Testatina-Contributi2013

 

 

http://www.economiataranto.uniba.it/sites/default/files/immagini/docenti/FotoTafaroLaura.jpgNUOVI CONFINI DEL DIRITTO CIVILE ATTUALE E FONTI DEL DIRITTO NEL SISTEMA ITALO-COMUNITARIO

 

LAURA TAFARO

Università di Bari “Aldo Moro”

Sede di Taranto

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SOMMARIO: 1. Diritto civile e suoi attuali confini. – 2. Il valore normativo della dignità umana nell’ordinamento comunitario. – 3. Prospettive e compiti nuovi del diritto civile. – 4. Diritto civile attuale plurale. – 5. Fonti formali e fonti cc.dd. non formali. – 6. Nuove fonti del diritto e ruolo del giurista.Abstract.

 

 

1. – Diritto civile e suoi attuali confini

 

Qualche decennio fa autorevolmente ci si interrogava sui confini[1] del diritto civile. Il medesimo interrogativo, sebbene con un senso e una portata diversi, ai giorni nostri permane pregno di rilevanza. Per rispondere ad esso, occorre partire dalla complessità e pluralità delle fonti, antiche e nuove, del diritto civile attuale.

L’adeguata considerazione di tutte le fonti di esso induce a qualche considerazione anzitutto sul significato da attribuire oggi all’endiadi “diritto civile”. Il diritto civile attuale difatti appare profondamente mutato rispetto al passato, pur presentando alcuni innegabili tratti di continuità con esso. Basti pensare che, alla domanda su cosa debba intendersi per diritto civile, il noto oratore e politico romano Cicerone rispose: «Qualcosa che, se verrà, non dico distrutto, ma soltanto messo da parte o […] custodito con scarsa cura, allora non c’è più nulla che uno possa sentirsi sicuro di ricevere un giorno dal proprio padre o di trasmettere ai figli. […] Perciò, quanto avete ricevuto dagli antenati, il patrimonio pubblico del diritto, voi dovete conservarlo non meno diligentemente di quello in cui consiste la vostra “cosa” privata: non solo perché quest'ultima sarebbe indifesa senza il diritto civile, ma perché un patrimonio si perde con il danno di una sola persona, l'ordinamento giuridico invece non si può perdere se non con il danno immenso di tutti i cittadini»[2].

La consapevolezza della necessità del diritto civile è avvertita, dunque, già nel primo secolo a.C. e ad esso, secondo una delle più lucide e penetranti menti del tempo, è assegnato il compito di garantire la certezza dei rapporti tra i cives e, in tal modo, la pace sociale.

Molti secoli dopo, alla medesima domanda sul diritto civile, un illustre maestro del diritto civile italiano attuale, Guido Alpa, risponde: «le sue definizioni variano nel tempo e nello spazio […] rappresenta il diritto che per molto tempo si è occupato “dei rapporti familiari, successori, della proprietà, dei contratti e dei danni”»[3].

Con queste, incisive, parole l’autore focalizza l’attenzione sulla pregressa concezione del diritto civile che lo identificava con il diritto dei rapporti meramente patrimoniali ed economici. Ma il dibattito, avviato da tempo, sulla cd. depatrimonializzazione del diritto civile[4] ha evidenziato che, in una prospettiva unitaria dell'ordinamento[5] e, conseguentemente, della sua assiologia, il diritto civile non può continuare ad essere considerato il diritto dei rapporti patrimoniali[6]. Tali conclusioni sembrano raggiunte dalla dottrina più avvertita, secondo la quale il diritto civile attuale, lungi dall’essere solamente il diritto dei rapporti patrimoniali, è il diritto di tutti i rapporti civili: «per certi versi è un ritorno all'antico, allo ius civile come il diritto dei cittadini concernente i loro rapporti personali e patrimoniali e che, in una versione moderna, considera i rapporti patrimoniali come strumentali per la realizzazione di quelli personali, dando priorità al valore della persona»[7].

Tali riflessioni inducono a riconsiderare sotto nuova luce la visione, espressa già un cinquantennio fa, secondo la quale tutta l'esperienza giuridica «si raccoglie nella vita della persona e si espande nello spiegarsi concreto delle sue libere attività e di tutte le creazioni dirette a soddisfare le sue esigenze naturali e personali. Ristrette ed astratte concezioni […] del diritto, sono superate nell'assoluta concretezza della persona come princìpio che dà sostanza e valore a tutta l'esperienza e le sue forme concrete»[8].

Questa concezione, straordinariamente moderna, anticipa il passaggio dalla nozione formale ed astratta di persona fisica del libro I del cod. civ. – espressione dello statual-legalismo che si esprime nei concetti di capacità giuridica e di soggetto di diritto[9] – alla nozione di persona[10] intesa quale «realtà umana che preesiste, anche giuridicamente, al diritto positivo»[11].

È la persona umana[12] – ossia la personalità, «valore obiettivo, interesse, bene giuridicamente rilevante»[13] – a costituire il valore normativo, enunciato agli artt. 2 e 3 della Costituzione repubblicana, posto al vertice della gerarchia dei valori dell’ordinamento[14].

 

 

2. – Il valore normativo della dignità umana nell’ordinamento comunitario

 

Nell’ordinamento comunitario è stato di recente positivizzato, quale valore normativo unificante l'esperienza giuridica, il valore della dignità umana[15]. Com’è noto, difatti, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, nel Preambolo attribuisce sia preminenza alla dignità umana, collocata al primo posto tra i valori fondanti l’ordinamento comunitario, sia centralità alla persona[16]. Significativamente, inoltre, l’articolo di apertura della Carta (art. 1), al vertice di una sorta di catalogo dei diritti fondamentali, proclama: «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata».

La clausola generale di dignità[17], già presente in molteplici testi normativi sovranazionali e interni[18], costituisce uno dei princìpi cardine del sistema comunitario, il valore normativo di rilevanza sovraordinata, fondamentale, rispetto al quale tutti i singoli diritti umani si pongono quale sua attuazione e specificazione[19]. Essa è allo stesso tempo valore, princìpio e diritto: bene generalissimo, giustificazione o fondamento dell’attribuzione dei diritti e pretesa suscettibile di tutela giuridica autonoma rispetto ad altre pretese[20].

Della clausola sono state sottolineate sia la ambiguità, sia le difficoltà di comprenderne gli usi giuridici[21]; si è inoltre espressa la preoccupazione che essa, in virtù della propria elevata pulsione ideale, subisca un annacquamento, una banalizzazione[22], qualora, nella sua indubbia complessità, non sia raccordata con i postulati dello Stato di diritto, con gli altri valori fondanti l’ordinamento comunitario della solidarietà e dell’uguaglianza[23].

Va peraltro evidenziato che nel Trattato di Lisbona, fra i valori fondanti l’Unione, si distingue il rispetto della dignità umana dal rispetto dei diritti umani, questi ultimi in posizione strumentale alla realizzazione del valore-persona: è pertanto il primo a connotare ed impegnare l’ordinamento comunitario; rispetto ad esso, quella dei diritti dell'uomo[24] si pone quale strategia e nuova fonte di legittimazione dell’Unione[25].

Per tale via si delinea il superamento del vizio originario del diritto comunitario, la sua formazione ad esclusiva tutela degli interessi patrimoniali[26] e si prospetta una considerazione globale delle situazioni soggettive, unificate dai valori di riferimento[27]. Si segna in tal modo il definitivo passaggio «dall’Europa dei mercanti all’Europa dei diritti»[28]: il processo freddo dell’integrazione europea si accende così con il fuoco di valori caldi[29].

Va segnalato che, in tema di dignità umana e di individuazione delle modalità di attuazione, l’opera della giurisprudenza della Corte di Giustizia è incessante e si rivolge ad aspetti finora non presi in considerazione. Si pensi, ad esempio, alle pronunce in tema di diritto all’autodeterminazione nel campo dell’attività sportiva: la dignità umana è assunta quale princìpio assoluto, in alcun modo comprimibile, nemmeno dal suo titolare, sovraordinato rispetto agli altri diritti fondamentali, quali il diritto al lavoro, la libertà di prestazione dei servizi e il diritto d’iniziativa economica.

Una decisione[30], in particolare, merita di essere segnalata al riguardo. Essa si occupa dei cd. Laser-sport e si pone in assoluta continuità con la nota vicenda, esaminata dal Consiglio di Stato francese, riguardante il cd. lancio del nano[31]. Con essa si conferma il divieto di talune attrezzature in quanto lesive del valore della dignità umana, “pietra angolare” su cui si regge l’ordinamento giuridico comunitario.

Il valore della dignità umana connota e permea di sé l’intero ordinamento nella pluralità delle sue fonti. Si pensi ancora, quale declinazione, per così dire, di tale valore a tutta la normativa in materia ambientale[32], basata sul princìpio di precauzione[33], il quale segna un fondamentale passaggio da una tutela successiva e dalle tradizionali tecniche riparatorie ad una tutela preventiva, cautelativa, precauzionale appunto, qualora vi sia incertezza scientifica sulle conseguenze (potenzialmente nocive) delle applicazioni tecnologiche o, meglio, quando le conoscenze scientifiche non provano ma nemmeno escludono la pericolosità per la salute (o per l’ambiente) di un’attività la quale presenta indubbi vantaggi, ma i cui eventuali danni non sarebbe possibile eliminare mediante interventi successivi, si pensi alla normativa in tema di organismi geneticamente modificati[34]. Esso è espressione di una tendenza più generale ogniqualvolta siano in gioco interessi quali l’ambiente, la vita e la salute umana.

 

 

3. – Prospettive e compiti nuovi del diritto civile

 

Alla luce dei valori normativi – costituzionali e comunitari – fondanti l’ordinamento, il paesaggio socio-giuridico fissato nel codice civile[35] sembra ormai «uno di quei fondali di teatro dove sono dipinte oleografie artificiose e irreali»[36].

Il diritto dei cives del ventunesimo secolo si inserisce, per così dire, in un paesaggio socio-giuridico diverso da quello fissato nel codice civile: esso è chiamato a dare attuazione alle scelte assiologiche dell’ordinamento italo-comunitario, ai valori fondanti l’ordinamento e, tra questi, in primis al valore normativo della persona umana. Peraltro non va sottaciuto che in attuazione di questo valore, alcuni interessi e bisogni umani «trascendono le singole categorie dei singoli interessati ed investono ed impegnano tutta la compagine sociale: sono quegli interessi unitari che si riferiscono alla conservazione stessa della compagine sociale considerata nella sua natura storica e concreta»[37].

Il diritto civile invero da sempre ha garantito la pace sociale, regolamentando i rapporti tra i privati ai quali si richiedeva il rispetto degli imperativi ulpianei che fondavano la convivenza civile (honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere)[38]; oggi però è chiamato a raccogliere sfide nuove: esso non è e non può essere più soltanto il sistema regolatore di rapporti individuali, a tutela del patrimonio e della persona, degli interessi privati e di posizioni giuridiche soggettive particolari.

Nella nuova proiezione il diritto civile assume compiti nuovi: dare attuazione ai valori normativi a fondamento del sistema, cioè ai valori che nella comunità trovano la loro fonte e la loro origine e che di essa costituiscono espressione. Ne consegue che tutti gli istituti del diritto civile devono conformarsi a tali valori; essi «non sono più relegabili aprioristicamente nel ruolo di limiti o di finalità esteriori, non idonei ad incidere sulla funzione dell'istituto e quindi sulla sua natura»[39].

Il diritto attuale dei cives, a mio parere (in un momento storico nel quale il modello di sviluppo dominante e sinora seguito non sembra assicurare la sopravvivenza della comunità, che si pone, da un lato, quale destinataria delle sue regole, dall’altro, quale fonte da cui originano i propri valori fondanti), non può non occuparsi e preoccuparsi della possibilità stessa dell’esistenza e sopravvivenza dell’intera comunità giuridica e sociale.

In altri termini: il diritto presente dei cives si proietta nel futuro e accompagna, con le sue categorie ed i suoi istituti, lo sviluppo sostenibile, il quale appare come l’unica prospettiva in grado di consentire «alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri»[40]. Da questa consapevolezza potrà svilupparsi il diritto civile moderno, profondamente rinnovato, adeguato a garantire la sostenibilità sociale, economica, istituzionale, ambientale dello sviluppo futuro.

Un diritto civile che, lungi dall’essere sulle nuvole[41], è scritto «sulla pelle degli uomini»[42], in quanto è «radicatissimo nella società, [...] specifica la globalità del sociale»[43].

Mi pare, dunque, che siano tracciati, così, i confini di un innovato diritto civile; esso si profila quale diritto che «non è soltanto nelle leggi e nei decreti posti dagli uomini, ma anche nei bisogni, nei desideri, nelle speranze, negli ideali che sono in quegli uomini che pongono quelle leggi e quei decreti e che predispongono leggi e decreti, e istituzioni, e organismi semplici e complessi, per difendere il loro diritto ad avere quei bisogni, quei desideri, quelle speranze, quegli ideali»[44].

Esclusivamente in tal modo il diritto può assolvere al compito cui è chiamato ed aspirare a divenire realmente, secondo l’insegnamento capograssiano[45], esperienza, storia vivente, dimensione della vita, specchio ed espressione della società, del coacervo complesso dei valori e degli interessi, secondo una prospettiva che risolve la nozione normativa di interesse nella «esigenza di beni o valori da realizzare o da proteggere»[46].

Se si volesse raffigurare con un dipinto bucolico il diritto civile attuale, come si è osservato, si dovrebbe disegnare un paesaggio variegato composto da «resti archeologici, provenienti dal diritto romano, costruzioni medievali, provenienti dal diritto comune e dal diritto canonico, alberi della libertà con il berretto frigio, provenienti dai diritti fondamentali nati dalla Rivoluzione francese, campagne ubertose governate dal diritto agrario, fabbriche, miniere, porti da cui sono sorti i diritti sindacali, i monumenti dei codici civili e di commercio, i fasti della Costituzione repubblicana e poi un groviglio intricatissimo di giunchi e rovi, la legislazione speciale, dello Stato e delle Regioni. E in bella mostra una sorgente che viene dal cuore dell'Europa, da cui sgorgano la legislazione comunitaria e la giurisprudenza della Corte di giustizia. È un paesaggio che oggi muta […] molto rapidamente. Uno dei mutamenti più significativi del diritto privato riguarda le sue fonti»[47], in quanto si tratta di un diritto non più dominato solamente dalla componente legislativa, ma molto più articolato[48].

 

 

4. – Diritto civile attuale plurale

 

Da tutto ciò emerge che un’indagine sulle fonti del diritto civile oggi appare non agevole, complessa ed articolata. In effetti, come si è opportunamente osservato, «mentre in momenti storici di radicata uniformità assiologica non vi è sostanziale sfasatura tra l'ordinamento assunto nelle sue strutture […] stabilizzate e l'analisi dei fatti idonei a produrli, vi sono stagioni di passaggio (delle quali può essere assunta ad esemplare paradigma quella che stiamo vivendo) […] in cui la fluidità del processo di giuridificazione non consente di designare con perentoria puntualità i fatti ai quali l'ordinamento conferisce l'attitudine a produrre norme giuridiche»[49].

A ben vedere la stessa metafora di “fonti del diritto” è ambigua, in ambedue i suoi termini: non è chiaro cosa debba intendersi per fonte e per diritto[50].

La tradizione, com'è noto, ci ha consegnato la distinzione tra fonti di produzione e fonti di cognizione. Con l’espressione fonti di produzione ci si riferisce, secondo l’insegnamento kelseniano, sia ai modi o ai metodi di produzione del diritto - agli atti o ai fatti da cui dipende la creazione di norme giuridiche - sia alle norme superiori che disciplinano la produzione del diritto (norme sulla produzione giuridica)[51]; da qui la nota definizione di fonti di produzione del diritto quali atti o fatti giuridici dai quali, in virtù delle regole sulla produzione, dipende la creazione o l’esistenza di norme giuridiche[52].

Questa visione non consente però oggi di individuare con certezza tutti i fatti normativi; ciò in ragione anzitutto della molteplicità di significati attribuibili alla locuzione “fonti del diritto”. Le radici della confusione che ne deriva sembrano rinvenibili, da un lato, nella sovrapposizione tra il significato per così dire fisico del termine ‘fonte’ (quale origine) ed il significato figurato di fondamento: la fonte è il punto in cui diventa visibile una vena d’acqua e, per questo, in senso figurato, assume il significato di fondamento del diritto[53]; dall’altro, nella positivistica e formalistica convinzione[54] che costituisca diritto solo quello emanato secondo determinate procedure e da ciò ne discende la possibilità di rinvenire una gerarchia tra le norme dell’ordinamento[55].

L’intreccio ora indicato ha portato al postulato del primato della legge sulle altre fonti del diritto e dimostra che ogni teoria delle fonti del diritto, pur pretendendo di presentarsi sotto veste scientifica, in realtà rappresenta il tentativo di fare accettare come diritto valido prescrizioni derivanti da talune fonti piuttosto che da altre[56].

Al riguardo mi piace ricordare che la definizione tradizionale di fonti di produzione è stata radicalmente contestata dal giurista russo Leone Petrazycki, il quale ha negato che la legge, la consuetudine, i regolamenti, ecc., costituiscano fonti del diritto, affermando che esse sono in realtà tipi di diritto. Secondo il giurista russo l’uso della metafora non è ammissibile da un punto di vista scientifico, come non sarebbe ammissibile che gli zoologi chiamassero cani e gatti “fonti degli animali”: alla stessa maniera «le “fonti del diritto” (consuetudini, leggi, ecc.) non sono fonti, ma esse stesse diritto. Non è perciò esatto parlare di “fonti del diritto”, e discutere delle loro relazioni con la legge»[57].

Nonostante le ambiguità e le incertezze che caratterizzano la metafora, va però detto che essa svolge una funzione difficilmente sostituibile. Si tratta infatti di un concetto del quale, al pari di altri concetti normativi, ci serviamo per indicare in maniera sistematica il rapporto tra un fatto giuridico e gli effetti giuridici che esso determina[58]: la genesi di una norma ad opera di una fonte del diritto ne determina la validità, ossia la sua appartenenza al sistema giuridico, con tutto ciò che ne consegue, a cominciare dalla sua obbligatorietà, dovuta per l'appunto alla conformità ai criteri dettati per la sua produzione e la sua applicazione.

Va a questo punto rilevato che, come incisivamente è stato osservato, la metafora delle fonti del diritto «tende necessariamente a mettere insieme i vari fattori storici, economici, sociali e politici che di volta in volta determinano il sorgere di particolari norme o di determinati istituti […] quei processi spirituali, sociali ed economici che conducono a rendere operanti i valori giuridici nella vita concreta dei singoli, delle esperienze giudiziali, della comunità nel suo complesso»[59].

Da ciò consegue che, per una compiuta indagine intorno alle fonti del diritto civile oggi, occorre partire dalla concezione del diritto come esperienza giuridica; vale a dire, dalla considerazione del diritto come nulla di diverso ed, anzi, costituente un tutt’uno con la civiltà e la cultura nelle quali nasce e si radica. Questo sul presupposto che il diritto non si identifica con la Legge, come (soprattutto per la dominante influenza del positivismo giuridico) spesso si fa, continuando troppo spesso ancora oggi a considerare coincidente il diritto non con l’intero Jus, comprensivo di ogni singola manifestazione della giuridicità[60], bensì solamente con una di esse: la Legge dello Stato.

Il che oscura la consapevolezza che il Diritto è più antico e più vasto della sua peculiare espressione storica rappresentata dalle leggi dello Stato, dal diritto prodotto dagli Stati-Nazione. In questi ultimi - con una inversione di rotta rispetto al passato, nel quale i rapporti erano retti da una concezione universale del diritto - il diritto statuale assume una posizione di monopolio, segnando in tal modo il passaggio dal particolarismo giuridico al monismo[61] della legge; per tale via il diritto finisce con l’avere gli innaturali confini[62] geografici dei territori degli Stati[63].

Invero l’ideale illuministico e positivistico della certezza del diritto ha segnato una svolta nella teoria delle fonti: negli Stati-Nazione il diritto era soltanto lo ius scriptum ufficiale - costituito dalle leggi emanate dallo stato attraverso i propri organi - in quanto la potestà legislativa rappresentava una delle più importanti manifestazioni della sovranità statuale.

Ne consegue, da un lato, il peculiare assetto gerarchico delle fonti del diritto (giunto pressoché inalterato sino ai nostri giorni, ma ora in profonda e radicale crisi[64]), nel quale la consuetudine[65] è relegata all’ultimo posto, mentre nessun rilievo è attribuito alla dottrina ed alla giurisprudenza, e, dall’altro, l’instaurarsi di un legame inscindibile tra il diritto ed il potere politico.

Tutto ciò impedisce una visione della complessità dell’esperienza giuridica: il diritto diventa espressione di una sola cultura[66] ed è, per così dire, sradicato dalla ricchezza del sociale, con il rischio – denunciato - della separazione fra «dimensione giuridica e civiltà retrostante [...] e cultura circolante»[67]; viene così a determinarsi uno scollamento, una tensione dicotomica tra il diritto ufficiale e le esigenze, gli interessi, i bisogni, i valori presenti ed espressi dalla società.

In tal modo la giuridicità si trasforma in legalità. Lo Stato monopolizza il sistema delle fonti riducendole sostanzialmente ad una: è la legge scritta, l’unica consacrata con il crisma della legalità statuale, a costituire il fondamento del diritto positivo.

Per recuperare l'originaria ricchezza e la complessità della dimensione giuridica, occorre anzitutto abbandonare questa visione riduttiva e considerare la pluralità dei fatti normativi nell’attuale momento storico, segnato dalla crisi dello statual-legalismo e del conseguente modello di diritto - ossia di un certo modo di concepire il diritto e la scienza giuridica[68] - e caratterizzato dall’assolutismo[69] e dal monismo[70] giuridico.

Da tale irreversibile crisi della teoria delle fonti[71] consegue il passaggio ad un’esperienza giuridica, complessa[72] ma unitaria[73], connotata da una pluralità[74] di fenomeni normativi – infra, supra e transnazionali – riconducibili all’ordinamento giuridico statale.

 

 

5. – Fonti formali e fonti cc.dd. non formali

 

Devono quindi annoverarsi, accanto e oltre le fonti del diritto di tipo formale - tra le quali fanno ingresso le fonti comunitarie e le fonti di derivazione regionale - le cc.dd. fonti non formali del diritto, le quali assumono rilevanza anche nelle trattazioni manualistiche ed istituzionali. È significativo che, in una recente riflessione dedicata ex professo alle fonti del diritto, con perspicacia si annoverino tra esse anche il diritto non scritto (le consuetudini e gli usi) e il diritto giurisprudenziale. L’assunto, impensabile fino a poco tempo fa, si basa sulla considerazione che: «Se il diritto sta nella complessità di un'esperienza, se nessun enunciato può essere inteso […] in mancanza di un procedimento interpretativo, […] se, in definitiva, il diritto, come concreto paradigma dell'agire sociale, va assunto nella specificità di un criterio di effettività, appare assurdo escludere - alla stregua dei consueti schemi formalistici - che anche la giurisprudenza rientri fra le fonti del diritto»[75].

Particolare attenzione è dedicata anche alla giurisprudenza della Corte di Giustizia e a quella della Corte costituzionale, la quale la quale da tempo ha ormai abbandonato la prassi delle sentenze interpretative di rigetto e fa riferimento al cd. «diritto vivente, inteso come il risultato precettivo che viene assegnato all'enunciato (o ad un sistema di enunciati) all'esito del procedimento interpretativo quale prevalso in sede giurisprudenziale»[76].

In forza del diritto vivente, da rinvenirsi ogni qual volta si sia in presenza di uniformità delle pronunce giurisprudenziali, indice del consolidamento dell’orientamento giurisprudenziale[77], «ogni giudizio di costituzionalità viene svincolato dalla apparente immodificabilità di un testo e ricondotto alla storica mutevolezza di un contesto. Il tutto nel quadro di un sistema che, anche al di là dei profili connessi alla globalizzazione, è chiamato ormai costantemente a fare i conti con un progressivo ridursi del tentativo di incidenza della legge e un corrispondente allargamento di altre fonti»[78].

Sul diritto vivente già efficacemente era stato affermato che la teoria che ne costituisce il fondamento «supera la posizione, caratteristica del positivismo ottocentesco, che identifica la norma col testo legale, e aderisce al princìpio ermeneutico che al testo riconosce solo un valore euristico per la ricerca della regola di decisione. Il testo è il dato di avvio dell'elaborazione della norma, nella quale si esprime il significato ascritto dall'interprete al testo in vista dell'applicazione a un caso concreto»[79].

Nelle più recenti trattazioni manualistiche si annovera peraltro, tra le fonti non formali, anche la dottrina, con la precisazione che a tale termine va attribuito «anziché il significato riduttivo del complesso di scritti ed opinioni espresse in sede accademica, quello più pregnante di meccanismo di intermediazione»[80]; così intesa la scienza giuridica, si sostiene, «non si può negare che essa sia veramente produttrice di diritto, anzi, se non sembrasse un paradosso, che essa è l'unica vera fonte di diritto nell’esperienza giuridica»[81].

Accanto alla dottrina, una recente e autorevole trattazione menziona infine, tra le fonti del diritto privato non formali, anche il diritto delle Autorità indipendenti[82] e persino le fonti legate all’autonomia dei privati, i Codici deontologici[83].

Le fonti del diritto privato attuale dunque appaiono profondamente diverse rispetto al passato, in un momento nel quale tutto il diritto è connotato dalla produzione spontanea di esso e dalla sua circolazione planetaria. Si pensi, a mo' di esempio, al crescente uso delle tecniche del cd. shopping del diritto[84] e del forum shopping[85]; agli usages commerciales (trade usages); alla Giustizia cd. alternativa, nella quale le rationes decidendi dei lodi arbitrali, progressivamente ma inesorabilmente, acquistano forza giuridica e valore di precedente; ai contratti atipici creati spesso non dai legislatori nazionali, bensì negli uffici legali delle grandi multinazionali, all’emersione di figure nuove quali le clausole di gross disparity e di hardship che hanno rapidissimamente fatto il giro del mondo.

Senza dimenticare che la società globale sembra ormai avere un proprio diritto, la rinnovata lex mercatoria[86]: come è noto da tempo (in particolare attraverso le clausole standard, le condizioni generali e i contratti-tipo) nel commercio internazionale si è giunti ad una disciplina - minuziosa ed in gran parte internazionalmente uniforme - dei rapporti d’affari. Essa ormai costituisce un sistema normativo sovranazionale a sé stante, grazie al quale gli operatori economici riescono a regolamentare i propri rapporti d’affari, prescindendo dai rispettivi diritti nazionali[87].

Invero, con riferimento alla lex mercatoria occorre muovere un rilievo, sia pure meramente terminologico: per questo diritto transnazionale di formazione spontanea, sarebbe più corretto parlare di ius mercatorum piuttosto che di lex mercatoria. Tuttavia è di tutta evidenza che con tale espressione erudita si vuole intenzionalmente richiamare il fenomeno, per certi versi analogo, del diritto del medioevo che andava sotto lo stesso nome di lex mercatoria.

Va rilevato che il mercato, nel regolamentare propri bisogni, mostra sensibilità per i temi etici che riguardano l’ambiente e i popoli, al punto da sembrare non solo che la cd. lex mercatoria abbia limiti endogeni, ma anche che si stia configurando una business ethic della business community.

Ciò stupisce piacevolmente, ma non è sufficiente: si rivela indispensabile l’opera del giurista contemporaneo, teorico e pratico, il quale non è solamente chiamato a farsi carico dei timori relativi ai pericoli che il diritto, qualunque sia la fonte da cui deriva, presenta per la stabilità, la sicurezza e la certezza dei traffici giuridici[88], ma soprattutto della preoccupazione di garantire il rispetto non della legge, bensì del diritto, ossia «dell’ordinamento unitariamente inteso»[89], con la molteplicità delle sue fonti.

 

 

6. – Nuove fonti del diritto e ruolo del giurista

 

Il complesso ed articolato assetto delle molteplici fonti del diritto civile esige la mediazione culturale dei giuristi, ancor più necessaria in una fase storica in cui il diritto «nasce, si sviluppa e consolida dal basso, ossia a contatto con una spontanea composizione degli interessi e dei valori»[90] e le sue fonti, pur non rivestite di validità formale, sono munite di effettività: solamente i giuristi possono scongiurare il paventato rischio che in esso, poiché si tratta per lo più di «canoni dettati dalle imprese di maggior peso sul mercato, cui gli operatori di minor rilievo spesso soggiacciono in condizione di disparità contrattuale»[91], possa ritornarsi «alla bruta graduatoria della forza»[92].

Occorre, in altri termini, evitare che la formazione di tale diritto resti affidata ai pratici, «senza il supporto della intelaiatura teorico-sistematica che è specifico compito della dottrina fornire agli operatori del diritto»[93] e raccogliere l’autorevole monito a recuperare la dimensione storica del diritto, la sua carnalità[94]: «valori, fatti, interessi devono emergere alla dimensione giuridica e segnarla nei loro aspetti positivi e negativi»[95].

Tutto ciò conduce ad un necessario mutamento di metodo[96] negli studi giuridici e all’adozione di una metodologia storica e relativa[97], in antitesi al metodo concettuale e dogmatico[98] della precedente epoca della storia giuridica, caratterizzata dall’elaborazione di grandi categorie giuridiche dogmatiche ed astratte[99], immutabili, universali ed astoriche[100], e dalla costruzione di concetti astratti e generali[101].

Il mutamento di metodo prospettato porta ad un cambiamento epocale e consente, per così dire, di sciogliere «i fiori di ghiaccio che nascono così rigogliosi nelle teste dei sapienti del diritto»[102].

Esso ha già indotto una parte avvertita della dottrina a prendere definitivamente le distanze dalle grandi costruzioni dogmatiche ritenute eterne, immutabili, universali ed astoriche[103]: il ruolo del giurista è ben altro[104]. Egli non può limitarsi all’individuazione di categorie giuridiche (ordinanti la realtà) generali e astratte, e di concetti[105], come tuttavia è apparso ogniqualvolta sono state elaborate teorie cc.dd. pure[106].

Il giurista, dinanzi alla crisi del diritto[107], è chiamato a rivestire un ruolo delicato in un complesso momento storico nel quale, da un lato, lo Stato si rivela incapace di ordinare la realtà con i propri strumenti legislativi - le sue leggi, come qualcuno provocatoriamente ha affermato, sono simili al ruggito del topo[108] - dall’altro si moltiplicano i centri di produzione del diritto e delle norme[109].

La crisi profonda, autorevolmente definita vera e propria erosione, del sistema tradizionale delle fonti – ormai simile ad un castello di sabbia[110] - e del conseguente monopolio normativo degli Stati nazionali, con lo spostamento della produzione normativa in atto «dagli antichi centri di una legislazione unificata [...] verso nuove periferie»[111], costituisce una difficilmente ripetibile opportunità da saper cogliere, un imperativo ineludibile per il giurista[112] il quale non può ridursi ad essere un mero esegeta che si limita ad una attività logico-ermeneutica, risolvendo puzzle[113], ossia mettendo insieme frammenti sparsi di materiale normativo. Egli è colui che, detentore di un sapere tecnico, quello giuridico, deve fungere in qualche modo da ponte con la società[114], con i fermenti e i valori in essa presenti.

Il giurista è chiamato, per il suo sapere tecnico–giuridico, a mettere a fuoco la dimensione giuridica dentro la realtà socio-economica[115] e ad una presenza attiva ed incisiva nella società[116]. Insomma: la crisi delle fonti «disseppellisce dai sepolcri [...] proprio i giuristi [...] come personaggi – non importa se teorici o pratici – chiamati a ordinare con le loro categorie e con le loro invenzioni tecniche le richieste di un mondo economico ormai avvezzo a spazi virtuali, che si infischia degli Stati, delle loro sovranità, delle loro frontiere limitate, delle loro leggi viziate da intollerabili particolarismi territoriali e anche dalla sostanziale incapacità a seguire un mutamento vorticoso»[117].

Al giurista spetta quindi un compito rinnovato, di fronte alle sfide poste dall’attuale crisi del sistema delle fonti del diritto. Quest’ultimo non è più rappresentabile attraverso la metafora della piramide[118], ma stenta a trasmigrare in una nuova immagine efficace: inadeguata si rivela la raffigurazione della rete[119] e quella del diritto-ape[120], in contrapposizione al diritto ragno, anche se quest’ultima più di tutte rende l’idea dell’attuale formazione del diritto, il quale si nutre di fiori diversi in maniera casuale, caotica, disordinata.

Il mutato assetto delle fonti del diritto, riflesso giuridico anche della globalizzazione dei mercati[121], esige la mediazione culturale del giurista[122]; a lui si chiede di recuperare il «naturale aggancio fra società e diritto, fra cultura e diritto»[123], quale erede di quel personaggio fecondo che, dall’antica Roma ad oggi, «si è fatto lettore di esigenze oggettive, ha avvertito il compito di ordinarle all’insegna di una sentita etica della responsabilità e le ha tradotte in princìpi e regole di convivenza»[124].

 

 

Abstract

 

New boundary lines of the current civil law and law sources in the Italy-EU system

 

The author develops an innovative overview of the boundary lines of the present civil law, by means of a comprehensive analysis of ancient and recent sources in the Italy-EU law system.

In such a framework, the present civil law cuts broadly across laws governing individual legal relationships, patrimonial and economic relationships protecting person and patrimony, as well as private interests and specific subjective legal positions.

In the light of the values inspiring the legal order, enshrined in the Italian Constitution and in the European Union Treaties, and in a unitary perspective of the legal order itself and its axiology, the ius civile in its entirety – the basic law of all civil relationships - is summoned to implement the Italy-EU law system’s axiological choices - in primis, the regulatory value of human dignity.

In particular, the interpretation of the value of human dignity in a diachronic perspective exhorts jurists to provide the future generations with a protective shield, recommending a reconsideration of all civilist institutes and bestowing new tasks on the civil law.  

The author highlights the demanding task of the jurist, who - facing the challenges set by the present crisis of the traditional system of law sources that brought to the regulatory monopoly of nation states – is called to re-design his undertaking, by means of a comprehensive cultural mediation to be achieved while dealing with the present civil law, proceeding from a heterogeneous system of multiple sources.

 

Laura Tafaro

Associate Professor (JUS/01: Private Law) at the “Aldo Moro” University of Bari, Jonic Department “Mediterranean Economic and Legal Systems: Society, Environment, Cultures”

 

 



 

[Per la pubblicazione degli articoli della sezione “Contributi” si è applicato, in maniera rigorosa, il procedimento di peer review. Ogni articolo è stato valutato positivamente da due referees, che hanno operato con il sistema del double-blind].

 

[1] Il dibattito sui confini del diritto civile risale agli anni '60 e ha coinvolto le voci più autorevoli del tempo, v., in particolare, M. Giorgianni, Il diritto privato e i suoi attuali confini, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1961, 391 ss., spec. 399-403; R. Nicolò, Diritto civile, in Enc. dir., XII, Milano, 1964, 904 ss., il quale aveva anticipato le sue idee in Id., Riflessioni sul tema dell'impresa e su talune esigenze di una moderna dottrina del diritto civile, in Riv. dir. civ., 1956, I, 177 ss.; Id., Codice civile, in Enc. dir., VII, Milano, 1960, 240 ss.; S. Pugliatti, Diritto pubblico e diritto privato, in Enc. dir., XII, Milano, 1964, 696 ss. Più di recente, per la ridefinizione dei confini del diritto civile v., in particolare, i contributi di N. Irti, Diritto civile, in Dig. disc. priv., sez. civile, VI, Torino, 1990, 142 ss.; Id., La cultura del diritto civile, Torino, 1990, spec. 57 ss.; G. Alpa, I nuovi confini del diritto civile, in La cultura delle regole. Storia del diritto civile italiano, Roma-Bari, 2009, 372 ss.; P. Grossi, La cultura del civilista italiano. Un profilo storico, Milano, 2002, 145 ss.

 

[2] Cicero, Pro Caecina 26.73-75.

 

[3] G. Alpa, Che cos'è il diritto privato?, Roma-Bari, 2007, 3-5.

 

[4] Sul punto cfr. C. Donisi, Verso la «depatrimonializzazione» del diritto privato, in Rass. dir. civ., 1980, 644 ss.; A. De Cupis, Sulla “depatrimonializzazione” del diritto privato, in Riv. dir. civ., 1982, II, 482 ss.; P. Perlingieri, "Depatrimonializzazione" e diritto civile, in Riv. dir. civ., 1983, 1 ss., ora in Id., Scuole tendenze e metodi. Problemi del diritto civile, Napoli, 1989, 175 ss., il quale già in precedenza aveva evidenziato la «progressiva e sempre più spiccata sensibilità del diritto privato contemporaneo, in tutte le sue componenti (legislativa, dottrinale, giurisprudenziale), a dati non confinabili in schemi e logiche di indole economica, anche - si noti - nei settori istituzionalmente riservati ai rapporti patrimoniali»: Id., La personalità umana nell'ordinamento giuridico, Camerino-Napoli, 1972, 11 ss.

 

[5] Sull’unitarietà dell’ordinamento restano ancora illuminanti, seppure con prospettive diverse, le pagine di T. Ascarelli, Norma giuridica e realtà sociale, in Problemi giuridici, I, Milano, 1959, spec. 71 ss.; M. Giorgianni, Il diritto privato e i suoi attuali confini, cit., 399 ss.; S. Pugliatti, Diritto pubblico e diritto privato, cit., 696 ss.; P. Perlingieri, Produzione scientifica e realtà pratica: una frattura da evitare, in Riv. dir. comm., 1969, I, 455 ss.

 

[6] In questo senso v. P. Perlingieri, L’ordinamento vigente e i suoi valori. Problemi del diritto civile, Napoli, 2006, 167 e 179. Secondo l’a.: «L'unitarietà dell'ordinamento significa che i suoi principi ispiratori e caratterizzanti sono presenti in ogni sua parte […] sistema, caratterizzato da prospettive assiologiche unitarie».

 

[7] P. Perlingieri, L’ordinamento vigente, cit., 185.

 

[8] G. Capograssi, Il diritto dopo la catastrofe, in Scritti giuridici in onore di F. Carnelutti, Padova, 1950, ora in Id., Opere, Milano, 1959, vol. V, 186. In argomento v. anche R. Orestano, Introduzione allo studio storico del diritto romano, 2a ed., Torino, 1961; Id., Della esperienza giuridica vista da un giurista, in Riv. tr. dir. e proc. civ., 34 n. 4, 1980, spec. 1219 ss.

 

[9] Il soggetto di diritto, in tali pregresse concezioni, è concepito quale somma dei diritti a lui spettanti. Sul punto è d’obbligo il rinvio a R. Orestano, Diritti soggettivi e diritti senza soggetto, in Jus, 1960, 149 ss.; M. Giorgianni, Il diritto privato ed i suoi attuali confini, in Raccolta di scritti in onore di Arturo Carlo Jemolo, II, Milano, 1963, 355 s. Più di recente, in particolare, A. Gentili, A proposito de «il diritto soggettivo», in Riv. dir. civ., 2004, II, 351 ss.

 

[10] Così F.D. Busnelli, L'inizio della vita umana, in Riv. dir. civ., 2004, I, 540. L’a., persuasivamente, sostiene che, al contrario, l'uomo «postula una protezione la cui estensione non sopporta limiti e/o misure di stampo statual-legalistico, ma è funzionale allo "svolgimento della personalità" ed è proiettata verso il "pieno sviluppo della persona umana"»: Id., cit., 562.

 

[11] G. Oppo, Declino del soggetto e ascesa della persona, relazione svolta al Convegno in onore di A. Falzea, Scienza e insegnamento del diritto civile in Italia, (Messina, 4-7 giugno 2002), ora in Riv. dir. civ., 2002, I, 829 ss. L’a. afferma: «il diritto positivo può negare il soggetto o limitare la soggettività, non può negare l’uomo; quando neghi il soggetto, persona e soggetto possono separarsi» e, alla domanda su cosa occorra affinché vi sia l’uomo, risponde: «non la vita piena, nel senso di vita aperta a tutte le capacità e attitudini proprie dell’uomo: non vi è menomazione di queste capacità e attitudini, originaria o sopravvenuta, che cancelli l’uomo, la persona, il soggetto». In questo senso identifica il passaggio della «ascesa della "persona" rispetto al "soggetto"», ma esso va inteso quale ascesa dello stesso soggetto «da una condizione di soggezione a una condizione sempre più di centralità nell'ordine giuridico», giungendo a configurare il declino del soggetto esclusivamente «come riduzione di una posizione di prevalenza della nozione e della realtà giuridica del soggetto rispetto alla nozione e alla realtà della persona; non come perdita di sostanziale giuridicità».

 

[12] Nel senso che la persona umana costituisca un valore normativo «alla base di una serie aperta di situazioni esistenziali, nelle quali si traduce la sua incessante mutevole esigenza di tutela»: P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, 720; Id., La personalità umana nell’ordinamento giuridico, cit., 12 ss., 137 ss.; Id., La personalità umana nell’ordinamento giuridico, in Id., La persona e i suoi diritti. Problemi del diritto civile, Napoli, 2005, 5 ss.

 

[13] P. Perlingieri, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, in Id., La persona e i suoi diritti. Problemi del diritto civile, cit., 13.

 

[14] Riconosce la persona umana come valore dei valori e l’intero ordinamento finalizzato alla sua attuazione P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, cit., spec. 433 ss.; Id., La personalità umana nell’ordinamento giuridico, cit., spec. 12, 175 e 189 s.; Id., La personalità umana nell’ordinamento giuridico, in La persona e i suoi diritti. Problemi del diritto civile, cit., 3 ss. Considerano l’uomo ugualmente valore assoluto, anche se con un senso ed una portata diversi, D. Messinetti, Personalità (diritti della), in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 359 ss., spec. 371 ss.; A. De Cupis, I diritti della personalità, in Tratt. di dir. civ. e comm., Cicu e Messineo, Milano, 1982, 26 ss. Per effetto della collocazione all’apice dei valori nello Stato sociale di diritto, la realizzazione del valore-persona umana connota ed impegna l’intero ordinamento: il rispetto della dignità di ciascuno, il principio di eguaglianza sostanziale e l’attuazione della solidarietà impongono la considerazione di ciascun uomo come «un valore incommensurabile verso la cui attuazione ottimale devono tendere le istituzioni e la società civile». Così P. Perlingieri, Gli istituti di protezione e di promozione dell’«infermo di mente». A proposito dell’andicappato psichico permanente, in Rass. dir. civ., 1984, 61.

 

[15] La dignità umana è definita super-principio costituzionale da F.D. Busnelli, L'inizio della vita umana, cit., 548. Sulla necessità di un cambiamento culturale e di un approccio ermeneutico nuovo, in conseguenza dell’ingresso nell’ordinamento di norme sia costituzionali, sia comunitarie, con la consapevolezza che «i valori che tali norme esprimono […] penetrano e dilagano in tutti gli istituti del diritto privato», P. Perlingieri, Valori normativi e loro gerarchia. Una precisazione dovuta a Natalino Irti, in Rass. dir. civ., 1999, 787, 805. In argomento cfr. altresì N. Lipari, Valori costituzionali e procedimento interpretativo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2003, 866, il quale segnala l’esigenza di un duplice filtro, in chiave di valori, costituzionale e comunitario.

 

[16] Nel preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea si afferma: «L’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali della dignità umana, della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà […] Pone la persona al centro della sua azione». Sulla persona umana centro di ogni azione comunitaria e sulla tutela dei diritti fondamentali quale presupposto della legittimità dell’Unione, v. G. Vettori, Carta Europea e diritti dei privati (diritti e doveri nel nuovo sistema delle fonti), in Riv. dir. civ., 2002, I, 670.

 

[17] Sulla clausola generale della dignità umana quale valore e principio cfr., ex multis, G. Alpa, Dignità. Usi giurisprudenziali e confini concettuali, in Nuova giur. civ. comm., 1997, II, 425 ss.

 

[18] Per una ricognizione esaustiva dei riferimenti normativi alla dignità umana, v. G. Resta, La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità (note a margine della Carta dei diritti), in Riv. dir. civ., 2002, II, 819 ss. e, ivi, ampi riferimenti bibliografici e giurisprudenziali.

 

[19] Così M. Barberis, Europa del diritto, Bologna, 2008, 190 s.

 

[20] In questo senso v. M. Barberis, Europa del diritto, cit., 191 s.

 

[21] In argomento cfr. G. Resta, La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità (note a margine della Carta dei diritti), cit., 823 ss.

 

[22] G. Resta, La disponibilità dei diritti fondamentali e i limiti della dignità (note a margine della Carta dei diritti), cit., 823 ss. L’a. evidenzia che l’opzione per uno dei possibili significati della clausola (ad es.: l'accezione oggettiva o soggettiva di dignità; il riferimento di essa al genere umano o al singolo individuo; la sua identificazione con un principio costituzionale supremo o con un valore supercostituzionale o con una prestazione da realizzare o con un concetto relazionale in una comunità che si riconosce nei valori solidaristici) conduce ad esiti applicativi molto diversi. Per questo, autorevolmente, si propone l'utilità, piuttosto che di una definizione della clausola in positivo, di una riflessione «con animo sensibile, e allo stesso tempo con partecipazione tragica, su tutte le vicende della storia che si sono tradotte in una mortificazione dell'umana dignità»: P. Rescigno, Conclusioni, in Bioetica e tutela della persona, Roma, 2000, 122.

 

[23] Il Trattato di Lisbona, all’art. 1-bis, elenca, quali valori comuni agli Stati membri sui quali si fonda l’Unione quelli della tutela «della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani […] in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini».

 

[24] Diritti definiti, con riferimento alla costituzione italiana, diritti dell’uomo «nel suo essere e nel suo realizzarsi, nella sua privata solitudine e nel suo colloquio con la società civile»: A. Falzea, La Costituzione e l'ordinamento, in Riv. dir. civ., 1998, I, 264.

 

[25] Nel senso che i diritti fondamentali costituiscano il principio e la fine dell’Unione europea: E. Resta, Il diritto fraterno, Roma-Bari, 2002, 55; afferma che esclusivamente tale loro considerazione potrà consentire alla globalizzazione, inevitabile, di realizzarsi a misura d’uomo; G.M. Flick, I diritti umani nell’esperienza europea e locale: una risposta ai problemi della globalizzazione?, in Pol. dir., 2003, 143. Per una puntuale ricostruzione delle principali tesi dei diritti dell’uomo nell’ordinamento comunitario e internazionale, v. G. Azzariti, Il futuro dei diritti fondamentali nell’era della globalizzazione, in Pol. dir., 2003, 327 ss.

 

[26] Si domanda se non sia dato cogliere nell’intero universo giuridico comunitario una dimensione riduttiva della persona, tra i tanti, G. Alpa, Diritto comunitario, status e tutela della persona, in Diritto privato europeo e categorie civilistiche, (a cura di) N. Lipari, Napoli, 1998, 60.

 

[27] Così G. Vettori, Carta Europea e situazioni dei privati, in Riv. dir. priv., 2001, III, 473 ss.; Id., Carta Europea e diritti dei privati (diritti e doveri nel nuovo sistema delle fonti), in Carta europea e diritti dei privati, (a cura di) G. Vettori, Padova, 2002, 687 ss.; Id., La lunga marcia della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in Riv. dir. priv., 2007, IV, 701 ss. L’a., dopo essersi soffermato sulle cause della diversa rilevanza delle situazioni esistenziali e patrimoniali nell’ordinamento comunitario, ipotizza la creazione di uno statuto dei diritti di cittadinanza riguardanti la persona in ogni sua manifestazione.

 

[28] Ciò attraverso una tavola di valori fondamentali europei «legittimamente riferibili ai popoli dell’Europa», come afferma A. Falzea, La Costituzione e l’ordinamento, cit., 298.

 

[29] Così M. Luciani, Diritti sociali e integrazione europea, in Pol. dir., 2000, 386.

 

[30] Corte di giustizia 14 ottobre 2004, Causa C-36/02. In argomento cfr. E. Pellecchia, Il caso Omega: la dignità umana e il delicato rapporto tra diritti fondamentali e libertà (economiche) fondamentali nel diritto comunitario, in Europa e diritto privato, 2007, n. 1, 181. La decisione, era originata dal cd. laser-sport praticato in un locale di Bonn, nel quale venivano forniti, quale attrezzatura per l’esercizio di tale attività, apparecchi di puntamento a raggi laser e sensori riceventi installati sia nelle piattaforme di tiro, sia nei giubbotti indossati dai giocatori. I giochi - consistenti nella simulazione di omicidi mediante spari su persone attraverso raggi laser, integranti forme gratuite di banalizzazione della violenza - erano stati vietati sul presupposto della sussistenza di un pericolo per l’ordine pubblico e per la violazione di valori etici fondamentali della comunità tra cui la dignità umana.

 

[31] Conseil d’État, 27 octobre 1995, Ville d'Aix-en-Provence, in Dalloz, 1996, jur., 177. Sulla decisione v., in particolare, A. Cassese, I diritti umani oggi, Roma-Bari, 2005, 57-58; I.G. Cricenti, Il lancio del nano. Spunti per un’etica del diritto civile, in Rivista critica del diritto privato, 2009, n. 1, 35. La vicenda era relativa alla decisione di una discoteca di un paese a sud di Parigi di inserire uno spettacolo-gara riguardante il lancio di un uomo nano per vedere chi riuscisse a scagliarlo più lontano. Il sindaco vietò lo spettacolo affermando che fosse contrario all’ordine pubblico e al rispetto della dignità umana, nonostante il nano fosse consenziente e fossero state adottate tutte le misure idonee ad evitare che si facesse male.

 

[32] L’art. 174 del Trattato di Lisbona, così recita: «La politica della Comunità riguardante l’ambiente prevede un livello di protezione elevato [...] Essa si basa su principi di precauzione e di azioni preventive». Il principio di precauzione compare per la prima volta in un testo normativo nella Convenzione di Rio de Janeiro sulla biodiversità. Al punto 15 della Dichiarazione di Rio, difatti, si afferma che «Misure di precauzione per proteggere l’ambiente devono essere ampiamente applicate dagli Stati in base alla loro capacità. In caso di minaccia di danni gravi ed irreversibili, l’assenza di certezza scientifica assoluta non deve servire da pretesto per rimandare l’adozione di misure convenienti miranti a prevenire la degradazione dell’ambiente».

 

[33] Sul principio di precauzione cfr., ex multis, D. Di Benedetto, Biotecnologie, principio di precauzione e responsabilità civile, in Rass. dir. civ., 2007, 591 ss.; C.M. Dona’ dalle Rose, Riflessioni intorno all’evoluzione del concetto di principio di precauzione, in Lezioni di diritto privato europeo, (a cura di) G. Alpa e G. Capilli, Padova, 2007, 217 ss.; F.D. Busnelli, Il problema della clonazione riproduttiva, in Riv. dir. civ., 2000, I, 175 ss.; A Gragnani, Il principio di precauzione come modello di tutela dell’ambiente, dell’uomo, delle generazioni future, in Riv. dir. civ., 2003, II, 9 ss.; P.A. Leme Machado, Il principio di precauzione e la valutazione dei rischi, in Riv. giur. amb., 2007, 881 ss.; L. Butti, Principio di precauzione, codice dell’ambiente e giurisprudenza delle corti comunitarie e della corte costituzionale, in Riv. giur. amb., 2006, 809 ss.; E.D. Cosimo, Il principio di precauzione fra stati membri e Unione europea, in Dir. pubbl. comp. eur., 2006, 1121 ss.; E. Sessa, Profili evolutivi del principio di precauzione alla luce della prassi giudiziaria della corte di giustizia delle comunità europee, in Riv. giur. amb., 2005, 635 ss.; M. Antonucci, Il principio comunitario di precauzione e la tutela della salute, in Ragiusan, 2003, 396 ss.; C.M. Nanna, Principio di precauzione e lesioni da radiazioni non ionizzanti, Napoli, 2003; L. Pannarale, Scienza e diritto - Riflessioni sul principio di precauzione, in Sociologia dir., 2003, 21 ss.; F. Acerboni, Contributo allo studio del principio di precauzione: dall’origine nel diritto internazionale a principio generale dell’ordinamento, in Dir. regione, 2000, 245 ss.

 

[34] Sul principio di precauzione in tema di ogm v., in particolare, L. Marini, Ogm, precauzione e coesistenza: verso un approccio (bio)politicamente corretto?, in Riv. giur. amb., 2007, 1 ss.; Id., Principio di precauzione, sicurezza alimentare e organismi geneticamente modificati nel diritto comunitario, in Dir. un. eur., 2004, 7 ss. e 281 ss.; Id., Il principio di precauzione nel diritto internazionale e comunitari. Disciplina del commercio di organismi geneticamente modificati e profili di sicurezza alimentare, Padova, 2004; F. Capelli, Presenza accidentale di Ogm negli alimenti e obblighi di etichettatura anche alla luce del principio di precauzione, in Dir. com., 2003, 361 ss.; M. Sollini, Il principio di precauzione nella disciplina comunitaria della sicurezza alimentare. Profili critico-ricostruttivi, Milano, 2006; L. Costato, La corte di giustizia, il ravvicinamento delle legislazioni e il principio di precauzione nel diritto alimentare, in Dir. giur. agr. amb., 2005, 649 ss.; A. Barone, Organismi geneticamente modificati (Ogm) e precauzione: il «rischio» alimentare tra diritto comunitario e diritto interno, in Foro it., 2004, IV, 248 ss.; F. Cocozza, L’ingegneria genetica nella catena alimentare e il «principio di precauzione», in Quad. cost., 2001, 313 ss.; F. Giampietro, Rischio ambientale e principio di precauzione nella direttiva sugli Ogm, in Amb., 2001, 951 ss.; F. Bruno, Principio di precauzione e organismi geneticamente modificati, in Riv. dir. agr., 2000, II, 223 ss.; I. Canfora, La procedura per l’immissione in commercio di Ogm e il principio di precauzione, in Dir. giur. agr. amb., 2001, 374 ss.; R. Pavoni, Misure unilaterali di precauzione, prove scientifiche e autorizzazioni comunitarie al commercio di organismi geneticamente modificati: riflessioni in margine al caso Greenpeace, in Dir. com., 2000, 725 ss.

 

[35] Al cui centro, com’è stato rilevato, vi è «il soggetto di diritto, destinatario di regole eguali e astratte. Un uomo senza qualità, pensato per un ordine economico e giuridico che ha necessità di rapporti semplificati, compatibili con la logica degli scambi del tempo»: G. Vettori, Contratto e concorrenza, in Aa.Vv., Concorrenza e mercato. Le tutele civili delle imprese e dei consumatori, (a cura di) G. Vettori, Padova, 2005, 1.

 

[36] P. Grossi, Prima lezione di diritto, Roma-Bari, 2006, 66. L'a. afferma che «i fondali di carta dipinta cominciano a subire squarci, e gli squarci danno modo ai tanti fatti retrostanti di invadere il proscenio».

 

[37] G. Capograssi, La nuova democrazia diretta, Roma, 1922, ora in Opere, vol. I, 559.

 

[38] D. 1.1.10.1: “Iuris praecepta sunt haec: honeste vivere, alterum non laedere, suum cuique tribuere”.

 

[39] P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., 115 s.

 

[40] Così, testualmente, nel Rapporto Brundtland, Our Common Future, della Commissione Brundtland su Ambiente e Sviluppo del 1987.

 

[41] Afferma che il diritto «non è mai una nuvola che galleggia sopra un paesaggio storico»: P. Grossi, Prima lezione di diritto, cit., 43.

 

[42] Così P. Grossi, Società, diritto, Stato. Un recupero per il diritto, Milano, 2006, 7.

 

[43] P. Grossi, Società, diritto, Stato, cit., 36.

 

[44] P. Piovani, Etica, in Enciclopedia del Novecento, Roma, 1977; ora, con il titolo L'etica del Novecento, in Id., Posizioni e trasposizioni etiche, (a cura di) G. Lissa, Napoli, Morano, 1989, 255.

 

[45] Indimenticabile l'insegnamento della dottrina capograssiana dell’esperienza giuridica per la quale v., in particolare, G. Capograssi, Il problema della scienza del diritto, Roma, 1937 e Id., Studi sull’esperienza giuridica, Roma, 1932, ora, rispettivamente, in Id., Opere, Milano, 1959, vol. II, 418 ss.; 214 ss.

 

[46] E. Betti, Interesse (Teoria generale), in Noviss. dig. it., VIII, Torino, 1962, 839.

 

[47] G. Alpa, Che cos'è il diritto privato?, cit., 11.

 

[48] Così G. Alpa, Che cos'è il diritto privato?, cit., 35.

 

[49] N. Lipari, Le fonti del diritto, Milano, 2008, 21.

 

[50] Sul punto cfr., in particolare, E. Pattaro, Temi e problemi di Filosofia del diritto, Bologna, 1994, 143; N. Lipari, Le fonti del diritto, cit., 20.

 

[51] Sul punto, cfr., in particolare, M. Luberto, La crisi della concezione giuspositivistica delle fonti del diritto e le nuove metanorme sulla produzione, in A.a.V.v., Problemi della produzione e dell’attuazione normativa, vol. II, Bologna, 2001, 135-186.

 

[52] La bibliografia sul punto è sterminata ed è impossibile darne conto in questa sede. Si rinvia però ai fondamentali contributi di L. Mossini, Fonti del diritto. Contributo alla storia di una metafora giuridica, in Studi Senesi 2, 1962, 139-96; V. Crisafulli, Fonti del diritto (diritto costituzionale), in Enc. dir., XVII, Milano, 1968, 963; E. Paresce, Fonti del diritto, in Enc. dir., XVII, Milano, 1968; A. Pizzorusso, Delle fonti del diritto, in Comm. del cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1977; F. Modugno, Fonti del diritto, in Enc. giur., XIV, Roma, 1989; R. Guastini, Dalle fonti alle norme, Torino, 1990; L. Paladin, Le fonti del diritto italiano, Bologna, 1996, 390 ss.; P.G. Monateri, Fonti del diritto, in Dig. disc. priv. sez. civ., VIII, Torino, 1992; R. Bin, Il sistema delle fonti. Un'introduzione, in www.forumcostituzionale.it; A. Pizzorusso, La produzione normativa in tempi di globalizzazione, Torino, 2008, 15-16; G. Pitruzzella, Le fonti del diritto, Torino, 2009.

 

[53] Così E. Paresce, Fonti del diritto, in Enciclopedia del diritto, XVII, Milano, 1968, 893.

 

[54] Sul punto v., in particolare, F. Modugno, “Fonti” del diritto e sistema normativo, in http://www.robertobin.it/Seminario09.htm.

 

[55] In argomento v. E. Pattaro, Temi e problemi di Filosofia del diritto, Bologna, 1994, 149, 50.

 

[56] In tal senso v., ex multis, M. Luberto, La crisi della concezione giuspositivistica delle fonti del diritto e le nuove metanorme sulla produzione, cit., 135 ss.

 

[57] La citazione del giurista russo trovasi in E. Paresce, Fonti del diritto, cit., 893 s.

 

[58] In argomento cfr. la nota tesi di Alf Ross riportata e sottoposta a vaglio critico da U. Scarpelli, Il linguaggio del diritto, Milano, 1996, 119-34.

 

[59] N. Lipari, Le fonti del diritto, cit., 20, secondo l’a. ciò «al di là del significato spesso ambiguo che la metafora "fonti del diritto" ha finito per assumere, certo è che, ove anche si superi il connotato, di segno più propriamente speculativo, che pone l'accento sul princìpio costitutivo e sulla genesi ideale del diritto».

 

[60] Il punto era chiaro nel diritto romano nel quale vi era la distinzione tra il diritto proclamato dal popolo in assemblea, lex, e quello prodotto dal comportamento dei patres familias, lo ius costituito dai mores maiorum, ossia fra il diritto legislativo e il diritto consuetudinario. A partire dal IV-V secolo comparve la bipartizione leges-iura, attraverso la quale si distinse il diritto di produzione politica da quello elaborato attraverso l’interpretatio espressa dai responsa prudentium e dallo ius honorarium. Sul punto cfr., da ultimo, A. Schiavone, “Ius”. L’invenzione del diritto in Occidente, Torino, 2005.

 

[61] Così P. Grossi, Società, Diritto, Stato, cit., spec. 46 ss.; 105 ss.

 

[62] Sui rapporti tra la legge dello Stato e il territorio di quest’ultimo e sulla necessità, imposta dall’economia planetaria, di oltrepassare i confini del diritto statuale cfr., in particolare, i saggi di Natalino Irti, ora raccolti in N. Irti, Norma e luogo. Problemi di geodiritto, Roma-Bari, 2002, spec. 61 ss.

 

[63] Sul diritto attuale s-confinato, v.: M.R. Ferrarese, Diritto sconfinato. Inventiva giuridica e spazi nel mondo globale, Roma-Bari, 2006, 24 s.; Ead., Le istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, Bologna, 2000, passim; Ead., Il diritto al presente. Globalizzazione e tempo delle istituzioni, Bologna, 2002, passim. Esso è s-confinato sia perché insegue gli scambi, ossia è delocalizzato, sconfina, «va oltre i limiti fissati [...] travalica i tradizionali confini statali», sia perché è senza confini, in quanto«non riducibile alla territorialità e ai confini [...] esorbitante, enorme, senza limiti o misure».

 

[64] Sul punto cfr., in particolare, le riflessioni di F. Modugno e A. Ruggeri, tenute al Convegno celebrativo del 60° anniversario della Costituzione Il pluralismo delle fonti previste in Costituzione e gli strumenti per la loro composizione, svoltosi presso la Facoltà di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Roma Tre, il 27 e 28 novembre 2008: E’ possibile parlare ancora di un sistema delle fonti?, entrambe in www.associazionedeicostituzionalisti.it e in www.astrid-online.it. V. altresì, ex multis, F. Modugno e D. Nocilla, Crisi della legge e sistema delle fonti, in Dir. soc., 1989, 411 ss.; A. Ruggeri, L’antica (ma tuttora consolidata e diffusa) idea di “sistema” delle fonti e le prospettive di una sua ridefinizione, in Dir. soc., 2003, 317 ss.; Id., Sistema integrato di fonti, tecniche interpretative, tutela dei diritti fondamentali e Id., Interpretazione conforme e tutela dei diritti fondamentali, tra internazionalizzazione (ed “europeizzazione”) della Costituzione e costituzionalizzazione del diritto internazionale e del diritto comunitario, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; A. Pizzorusso, La problematica delle fonti del diritto all'inizio del XXI secolo, in Foro it., 2007, V, 33 e ss.; Id., La produzione normativa in tempi di globalizzazione, in www.associazionedeicostituzionalisti.it; Id., Problemi metodologici in tema di studio delle fonti del diritto, in Scritti in memoria di Livio Paladin, Napoli, 2004, 1687 ss.; Id., Pluralità degli ordinamenti giuridici e sistema delle fonti del diritto, in Valori e principi del regime repubblicano. Legalità e garanzie, Roma-Bari, 2006, III, 91 ss.; G. Silvestri, La ridefinizione del sistema delle fonti: osservazioni critiche, in Pol. dir., 1987, 149 ss.

 

[65] Per una prima impostazione del problema in questi termini v.: N. Bobbio, La consuetudine come fatto normativo, Padova, 1942, 6 ss.; Id., Teoria dell’ordinamento giuridico, Torino, 1960, 14 ss. Nel senso che l’idoneità di un fatto o di un atto a produrre norme sia immanente all’atto normogeno, «unica ed identica essendo la ragione per cui atti e comportamenti umani raggiungono forza normativa»: C. Esposito, La consuetudine costituzionale, in Enc. dir., IX, 1961, con integrazioni, in Studi in onore di Emilio Betti, I, Milano, 1962, ora in Diritto costituzionale vivente. Capo dello Stato ed altri saggi, (a cura di) D. Nocilla, Milano, 1992, 318. Sul punto, cfr. R. Sacco, Fonti non scritte del diritto italiano, in Dig. disc. priv., sez. civ., Agg., Torino, 2000, 402 ss. Avverte che il principio di effettività «non comporta la necessaria legittimazione di ogni accadimento» che esso deve essere inteso quale «punto d’arrivo di una evoluzione condivisa»: N. Lipari, Le fonti del diritto, cit., 13.

 

[66] Così P. Grossi, Società, Diritto, Stato, cit., 46.

                                 

[67] P. Grossi, Società, Diritto, Stato, cit., 15.

 

[68] Sul punto cfr., in particolare, la premessa di Pietro Rossi ai saggi raccolti in A.a.V.v., Fine del diritto?, (a cura di) P. Rossi, Bologna, 2009.

 

[69] L’espressione, efficace ed entrata ormai nel lessico del giurista, si deve a Paolo Grossi, il quale chiarisce il significato del sintagma assolutismo giuridico in P. Grossi, Assolutismo giuridico e diritto privato, Milano, 1998, 1 ss.

 

[70] Anche questo termine, altrettanto efficace, è di P. Grossi, Società, Diritto, Stato, cit., spec. 46 ss.; 105 ss.

 

[71] La crisi della teoria delle fonti, di conseguenza, involge la teoria dell’interpretazione. È impossibile dare conto in questa sede della sterminata bibliografia sul punto. Non può non ricordarsi, tuttavia, l’insegnamento di E. BETTI, Teoria generale dell’interpretazione, ed. corretta e ampliata da Crifò, Milano 1990, vol. II, 826 ss.; Id., Interpretazione della legge e degli atti giuridici, II, Milano 1971; G. Carcaterra, Del metodo dell’interpretazione giuridica, in (a cura di) F. Modugno, Esperienze giuridiche del ‘900, Milano 2000, 64 ss.; R. Quadri, Dell’applicazione della legge in generale, in Comm. cod. civ. Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1974, 240 ss.; G. Tarello, L’interpretazione della legge, in Tratt. dir. civ. comm. Cicu, Messineo e Mengoni, vol. I.2, Milano, 1980, 33 ss. V., inoltre, per un’estesa trattazione delle varie teorie dell’interpretazione con grande attenzione riservata alla creazione dottrinale del diritto: R. Guastini, Interpretare e argomentare, Milano, 2011; Id., Interpretazione e dintorni. Esercizi di nominalismo esasperato e positivismo desueto, in Studi in onore di Franco Modugno, vol. II, Napoli, 2011, 1797-1807, passim; Id., Le fonti del diritto e l'interpretazione, in Trattato di diritto privato, (a cura di) G. Iudica e P. Zatti, Milano 1993; Teoria e dogmatica delle fonti, in Tratt. dir. civ. e comm., vol. I.1, Milano, 1998; L'interpretazione dei documenti normativi, Milano, 2004; P. Perlingieri, L’interpretazione della legge come sistematica ed assiologica. Il broccardo in claris non fit interpretatio, il ruolo dell’art. 12 disp. prel. c.c. e la nuova scuola dell’esegesi, ora in Id., Interpretazione e legalità costituzionale. Antologia per una didattica progredita, Napoli, 2012, 296.

 

[72] Sulla teoria della complessità applicata alla scienza giuridica v. A. Falzea, Complessità giuridica, in Enc. dir., Milano, 2007, 201 ss., ora in A.a.V.v., Oltre il “positivismo giuridico” in onore di Angelo Falzea, (a cura di) Pietro Sirena, Napoli, 2011, 3 ss. Angelo Falzea, uno dei primi allievi di Salvatore Pugliatti, in questa voce enciclopedica sembra portare a compimento il pensiero del maestro con specifico riferimento alla affermazione della necessità, per il giurista, di raccordare le costruzioni sistematiche della scienza giuridica con il fluire dei fatti storici, non soltanto per superare la frammentarietà della legge, ma soprattutto per spingere verso l’unità del sistema giuridico: S. Pugliatti, Crisi della scienza giuridica. Atti del XV Congresso Nazionale di Filosofia, 1948, ora in Id., Diritto civile. Metodo – Teoria – Pratica, Milano, 1951, 691-699, nonché in Id., Grammatica e diritto, Milano, 1978, 195-203; Id., La giurisprudenza come scienza pratica, in Riv. it. scienze giur., 1950, 58, ora anche in Id., Grammatica e diritto, cit., 101-147.

 

[73] Sulla prospettiva qui indicata dell’unitarietà del processo ermeneutico e dell’ordinamento, pur in presenza di una pluralità di fonti di provenienza diversa v.: P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, 159 ss.; Id., Complessità e unitarietà dell’ordinamento giuridico vigente e Interpretazione ed evoluzione dell’ordinamento, entrambi ora in Id., Interpretazione e legalità costituzionale. Antologia per una didattica progredita, Napoli, 2012, 5 ss.; 115 ss.

 

[74] Per l’efficace sintagma diritto plurale, in particolare, F. Casucci, Il diritto 'plurale'. Pluralismo delle fonti e libera circolazione delle norme giuridiche, Napoli, 2004.

 

[75] N. Lipari, Le fonti del diritto, cit., 152.

 

[76] N. Lipari, Le fonti del diritto, cit., 152 s.

 

[77] In questo senso v. L. Mengoni, Il “diritto vivente” come categoria ermeneutica, in Id., Ermeneutica e dogmatica giuridica. Saggi, Milano, 1996, 150; Id., Diritto vivente, in Dig. disc. priv., Sez. civ., VI, Torino, 1997, 445 ss. Al diritto vivente spesso fanno riferimento le pronunce della Consulta nelle materie più svariate, v., in particolare, Corte cost., 21 luglio 1995, n. 345 in Giust. civ., 1995, I, 2883 ss.; Corte cost., 23 maggio 1995, n. 188, in Foro it., 1996, I, 464 ss.; Corte cost., 14 luglio 1986, n. 184, in Foro it., 1986, I, 2053 ss. Non è tuttavia ben chiaro se attraverso il richiamo al diritto vivente si intenda attribuire alle pronunce giurisprudenziali il valore di fonte del diritto, operando in qualche modo un avvicinamento della nostra esperienza giuridica al sistema di Common Law. In ogni caso, la concezione che viene così a delinearsi suscita notevoli perplessità e va valutata con cautela. Come un’autorevole dottrina non ha mancato di avvertire, la prassi, intesa quale diritto vivente, «ha un significato ambiguo» e «presuppone o un’antinomia tra il diritto formale (morto) ed il diritto sostanziale (vivente) o un superamento e quindi una prevalenza del diritto sostanziale su quello formale. In realtà l’uno e l’altro profilo sono coessenziali e non possono che realizzarsi in funzione reciproca nella continua verifica della congruità della ratio legis ed anche nel primato della voluntas normativa sulla attualità occasionale di singoli o di gruppi. Diversamente il rischio è l’anarchia e la prevaricazione non legittimata di minoranze che non abbiano voluto o potuto incidere sulla formazione della voluntas legis»: P. Perlingieri, Prassi, principio di legalità e scuole civilistiche, in Scuole tendenze e metodi, cit., 217; Id., Il diritto civile, cit., 104.

 

[78] N. Lipari, Giurisprudenza costituzionale e fonti del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2006, 1047 ss.

 

[79] L. Mengoni, Il “diritto vivente” come categoria ermeneutica, in Id., Ermeneutica e dogmatica giuridica. Saggi, Milano, 1996, 149.

 

[80] N. Lipari, Le fonti del diritto, cit., 156.

 

[81] N. Lipari, Le fonti del diritto, cit., 156.

 

[82] Si afferma che «taluni provvedimenti delle autorità indipendenti debbono ormai sicuramente essere collocati (pur con varie accentuazioni e specificazioni) fra le fonti del diritto»: N. Lipari, Le fonti del diritto, cit., 162.

 

[83] Così G. Alpa, Che cos'è il diritto privato?, cit., 14-33.

 

[84] Sullo shopping del diritto v., in particolare, F. Galgano, La globalizzazione e le fonti del diritto, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, 313 ss., secondo il quale, a tacer del fatto che l’art. 3 della Convenzione di Roma del 1980 sulle obbligazioni contrattuali consente alle parti contraenti di optare per un diritto terzo rispetto alla loro nazionalità, salva solo l'applicazione delle norme imperative del diritto nazionale applicabile al contratto secondo le norme di conflitto, vi è anche lo shopping, per così dire, endoeuropeo del diritto civile: i cittadini europei possono liberamente scegliere il diritto nazionale europeo dal quale far regolamentare i loro rapporti, senza nemmeno il limite delle norme nazionali imperative; la stessa giurisprudenza comunitaria ormai legittima il fenomeno della competizione fra i modelli legislativi. Per la giurisprudenza interna v. Cass., Sez. Un., 5 novembre 2009, n. 21191; Trib. Catania, 6 febbraio 2009; Trib. Rovereto, 15 marzo 2007; Trib. Bergamo, 19 aprile 2006; Trib. Padova sez. Este, 10 gennaio 2006; Trib. Padova sez. Este, 11 gennaio 2005; Trib. Roma, 28 aprile 2004, tutte consultabili in www.unilex.info.

 

[85] Sul forum shopping quale attività dell'avvocato tendente alla ricerca della giurisdizione più favorevole agli interessi del proprio cliente e sulla sua prevenzione mediante l'unificazione del diritto sostanziale cfr., per la letteratura straniera, G. Brown, The Ideologies of Forum Shopping - Why Doesn't a Conservative Court Protect Defendants, in North Carolina Law Review, 1933, 654; F. K. Juenger, Forum Shopping, in RabelsZ, 1982, 708; M.C. Martinez, Fundamentos y limites del forum shopping: modelos europeo y anglamericano, in Riv. dir. int. priv. e proc., 1998, 521; K.J. Norwood, Shopping for a Venue: The Need for More Limites of Choice, in University of Miami Law Review, 1996, 268. Nel senso che le convenzioni internazionali di diritto contrattuale uniforme non riescano a prevenire il forum shopping, ma possono tutt’al più ridurre la possibilità di farvi ricorso: F. Ferrari, Forum shopping e diritto contrattuale uniforme, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, 575 ss.

 

[86] Sulla produzione spontanea del diritto - soprattutto per il diritto commerciale internazionale - v., in particolare, F. Galgano, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contr. e impr., 2000, 189 ss.; Id., Lex mercatoria, in Enc. dir., cit., 721 ss.; Id., Il riflesso giuridico della globalizzazione, in Vita not., 2002, 51 ss.; Id., La globalizzazione nello specchio del diritto, Bologna, 2005, spec. 93 ss.; Id., Lex mercatoria e globalizzazione, in Vita not., 2005, 1253 ss.; Id., Lex mercatoria. Storia del diritto commerciale, cit., passim; N. Irti, Le categorie giuridiche della globalizzazione, in Riv. dir. civ., 2002, I, 625 ss.; Id., Sul problema delle fonti in diritto privato, in Riv. trim., 2001, 697 ss.; N. Lipari, La formazione negoziale del diritto, in Riv. dir. civ., 1987, I, 307 ss.; Id., U. Draetta, La cosiddetta lex mercatoria, in Foro pad., 1987, II, 53 ss.; M.J. Bonell, Lex mercatoria, in Dig. it. disc. priv., Sez. comm., IX, Torino, 1993, 11 ss.; Id., La moderna lex mercatoria tra mito e realtà, in Dir. comm. int., 1992, 315 ss.; F. Marrella, Lex mercatoria e principi Unidroit. Per una ricostruzione sistematica del diritto del commercio internazionale, in Contr. impr./Eur., 2000, 29 ss.; Id., La nuova lex mercatoria. Principi Unidroit ed usi dei contratti del commercio internazionale, in Tratt. dir. comm. Galgano, Padova, 2003, passim; G. Berti, Diffusione della normatività e nuovo disordine delle fonti del diritto, in Riv. dir. priv., 2003, 461 ss.; M.R. Ferrarese, Diritto sconfinato. Inventiva giuridica e spazi nel mondo globale, Bari-Roma, 2006, 76 ss.; L. Pannarale, Il diritto che guarda. Rischi della decisione giuridica, Milano, 2008, 53 ss.; F. Sbordone, Contratti internazionali e lex mercatoria, Napoli, 2008, spec. 62 ss.

 

[87] Così M.J. Bonell, La moderna lex mercatoria tra mito e realtà, in Dir. comm. internazionale, 1992, 329 s. Contra, nel senso che il fenomeno della globalizzazione non si accompagna affatto ad una riduzione del fenomeno statale: S. Cassese, Lo spazio giuridico globale, in Id., Lo spazio giuridico globale, Roma-Bari, 2003, 5.

 

[88] In questo senso, cfr. A. Giardina, La lex mercatoria e la certezza del diritto nei commerci e negli investimenti internazionali, in Riv. dir. internazion. priv. e proc., 1992, 464. Tuttavia, a ben vedere, la certezza del diritto non è garantita da un giudice “bocca della legge”, bensì dal suo essere voce della collettività che esprime la sua interpretazione, trasformando l’astratto enunciato in modello concreto, così N. Lipari, Il ruolo del giudice nella crisi delle fonti del diritto, cit., 480.

 

[89] P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., 31; Id., Il principio di legalità nel diritto civile, in Riv. dir. civ., 2010, 175 s. Secondo l’a. occorre che il giurista si muova «nel mare magnum delle fonti per individuare la soluzione più ragionevole, adeguata e congrua rispetto alla singola fattispecie concreta»: Id., Il diritto civile nella legalità costituzionale, cit., 177.

 

[90] U. Breccia, Immagini della giuridicità contemporanea tra disordine delle fonti e ritorno al diritto, cit., 364.

 

[91] N. Lipari, Fonti del diritto e autonomia dei privati, in Riv. dir. civ., 2007, I, 732.

 

[92] N. Lipari, La formazione negoziale del diritto, cit., 309.

 

[93] U. Draetta, La cosiddetta lex mercatoria, in Foro pad., 1987, II, 54 ss.

 

[94] Così P. Grossi, Uno storico del diritto alla ricerca di se stesso, Bologna, 2008, 24.

 

[95] P. Grossi, Uno storico del diritto, cit., 118. L’a. sostiene che, per il diritto, si tratta di un recupero essenziale: il recupero di umanità. Insomma, nessuna purezza del diritto: il diritto è per definizione una realtà impura, in quanto «carnale, [...] dimensione della storia umana [...] complessa perché complesso è il corpo vivente della società alla quale il diritto incessantemente si riferisce [...] si intride di valori e anche di passioni e di interessi [...] attinge nel profondo, in una realtà sottostante [...] da cui trae vitalità e legittimazione»: Id., Società, diritto, Stato, cit., 115 s.

 

[96] Da ultimo, rileva che il senso stesso della parola metodo sia divenuto «sempre più problematico, in quanto sembra ricondurci alla incauta pretesa che il metodo renda corretto e scientifico, razionale e logico l’oggetto della nostra indagine», mentre «nella crisi profonda che ha coinvolto la pretesa di purezza della scienza non è pensabile che esista una modalità neutrale, per sempre valida, di studiare un oggetto, insensibile ai suoi mutamenti e magari immodificabile, qualunque sia il soggetto che la adopera»: A. Catania, Metamorfosi del diritto, Decisione e norma nell’età globale, Roma-Bari, 2008, 24.

 

[97] Tra gli aa., i quali, seppure con sfumature diverse, hanno affermato da tempo la relatività storica del diritto, vanno citati S. Pugliatti, La giurisprudenza come scienza pratica, in Riv. it. sc. giur., 1950, 77 ss.; A. Calasso, Storicità del diritto, Milano, 1966, passim; P. Grossi, Pagina introduttiva ai “Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico”, Milano, 1972, I, 3; R. Orestano, Introduzione allo studio del diritto romano, Bologna, 1987, spec. 297 ss.; P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, Napoli, 2006, spec. 77, 119 ss. e 129 ss.; Id., Scuole civilistiche e dibattito ideologico: introduzione allo studio del diritto privato in Italia, in Id., Scuole tendenze e metodi. Problemi del diritto civile, Napoli, 1989, 75 ss.

 

[98] Sul punto v., in particolare, gli aa. citati alla nota precedente cui adde, in particolare, L. Mengoni, Ancora sul metodo giuridico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1984, 321 ss.; Id., Problema e sistema nella controversia sul metodo giuridico, in Jus, 1976, 3 ss., spec. 40; Id., Dogmatica giuridica, in Enc. giur. Treccani, XII, Roma, 1989, 1 ss.

 

[99] Qui rinvio alla polemica nei confronti dei concetti giuridici, risalente agli anni Trenta e Quaranta, per la quale v. i contributi di G. Calogero, W. Cesarini Sforza, A.C. Jemolo, S. Pugliatti, ora raccolti in La polemica sui concetti giuridici, (a cura di) N. Irti, Milano, 2004.

 

[100] In questo senso v. P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, cit., spec. 77, 119 ss. e 129 ss.; Id., Scuole civilistiche e dibattito ideologico: introduzione allo studio del diritto privato in Italia, cit., 75 ss. L’a., opportunamente, avverte che occorre evitare «l’eccesso delle astrazioni e delle generalizzazioni [...] diffidare della categoria e verificare il processo di generalizzazione dal quale trae origine, con un esame [...] di tutte le possibili ipotesi giuridicamente rilevanti nel rispetto della loro pur minima peculiarità [...] In tal modo la categoria giuridica, lungi dal considerarsi una realtà immobile e rigida, valida sub specie aeternitatis, assume valore storico-relativo come strumento di conoscenza e, al contempo, risultato del precedente conoscere».

 

[101] La tendenza a cogliere «gli aspetti comuni degli istituti e ad elaborare ogni affinità o analogia, che possa giustificare la fondazione di una categoria»: P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, cit., 91, è frutto di una troppo forte influenza della dottrina tedesca la quale, peraltro, si è spesso tradotta in dogmatismo. L’a. segnala, di conseguenza, l’esigenza di allontanarsi esclusivamente da una vecchia dogmatica, ma non dai concetti, i quali vanno rielaborati «alla luce di una realtà che è cambiata, e con la massima attenzione verso una concezione del caso concreto, della casistica, della giurisprudenza della prassi»: P. Perlingieri, Metodo giuridico e scuole forensi, in Id., L’ordinamento vigente e i suoi valori. Problemi del diritto civile, Napoli, 2006, 510.

 

[102] L’espressione - di Musil - è citata, nella prefazione, da S. Cassese, Cultura e politica del diritto amministrativo, Bologna, 1971, 5.

 

[103] Vedi supra nt. 100.

 

[104] Tale ruolo non può esaurirsi «nella ricerca del concetto unitario, nell’esaltazione della regola e nel correlativo disprezzo per le eccezioni»: P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, cit., 118 s.

 

[105] In questo senso v. P. Perlingieri, Produzione scientifica e realtà pratica, in Id., Scuole tendenze e metodi, cit., 22; Id., Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, cit., 118 s., secondo il quale la funzione del giurista è molto più complessa e la sua valutazione «coinvolge un insieme di aspetti, da quello ideologico, politico, a quello sociale, etico, religioso»: P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale secondo il sistema italo-comunitario delle fonti, cit., 163.

 

[106] Non è chi non veda che ogni teoria pura è scarnificata, in quanto «affondante nella astrattezza delle norme e non già sulla carnalità dei fatti economici sociali culturali»: P. Grossi, Società, diritto, Stato, cit., 114.

 

[107] La crisi invero riguarda il sistema delle fonti del diritto. Come opportunamente osservato: non di crisi del diritto occorre parlare, in quanto: «Il diritto non è mai in crisi […] in crisi è il modo in cui potere politico e forze politiche con la colpevole connivenza dei giuristi hanno ridotto il diritto […] la nostra crisi odierna è crisi delle fonti, cioè dei modi con cui il diritto stesso si manifesta, con cui noi lo abbiamo obbligato, nella modernità, a manifestarsi»: P. Grossi, Società, Diritto, Stato, cit., 112 s.

 

[108] F. Galgano, La globalizzazione delle fonti del diritto: le leggi nazionali; il contratto; il ruolo delle Corti, in http://appinter.csm.it/incontri/relaz/12720.pdf; Id., Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contratto e impresa, 2000, 198; Id., Lex mercatoria, in Enc. dir., Agg. V, Milano, 2001, 725; Id., Lex mercatoria - Storia del diritto commerciale, Bologna, 2006, 200.

 

[109] V., in particolare, S. Cassese, Il mondo nuovo del diritto. Un giurista e il suo tempo, Bologna, 2008, 18; P. Grossi, Pagina introduttiva a Quaderni Fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, Milano, 1998, 1 ss.; Id., Modernità e ordine giuridico, in Quad. fiorentini, cit., 13 ss.

 

[110] Così P. Grossi, Società, diritto, Stato, cit., 10 s. Per dare risposta al disordine delle fonti nasce il manifesto Ritorno al diritto per il quale v.: U. Breccia, Immagini della giuridicità contemporanea tra disordine delle fonti e ritorno al diritto, in Pol. dir., 2006, 361 ss.; G. Berti, Diffusione della normatività e nuovo disordine delle fonti del diritto, in L’autonomia privata e le autorità indipendenti, (a cura di) G. Gitti, Bologna, 2006, 32 ss.

 

[111] N. Lipari, La formazione negoziale del diritto, cit., 307.

 

[112] Evidenzia che sinora la scienza giuridica è stata perfettamente allineata alla «avvenuta sclerosi della molteplicità delle fonti»: P. Grossi, Epicedio per l'assolutismo giuridico (dietro gli “atti” di un Convegno milanese e alla ricerca di segni), ora in Id., Assolutismo giuridico e diritto privato, cit., 13 ss.

 

[113] Così, invece, W. Bigiavi, Appunti sul diritto giudiziario, rist. Padova, 1989.

 

[114] In questo senso v. P. Grossi, Società, diritto, Stato, cit., 52, secondo il quale in tal modo il giurista recupera il «naturale aggancio fra società e diritto, fra cultura e diritto».

 

[115] P. Grossi, Società, diritto, Stato, cit., 6.

 

[116] Così S. Cassese, Il mondo nuovo del diritto, cit., 96. Sul punto, cfr. N. Lipari, Il ruolo del giudice nella crisi delle fonti del diritto, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2009, II, 479 ss.

 

[117] P. Grossi, Società, diritto, Stato, cit., 53. L’a., opportunamente, avverte che la nuova figura dovrà essere: «Non un giurista trasformato (e snaturato) in un politico, bensì un giurista che sfrutta appieno tutte le potenzialità di quell’arma [...] che è l’interpretazione [...] insostituibile mediatore fra la immobilità del testo e la mobilità della società».

 

[118] La metafora della piramide, assurta a simbolo del diritto da Kelsen e da generazioni di positivisti era adatta a rappresentare la struttura formale e normativistica dell’ordinamento come costruzione, per così dire, a gradini; essa è in crisi nell’era della globalizzazione e della rivoluzione informatica, sul punto v., ex multis, U. Pagallo, Introduzione a Prolegomeni d’informatica giuridica, Padova, 2003, 25.

 

[119] Sul profilo insidioso della rete, cfr. S. Cassese, La rete come figura organizzativa della collaborazione, in Id., Lo spazio giuridico globale, Roma-Bari, 2003, 21. Per l’avvicendarsi dell’immagine della rete a quella della piramide v., ex multis, M. Losano, Diritto turbolento. Alla ricerca di nuovi paradigmi nei rapporti fra diritti nazionali e normative sovrastatali, in Riv. internazion. fil. dir., 2005, 403 ss. Segnala il passaggio dal diritto della rete alla rete del diritto: P. Heritier, La rete del diritto, Torino, 2001, 8 e 159; E. Ancona, Figure dell’ordinamento. Dalla piramide alla rete, e oltre..., in www.ircocervo.it.

 

[120] Così M.R. Ferrarese, Diritto sconfinato. Inventiva giuridica e spazi nel mondo globale, cit., 169 s., la quale riprende l’idea di M. Fumaroli, Le api e i ragni. La disputa degli antichi e dei moderni, Milano, 2005, secondo la quale la cultura è un’ape che si nutre prendendo il polline da fiori diversi e afferma che anche il diritto odierno «smette di essere un ragno che tesse da solo la propria trama [...] assomiglia piuttosto a un’ape instancabile, sempre in movimento, che cerca di nutrirsi proprio di elementi diversi e che vive di contatti numerosi e variabili anche con altri mondi».

 

[121] Sul nodo v., in particolare, N. Irti, Le categorie giuridiche della globalizzazione, cit., 625 ss.; Id., Norma e luoghi. Problemi di geo-diritto, cit., 9 ss., 74 ss.; S. Cassese, Lo spazio giuridico globale, Roma-Bari, 2006, 3 ss.; A. Baldassarre, Globalizzazione contro democrazia, Roma-Bari, 2002, spec. 20 ss. Per la globalizzazione dal punto di vista economico v., da ultimo, le riflessioni del premio Nobel per l’Economia nel 2001, J.E. Stiglitz, La globalizzazione che funziona, Torino, 2007, spec. 23 ss. Per le considerazioni sociologiche cfr., per tutti, Z. Bauman, Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone, Roma-Bari, 2006, 67 ss.

 

[122] Così, in chiusura del lavoro che ha introdotto in Italia il dibattito sulla nuova lex mercatoria: F. Galgano, Lex mercatoria, cit., 242.

 

[123] P. Grossi, Società, diritto, Stato, cit., 52.

 

[124] P. Grossi, Società, diritto, Stato, cit., 195 s. I giuristi, altrimenti, da «padroni di un sapere tecnico prezioso e indispensabile», divengono mercanti, sfruttano il loro sapere mettendolo a disposizione di potentati economici, in tal modo trasformandosi «da padroni di un sapere a servi di un potere».