D & Innovazione

 

 

Convegno

prigione e territorio

percorsi di integrazione dentro e fuori le carceri

Università di Sassari 26-27 maggio 2017

(Aula Segni di Giurisprudenza / Aula Magna)

 

Sechi-Paola-foto - CopiaParole introduttive & conclusive al Convegno

 Prigione e territorio. Percorsi di integrazione dentro e fuori le carceri

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PAOLA SECHI

Università di Sassari

 

 

Buon pomeriggio a tutti, benvenuti al Convegno “Prigione e territorio: percorsi di integrazione dentro e fuori le carceri”.

Il titolo del Convegno vuole evidenziare il rapporto che deve sussistere tra ciascun istituto penitenziario e il territorio al fine di promuovere «occasioni concrete di reintegrazione dei detenuti nel tessuto sociale di riferimento»[1].

Questo è possibile «soltanto a condizione di superare le forti resistenze culturali che ancora oggi tendono a far spesso prevalere le esigenze di sicurezza su quelle di reinserimento sociale dei detenuti e degli ex detenuti»[2].

Da questo punto di vista il Convegno può offrire un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica nei confronti di una realtà complessa quale è quella della esecuzione penitenziaria perché, come è stato autorevolmente affermato, in questo campo «ogni conquista sarà precaria ed esposta alle intemperie politiche se non affonderà le sue radici nel sentire collettivo»[3].

Oggi abbiamo una vasta platea, composta da avvocati, magistrati, studenti, ma anche da esponenti della politica e della società civile.

Il Convegno può contribuire dunque innanzitutto alla conoscenza. «La conoscenza è importantissima perché avvicina le persone e allontana le paure»[4].

Anche il sottotitolo del Convegno è significativo. Intendiamo parlare in questi due giorni di percorsi di integrazione dentro e fuori le carceri.

Presupposto imprescindibile dei percorsi di integrazione dentro le carceri è la salvaguardia dei diritti del detenuto. A questo proposito sarà particolarmente utile ascoltare quali sono gli orientamenti della Corte europea dei diritti dell’uomo sulle condizioni detentive.

I percorsi di integrazione dentro le carceri si snodano essenzialmente attraverso le vie del lavoro e dello studio, senza dimenticare l’importanza, in generale, delle attività di giustizia riparativa.

Di qui la necessità di approfondire i suddetti argomenti.

Al fine di un effettivo reinserimento dei condannati nella società occorre, d’altro canto, favorire anche e soprattutto i percorsi fuori le carceri, valorizzando le misure alternative alla detenzione: mi riferisco alle misure alternative in senso tecnico, e cioè all’affidamento in prova al servizio sociale, alla detenzione domiciliare, alla semilibertà e alla liberazione condizionale, ma anche a quegli istituti che consentono al detenuto di svolgere parte della giornata fuori dal carcere come, ad esempio, il lavoro all’esterno.

Dai dati statistici emerge che il tasso di recidiva tra i condannati che hanno scontato l’intera pena in carcere si colloca al 68,4%, mentre per i condannati che hanno usufruito di misure alternative il tasso di recidiva si attesta intorno al 19% e scende ulteriormente in maniera drastica all’1% con riferimento ai soggetti immessi anche in un circuito produttivo[5].

Il Convegno intende avere una valenza non solo teorica, ma anche di ricerca di percorsi concreti di reinserimento lavorativo e sociale dei detenuti.

Sono previste al riguardo due tavole rotonde di cui vi parlerà il Garante dei diritti dei detenuti del Comune di Sassari Mario Dossoni.

Io, dal punto di vista universitario, mi limito a dire che una parte del Convegno sarà dedicata a quell’esempio di “carcere alternativo”, usando le parole di uno dei nostri Relatori, il Prof. Antonio Vallini, costituito dall’esperienza dei Poli Universitari Penitenziari[6].

Nell’Università di Sassari studiano circa 40 detenuti. L’Ateneo di Sassari, in particolare, sta svolgendo un importante ruolo nell’agevolare i detenuti nello studio universitario. Nel nuovo regolamento per il funzionamento del Polo Universitario Penitenziario si prevede anche che tali agevolazioni siano estese, per un determinato periodo di tempo, pure a coloro che hanno terminato di scontare la pena.

Victor Hugo nel suo libro I Miserabili affermava che «la liberazione non è libertà; si esce dal carcere ma non dalla condanna»[7]. Ecco, noi vogliamo fare in modo che quando un detenuto ha finito di scontare la pena, esca dal carcere e anche dalla condanna.

 

 

*****

 

Siamo giunti alla conclusione del Convegno. Un ringraziamento va rivolto innanzitutto a chi ha organizzato l’incontro: al Comune di Sassari, all’Università di Sassari e al Consiglio dell’ordine forense di Sassari. Dobbiamo poi ringraziare i coordinatori delle sezioni e delle tavole rotonde, i relatori e chi è intervenuto portando un eccellente contributo al Convegno. Grazie anche a chi ha partecipato: in questi due giorni vi è stata una partecipazione elevata non solo come numero ma anche come attenzione. Gli interventi sono stati tanti e le questioni affrontate molto impegnative.

I risultati raggiunti possono però considerarsi molto confortanti. Si tratta ovviamente di risultati non definitivi ma che vanno nella direzione di contribuire a raggiungere un obiettivo che tutti auspichiamo: la reintegrazione sociale dei detenuti.

Nella giornata di venerdì, coordinata dalla Presidente del consiglio comunale di Sassari Esmeralda Ughi, le relazioni del Convegno sono state avviate del Giudice della Corte europea dei diritti dell’uomo Vincent De Gaetano, che ha tratteggiato un affresco della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo in materia di condizioni detentive. Dalla relazione del Giudice De Gaetano abbiamo recepito una indicazione importante: quando una condotta può integrare il livello minimo richiesto dalla Corte EDU perché possa ravvisarsi una violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo.

Il dott. De Vito ci ha ricordato la rilevanza delle misure alternative alla detenzione nella risocializzazione dei condannati, sottolineandone i profili problematici.

Il tema complesso della giustizia riparativa è stato l’oggetto della relazione della prof.ssa Patrizia Patrizi. Abbiamo sentito come i percorsi di giustizia riparativa si pongano in contrapposizione con la prospettiva tradizionale della giustizia penale intesa in termini strettamente punitivi, ponendo l’accento anche sul danno e sui bisogni delle vittime di reato.

Particolarmente interessante è stata la tavola rotonda, incentrata sull’impegno delle comunità locali in relazione alle alternative alla carcerazione: dai vari interventi è emersa una importante disponibilità in materia da parte dell’Ufficio dell’esecuzione penale esterna, della Confindustria, della Camera di commercio e della Confcooperative.

Di grande interesse è stata anche la giornata odierna, coordinata dal Delegato del Rettore per il polo universitario penitenziario, prof. Emmanuele Farris, in cui si è parlato di diritto allo studio, del diritto di difesa e di diritto al lavoro delle persone detenute.

Il prof. Antonio Vallini ha in particolare approfondito la tematica riguardante i poli universitari penitenziari, spiegandoci in che cosa consista un polo universitario penitenziario, con cui si tende a formare non solo bravi studenti, ma anche bravi cittadini.

Del ruolo e delle funzioni dell’avvocato nella fase di esecuzione della pena si è occupato l’avv. Nicola Cirillo, che ha sottolineato l’inedito ruolo svolto dall’avvocatura di tramite tra il condannato e il contesto sociale con cui tale soggetto dovrà continuare a restare in contatto e in cui dovrà reinserirsi.

Al lavoro penitenziario - che, lo ricordiamo, nel sistema penitenziario ha ancora una natura ambigua, configurandosi sia come obbligo, sia come diritto - sono state dedicate le relazioni dell’imprenditore Giuseppe Ongaro, il quale ci ha parlato dell’esperienza della società Lavoro&Futuro di Verona all’interno della Casa circondariale di Verona, e la relazione delle funzionarie dell’area educativa della Casa circondariale di Sassari Bancali Ilenia Troffa e Barbara Mastino, che hanno evidenziato come esista un vuoto da colmare tra il carcere e la comunità esterna.

Nella tavola rotonda coordinata dalla giornalista Daniela Scano si è infine parlato delle esperienze e possibilità di lavoro nell’esecuzione penale esterna. Si tratta di una prospettiva essenziale nell’ottica dell’effettiva risocializzazione dei detenuti e degli ex detenuti. 

L’auspicio è, dunque, quello di ritrovarci un domani a fare il punto della situazione, constatando che i buoni propositi sono stati attuati.

Ancora grazie a tutti per la partecipazione!

 

 



 

[1] Cfr. I. NICOTRA, Pena e reinserimento sociale ad un anno dalla “sentenza Torreggiani”, in www.dirittopenitenziarioecostituzione.it  ( http://www.dirittopenitenziarioecostituzione.it/images/pdf/saggi/I_Nicotra_Pena_e_reinserimento_sociale.pdf ), 11.

 

[2] In questi termini I. NICOTRA, Pena e reinserimento sociale ad un anno dalla “sentenza Torreggiani”, cit., 12.

 

[3] V. G. GIOSTRA, Che fine hanno fatto gli Stati Generali?, Intervento, in qualità di Coordinatore del Comitato Scientifico degli Stati Generali dell’Esecuzione penale, al convegno di Antigone “Che fine hanno fatto gli Stati generali?”, Roma, 10 aprile 2017, in www.penalecontemporaneo.it , 20 aprile 2017.

 

[4] Così G. GIOSTRA, Che fine hanno fatto gli Stati Generali?, cit.

 

[5] V. CSM, Parere sul testo del d.l. 1° luglio 2013, n. 78, convertito in l. 21 febbraio 2014, n. 10, concernente “Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena”, approvato con delibera del 30 luglio 2013.

 

[6] Cfr. A. VALLINI, Carcere, democrazia, università. L’esperienza dei poli universitari penitenziari, in Diritto penale e processo 2016, 1375.

 

[7] V. HUGO, Les Misérables, Brussels 1862.