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CIMMAMaria Rosa Cimma

Università di Sassari

 

I TRATTATI E LA GUERRA: LA LUNGA TRACCIA DELLA CONSUETUDINE INTERNAZIONALE. INTRODUZIONE AL TEMA*

 

 

 

Il titolo di questa nostra conversazione (I trattati e la guerra: la lunga traccia della consuetudine internazionale) richiede qualche precisazione.

Per quanto attiene all’ambito geografico prenderemo in considerazione il bacino del Mediterraneo, ovviamente con riferimento ai popoli e alle comunità per le quali disponiamo di fonti, e di fonti che siano accessibili, e che ci consentano di capire in che modo da quei diversi popoli e comunità venissero concepiti e formalizzati i rapporti con altri popoli e comunità. Evito di proposito di parlare di “stati”, essendo questo un termine del tutto moderno e assai complesso. Non si può tuttavia negare sin dall’antichità l’esistenza di organizzazioni politiche, dotate di una propria territorialità, consapevoli di sé e consapevoli dell’esistenza di altre organizzazioni politiche diverse da sé.

In riferimento al periodo storico prenderemo in considerazione un tempo assai lungo e cioè da quando possediamo fonti sino al periodo in cui secondo buona parte della dottrina internazionalistica si può incominciare a parlare di diritto internazionale: per fissare una data, sino ai trattati di Westfalia del 1648, per fissare un concetto, sino a quando l’affermarsi entità politiche che si riconoscevano reciprocamente come autonome e sovrane consentì la progressiva formazione di una comunità universale di Stati sovrani, la cui vita giuridica fosse regolamentata da norme distinte e diverse da quelle che regolano la vita interna di ogni singolo Stato.

Luisa Bussi vi spiegherà quanto sia limitativa questa concezione, per altro da molti abbandonata. Per quanto mi concerne tengo a precisare che la nostra analisi sarà un’analisi storica, basata sulle fonti, e quindi prescinderà da questioni di tipo filosofico o sociologico, come quella relativa allo stato “originale” dei rapporti tra i popoli, secondo alcuni caratterizzato da una supposta ostilità naturale, da altri da uno stato di amicizia.

Ancora tengo a sottolineare la mia adesione convinta a ciò che viene affermato dalla dottrina contemporanea di gran lunga prevalente, secondo la quale il ruolo essenziale nel diritto internazionale viene giocato dal principio di effettività: ribadita la socialità di ogni fenomeno giuridico, l’ordinamento giuridico internazionale viene concepito come l’insieme delle norme che si constatano esistenti nella vita di relazione di una determinata comunità di stati.

In questo contesto assume particolare rilevanza la consuetudine, considerata fonte del diritto internazionale generale, cui si contrappone il diritto internazionale particolare, di origine pattizia. Le norme consuetudinarie, a loro volta, si ritengono esistere ed essere norme giuridiche quando si constati che i membri della comunità uniformano ad esse i propri comportamenti, manifestando in concreto di ritenerle regole di osservanza obbligatoria.

Sono quindi le situazioni storicamente verificate ed i rapporti concreti che danno vita e informano il diritto internazionale, e va tenuto presente che queste situazioni e questi rapporti sono in ultima istanza determinati dai rapporti di forza. Nessun complesso di norme, nel vasto insieme denominato “diritto” è tanto condizionato dai rapporti di forza quanto il diritto internazionale.

E’ paradigmatico al proposito il discorso che Tucidide mette in bocca agli ambasciatori ateniesi presso l’isola di Melo, che nel contrasto fra Atene e Sparta rivendicava il proprio diritto alla neutralità, in quanto la città era stata fondata da coloni spartani:

Sono gli ambasciatori Ateniesi che parlano:

 

«Noi dunque non vi offriremo una non persuasiva lungaggine di parole con l’aiuto di belle frasi, cioè che il nostro impero è giusto perché abbiamo abbattuto i Persiani o che ora perseguiamo il nostro diritto perché siamo stati offesi, ma ugualmente pretendiamo che neppure voi crediate di persuaderci dicendoci che, per quanto coloni dei Lacedemoni, non vi siete uniti a loro per farci guerra o che non ci avete fatto alcun torto. Pretendiamo invece che si mandi ad effetto ciò che è possibile a seconda della reale convinzione che ha ciascuno di noi, perché noi sappiamo al pari di voi che nelle considerazioni umane il diritto viene riconosciuto in seguito a una uguale necessità per le due parti, mentre chi è più forte fa quello che ha il potere di fare e chi è più debole cede».

 

Come si vede la consapevolezza che i rapporti di forza determinano il modo di articolarsi delle relazioni è molto antica.

Un’ultima precisazione: non è nostra intenzione raccontarvi minuziosamente i contenuti di tutte le innumerevoli relazioni di cui abbiamo notizia per il lungo periodo del quale intendiamo trattare, ma cercheremo invece di enucleare le concezioni di fondo, e di verificare in che modo esse si sono evolute nel tempo, e se esse abbiano contribuito a formare in questo particolare settore la nostra cultura giuridica.

La nostra attenzione si concentrerà sui trattati e la guerra.

 

 

 



* [Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Per questa ragione, gli scritti della sezione “Memorie” sono stati oggetto di valutazione “in chiaro” da parte dell’organizzazione scientifica delle “Conferenze Romanistiche Sassaresi” (anno 2015 – MMDCCLXXVIII dalla fondazione di Roma); d'intesa con la direzione di Diritto @ Storia]