testatina-Note-Rassegne

 

 

Sredinskaya-1Acquisto dei diritti di proprietà immobiliare negli atti notarili dell’Italia Settentrionale dei secoli XII-XIV[1]

 

Natalia Sredinskaja

Accademia delle Scienze di Russia

San Pietroburgo [2]

 

 

Ci siamo messi come fine della ricerca l’esame dei poteri dell’acquirente di beni immobiliari in Italia Settentrionale dei secoli XII-XIV, formulati dai contratti di compravendita, per avvicinarci alla concezione del diritto di proprietà nella concezione dei giuristi medievali italiani. Fin’oggi questo tema non perde interesse come oggetto di un incessante dibattito sul diritto di proprietà nell’Antica Roma, sul come e quando si formò il detto concetto, qual’era il suo contenuto nel corso delle varie epoche, e, in particolare, se questo termine (“diritto di proprietà”) fosse legittimo essendo applicato nel medioevo.

Il presente studio si basa sull’esame degli autentici documenti dei secoli XII-XIV, per maggior parte ancora inediti, conservati negli archivi italiani e in quelli di San Pietroburgo. La maggior parte degli atti studiati nel corso della nostra ricerca provengono dalla raccolta di famiglia dei conti Sacrati, di origine ferrarese.

La famiglia Sacrati lasciò una notevole impronta tanto nella storia della città di Ferrara, quanto in quella di tutta l’Italia. È opportuno sottolineare che la principale fonte della ricchezza e dell’esaltazione di questa famiglia furono i persistenti e sistematici investimenti in terreni, dei redditi di usura, nonché i redditi ricavati dalle diverse operazioni con la terra; è per questo che l’archivio dei Sacrati rimane per noi fonte particolarmente preziosa.

Sono stati studiati da noi 335 atti della famiglia Sacrati datati dal 1182 al 1506 provenienti dall'Archivio presso l'Istituto di Storia in San Pietroburgo dell'Accademia delle Scienze di Russia (88 unità)[3] e dall'Archivio di Stato di Modena (247 unità)[4]. Cinquanta documenti di questo complesso sono atti di compravendita e nella nostra ricerca siamo partiti dall’esame dei rispettivi formulari.

Due secoli, XII e XIII, segnarono per Ferrara, come per gli altri stati dell’Italia Settentrionale e Centrale, l’inizio dei cardinali cambiamenti in tutti i settori della vita, legati alla rapida crescita dell’economia urbana. Nei rapporti fondiari questo fenomeno si evidenzia nel concentramento nelle mani di persone più ricche di una crescente quantità di immobili con il diritto di proprietà; la libera compravendita di terreni si diffonde sempre più vasta. La terra che si alienava non soccombeva alla dipendenza feudale e la rispettiva popolazione non era tenuta agli obblighi feudali[5]. La tendenza verso il concentramento di terre nelle proprie mani è tipica tanto per i ricchi cittadini, quanto per la nobiltà delle città. Una tendenza che non fu caratteristica soltanto per Ferrara nei sec. XII-XIV[6]. Lo stesso fenomeno per Firenze viene descritto da Eugenio Garin nella sua premessa alla pubblicazione della raccolta degli atti, curata da Renzo Ristori, che illustrava la storia della formazione del patrimonio del noto umanista Poggio Bracciolini[7]. Ecco perché l’analisi del formulario degli atti di compravendita, di solito lasciato inosservato dagli studiosi, potrebbe fornire una concezione assai chiara dello sviluppo del diritto nei centri regionali dell’Italia Settentrionale del detto periodo, nonché potrebbe dare la risposta alla domanda, che si fa nel presente studio, di che tipo erano i diritti dell’acquirente di un immobile.

Per esaminare i diritti dell’acquirente immobiliare analizziamo prima di tutto il formulario del più vecchio dei contratti di compravendita, stipulato a Ferrara il 7 luglio del 1229. Dopo il marchio notarile, che rende l’atto fattibile e valido (negli atti di Ferrara questo marchio si dispone sopra), dopo le parti iniziali obbligatorie del documento, cioè invocazione, data, lista nominale dei testimoni, segue il nome del venditore e la sua residenza: “Orlandino, figlio di Orlandino Ugolini de Calvo (Orlandinus filius Orlandini Ugolini de Calvo qui tunc morabatur Leonibus) che abitava a Leone (qui tunc morabatur Leonibus)”; poi segue la causa di trasmissione del bene: “diede, concesse o vendette per diritto di proprietà - dedit, concessit atque vendidit iure proprio[8].

Da sottolineare che la formula iure proprioindicante la causa di trasmissione del bene, è presente immancabilmente in tutti i cinquanta atti di compravendita che formano il complesso dei documenti esaminati. Dall’esame risulta che la presenza della formula “iure proprio indica in modo diretto l’acquisto della terra in proprietà. E viceversa, la detta formula è assente assolutamente negli atti di altro tipo, ad esempio, in quelli che fissano la consegna della terra in affitto, o, in base al livello, in enfiteusi, cioè nei documenti concedenti i diritti minori su cosa.

Nel complesso degli atti sottoposto al nostro esame incontriamo assai raramente i termini "dominium", "proprietas", che designano la proprietà.

Fa eccezione il documento modenese del 1308 contenente la seguente formula: «iure proprio in perpetuum dederunt et vendiderunt ser Uberto de Sacrato presenti et stipulanti proprietatem et dominium unius casamenti terre super quo est una domus de cuppis cum orto postposito – dato e venduto per l’eternità di diritto di proprietà al presente e stipulante ser Uberto de Sacrato la proprietà e il dominio sul terreno con sopra di esso una casa sotto il tetto di tegole e giardino»[9]. Come si può vedere, la presenza in questo atto dei termini “proprietas e dominium, estremamente rari almeno in questo tipo di documenti del nostro complesso, non si sostituisce alla solita e permanente “iure proprio. Da quanto detto sopra, la traduzione e l'interpretazione dell’espressione "iure proprio" come "col diritto di proprietà" o "proprietà" in questo contesto sembrano essere giuste.

Continuiamo l'esame del formulario del contratto di compravendita sull’esempio di quello da noi menzionato del 7 luglio 1229 [10], redatto dal notaio Pietrobono de Vandalino (Petrus Bonus Dei gracia Ferrarie notarius quondam Gerardi de Vandalino filius). Seguono dopo nel formulario i nomi dei compratori – Giovanni d'Artusio e suo fratello Tomasino (Iohannes de Artusio et Thomasinus) - e l'oggetto della transazione – un terreno in Corezola (in Corezola in fundo Trenti), con la descrizione dei suoi confini. L’importante parte del formulario è la descrizione di tutto ciò su cui il venditore cede i suoi diritti all'acquirente: «la proprietà viene trasferita, con le sue entrate e uscite e con tutti i suoi confini e gli spazi, nonché con tutti i fossati, strade, alberi fertili e sterili, e con tutti i limiti e gli accessori della proprietà venduta e con tutto ciò che si trova sotto e attorno ad essa, fino alla strada pubblica – cum introitu et exitu suo et cum omnibus  finibus et pertinentiis cum omnibus quoque fossatis, tramitibus, arboribus fructiferis infructiferis et cum omnibus et finibus et quoherentiis suis dicte rei vendite infra et circum pertinentibus usque ad viam publicam».

Ci permettiamo di pensare che questa formula ripetuta in tutti gli atti del complesso esaminato, creata secondo le norme del diritto romano, corrisponda alle concezioni moderne sul diritto di proprietà. Riferiamoci, per dare un esempio, al rispettivo articolo del Codice Civile della Federazione Russa: «Il proprietario del terreno ha il diritto di utilizzare a discrezione tutto ciò che è sopra e sotto la superficie di questo terreno, salvo diversa disposizione di legge sull'uso del sottosuolo, dello spazio aereo, e di altre leggi, e non viola i diritti delle altre persone»[11].

Per lo studio che svolgiamo la formula più importante è quella che specifica le competenze del compratore sul terreno acquistato: la proprietà viene acquistata "ad habendum, tenendum, possidendum et quicquid sibi suisque filiis et heredibus in perpetuum placuerit faciendum”, cioè “per l’avere, il tenere, il possedere e l’eseguire in tutti i tempi tutto ciò che desiderano il compratore, i suoi figli ed eredi”. Coll’andar del tempo e con lo sviluppo del diritto il formulario degli atti di compravendita, rispettando tutte le norme prescritte, amplia le vecchie clausole e introduce quelle nuove che rafforzano i rispettivi diritti del compratore. Ad esempio, negli atti stipulati più tardi viene ampliata e completata la parte che definisce i poteri del compratore sulla cosa acquistata: l'immobile viene acquistato “ad habendum, tenendum, possidendum, vendendum, donandum et quicquid sibi et suis heredibus perpetuo iure proprio placuerit faciendum”, cioè “per l’avere, il tenere, il possedere, il vendere, il donare, e l’eseguire tutte le azioni che piacerebbe fare al compratore ed ai suoi eredi in modo permanente per il diritto di proprietà”[12]. Rispetto ai documenti più vecchi le competenze del compratore dopo l'entrata nel diritto di proprietà vengono completate dalla possibilità di “vendita e donazione” sulla base del diritto di proprietà, che acquisisce il carattere “permanente”. Il diritto “di vendita e di donazione” rende più concreto e preciso il contenuto del diritto di disposizione.

Per precisare la concezione dei poteri dell’acquirente dei beni immobiliari in Italia Settentrionale dei secoli XII-XIV va indicata una netta divisione delle due concezioni, “possesso” e “proprietà”, singolare per il materiale in esame. Il possesso viene indicato con il termine possessio ed è presente in tutti i documenti attestanti l’effettivo possesso della cosa. Il fatto che la differenza tra il possesso e la proprietà veniva intesa, si prova, secondo noi, dallo stesso l’ordine di trasferimento di un immobile al nuovo proprietario. Questo ordine prevedeva le seguenti necessarie azioni: come primo passo avveniva il trasferimento dei diritti su beni immobili (cioè il trasferimento del diritto di proprietà), e dopo di ciò, come passo separato, avveniva l’entrata in possesso che spesso si registrava con un altro documento.

L’entrata in possesso si eseguiva lo stesso giorno oppure a partire di un po’ di tempo, ma solo dopo la stipulazione dell’atto principale. Come esempio si può citare l’atto del 24 aprile 1353. Franceschino de Sacrato (Franciscinus filius quondam domini Uberti de Segrato) in nome proprio e in nome e per conto di suo fratello Salamone (Salamon eius frater) è entrato in possesso e reale padronanza (intravit in tenutam et corporalem possessionem) di nove lotti di terreno in Zelo, Leone e Ficarolo (in fondis Zelii, Leonis et Figaroli) del distretto ferrarese[13]. L’entrata in possesso prevedeva obbligatoriamente una solenne procedura: il nuovo proprietario doveva mettere il piede sulla sua terra, percorrerla per andata e ritorno, prendere in mano una manciata di terra, toccare l’erba, toccare i rami degli alberi[14].

Queste azioni, provenienti dalla profondità dei secoli, si fissavano in certi atti che costituivano una delle principali parti del formulario. Così, per primo si stabiliva il diritto di proprietà, solo dopo il nuovo proprietario, per approvare definitivamente i suoi diritti, procedeva all’entrata in effettivo possesso, compiendo simboliche azioni a dimostrazione del fatto stesso di possedere quella cosa.

In questo modo lo studio del formulario degli atti notarili dell’Italia Settentrionale dei secoli XII-XIV rende chiaro il contenuto dei poteri dell’acquirente che era il diritto sulla cosa, il più completo e indipendente da altre persone.

Pensiamo che in questo caso sarebbe giusto usare il termine “il diritto di proprietà” nella sua comprensione di quel tempo che si basa sulla definizione del contenuto del diritto di proprietà elaborata dal diritto romano, come diritto di utilizzare, il diritto di utilizzare i frutti della cosa, il possesso e la disposizione della cosa: uti, frui, possidere, abuti[15].

In particolare va sottolineato il diritto definito da un atto di cui gode il proprietario, i suoi eredi e coloro a cui egli trasmette questo diritto di fare con la sua cosa tutto ciò che poteva desiderare. In questo modo si esprime il diritto di disposizione che rappresenta il principale elemento della proprietà. Il diritto di disposizione veniva inteso dai giuristi di Roma Antica in modo più pieno, come il diritto del proprietario di fare con la propria cosa tutto ciò che poteva desiderare fino alla sua distruzione. Ci permettiamo di credere che il diritto di disposizione, definito dai nostri documenti corrisponda alla rispettiva concezione del diritto romano.

Nei secc. XIII-XIV il formulario del contratto di compravendita si sviluppa e si perfeziona in conformità alle norme del diritto romano. Il fenomeno si determinava dalla vicinanza dell'Università di Bologna, dove a partire dall’XI sec. si studiava il diritto romano, dove i notai di Ferrara ricevevano istruzione, applicando successivamente le ottenute conoscenze nella pratica[16]. Tuttavia, occorre notare, come lo fa Frank Theisen, autore della ricerca sugli atti di enfiteusi, che anche l’esperienza pratica dei notai di Ferrara a sua volta arricchiva l’opera dei giuristi di Bologna[17].

Il formulario, anche del più antico degli atti da noi esaminati sulla vendita, proveniente dall’archivio Sacrati, quello del 7 luglio 1229 [18], corrisponde alle esigenze presentate a tali documenti per farli entrare in vigore, per acquisire il carattere ufficiale e per assicurare la difesa dei diritti del compratore. In quell’atto sono presenti tutte le formule e clausole prescritte dal giurista bolognese Rolandino Passaggeri (1215 circa - 1300), creatore della celebre opera sull’arte di notariato (Summa artis notariae)[19].

Le fonti, che servirono a Rolandino mentre compilava il suo trattato, furono gli stessi che usò il notaio che stipulò il nostro atto. Queste fonti furono i formularii (raccolte di moduli per compilare i documenti), nonché le opere dedicate all’arte notarile del XII sec., create con il sostegno dello studio e la ricezione del diritto romano. Di tali fonti si potrebbe ricordare “Summa artis notarile” di Rainerio da Perugia (1185-1245), il quale riunì il trattato sull'arte notarile con il formulario, usando il formulario di Irnerio, famoso professore dell'Università di Bologna. Rainerio, maestro di Rolandino Passaggeri, insegnò a Bologna all'inizio del XIII secolo[20].

Il fatto che nel primo terzo del XIII sec. per stipulare l’atto vennero puntualmente rispettate tutte le regole e tutti i canoni vigenti in quell’epoca dimostra un assai alto livello professionale dei notai di Ferrara, che si appoggiavano sull’esperienza della scuola bolognese di diritto fin dall'inizio del suo sviluppo (a loro volta, arricchendola nel corso della propria attività pratica).

 

 



 

[1] Questo scritto riproduce il testo della mia comunicazione presentata nel Convegno internazionale “Il Diritto romano privato e la cultura del diritto in Europa” (San Pietroburgo, 27-29 maggio 2010), organizzato dall’Accademia Giuridica Russa, dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di San Pietroburgo e dal Centro degli Studi di Diritto Romano.

 

[2] Candidato in scienze storiche; collaboratore scientifico dell’Istituto di Storia in San Pietroburgo dell’Accademia delle Scienze di Russia; Vice-direttore della Filiale di San Pietroburgo del Centro Studi di Diritto romano di Mosca.

 

[3] Archivio presso l’Istituto di Storia in San Pietroburgo dell’Accademia delle Scienze della Russia. Sezione dell’Europa Occidentale (in seguito ZES). Collezione 4. Buste 133-135.

 

[4] Archivio di Stato di Modena, Archivio privato Fiaschi (in seguito ASM). Buste I-VI.

 

[5] Bernadskaja E.V., Ferrara i ejo sel’skij okrug (po knighe notarija Bellino Pregostini), in Italianskije kommuny XIV-XV vv., M.-L., 1965, 238, 247. GIUSTIFICARE

 

[6] Bernadskaja E.V., K voprosu o sozial’nykh istokakh Vosrozhdenija v lokal’nykh zentrakh Severnoj i Srednej Italii, in Cultura Vosrozhdenija i Srednije veka, M., 1993, 8. GIUSTIFICARE

 

[7] Garin E., Premessa, in “Contratti di compre di beni” di Poggio Bracciolini, a cura di Renzo Ristori. Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, Firenze, 1983, IX.

 

[8] ZES. Collezione 4. N° 3/133.

 

[9] ASM. L.2 59.

 

[10] ZES. Collezione 4. N° 3/133.

 

[11] Comma 3. articolo 261 del Codice Civile della Federazione Russa.

 

[12] ZES. Collezione 4. N° 13/133 ed altri.

 

[13] ZES. Collezione 4. N° 5/134 ed altri.

 

[14] ZES. Collezione 4. N° 5/134: “acipiendo dictus Franciscinus de tera, erbis, arboribus dictarum peciarum tere eundo et redeundo per eas ut a modo suo, nomine et vice et nomine Salamonis eius fratris et pro heredibus eorum possit agere, experiri, excipere, replicare et se tueri et omnia et singula facere utilibus et diretis acionibus que admodum dictus Iacobus facere poterat vel potebat ante venditionem per cui factum dicto Franciscino et Salamono eius fratri et quem ad modum facere potest quilibet proprietarius cuiuslibet rei sive possessionis”.

 

[15] Suchanov E.V., Kofanov L.L., Vliyanie rimskogo prava na novyi Grazhdanskiy kodeks Rossiyskoy Federatsii, in Ius antiquum 1 (4), M., 1999, 12.

 

[16] La Rosa A., Il notariato ferrarese negli statuti comunali del 1287 e del 1534, Deputazione provinciale ferrarese di storia patria. Atti e memorie. Serie terza. Volume VIII, Ferrara, 1968, 15.

 

[17] Theisen F., Studien zur Emphyteuse in ausgewhlten italienischen Regionen des 12. Jahrhunderts: Verrechtlichung des Alltags?, Frankfurt am Main, 2003.

 

[18] ZES. Collezione 4. N° 3/133. GIUSTIFICARE

 

[19] Atti e formule di Rolandino, Consiglio nazionale del notariato, Arnaldo Forni editore, 2000, 12. Cap. I. Venditio simplex. GIUSTIFICARE

 

[20] Kononenko A.M., Rolandin Passagheriy i ego traktat ob iskusstve notariev (k istorii srednevekovogo notariata), in Vspomogatelnyie istoriceskie distsiplinyi,T. V. L., 1973, 297-309. Sarti N., Publicare - exemplare - reficere. Il documento notarile nella teoria e nella prassi del XIII secolo, in Convegno su Rolandino e l’ars notaria da Bologna all’Europa. I testi delle relazioni o delle sintesi, Bologna 9/10 ottobre 2000.