleranza alla quale si riferisce il La Pira. La tolleranza trova nella filantropia, che le fonti attribuiscono all’Imperatore, il suo precipitato giuridico. Non è un caso che Eusebio, nel descrivere in generale le qualità imperiali, impieghi il termine “εὐσέβια”, la pietas[19], fino a fare di essa un aspetto centrale del De vita Constantini[20], mentre, con riferimento alle qualità dell’Imperatore nel rapporto con i cittadini, utilizzi appunto il termine φιλανθρωπία, virtù modellata su quella divina[21]. Eusebio riconduce la φιλανθρωπία come qualità imperiale non solo, in generale, al momento della produzione del diritto[22], ma anche, specificamente, alla esazione delle tasse[23] ed al rapporto dell’Imperatore con i popoli stranieri[24]. La filantropia dell’Imperatore è espressione importante della tolleranza in quanto virtù cristiana, che si rivolge anche a coloro che, fuori dell’Impero[25], “gemono sotto l’oppressione della tirannide e della persecuzione”[26] e che, per il suo carattere, si manifesta anche nei riguardi dei nemici[27]. Una apertura universale della φιλανθρωπία che getta, quindi, una luce particolare sulla assunzione da parte di Costantino dell’impegno a limitare il più possibile le vessazioni alle quali i curiali, preposti alle stazioni postali, spesso sottoponevano le popolazioni locali[28].

Proprio con riferimento a tali vessazioni, Eusebio descrive il tiranno Massenzio, l’usurpatore, come colui che detiene il potere esclusivamente con l’intenzione di opprimere i cittadini:

 

Eus., hist. eccl. 8,14.6 e 10: [6] οὗτος μὲν οὖν ἐπὶ Ῥώμης τυραννῶν ούδἔστιν εἰπεῖν οἷα δρῶν τοὺς ὑπηκόους κατεδουλοῦτο, ὡς ἤδη καὶ τῶν ἀναγκαίων τροφῶν ἐν ἐσχάτῃ σπάνει καὶ ἀπορίᾳ καταστῆναι, ὅσην ἐπὶ Ῥώμης οὐδἄλλοτε οἱ καθἡμᾶς γενέσθαι μνημονεύουσιν [10] κ δὴ τούτων ὁρμώμενος, πόλιν μὲν οὐ μίαν οὐδὲ χώραν, ὅλας δὲ ἄρδην τὰς ὑπαὐτόν ἐπαρχίας χρυσοῦ καὶ ἀργύρου καὶ χρημάτων ἀμυθήτων εἰσπράξεσιν ἐπισκήψεσίν τε βαρυτάταις καὶ ἄλλοτε ἄλλαις καταδίκαις ἠνία καὶ κατεπίεζεν. τῶν γε μὴν εύπορων τάς ἐκ προγόνων περιποιηθείσας οὐσίας ἀφαιρούμενος, πλούτους ἀθρόως καὶ σωροὺς χρημάτων τοῖς ἀμφαὐτόν κόλαξιν ἐδωρεῖτο[29].

 

Strettamente connessa alla φιλανθρωπία imperiale è la πρόνοια, il cui significato Raffaele Farina ha reso bene con il termine “cura”, “sollecitudine previdente”[30]. Anche la πρόνοια, virtù cristiana, ha un carattere di universalità, che Eusebio espressamente riconosce:

 

Eus., vita Const. 4.8: πυϑόμενος γέ τοι παρὰ τῷ Περσῶν γένει πληϑύειν τὰς τοῦ ϑεοῦ ἐκκλησίας λαούς τε μυριάνδρους ταῖς Χριστοῦ ποίμναις ἐναγελάζεσϑαι, χαίρων ἐπὶ τῇ τούτων ἀκοῇ οἷά τις κοινός τῶν ἁπανταχοῦ κηδεμὼν πάλιν κἀνταῦϑα τὴν ὑπὲρ τῶν ἁπάντων ἐποιεῖτο πρόνοιαν[31].

 

L’Imperatore deve tendere alla virtù in particolare nel rapporto con gli altri uomini. Si comprende, così, perché Eusebio, nel primo libro della Praeparatio Evangelica, sintetizzi le qualità dell’Imperatore nel segno della tolleranza:

 

Eus., praep. evang. 1,4,11: Τὸ δὲ καὶ συλλήβδην ἀθρόως μυριάδας ὅλας ἀνδρῶν καὶ γυναικῶν καὶ παίδων, οἰκετῶν τε καὶ ἐλευθέρων, ἀδόξων τε καὶ ἐπιδόξων, καὶ προσέτι βαρβάρων ὁμοῦ καὶ Ἑλλήνων, κατὰ πάντα τόπον καὶ πόλιν καὶ χώραν, ἐν πᾶσι τοῖς ὑφἥλιον | ἔθνεσιν ἐπὶ διδασκαλίᾳ τῶν τοιούτων μαθημάτων, οἵων ἀρτίως μεμαθήκαμεν, φοιτᾶν καὶ τὰς ἀκοὰς λόγοις παρέχειν ἀναπείθουσιν οὐ μόνον ἀκολάστων ἐγχειρημάτων, ἀλλὰ καὶ τῶν κατὰ διάνοιαν αἰσχρῶν ἐνθυμημάτων γαστρός τε καὶ τῶν ὑπὸ γαστέρα κρατεῖν· τό τε πᾶν γένος ἀνθρώπων παιδείαν παιδεύεσθαι ἔνθεον κα ευσεβῆ φέρειν τε μανθάνειν γενναίῳ κα βαθεῖ φρονήματι τὰς τῶν ἐπανισταμένων ὕβρεις κα μὴ τοῖς ἴσοις τοὺς φαύλους ἀμύνεσθαι, θυμοῦ δέ κα ὀργῆς κα πάσης ἐμμανοῦς ὀρέξεως κρείττους γίνεσθαι, να μὴν καί τῶν ὑπαρχόντων ἀπόροις κα ἐνδεέσι κοινωνεῖν πάντα τε ἄνθρωπον ὁμογενῆ δεξιοῦσθαι κα τὸν νενομισμένον ξένον ὡς ἄν νόμῳ φύσεως οἰκειότατον κα άδελφὸν γνωρίζειν[32].

 

 

3. – Un primo quadro delle costituzioni costantiniane per la Sardegna

 

La ricognizione delle costituzioni, emanate con riferimento specifico alla Sardegna, pone un complesso di problemi, sui quali la dottrina ha da tempo richiamato l’attenzione. A questo proposito già il Pais, nel rilevare come “gran parte delle costituzioni raccolte nel Codice Teodosiano gettano indirettamente luce o riverbero anche sulla Sardegna e sulla Corsica”, ammoniva sulla necessità di “abbandonare il criterio, seguito anche da alcuni valorosi storici isolani i quali, riferiscono in modo particolare alla Sardegna costituzioni delle quali abbiamo solo la copia pubblicata quivi od in Corsica, ma che erano di interesse generale per le altre provincie dell’Impero[33]”. Dopo circa un cinquantennio dagli studi del Pais, anche il Meloni si pone lungo la medesima scia, lamentando che all’interno del Codice Teodosiano siano state considerate come specificamente rivolte alla Sardegna, anziché al resto dell’Impero, diverse costituzioni “solo perché o sono indirizzate a magistrati che avevano su di essa diretta giurisdizione, oppure perché ci è pervenuta la copia pubblicata a Carales”. Al contrario, vi sono costituzioni che debbono essere riferite alla Sardegna anche se ad essa non fanno rinvio espresso[34]. Fino agli studi recenti di Attilio Mastino, il quale ha osservato che la legislazione di Costantino relativa alla Sardegna risulta essere “Molto innovativa”[35].

Una ricognizione il più possibile esauriente delle costituzioni imperiali relative alla Sardegna, ricognizione che non mi è possibile affrontare in questa sede, richiederebbe dunque un esame di tutte quelle disposizioni che anche solo implicitamente si riferiscano all’Isola, sia in quanto dirette a funzionari locali, sia in quanto destinate, più o meno esclusivamente, a trovare applicazione nel contesto locale. Qui di seguito intendo soffermarmi su alcune costituzioni emanate dall’Imperatore Costantino dalle quali traspare un interesse per le condizioni sociali dell’Isola e un atteggiamento di grande apertura verso i suoi cittadini.

Si è più volte rilevato in dottrina che nel IV secolo, in Sardegna, non vi furono, in larga parte, le guerre esterne che tanto andavano impoverendo le province poste ai confini. In particolare, a seguito della vittoria di Costantino su Massenzio l’Isola conobbe un “lungo periodo di pace”[36]. Tuttavia, la Sardegna non trasse particolare vantaggio da tale situazione, in quanto l’isolamento, che pure aveva permesso di tenere lontano le guerre, determinò un peggioramento delle condizioni economiche e favorì gli abusi perpetuati a danno delle popolazioni locali ad opera dei magistrati[37].

Costantino si interessa alla Sardegna subito dopo avere sconfitto Massenzio, negli anni dunque compresi tra il 312 e il 315[38]. Di sicuro, nel 325, come è noto, è attestata l’“unità amministrativa” della Sardegna, della Sicilia e della Corsica, quando sappiamo che l’Imperatore emana alcune disposizioni di carattere fiscale indirizzandole al rationalis trium provinciarum, incaricato della gestione delle proprietà imperiali e anche della esazione delle imposte[39].

È questo, dunque, l’ambiente nel quale Costantino interviene con alcuni provvedimenti espressione di una certa capacità di sintesi fra le diverse componenti sociali ed economiche del territorio e di una sollecitudine nei confronti dei cives e anche dei barbari, che le fonti non esitano a riconoscergli[40].

In questo senso, con riferimento alla Sardegna, può qui essere anzitutto richiamata, fra le altre, la costituzione, del 315, CTh. 8.5.1, su cui intendo fra breve soffermare l’attenzione, con la quale Costantino intervenne, in materia di cursus publicus, disciplinando vari aspetti del sistema, e in particolare sancendo che non potessero essere distratti i buoi adibiti al lavoro dei campi e dunque reprimendo gli abusi a causa dei quali gli erano giunte lamentele[41].

Fra le costituzioni relative alla Sardegna, espressione di un atteggiamento di apertura sociale, è anche possibile ricordare la costituzione pubblicata a Cagliari, il 3 luglio del 321, con la quale l’Imperatore ordina a Helpidius, vicarius urbi, che in occasione della domenica non si tenessero processi, ma fosse comunque lecito emancipare i servi[42]. Si devono poi ricordare nel medesimo senso le costituzioni, CTh. 12.6.2 e 12.7.1, con la prima delle quali Costantino provvide, nel 325, a disciplinare la riscossione dei tributi, quasi certamente in occasione dei Vicennali, stabilendo, al fine di limitare le conseguenze di una procedura in via esecutiva contro i debitori, la possibilità di versare unitamente i tributi dovuti anche nel caso di beni situati in regioni diverse e di pagare a rate, e, con la seconda delle quali fissava il valore del solido e concedeva di effettuare pagamenti in solidi o in oro[43]. La costituzione, in CTh. 2.25.1, con la quale, nel 325, egli intervenne nella questione della separazione delle cosiddette “famiglie servili”, ordinando che esse dovessero rimanere unite[44]: “ut integra apud possessorem unumquemque servorum agnatio permaneret[45]. E la costituzione in CTh. 1.16.2[46], forse del 331[47], con la quale si ordinava che i decreti provinciali, prima di essere sottoposti al comitatus, dovessero essere presi in esame dai singoli giudici che dovevano sentenziare, o quella in CTh. 9.40.3[48], del luglio del 319, indirizzata a Festo preside della Sardegna, in cui si stabilisce che coloro che siano stati condannati per debiti di scarso valore debbano essere inviati a Roma perché siano impiegati nei forni pubblici.

Con riferimento a tali disposizioni non sembra possa accogliersi il rilievo, troppo rigido, del Pais secondo il quale “nessuna di queste costituzioni ha tratti caratteristici che rivelino condizioni speciali dell’Isola”. Certo, anche per altri territori sono attestate misure analoghe a quelle intraprese con le disposizioni ora richiamate, ma sembra che esse possano avere trovato, proprio con riferimento alle particolarità del territorio sardo, un significato particolare. Non a caso ammette lo studioso che, anche se tali disposizioni dovevano essere state emanate in relazione “a mali  comuni alle varie provincie dell’Impero”, proprio con riferimento alle Isole doveva trattarsi di problemi particolarmente gravi[49].

Tali disposizioni permettono, quindi, di aprire una prospettiva di più ampio respiro per comprendere le condizioni in cui l’Imperatore dovette intervenire nella riorganizzazione del cursus publicus.

 

 

4. – La disciplina del cursus publicus nei secoli IV e V d.C.

 

a. – La praepositura mansionum

 

Uno degli aspetti più interessanti nella disciplina del cursus publicus si può identificare, per il connubio tra organizzazione e amministrazione, nei problemi connessi alla realizzazione e alla gestione delle stazioni di posta, alle quali era indissolubilmente connesso il tema della efficienza dell’intero sistema dei trasporti, con risvolti particolarmente significativi anche per il giurista in relazione alla comunicazione fra il potere centrale e quello periferico e alla circolazione delle persone e delle merci.

Per il periodo compreso fra il IV e V d.C. sappiamo della esistenza di stazioni di posta con mansiones attrezzate di alberghi per il pernottamento, di stalle per gli animali e di magazzini per le merci, ed anche di impianti termali. La exhibitio cursus publici, la gestione delle mansiones, costituisce, quindi, come testimoniato nel Codice Teodosiano[50] e nelle fonti letterarie[51], uno dei munera fondamentali delle diverse comunità municipali.

Spinte di forze diverse andavano esprimendo in questo periodo una complessa relazione tra “centralismo e autonomie”[52]. Sono così frequenti, nella gestione delle stationes, i contrasti tra gli agentes in rebus, appartenenti alla burocrazia centrale, e i curiales, incardinati, invece, nella amministrazione cittadina[53]. I primi, praepositi cursus publici, incaricati della ispezione delle stazioni, i secondi, exactores e praepositi cursus publici, messi a capo delle operazioni di esazione e incaricati della direzione delle stazioni[54].

Si può ritenere che, proprio a partire da Costantino, i praepositi mansionum siano stati scelti nell’ambito dell’ordo decurionum. Ciò è attestato da una costituzione del 335[55], riportata in:

 

CTh. 12.1.21: [Idem (Constantinus) A. ad Felicem P(raefectum) P(raetorio)]. Quoniam Afri curiales conquesti sunt quosdam in suo corpore post flamonii honorem et sacerdotii vel magistratus decursa insignia praepositos compelli fieri mansionum, quod in singulis curiis sequentis meriti et gradus homines implere consuerunt, iubemus nullum praedictis honoribus splendentem ad memoratum cogi obsequium, ne nostro fieri iudicio iniuria videatur. [Dat. Prid. Non. Aug. Viminacio Const(ant)io et Albino Conss.] (335 Aug. 4).

 

Nella presente costituzione sono liberati dalla prepositura i curiales d’Africa che abbiano ricoperto l’honor di flamen o di sacerdos o le insignia di magistrato, riconoscendo l’Imperatore che coloro che avevano ricoperto incarichi così prestigiosi non potessero essere destinati a ruoli molto meno importanti. Rispetto al passato, quindi, in cui potevano essere richiamati a ricoprire la praepositura mansionum sia membri della “burocrazia” centrale, per usare l’espressione cara ad Andrea Giardina[56], sia membri della curialità municipale, Costantino, come ha osservato Lucietta Di Paola, “tende ad utilizzare, più le curialità municipali anziché la burocrazia statale”[57].

L’assolvimento degli obblighi connessi alla praepositura mansionum doveva essere causa di insofferenza nei curiales, come prova il fatto che una costituzione del 388, riportata in CTh. 12.1.119, richiama coloro che erano fuggiti dalla Bitinia per sottrarsi con la fuga ai loro obblighi. Ma insofferenza doveva serpeggiare anche fra le popolazioni locali se le fonti attestano a danno di queste ultime malversazioni frequenti[58].

Nel IV secolo, la direzione della stazione postale, affidata direttamente come si è visto dalla autorità centrale, non doveva essere cosa semplice. Essa comportava anzitutto l’obbligo di procurarsi gli animali necessari al trasporto della posta, ad esclusione di quelli impiegati nel lavoro dei campi. Animali che dovevano essere idonei al lavoro e dunque particolarmente preziosi[59]. La direzione della stazione comportava, inoltre, l’obbligo di acquistare il foraggio in caso di aderazione[60], di assegnare ai viaggiatori gli animali[61] e di indagare su coloro che avevano ricevuto un numero superiore di animali rispetto a quelli consentiti[62].

 

b. – La fornitura di animali da sella e da soma

 

Tra gli incarichi il praepositus mansionum doveva procurare gli animali necessari per il trasporto pubblico; indagare nel caso che essi fossero stati rubati; consegnarli nel numero stabilito dalla evectio, vale a dire nel numero previsto dai permessi di circolazione che consentivano al possessore di circolare liberamente utilizzando animali e strutture pubbliche[63].

Il numero degli animali dei quali potevano disporre i viaggiatori dipendeva dal tipo di cursus. Per quello denominato clabularis, il trasporto pesante di merci o di equipaggiamenti militari, erano previsti due angariae, due buoi; nel caso invece di quello denominato velox, il trasporto veloce di messaggi o di persone, erano previsti veredi, i cavalli della posta, in numero diverso a seconda dei funzionari (CTh. 8.5.35;49); parhippi (cavalli di riserva) in numero di uno (CTh. 8.5.22); e poi mulae, otto d’estate e dieci di inverno (CTh. 8.5.8); e asini necessari al trasporto dei bagagli (CTh. 8.5.38).

In particolare i veredi, i cavalli della posta, classificati nel novero degli animalia publica[64], rientravano fra quelli che gli abitanti delle province dovevano pagare sotto forma di tributo (praebitio). E sappiamo dalle fonti che tali cavalli dovevano essere tenuti in buna forma[65], fino al punto che in alcuni casi potevano essere sottoposti alla rassegna dell’Imperatore che di persona ne verificava le condizioni[66].

Non è possibile precisare la quantità di animali che doveva essere assicurata: di certo si sa che l’ammontare dei capi doveva variare di periodo in periodo e da provincia a provincia. Stando a una testimonianza di Procopio[67], in ogni stazione postale, dovevano essere custoditi quaranta cavalli. Un quarto dei quali i provinciali erano tenuti a sostituire ogni anno[68].

Sperequazioni dovevano essere assai frequenti anche in Sardegna, nel IV secolo, quando risulta che è la rustica plebs a sostenere interamente il peso del tributo[69]. L’Imperatore Giuliano, abolendo il cursus velox, doveva prendere in esame le aspirazioni della rustica plebs che memoratum cursum … quem maxime rustica plebs, id est pagi contra publicum decus tolerarunt[70]. E situazioni del genere sono attestate anche per l’Africa, ove risulta con Graziano una parziale esenzione[71].

Si comprende, quindi, quale fosse lo spirito con cui i piccoli proprietari assolvevano all’obbligo di consegnare animali che spesso possedevano in pochissimi esemplari e che rappresentavano, per il lavoro nei campi e per gli spostamenti, compagni fondamentali per la stessa sopravvivenza[72]. Proprio per evitare gli abusi connessi alla riscossione del tributo veredario, Costantino dovette attuare una politica antiaderativa e proibire il commercio degli animali requisiti:

 

CTh. 8.5.4: [Idem (Constantinus) A. Menandro]. Certis nuntiis compertum est, quod plures veluti sibi ac necessitatibus propriis petitas angarias taxato pretio distrahunt. quamvis itaque raro posthac et non nisi merentibus evectiones praebendae sint, omnes tamen, qui ubique sunt cursus publici observatione districti, inquirant, si quis in hoc genere criminis possit intercipi, ut emptor et venditor in insulam relegentur, illis etiam, qui observare iussi sunt, pro dissimulatione vel neglegentia idem supplicium luituris. 1 non improbum tamen est, si is, qui angarialem habet copiam, ad tutelam vitae vel laborem adeundum itineris pro solacio sibi quendam sociaverit. namque hoc factum meretur veniam nec latere poterit explorantes; illud poena superius dicta plectendum est. super qua re proconsules rectores provinciarum praefectos vehiculorum adque omnes, qui cursui publico praesunt, admoneri conveniet. [Dat. X Kal. Iul. Constantino A. VII et Constantio Caesare Conss] (326 iun. 22).

 

Tanto più importante questa politica se si considera il malcostume dei praepositi di accumulare merci e foraggio in modo da far salire i prezzi[73].

Occorre inoltre considerare che con Costantino risulta quantomeno osteggiato il sistema, in vigore da Augusto, delle requisizioni degli animali che aveva dato origine ad abusi gravissimi[74]. Della rarità degli animali destinati al cursus publicus, da attribuire anche alle continue vessazioni, lo stesso Costantino dovette sopportarne le conseguenze in occasione di un suo viaggio, quando trovò difficoltà a mettere insieme venti esemplari: magna atque anxia dispositione vix vicenorum agminalium numerus[75].

Si tenga conto, inoltre, che Costantino, già nel 319, con una costituzione diretta a Catullino, proconsole d’Africa, riportata in CTh. 11.16.1, e un’altra indirizzata a Ulpio Flaviano, consularis Aemiliae et Liguriae, del 323, stabiliva l’esenzione dalle contribuzioni straordinarie per i fondi imperiali e per quelli enfiteuticari[76].

Una costituzione di Costantino del 315 a.C. ordinava ai presidi della Sardegna di non consentire che i buoi, distratti dal lavoro dei campi, con le conseguenze nefaste che ciò doveva comportare per i piccoli proprietari, fossero impiegati nel cursus publicus:

 

CTh. 8.5.1: [Imp. Constantinus A. Ad Constantium]. Si quis iter faciens bovem non cursui destinatum, sed aratris deditum duxerit abstrahendum, per stationarios et eos, qui cursui publico praesunt, debito vigore correptus aut iudici, si praesto fuerit, offeratur aut magistratibus municipalibus competenti censura tradatur eorumque obsequio transmittatur, aut si eius fuerit dignitatis, ut nequaquam in eum deceat tali vigore consurgere, super eius nomine ad nostram clementiam referatur. qui enim explicaverit mansionem, si forte boves non habuerit, inmorari debet, donec fuerint exhibiti ab his, qui cursus publici curam gerunt, nec culturae terrae inservientes abstrahere. [Acc. XI Kal. Feb. Caralis Constantino A. IIII et Licinio IIII Conss.] (315 Ian. 22).

 

Sempre con specifico riferimento agli animalia publica, su un piano diverso è la costituzione, riportata in CTh. 8.5.2, nella quale l’Imperatore poneva limiti precisi al trattamento crudele al quale venivano sottoposti gli animali pubblici impiegati nei trasporti:

 

CTh. 8.5.2: [Idem (Constantinus) A. ad Titianum]. Quoniam plerique nodosis et validissimis fustibus inter ipsa currendi primordia animalia publica cogunt quid­quid virium habent absumere, placet, ut omnino nullus in agitando fuste utatur, sed aut virga aut certe flagro, cuius in cuspide infixus brevis aculeus pigrescentes artus innocuo titillo poterit admonere, non ut exigat tantum, quantum vires valere non possunt. Qui contra hanc fecerit sanctionem promotus, regradationis humilitate plectetur: munifex poenam deportationis excipiat. [Dat. Prid. Id. Mai. Sabino et Rufino Conss.] (316 Mai. 14).

 

Tale costituzione non può essere rettamente intesa se non si considerano i presupposti filosofico-giuridici dai quali traspare, in generale a Roma, e nello specifico nella legislazione costantiniana, una attenzione particolare per il mondo animale[77]. Solo trascurando tali presupposti si può comprendere perché taluno abbia potuto ridicolizzare il significato profondo della disposizione ora richiamata rilevando che «qualche presidentessa d’una qualsiasi società di protezione degli animali» potrebbe porre «anche il nome di Costantino… fra i grandi precursori del grande movimento che le starebbe a cuore!»[78]. Contro questa impostazione semplicistica già il Pais, osservando che «dall’età di Costantino in poi furono talvolta prese disposizioni informate a sensi di maggiore umanità», rilevava con riferimento a CTh. 8.5.2 come nella legislazione costantiniana «miti sensi non si rivelano solo rispetto agli uomini ma talora anche verso gli animali»[79].

Si tratta di un rispetto particolare dell’uomo verso gli altri animali che ancora il popolo sardo attribuisce espressamente a Costantino, in quella che nell’Isola è una delle feste di culto e di tradizioni più importanti e risalenti nel tempo: l’Ardia che si celebra ogni anno il 6 e 7 luglio a Sedilo, in provincia di Oristano, durante la quale si svolge una corsa equestre in onore del Santo Imperatore[80].

Le fonti antiche attestano la rilevanza anche politica dell’atteggiamento dell’Imperatore nei confronti degli animali. Con riguardo ai cavalli del cursus publicus, Costantino, già nel 306, per sottrarsi a Galerio, si sarebbe diretto all’appuntamento col padre impiegando i cavalli del cursus publicus fino allo sfinimento e provvedendo lui stesso a sgarrettarli man mano che procedeva nel viaggio. Il tono diverso con cui le fonti cristiane e quelle non cristiane descrivono l’evento induce ad accostare l’evento al rifiuto costantiniano di compiere sacrifici cruenti. Ed in effetti, le fonti cristiane descrivono la fuga di Costantino in toni incruenti, mentre le fonti non cristiane accentuano il risvolto sanguinario dell’evento evidentemente per porre in discredito l’Imperatore. Per le prime, Lattanzio racconta che Costantino, nel 306, per sottrarsi a Galerio sarebbe partito di notte per recarsi dal padre impiegando i cavalli delle stazioni di posta. Galerio, l’indomani, avrebbe cercato di inseguirlo ma non vi sarebbe riuscito perché le stazioni del cursus publicus erano ormai prive di cavalli[81]. Eusebio, poi, riferisce della fuga di Costantino per ricordare che grazie all’intervento divino egli fu messo in salvo da Diocleziano e Galerio[82]. Per le fonti non cristiane, si può ricordare anzitutto Aurelio Vittore, il quale afferma che Costantino sarebbe giunto in Britannia uccidendo i cavalli del cursus publicus per evitare che i suoi inseguitori potessero raggiungerlo[83]. Ma soprattutto è Zosimo a mettere in risalto la importanza politica dell’atteggiamento assunto dall’Imperatore nei confronti dei cavalli del cursus publicus raccontando che Costantino, a causa della aspirazione all’impero, fece tagliare i tendini dei cavalli delle stazioni[84].

Anche il momento fondamentale dello scontro tra Costantino e Massenzio, a Saxa Rubra, è ricondotto dalle fonti al diverso atteggiamento tenuto dai due protagonisti nei confronti degli animali: il primo, descritto nel momento del rifiuto del sangue sacrificale, affida completamente la sua vittoria nelle mani di Dio[85]; il secondo, presentato come addirittura sanguinario[86], non ha alcun timore a sgozzare donne gravide, scrutare le viscere dei neonati, uccidere leoni, invocare demoni[87].

La concezione che emerge dall’atteggiamento di Costantino nei confronti degli animali non è quindi importante in quanto dimostrazione nei loro riguardi di benevolenza. Tale concezione è un aspetto a sua volta essenziale per comprendere struttura e modalità di espressione del potere imperiale e, quindi, ancora più in generale, la concezione del diritto da parte dell’Imperatore.

Ho già tentato di ricondurre il fondamento di tale atteggiamento costantiniano ad una linea di pensiero che risale a quelle stesse filosofie che, sin da epoca risalente a Roma, rivelano una concezione simpatetica tra uomo e altri esseri animati[88]. Se si considera siffatta ascendenza la costituzione, in CTh. 8.5.2, non appare dettata da ragioni di carattere grettamente economiche, nel senso che il divieto qui stabilito di infliggere tormenti con bastoni per incitare gli animali impiegati nel trasporto della posta e quindi la proibizione di sottoporli ad un lavoro sfiancante non risponde ad una semplice misura di conservazione del patrimonio pubblico[89].

Sul piano esegetico depongono, a favore di questa interpretazione ricostruttiva in cui oggetto della tutela sia l’animale come essere senziente, alcuni elementi. Anzitutto il fatto che nella costituzione sia presa in considerazione la violenza utilizzata da coloro che preposti alla guida dei quadrupedi impiegati nel cursus publicus li incitano “nodosis et validissimis fustibus”. E quindi il riferimento alla entità degli sforzi degli animali utilizzati: “inter ipsa currendi primordia animalia publica cogunt quidquid virium habent absumere”. Soprattutto degno della massima attenzione è poi il fatto che l’inciso “non ut exigat tantum, quantum vires valere non possunt” sveli una attenzione particolare per la condizione animale che trascende la ottica puramente utilitaristica. Obiettivo della disposizione non è semplicemente quello di evitare una menomazione o addirittura la uccisione dell’animale. Anche gli strumenti che possono essere impiegati per la guida del quadrupede, in quanto normalmente non cruenti, divengono vietati quando essi conducano ad uno sforzo intollerabile.

 

 

5. – Ius naturae e humanitas costantiniana

 

Le antiche concezioni che nella filosofia greca e nella scienza giuridica erano tese al riconoscimento del valore della vita animale trovano il loro vertice espressivo nella riflessione di Ulpiano sullo ius naturale:

 

D. 1,1,1,3 (Ulp. 1 inst.): Ius naturale est, quod natura omnia animalia docuit: nam ius istud non humani generis proprium, sed omnium animalium, quae in terra, quae in mari nascuntur, avium quoque commune est. hinc descendit maris atque feminae coniunctio, quam nos matrimonium appellamus, hinc liberorum procreatio, hinc educatio: videmus etenim cetera quoque animalia, feras etiam istius iuris peritia censeri.

 

Non è questa la sede per tornare sulle ragioni che hanno spinto per lungo tempo la dottrina romanistica a trascurare la importanza della concezione ulpianea per relegarla nell’ambito del non giuridico[90]. Qui preme invece mettere in rilievo la linea di continuità tra Costantino e le riflessioni di favore per la condizione animale che confluiscono nella concezione ulpianea ora richiamata.

Certo è ancora insufficiente la nostra conoscenza dell’ambiente culturale in cui Costantino dovette maturare la sua scelta, tema questo sul quale Lucio De Giovanni ha raggiunto risultati importantissimi[91], di rifiuto del sacrificio cruento e quindi la adozione di un atteggiamento in linea con la riflessione ulpianea[92]. Ma si può, grazie agli studi appena richiamati, ritenere assai verosimile che Costantino possedesse una conoscenza specifica anche delle discussioni in tema di condizione animale. Sembra infatti assai difficile immaginare che, mentre l’Imperatore intratteneva rapporti anche istituzionali con esponenti di quegli stessi ambienti nei quali la questione relativa al valore etico della vita animale e quella sui sacrifici cruenti avevano suscitato una vasta eco, egli potesse ignorare un dibattito così vivace. Depongono a favore della consapevolezza da parte di Costantino di tale dibattito la conoscenza diretta di Lattanzio, di cui è nota la linea di continuità con l’opera di Ulpiano[93]. Ma soprattutto è importante riflettere sulla amicizia dell’Imperatore con Sopatro, operante all’interno di quella scuola neoplatonica di Giamblico, al quale si deve una biografia del filosofo Pitagora, il più strenue sostenitore, nell’antichità, del valore etico-giuridico della vita animale[94]. Ancora, nella Oratio ad sanctorum coetum[95], il discorso che Eusebio nel IV libro della Vita Constantini attribuisce direttamente all’Imperatore, viene citato Virgilio[96], di cui è noto il sentimento di particolare rispetto per gli animali[97], come esempio di profezia dell’avvento del Cristianesimo. Il richiamo a Virgilio è degno della massima attenzione perché esso rivela, come ha osservato Lucio De Giovanni, “la continuità tra la nuova fede religiosa da lui appoggiata e le intuizioni dei più grandi spiriti del mondo romano, laddove essi non avevano ceduto alla tentazione di superstiziose credenze”[98].

L’attenzione di Costantino per il diritto naturale è evidente. Come ha rilevato Maria Pia Baccari nelle costituzioni costantiniane riportate all’interno del Codice Teodosiano, il termine natura compare quattro volte (CTh. 2.17.1; 2.19.2; 9.42.1; 9.43.1)[99] ed una sola volta ricorre l’aggettivo naturalis (CTh. 4.6.3) per distinguere la condizione giuridica dei filii naturales da quella dei legitimi[100]. Si trova la espressione ius naturae in una costituzione di Costantino del 330, nei Fragmenta Vaticana, 248, con la quale si stabilisce la revoca dell’emancipazione nel caso in cui si verifichi grave ingratitudine dell’emancipato: superbe crudeliterque se tollere: “volumus igitur ut, si constiterit iuxta patrem liberos, contra quam humanitatis ratio deposcit, superbe crudeliterque se tollere, emancipatio firmitudine evacuetur, idque quod liberis pater donationibus contulit, patris dicioni naturaeque iuri subiugati patriae reddant potestati …”. Molto importante è il fatto che sia qui stabilita una connessione fra il concetto di ius naturae e la humanitatis ratio, il quale è a sua volta un concetto di grande importanza per la giurisprudenza romana in genere e, soprattutto, per Ulpiano[101]. La linea di continuità tra Costantino e Giustiniano, con riferimento al diritto naturale nelle sue connessioni con la humanitas, è nota: Giustiniano attribuisce a Costantino la capacità di dare corso a importanti innovazioni e gli riconosce un proposito umanitario[102]: “Naturalium nomen Romanae legislationi dudum non erat in studium, nec quaelibet circa hoc fuerat humanitas, sed tamquam alienigenum aliquid et omnino alienum a republica putabatur; a Constantini vero piae memoriae temporibus in constitutionum scriptum est libris” (Nov. 89 praef. del 539).

La prospettiva dell’Imperatore Giustiniano, il quale inserisce in posizione centrale, nei suoi Digesta e nelle Institutiones, la dimensione del rapporto tra uomo e altri esseri animati non è pensabile se non attraverso la sintesi dell’Imperatore Costantino[103]. Il riferimento da parte di Costantino alla concezione del diritto naturale, anche nel connesso ripudio del sacrificio cruento[104], mostra che attraverso le concezioni religiose, filosofiche e giuridiche di favore per la condizione animale egli giunse ad una prospettiva di più ampio respiro nella elaborazione della stessa concezione imperiale del diritto, dalla quale è possibile guardare ad una concreta e puntuale disciplina quale quella relativa al cursus publicus non solo come normazione in funzione della conservazione del patrimonio ma anche come manifestazione della sua stessa humanitas[105]. Nella disciplina in tema di cursus publicus, Costantino seppe proporre una sintesi di quegli orientamenti, ‘pagani’ e cristiani, che nella filosofia greca e poi nella cultura latina avevano riconosciuto il valore della vita animale. L’Imperatore, nel riprendere alcuni aspetti della cultura filosofico-giuridica greca e romana, assegna ad essi un ruolo di grande importanza rispetto al loro contesto originario, in modo che la individuazione del tema della natura e della condizione animale diviene una chiave di lettura per la interpretazione della sua stessa attività normativa.

 

 

Abstract

 

Le costituzioni emanate da Costantino, con riferimento generale alla Sardegna, sono importanti non solo per la valutazione della attività normativa del Santo e Imperatore, ma anche per l’analisi dell’incontro e dello scontro fra i sistemi giuridici del Mediterraneo e per la valutazione dell’identità religiosa e politica del popolo sardo. La disciplina del cursus publicus, nello specifico, è espressione importante di quella legislazione con la quale Costantino intese ricercare la tolleranza e la humanitas come principi guida delle sue relazioni con i cittadini.

 

 

With general reference to Sardinia, the constitutions issued by Constantine are important not only for the evaluation of the Holy Emperor regulatory intervention, but also for the analysis of encounter and conflict between Mediterranean legal systems and the evaluation of the Sardinian people religious and political identity. In particular, the cursus publicus discipline is an important expression of the legislation by which Constantine intended to seek tolerance and humanitas as guiding principles in his relationship with citizens.

 

 



 

[Per la pubblicazione degli articoli della sezione “Tradizione Romana” si è applicato, in maniera rigorosa, il procedimento di peer review. Ogni articolo è stato valutato positivamente da due referees, che hanno operato con il sistema del double-blind].

 

[1] Sul culto di Costantino, “Santo” e “Imperatore”, una messa a fuoco è quella realizzata nel corso dei diversi ‘Seminari internazionali di studi’, organizzati, grazie alla iniziativa di Pierangelo Catalano, Giovanni Lobrano, Francesco Sini e Pietro Paolo Onida, dal 1997 ad oggi, dal Dipartimento di Scienze Giuridiche, dalla Facoltà di Giurisprudenza ed ora dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Sassari, in collaborazione con l’ISPROM-Istituto di Studi e Programmi per il Mediterraneo. Si veda Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente (a cura di F. Sini-P.P. Onida), ISPROM-Giappichelli, Torino 2003, ove sono raccolti i testi di relazioni e comunicazioni presentate alle edizioni dei Seminari su “San Costantino Imperatore”, tenutisi a Oristano-Sedilo, 4-5 luglio 1997, a Roma, 3-4 Ottobre 1997, a Sassari-Pozzomaggiore, 4-7 luglio 1998, a Sassari-Sedilo-Oristano, 3-6 luglio 1999.

 

[2] Così G. Lobrano, “Dell’homo artificialis deus mortalis dei Moderni comparato alla societas degli Antichi”, in Aa.Vv., Giovanni Paolo II. Le vie della giustizia. Itinerari per il terzo millennio, a cura di A. Loiodice-M. Vari, Roma 2003, 164.

 

[3] G. Lilliu, “La costante resistenziale sarda”, in Studi Sassaresi, serie III, Anno accademico 1970-71, vol. 3, Autonomia e diritto di resistenza (Università di Sassari - Società sassarese per le scienze giuridiche), Milano 1973, pp. 47-60, e in Costante resistenziale sarda, Cagliari 1971, pp. 41-56 (ora in La costante resistenziale sarda, a cura di A. Mattone, Nuoro 2002, 225-237).

 

[4] Si veda P. Catalano, “Premessa”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., VII ss., il quale rileva: «Nel sistema giuridico di formazione romano-cristiana (fino all’età delle rivoluzioni borghesi!), e analogamente in quello islamico, non si ha “isolamento” del diritto rispetto alla morale e alla religione. Lo ius publicum, secondo la giurisprudenza classica così come secondo i Digesta dell’Imperatore cristiano Giustiniano I, consiste in sacra, sacerdotes, magistratus. Da tale punto di vista (positio studii del diritto) si comprende bene che il culto di San Costantino Imperatore, affermatosi anche in Occidente e particolarmente in Sardegna, costituisca ancora oggi elemento essenziale dell’identità del popolo sardo».

 

[5] G. La Pira, “Riflessione storico-politica”, in Chiesa e Stato dal IV al VI secolo (Prospettive, Quaderno 2), Firenze 1974, 134-137 (ora in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., pp. 461 ss., da cui si cita).

 

[6] Su Giorgio La Pira romanista si veda per tutti P. Catalano, “Alcuni concetti e principi giuridici romani secondo Giorgio La Pira”, in Aa.Vv., Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi in onore di Alberto Burdese, a cura di L. Garofalo, Volume I, Padova 2003, 61 ss., con ampi riferimenti alla precedente letteratura (= ora in Diritto @ Storia, 5, 2006).

 

[7] G. La Pira, “Riflessione storico-politica” cit., 464 s.

 

[8] Si veda per tutti L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus, Soveria Mannelli 1999, 15, la quale osserva che con la espressione cursus publicus, nelle fonti, si intende il «sistema statale dei trasporti terrestri romani comprendente sia il servizio postale (cursus velox) – e quindi la diffusione e la circolazione delle informazioni ufficiali (notizie di vittorie o di sconfitte, morte o acclamazione di imperatori, trasmissione di dispacci, documenti, leggi, ordini, atti amministrativi e giudiziari), sia il trasporto di persone e beni dello stato (cursus clabularis)».

 

[9] Cfr. E. Lo Cascio, Forme dell’economia imperiale, in Storia di Roma, 2,2, Torino 1991, 356, il quale ricorda Cato, agr. 1.3; Varro rust. 1.16; Colum. agr. 1.2, ed osserva come non sia affatto “casuale che tutti gli scriptores de re rustica insistano sulla localizzazione del fondo in luoghi strategicamente utili a conseguire” il duplice obiettivo della alienazione dei prodotti e dei rapporti con il mondo esterno.

 

[10] Si veda M. Fasolo, La Via Egnatia, vol. 1: Da Apollonia e Dyrrachium ad Herakleia Lynkestidos, Roma 2003, il cui cap. 10, par. 7, dedicato al cursus publicus, è stato ripubblicato in http://www.archaeogate.org/classica/article/244/1/le-strade-nel-mondo-romano-di-michele-fasolo.html.

 

[11] Cfr. per tutti R. Martini, Su alcuni provvedimenti costantiniani di carattere sociale, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., 181 ss.

 

[12] CTh. 15.12.1 (cfr. C. 11.44.1). Sulla legge in materia di giochi gladiatori e sulla crudeltà dei giochi nell’arena, si veda quanto osservano, da un lato, Seneca, epist. 1.7.5 e, dall’altro, Lattanzio, inst. 6.20.10-12; epit. 58.3-5; Agostino, conf. 6.8.13, citati da L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano cit., 85-86; 93.

 

[13] Aur. Vict., Caes. 41.4-5.

 

[14] CTh. 9.40.2.

 

[15] Si veda CTh. 9.3.1, con riguardo alla quale costituzione R. Martini, “Su alcuni provvedimenti costantiniani di carattere sociale” cit., 188, parla di “tutela ante litteram dei diritti dell’uomo”.

 

[16] Eus., vita Const. 3.58, racconta che Costantino avrebbe fatto delle donazioni ai poveri di Eliopoli. Si veda per un provvedimento analogo, a favore dei pupilli e delle vedove, Eusebio, vita Const. 4.28. Si ricordi ancora i provvedimenti a favore dei poveri d’Italia e d’Africa in CTh. 11.27.1-2. Cfr. L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano cit., 88 ss.

 

[17] Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 48 ss.

 

[18] Le espressioni fra virgolette sono di E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano, Roma 1923, rist. an. s.d. Cagliari, 418 ss. (ora in Id., Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano, a cura di A. Mastino, Nuoro 1999, 167, da cui si cita e a cui si rinvia per l’ampio e utilissimo “Saggio introduttivo”, e le altrettanto utili “Nota biografica” e “Nota bibliografica” del curatore).

 

[19] Tra i numerosi luoghi della opera di Eusebio in tema di εσβια, per un primo esame, si veda vita Const. 4.52.1; Prep. Evang.1.1.2-6.

 

[20] Cfr. R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea. La prima teologia politica del Cristianesimo, Zürich 1966, 211 ss.; Id., “La pietas del servo di Dio Costantino Imperatore. Santità e culto di Costantino Imperatore nella ‘Vita di Costantino’ di Eusebio di Cesarea”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e Istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., 297 ss., al quale si rinvia per una dettagliata rassegna delle fonti sul concetto di e×s¡bia e di filanqrwp…a in Eusebio.

 

[21] Eus., vita Const. 2.3.1.

 

[22] Eus., HE 8.16.1.

 

[23] Eus., vita Const. 1.14.1-6.

 

[24] Eus., vita Const. 1.25.1.

 

[25] R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea. La prima teologia politica del Cristianesimo cit., 222.

 

[26] Eus., vita Const. 2.3.1; hist. eccl. 10.9.2.

 

[27] Eus., vita Const. 1.45.3; 2.11.1-2; 4.54.1; hist. eccl. 10.9.3.

 

[28] Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 44 ss.

 

[29] «6 Non è possibile riferire quel che fece mentre era tiranno di Roma per tenere soggiogati i sudditi. Li ridusse a un bisogno così estremo - facendo mancare persino gli alimenti necessari - che i nostri contemporanei non ricordano alcunché di simile né a Roma né altrove. 10 Muovendo da tali presupposti, oppresse non una città o una provincia, ma tutte le province a lui soggette, senza eccezioni, imponendo riscossioni d’oro, argento e ricchezze immense, con ingiunzioni pesantissime e ogni altro genere di tassazione. Dopo aver spogliato i ricchi dei beni ricevuti dagli antenati, regalava agli adulatori, che gli stavano intorno, ricchezze improvvisate e mucchi di denaro». La traduzione è di G. Lo Castro, in Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica/2, Traduzione e note Libri VI-VII a cura di F. Migliore; Traduzione e note Libri VIII-X a cura di G. Lo Castro, 2a ed., Roma 2005, 175-176.

 

[30] Cfr. R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea. La prima teologia politica del Cristianesimo cit., 222.

 

[31] «Quando poi apprese che presso i Persiani numerose erano le chiese di Dio e che immenso era il numero dei fedeli che si raccoglieva nelle greggi di Cristo, esultante per questa notizia, e quasi assumendosi il cómpito di comune protettore dei cristiani di ogni parte della terra, volle prodigare anche in questo paese ogni sua premura per il bene di tutti». La traduzione è di L. Tartaglia, in Eusebio di Cesarea, Sulla vita di Costantino (a cura di L. Tartaglia), Napoli 1984, 170-171.

 

[32] Eus., praep. evang. 1.4.9-11: … Una massa infinita, unita assieme, di uomini, donne e bambini, servi e liberi, nobili e ignobili, e inoltre Barbari insieme e Greci, in ogni luogo, città e regione e in ogni nazione che è sotto il sole, per l’insegnamento di quei precetti, di cui sopra dicemmo, si raccoglie e presta orecchio a discorsi, che inducono non solo alla moderazione di azioni intemperanti, ma anche di turpi pensieri nella mente, e domina le richieste del ventre e degli istinti che sotto il ventre hanno sede; ogni specie di uomini è erudita nella dottrina celeste e impara nobilmente a sopportare piamente con animo forte le ingiurie dei nemici e a non punire, usando i loro stessi mezzi, i malvagi, e si rende padrona dell’ira e di ogni sfrenato desiderio, così da rendere partecipi dei propri beni i poveri e gli indigenti e considera della stessa specie umana ogni uomo, come congiunto per vincolo di natura e fratello. Traggo la traduzione da R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea. La prima teologia politica del Cristianesimo cit., 208 nt. 13.

 

[33] Si veda E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 420 nt. 1.

 

[34] P. Meloni, La Sardegna romana, 2a ed., Sassari 1990, 190 ss.

 

[35] A. Mastino, Storia della Sardegna antica, Nuoro 2005, 153 ss.

 

[36] P. Meloni, La Sardegna romana cit., 192.

 

[37] Si veda E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 167.

 

[38] Cfr. P. Meloni, La Sardegna romana cit., 209 ss.

 

[39] Si veda infra.

 

[40] Sull’uso dei termini barbarus e barbaricus nelle costituzioni costantiniane si veda M.P. Baccari, “Costantino Imperatore rivoluzionario? A proposito di barbaricus e barbarus nelle costituzioni di Costantino”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., 248 ss., la quale osserva che «l’atteggiamento di Costantino nei confronti dei barbari risulta complesso. A fronte di un atteggiamento di apertura, una sorta di parificazione politica, corrisponde, nella legislazione, un’esigenza di rimarcare le differenze tra Romani e barbari. Si può ipotizzare che l’Imperatore rivoluzionario, proprio nel momento in cui “apre l’impero ai barbari”, avverta la necessità, anche per evitare contrasti interni, di mettere in risalto le differenze giuridiche».

 

[41] Per il testo e l’anali di tale costituzione si veda infra cap. 4 sub b.

 

[42] CTh. 2.8.1: [Imp. Constanti(nus) A. Helpidio]. Sicut indignissimum videbatur, diem solis, veneratione sui celebrem, altercantibus iurgiis et noxiis partium contentionibus occupari, ita gratum ac iucundum est, eo die, quae sunt maxime votiva, compleri. Atque ideo emancipandi et manumittendi die festo cuncti licentiam habeant, et super his rebus acta non prohibeantur. [P(ro)p(osita). Y Non. Iul. Caralis, Crispo II. et Constantino II. Caess. Conss.]. (321 Iul. 3). Cfr. E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 169 nt. 335. Sul culto solare, in età costantiniana, con riferimenti anche alla presente costituzione, si veda L. De Giovanni, L’Imperatore Costantino e il mondo pagano, nuova edizione, 5a ed., Napoli 2003, 108 ss.

 

[43] CTh.12.6.2 pr.: [Imp. Constantinus A(ugustus) ad Eufrasium rationalem trium provinciarum]. Post alia: pro multis etiam et in diversis locis constitutis liceat simul auri pondus inferre, ita ut pro omnibus fundis securitas emissis cautionibus detur, ne separatim ab unoquoque auro exacto multis et adsiduis incrementis provincialium utilitas fatigetur. 1 Hoc quoque addimus, ut unusquisque quod debet intra anni metas, quo tempore voluerit, inferat et per tabularium apparitorem illatio cognoscatur absque omni mora auro suscipiendo, ne quis in aliena civitate sumptus faciat vel, quod est gravius, legem commissi frustratus incurrat. Nam si solvere volens a suscipiente fuerit contemptus, testibus adhibitis contestationem debebit proponere, ut hoc probato et ipse securitatem debitam commissi nexu liberatus cum emolumentis accipiat et qui suscipere neglexerit, eius ponderis quod debebatur duplum fisci rationibus per vigorem officii tui inferre cogatur. [Dat. XIIII kal. Aug. Paulino et Iuliano conss.] (325 Iul. 19). CTh.12.7.1: [Imp. Constantinus a. ad Eufrasium rationalem trium provinciarum]. Si qui solidos appendere voluerit, auri cocti septem solidos quaternorum scripulorum nostris vultibus figuratos adpendat pro singulis unciis, XIIII vero pro duabus, iuxta hanc formam omnem summam debiti illaturus. Eadem ratione servanda, et si materiam quis inferat, ut solidos dedisse videatur. Aurum vero quod infertur aequa lance et libramentis paribus suscipiatur, scilicet ut duobus digitis summitas lini retineatur, tres reliqui liberi ad susceptorem emineant nec pondera deprimant nullo examinis libramento servato, nec aequis ac paribus suspenso statere momentis. Et cetera. [Proposita XIIII kal. aug. Paulino et Iuliano conss.] (325 iul. 19).

 

[44] CTh. 2.25.1: [Imp. Constant(inus) A. Gerulo Rationali Trium Provinciarum]. In Sardinia fundis patrimonialibus vel emphyteuticariis per diversos nunc dominos distributis, oportuit sic possessionum fieri divisiones, ut integra apud possessorem unumquemque servorum agnatio permaneret. Quis enim ferat, liberos a parentibus, a fratribus sorores, a viris coniuges segregari? Igitur qui dissociata in ius diversum mancipia traxerunt, in unum redigere eadem cogantur: ac si cui propter redintegrationem necessitudinum servi cesserunt, vicaria per eum, qui eosdem susceperit, mancipia reddantur. et invigilandum, ne per provinciam aliqua posthac querela super divisis mancipiorum affectibus perseveret. [Dat. III. Kal. Mai. Proculo et Paulino Coss.] (inc. a. April. 29). Certo le disposizioni di Costantino in relazione alle famiglie servili attestano una preoccupazione per le tensioni sociali, anche al di là, degli ambienti servili, legate al serpeggiare di istanze di rivolta. Ma sarebbe riduttivo, come spesso si ritiene, che l’Imperatore sia stato animato a intervenire esclusivamente per la preoccupazione di “eventuali torbidi” come ritiene P. Meloni, La Sardegna romana cit., 214 ss. Come d’altra parte, non può, di questo studioso, accettarsi la tesi secondo cui l’altro fondamentale obiettivo perseguito dall’Imperatore sarebbe stato semplicemente “l’esigenza di assicurare una efficiente produttività del patrimonio imperiale con la diffusione della nuova conduzione enfiteutica e la conseguente possibilità di soddisfare le continue, pressanti richieste di approvvigionamento di Roma e della penisola. Con quali occhi, infatti, l’autorità centrale continuò a guardare verso l’isola in questo IV secolo, è attestato dalle disposizioni che il codice Teodosiano ci ha tramandato, relative ai trasporti pubblici che si effettuavano lungo le grandi strade di comunicazione”. Come si vedrà, sono proprio queste disposizioni a poter essere ricondotte su un piano non meramente economico e a essere rappresentative di una cura dell’Imperatore che sembra riconducibile su un piano umanitario.

 

[45] Per lo stato della dottrina si veda per tutti M.P. Baccari, “Il conubium nella legislazione di Costantino”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., 203 ss.

 

[46] CT.1.16.2: [Idem (Constantinus) A. ad Bassum]. Decreta provincialium non prius ad comitatum perferri oportet, quam singuli quique iudicantes ea inspexerint atque probaverint suaque adscriptione signaverint. si quid fiat contrarium, competens ultio exerceatur. [Proposita VIII K. Oct. Carali Gallicano et Basso Consul] (317 sept. 24).

 

[47] Cfr. E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 171.

 

[48] CTh. 9.40.3: [Idem (Constantinus) A. ad Festum Praesidem Sardiniae]. Quicumque cohercitionem mereri ex causis non gravibus videbuntur, in urbis romae pistrina dedantur. quod ubi tua sinceritas coeperit observare, omnes sciant eos, qui, sicut dictum est, ex levioribus causis huiusmodi meruerint subire sententiam, ergastulis vel pistrinis esse dedendos adque ad urbem romam, id est ad praefectum annonae, sub idonea prosecutione mittendos. [Dat. IIII Kal. Aug. Constantino A. V et Licinio Conss.] (319 Iul. 29).

 

[49] Si veda E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 177, il quale osserva che “anziché insistere ulteriormente nel dimostrare il carattere generale di tali disposizioni, che a torto sono state talora considerate provvedimenti presi per particolare riguardo alla sola Sardegna, è piuttosto il caso di prendere in esame quelle che realmente furono fatte per rimediare ai danni che l’Isola riceveva dalla poca solerzia o dall’avarizia di coloro che erano chiamati ad amministrarla”.

 

[50] CTh. 12.6.4; 12.6.21-22; 13.11.3; 13.11.7.

 

[51] Lib., or. 50.30; 54.40; ep. 210.

 

[52] Si veda Centralismo e autonomie nella tarda Antichità. Categorie concettuali e realtà concrete, Perugia-Spello, 1-4 ottobre 1997.

 

[53] Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 42.

 

[54] CTh. 8.5.51: [Idem AAA. (Valentinianus, Theodosius et Arcadius) Potamio Praefecto Augustali]. Publici cursus exhibitio antiqua ex consuetudine inducta curialibus viritim per curias debet pensata locorum hominum facultatum qualitate distribui. [Dat. III Kal. Aug. Constantinopoli Arcadio A. II et Rufino Conss.] (392 Iul. 30). Cfr. F. De Martino, Storia della Costituzione romana, V, Napoli 1975, 289 ss.

 

[55] Sui problemi della datazione si veda L. De Giovanni, L’Imperatore Costantino e il mondo pagano cit., 153 nt. 105.

 

[56] A. Giardina, Aspetti della burocrazia nel basso impero, Roma 1977.

 

[57] L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 44.

 

[58] Salv., gub. 5,17-18; Cassiod., var. 5,18.

 

[59] CTh. 6.29.9: [Idem AA. (Arcadius et Honoris) Euchario Procons(uli) Afric(ae)]. Cursus publici praepositos scire praecipimus, si sibi et militiae suae consulunt, nihil eos contra veterem disciplinam debere praesumere: cui cum generatur iniuria, haut dubie sacrilegii crimine obligantur. 1 libera quin etiam facultas mancipi sit contemplatione proprii discriminis coempta sanitate robusta usui cursus animalia sua sollicitudine praeparare. [et cetera. Dat. Prid. Kal. Mart. Honorio VIIII et Theodosio V. AA. Conss.] (412 Febr. 29).

 

[60] CTh. 8.5.60: [Idem AA. (Arcadius et Honorius) Messalae P(raefecto) P(retori)o]. Animalia publica, dum longe maiore ac periniquo pretio pabula aestimantur, per mancipes adque apparitores aperte vexantur. ne id contingat, sublimitas tua disponat, ut neque pabula mutationibus desint neque provinciales ultra, quam iustitiae sinit ratio, praegraventur. [Dat. V K. Dec. Mediolano Stilichone et Aureliano Conss.] (400 Nov. 27).

 

[61] CTh. 8.5.24: [Idem AA. (Valentinianus et Valens) ad Buleforum Consul(arem) Campaniae]. Nonnullos id agere compertum est, ut, si forte defecta fuerint animalia, quae vehiculis deputata sunt, veredorum numerum, qui alteri serviunt necessitati, ad raedas quibus utuntur usurpent. hanc licentiam per mancipes locorum omnifariam prohiberi conveniet, ut, si quis extiterit, qui formam nostrae sanctionis excedat, cuiuscumque fuerit dignitatis, tamdiu resistere ac residere cogatur, quamdiu animalia, quibus iter peragat, revertantur. [Dat. VIIII Kal. April. Mediolano Valentiniano et Valente AA. Conss.] (365 Mart. 24). CTh. 8.5.25: [Idem AA. (Valentinianus et Valens) ad Symm(achum) Corrector(em) Lucaniae et Brittiorum]. Compertum est usurpatione quorundam in publici cursus damna grassante ab itinere solito deviari. proinde si quis iter faciens cuiuscumque dignitatis fuerit militans ab itinere recto deverterit quingentis passibus, poena in eum competens proferatur et ad nostram scientiam referatur. [Dat. VIII Kal. April. Mediolano Valentiniano et Valente AA. Conss.] (365 Mart. 25).

 

[62] CTh. 8.5.53: [Impp. Arcadius et Honorius AA. Dextro Praefecto Praetorio]. Quia comperimus quosdam animalia publica subtraxisse, ea per inquisitionem mulionum et mancipum volumus redhiberi, adque ideo per muliones et mancipes, nisi animalia perducta fuerint, diligenti inquisitioni et plenae cognitioni locus non negetur, et cum manifesta ratione deprehenderit illicita usurpatione cursum publicum fuisse vexatum, in quadruplum superductorum animalium pretium inferri censemus. et ne idem etiam in futurum admittatur, praecipimus, ut, si qui vel per unam mutationem veredum mulamve aut bovem superducendum esse crediderit, memoratam fisci viribus multam inferat. [Dat. XV Kal. April. Mediolano Olybrio Et Probino Conss.] (395 Mart. 18). Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 44.

 

[63] CTh. 8.5.14: [Idem A. (Iulianus) ad Mamertinum P(raefectum) P(retori)o]. Qui contra adnotationem manus nostrae plures quam evectio continebit veredos crediderit usurpandos, capitalem rem fecisse videbitur, et si instantis necessitatis gratia non retineatur, quis tamen ille sit ad censurae tuae, tum ad serenitatis nostrae conscientiam referendum est. 1 et quamquam, quid sit parhippus, et intellegere et discernere sit proclive, tamen, ne forte interpretatio depravata aliter hoc significet, sublimitas tua noscat parhippum eum videri et habendum esse, si quis usurpato uno vel duobus veredis, quos solos evectio continebit, alterum tertiumve extra ordinem commoveat. 2 nihil autem interesse debet nec ad crimen vocari, utrum agens in rebus suo anne mulionis itineri subiugando, modo evectionis datae formam et licentiam non excedat. [Dat. V Id. Sept. Mamertino et Nevitta Conss.] (362 sept. 9). Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 61 ss.

 

[64] CTh. 8.5.2 (316); 8 (356); 10 (395); 53 (395); 60 (400); Amm. 21.26.21. Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 48 nt. 54.

 

[65] Lact., mort. pers. 24.6.7; Anon. Val., 2.4; Zos., 2.8.3.

 

[66] Con Costanzo II si stabilisce il peso massimo che un veredus poteva trasportare (CTh. 8.5.8); Valentiniano proibisce di aggiogarli (CTh. 8.5.24).

 

[67] Proc., Arc. 29.30.4.

 

[68] CTh. 8.5.34 (377).

 

[69] CTh. 8.5.16 pr.: [Idem (Iulianus) A. ad Mamertinum P(raefectum) P(raetori)o]. In provincia Sardinia, in qua nulli paene discursus veredorum seu paraveredorum necessarii esse noscuntur, ne provincialium status subruatur, memoratum cursum penitus amputari oportere decernimus, quem maxime rustica plebs, id est pagi contra publicum decus tolerarunt. excellens igitur auctoritas tua officio praesidali necessitatem tolerandae huiusmodi exhibitionis imponat, aut certe, si hoc existimant onerosum, suis animalibus uti debebunt, quotiens eos commeare per provinciam necessitas publica persuaserit. 1 sane angariarum cursum submoveri non oportet propter publicas species, quae ad diversos portus deferuntur. proinde considerata rerum necessitate pro locorum situ atque itineris qualitate tantum numerum angariarum collocari oportere decernas, quantum necessarium esse adhibitae plenissime deliberationes suaserint. [Dat. VII Kal. Dec. Antiochiae Iuliano A. IIII et Sallustio Conss.] (363 nov. 25). Sulle “precarie condizioni economiche della popolazione rurale” alla luce della costituzione ora richiamata si veda A. Mastino, “Rustica plebs id est pagi in provincia Sardinia: il santuario rurale dei Pagani Uneritani della Marmilla”, in POIKILMA. Studi in onore di Michele R. Cataudella, La Spezia 2001, 783 ss.; Id., Storia della Sardegna antica cit., 153 ss.

 

[70] CTh. 8.5.16: [Idem (Iulianus) A. ad Mamertinum P(raefectum) P(raetori)O.]. In provincia Sardinia, in qua nulli paene discursus veredorum seu paraveredorum necessarii esse noscuntur, ne provincialium status subruatur, memoratum cursum penitus amputari oportere decernimus, quem maxime rustica plebs, id est pagi contra publicum decus tolerarunt. Excellens igitur auctoritas tua officio praesidali necessitatem tolerandae huiusmodi exhibitionis inponat, aut certe, si hoc existimant onerosum, suis animalibus uti debebunt, quotiens eos commeare per provinciam necessitas publica persuaserit. Sane angariarum cursum submoveri non oportet propter publicas species, quae ad diversos portus deferuntur. Proinde considerata rerum necessitate pro locorum situ adque itineris qualitate tantum numerum angariarum collocari oportere decernas, quantum necessarium esse adhibitae plenissime deliberationes suaserint. [Dat. VII kal. dec. Antiochiae Iuliano a. IIII et Sallustio Conss.].

 

[71] CTh. 8.5.34 (377).

 

[72] Cfr. L. Di Paola, Viaggi, trasporti e istituzioni. Studi sul cursus publicus cit., 49 ss.

 

[73] CTh. 7.4.1.

 

[74] CTh. 8.5.3: [Idem (Constantinus) A. ad Acindynum P(raefectum) P(retori)o]. Praesidibus et rationalibus ceterisque, quibus propterea res publica et annonas et alimenta pecoribus subministrat, usurpandi agminalis seu paraveredi licentia derogetur. quibus illud quoque licere non patimur, ne quid de provincialibus citra ordinem poscant nisi hi tantum, quorum fides cognita est, cum usus necessitatis exegerit. vestrae vero gravitatis ubi ratio exegerit, cursus publicus praesto est, quibus si a publico itinere aliqua militari via devertendum fuerit, ubi evectio non erit, publicis utemini agminalibus, sed modice et temperate tantum ad usum proprium necessariis. quae res si neglecta fuerit, vobis aestimationis vestrae notam incurrentibus praesides periculum sustinebunt, cum super hac re exploratores iam missi sint. quae enim mala provincialibus inferantur, conici ex eo etiam potest, quod nostris itineribus, quos publica utilitas movet, magna atque anxia dispositione vix vicenorum agminalium numerus subministrari queat. [P(ro)p(osita) XV Kal. Mart. Constantino a. VII et Constantio Caes. Conss.] (326 [339] Febr. 15).

 

[75] Si veda la nt. precedente.

 

[76] CTh. 11.16.1: [Imp. Constantin(us) A. Ad Catullinum P(ro)c(onsulem) Afric(ae)]. Patrimoniales fundos extraordinariis oneribus vel mediae aut tertiae portionis obsequiis fatigari non convenit, cum eosdem et auri speciem et frumenti plurimum modum constet persolvere, ita ut qui violare statuta temptaverit puniatur. [P(ro)p(osita) VI Kal. Sep. Karthagine Constantino A. V et Licinio Conss.] (319 [?] aug. 27). CTh. 11.16.2: [Idem (Constantinus) A. ad Ulpium Flavianum Cons(ularem) Aemiliae et Liguriae]. Ab extraordinariis omnibus fundi patrimoniales adque emphyteuticarii per Italiam nostram constituti habeantur immunes, ut canonica tantum et consueta dependant ad similitudinem per Africam possessorum. [Dat. XII Kal. Iun., lecta aput acta Severo et Rufino Conss.] (323 mai. 21).

 

[77] In generale sulla attenzione per gli animali nella antichità si veda P.P. Onida, Studi sulla condizione degli animali non umani nel sistema giuridico romano, Torino 2002, spec. 21 ss. Per lo studio dei presupposti filosofico-giuridici di favore per la condizione animale e delle influenze sulla legislazione costantiniana si veda P.P. Onida, “Il divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino. Una interpretazione sistematica”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit, 126 ss. Sull’amore di Costantino per gli animali si veda V. Poggi, “Perché in Sardegna Costantino è santo”, ibidem, 337 ss.

 

[78] G. Costa, Religione e politica nell’Impero romano, Torino 1923, 259.

 

[79] Si veda E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 186 nt. 380.

 

[80] A Sedilo si trova un santuario, meta di devozione e di pellegrinaggi da tutta l’Isola, dedicato a Santu Antine (San Costantino).

 

[81] Lact., de mort. pers. 24.1-9.

 

[82] Eus., vita Const. 1.20.

 

[83] Aur. Vict., Caes. 40.2.

 

[84] Zos., 2.8.3.

 

[85] Eus., laus Const. 9.9; vita Const. 1.37; 1.39.3; 4.19; 4.29.3. Sulla “fiducia in Dio” da parte dell’Imperatore, cfr. R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea cit., 190; 200 ss.

 

[86] Eus., vita Const. 1.48, considera che la celebrazione dei decennali di Costantino avvenne con “sacrifici privi di fuoco e di fumo”. Cfr. A. Hamman, “La prière chrétienne et la prière païenne, formes et différences”, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II.23.2, Berlin-New York 1980, 1193 ss.; S. Bradbury, “Constantine and the problem of anti-pagan legislation in the fourth century”, in Classical Philology, 89 (1994), pp. 129 ss.; Id., “Julian’s pagan revival and the decline of blood sacrifice”, in Phoenix, 49 (1995), 331 ss.; A. Fraschetti, La conversione cit., 23 e nt. 21 ss.

 

[87] Eus., hist. eccl. 8.14.5, su cui ha richiamato l’attenzione L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano cit., 74 ss.

 

[88] Si veda P.P. Onida, “Il divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino. Una interpretazione sistematica” cit., 73 ss.

 

[89] Sembrano interpretare la costituzione come misura di semplice conservazione del patrimonio C. Dupont, Le Droit Criminel dans les Constitutions de Constantin. Les infractions, Lille 1953, 105; M. Sargenti, “Aspetti e problemi dell’opera legislativa dell’imperatore Giuliano”, in Accademia romanistica costantiniana, Atti III Convegno Internazionale (Perugia-Trevi-Gualdo Tadino, 28 settembre-1º ottobre 1977), Perugia 1979, 47 ss. (=Id., Studi sul diritto del tardo impero, Padova 1986, 208 ss.). Riconducono, invece, la costituzione alla funzione di protezione degli animali D. Serrigny, Droit public et administratif romain, II, 1862, 273, il quale parla di “loi protectrice des animaux”; E. Pais, Storia della Sardegna e della Corsica durante il periodo romano cit., 186 nt. 380, il quale, si è già ricordato sopra, parla di “miti sensi” nei confronti degli animali; A. Cosseddu, “Maltrattamento di animali”, in Digesto delle Discipline Penalistiche, VII, 4a ed., Torino 1993, 529, che cita CTh. 8.5.2 come esempio di una “tradizione peraltro, sicuramente già radicata nell’antichità, volta ad evitare trattamenti comportanti inutili sofferenze per gli animali”.

 

[90] Si rinvia a P.P. Onida, Studi sulla condizione degli animali non umani nel sistema giuridico romano cit., 115 ss.

 

[91] Cfr. L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano cit., 151 ss.; Id., “Mondo tardoantico e formazione del ‘Diritto romano cristiano’. Riflessioni su CTh. 9,16,1-2” cit., 181 ss.

 

[92] Sul tema del rifiuto del sacrificio e del suo nesso con la concezione del diritto naturale in Costantino si veda P.P. Onida, “Il divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino. Una interpretazione sistematica” cit., pp. 130 ss. Per lo studio del sacrificio nel sistema giuridico-religioso romano si rinvia a  F. Sini, “Aspetti giuridici e rituali della religione romana: sacrifici, vittime e interpretazioni dei sacerdoti”, in Aa.Vv., Poteri religiosi e istituzioni: il culto di San Costantino Imperatore tra Oriente e Occidente cit., 3 ss.

 

[93] Sul legame tra l’opera di Lattanzio e di Ulpiano si vedano: C. Ferrini, op. cit., 467 ss.; J. Gaudemet, “Lactance et le droit romain”, in Accademia Romanistica Costantiniana, Atti II Convegno Internazionale, Spello-Isola Polvese sul Trasimeno-Montefalco (18-20 settembre 1975), Perugia 1976, 81 ss.; F. Amarelli, Vetustas-innovatio cit., 140; Id., “Due recenti studi su Lattanzio”, in Studia et Documenta Historiae et Iuris, 50 (1984), 474 ss.; M.P. Baccari, “Il conubium nella legislazione di Costantino” cit., 216.

 

[94] Si veda per tutti L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano cit., 172.

 

[95] Si possono dire superati in larga parte i dubbi della dottrina meno recente (I.A. Heikel, Eusebius Werke, GCS, Leipzig 1902) sulla autenticità della Oratio ad sanctorum coetum. Sulla questione, anche per i problemi relativi alla datazione della Oratio, si vedano: R. Farina, L’impero e l’imperatore cristiano in Eusebio di Cesarea cit., 15-16 ss.; S. Mazzarino, Antico, tardoantico ed èra costantiniana, I, Bari 1974, 99 ss.; C. Monteleone, “Costantino”, in Enciclopedia Virgiliana, I, Roma 1984, 913 ss.; L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano cit., 174 ss.; U. Pizzani, “Costantino e l’‘Oratio ad sanctorum coetum’”, in Costantino il Grande. Dall’Antichità all’Umanesimo. Colloquio sul Cristianesimo nel mondo antico. Macerata 18-20 dicembre 1990 (a cura di G. Bonamente-F. Fusco), II, Macerata 1992, 791 ss.; A. Fraschetti, La conversione. Da Roma pagana a Roma cristiana, Roma-Bari 1999, 78 nt. 3; L. De Giovanni, “Mondo tardoantico e formazione del ‘Diritto romano cristiano’. Riflessioni su CTh. 9,16,1-2” cit., 182 ss.

 

[96] Or. ad sanct. coet. 20. Il fatto che, come ha osservato L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano cit., 178, l’Imperatore, nella Oratio ad sanctorum coetum, interpreti la quarta ecloga “minuziosamente … quasi verso per verso”, dimostra che egli possedeva una conoscenza particolare di Virgilio.

 

[97] Nella vasta letteratura sul tema degli animali in Virgilio si vedano: S. Rocca, Etologia virgiliana, Genova 1983; Ead., “Animali”, in Enciclopedia Virgiliana, I, Roma 1984, pp. 173 ss.; F. Sini, Bellum nefandum. Virgilio e il problema del “diritto internazionale antico”, Sassari 1991, pp. 159 ss.; 216 ss.; P.P. Onida, Studi sulla condizione degli animali non umani nel sistema giuridico romano, Torino 2002, spec. pp. 66 ss.; Id., “Il divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino. Una interpretazione sistematica” cit., pp. 150 ss., con rinvii alle fonti.

 

[98] Cfr. L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano cit., 178; Id., “Mondo tardoantico e formazione del ‘Diritto romano cristiano’. Riflessioni su CTh. 9,16,1-2” cit., 183 ss.

 

[99] CTh. 2.17.1 del 321 (324): “… quantum per annorum dimensiones ac temporum leges et natura singulis quibusque deferre consuevit”; CTh. 2.19.2 del 321: “licet legum auctoritas filiorum potius quam matrum personis voluit laborem incumbere, ut de inofficioso agentes intra praefinita tempora doceant nullo suo vitio factum nec offensionem se parentibus praestitisse, sed iugiter obsecutos, ut naturae ipsius religio flagitabat …”; CTh. 9.42.1 del 321: “tamquam si maritum eius natura, non poena subduxerit …”; CTh. 9.43.1 del 321: “quem si conperta integritas ut natura, ita officio liberis restituerit, ei gubernacula rerum tradenda sunt, cuius ad imitationem publici iuris provisa custodia est”.

 

[100] Cfr. M.P. Baccari, “Il conubium nella legislazione di Costantino” cit., 212 ss.

 

[101] Si veda D. 4.6.38; 48.18.1.27; D. 49.1.6.

 

[102] G. Lanata, Legislazione e natura nelle Novelle giustinianee, Napoli 1984, 98 ss.

 

[103] Sul giusnaturalismo di Giustiniano si veda P. Catalano, “Giustiniano” cit., 762, il quale osserva che esso «ha radice, anche per il suo aspetto religioso, nella tradizione giurisprudenziale e filosofica precristiana … Le leggi di natura, considerate immutabili (è spontaneo confrontare con Paolo D. 1,1,11 e con I. 1,2,11), riguardano anche gli animali diversi dagli uomini (cf. Ulp. D. 1,1,1,3-4; I. 1,2 pr.) e sono di origine divina (cf. Marcian. D. 1,3,2; I. 1,2,11). Nell’Eneide il mito di Saturno viene storicizzato con precise localizzazioni degli aurea saecula: il regno nel Lazio (6,793-94; 7,49,180, 202 ss.; 8,319 ss. …) e l’arce Saturnia in Campidoglio (8,357-58 …). L’età dell’oro è caratterizzata, anche secondo V(irgilio), dalla mancanza di proprietà privata … e di schiavitù … Durante il regno dell’aureus Saturnus non esisteva la impia gens che per prima, nell’età del bronzo, banchettò con gli animali uccisi (G 2,537 …)».

 

[104] Il rifiuto del sacrificio cruento emerge in Costantino non solo nel diniego di un personale coinvolgimento nei sacrifici di animali e nella rinuncia agli onori che comportavano spargimento di sangue animale, ma anche nella disapprovazione delle pratiche connesse alla aruspicina. Si veda CTh. 16.10.2; CTh. 9.16.1; CTh. 9.16.2; CTh. 16.10.1; CTh. 16.2.5. Sul punto si veda P.P. Onida, “Il divieto dei sacrifici di animali nella legislazione di Costantino. Una interpretazione sistematica” cit., 73 ss.

 

[105] Sulla humanitas di Costantino e il rapporto di essa con la nozione di ius naturale si veda M.P. Baccari, “Il conubium nella legislazione di Costantino” cit., 212 ss.