Tradizione-Romana-2018

 

 

kofanov_lLEONID L. KOFANOV

Accademia delle Scienze di Russia, Mosca

Direttore della rivista Ius Antiquum-Drevnee Pravo

 

‘Contio advocata’ e le forme collettive di difesa giudiziaria in età repubblicana a Roma[1]

 

 

SOMMARIO: 1. La definizione dei tipi di protezione giudiziaria di Asconio in Cic. Divin. 11. – 2. I cosiddetti ‘patroni causarum’ nel diritto civile e internazionale romano. – 3. Il significato del termine advocatus a Roma nei secoli V-I a.C. – 4. Il ruolo della corona di giustizia. – 5. Le leggi sulla protezione dei diritti dei tribuni della plebe di agire di fronte al popolo. – 6. Il ruolo della provocatio ad populum nell’organizzazione della protezione giudiziaria. – 7. Conclusione. – Abstract.

 

 

1. – La definizione dei tipi di protezione giudiziaria di Asconio in Cic. Divin. 11

 

Per indagare, almeno brevemente, alcune tra le caratteristiche più tipiche della professione forense romana è necessario esaminare la storia delle sue origini e poi del suo sviluppo durante le fasi storiche secolari della Roma monarchica e poi di quella repubblicana dal V al I sec. a.C.

Sull’avvocatura romana in letteratura scientifica, sia in Russia[2] che in Occidente[3], è stato scritto molto. In questa piccola relazione, tuttavia, mi concentrerò soprattutto sui dati degli autori antichi.

I romani dell’epoca della Repubblica hanno conosciuto diversi tipi di tutela giudiziaria. Di queste, la migliore definizione (sia pur breve) è data dal grammatico Asconio Pediano (vissuto nel I secolo d.C.[4]) che ha commentato le orazioni ciceroniane:

 

Ascon. in Cic. Divin. 11 (Cognitorem iuris sui): «Qui defendit alterum in iudicio aut patronus dicitur, si orator est; aut advocatus, si aut ius suggerit, aut presentiam suam commodat amico; aut procurator, si [absentis] negotium suscipit, aut cognitor, si praesentis causam novit et sic tuetur ut suam. Ergo cognitorem dixit modo familiarissimum defensorem».

 

Nell’elenco riportato da Asconio troviamo quattro tipi di difensori giudiziari: 1) il patronus causae, chiamato anche orator; 2) l’advocatus che, secondo il commentatore, è invitato in giudizio quale amico del ricorrente o del convenuto. Qui presta un aiuto gratuito con le sue consulenze legali o con la sua semplice presenza in tribunale; 3) poi è menzionato il procurator, abilitato a rappresentare la parte nel caso in cui mancasse la presenza di questa in tribunal; 4) e, finalmente, il cognitor, latore delle pretese giudiziarie del querelante, per cui questi agiva come sostituto. Una particolare attenzione merita nel passo in questione, la menzione dei primi due termini: patronus e advocatus.

 

 

2. – I cosiddetti ‘patroni causarum’ nel diritto civile e internazionale romano

 

Fermiamoci prima di tutto sull’istituto del patrocinio giudiziario e quindi sui cosiddetti patroni causarum. Lo studioso francese J.-M. David ha giustamente definito questo tipo di difesa giudiziaria come un istituto aristocratico basato sull’antica fides[5]. Secondo lo storico di Roma d’origine greca Dionigi di Alicarnasso, vissuto nella seconda metà del I sec. a.C., l’istituto della tutela giudiziaria sarebbe nato a Roma verso la metà dell’VIII secolo a.C. grazie alle leggi stabilite dal quasi leggendario Romolo. Questo re, come noto, divise la società romana in patrizi e plebei. Nelle mani dei primi, concentrò la gestione dello stato (senato), della guerra e della giustizia. I secondi si occupavano di agricoltura e artigianato. Il rapporto tra questi due ceti si regolava tramite il cosiddetto patrocinio. Era dovere dei patrizi (patroni), tra l’altro, anche proteggere in tribunale gli interessi dei plebei loro dipendenti (clientes). Ecco cosa scrive lo stesso Dionigi:

 

«E poi (da Romolo) furono definiti i costumi (osservati dai romani per secoli) relativamente al patrocinio: i patrizi dovevano spiegare ai clienti i loro diritti, di cui erano ignari, ... dovevano presentare una querela a nome dei clienti offesi, ... fornire supporto a coloro che venivano citati in tribunale e, in breve, fornire loro ogni bene negli affari privati e pubblici... 4. ... Per non gravare i loro clienti i patrizi non accettavano la loro offerta in contanti»[6].

 

Nel suo racconto Dionigi richiama l’attenzione sul fatto che i patroni non solo agivano in tribunale come difensori dei loro clienti, ma svolgevano per questi, sempre gratuitamente, anche un’attività che si potrebbe dire assimilabile a quella dei giureconsulti. Livio, parlando di una legge di Cincio del 204 a.C., spiega la circostanza della gratuità con il fatto che i plebei pagavano già abbastanza tasse e tributi al senato[7], sottolineando in tal modo che il patrocinio, quasi come la magistratura, fosse sotto il controllo del ceto senatorio ancora alla fine del III sec. a.C.

Come molti studiosi giustamente pensano[8], l’istituto del patrocinio ha origini molto antiche e appare essersi affermato come peculiare in tutte quelle società società primitive basate sul sistema dei tributi; e questo non solo nel Lazio, ma in molte altre società gestite secondo analogo sistema. Per un patrono, secondo le leggi delle XII tavole, era un reato gravissimo offendere o ingannare un cliente. Per tali comportamenti con la sanzione del sacer esto era prevista addirittura la pena di morte[9]. Ed era anche impensabile che il patrono potesse pretendere dai loro clienti di essere pagato. Sarebbe stato come se oggi un genitore chiedesse a un figlio minore di pagare una tassa per l’affetto ricevuto; ovvero, come se oggi un padrone di casa pretendesse di farsi pagare dagli amici invitati alla sua festa di compleanno per la loro partecipazione[10]. Tuttavia, già dall’inizio del V secolo a.C., l’istituto del patrocinio giudiziario venne utilizzato anche dalla plebe indipendentemente dall’appartenenza a un clan gentilizio. Così, patrono di tutti i debitori nexi è stato, per esempio, il dittatore del 494 a.C. Valerio, che è intervenuto in senato in loro difesa[11]. Il famoso Manlio Capitolino divenne patrono giudiziario dei plebei nel 384 a.C.[12], liberando in questo modo quasi 400 debitori[13]. Ovviamente, nella qualità di patroni giudiziari della plebe spesso troviamo anche gli stessi tribuni della plebe la cui carica fu come noto secondo la tradizione istituita nel 494 a.C. proprio per proteggere i debitori, sebbene un tribuno della plebe appaia per la prima volta in tale qualità solo nel 169 a.C.[14]

Secondo lo stesso Dionigi di Alicarnasso l’applicazione dell’istituto del patrocinio giudiziario si estese abbastanza presto anche al rapporto dei romani con i popoli vicini[15]. Qui un ruolo significativo fu giocato dall’istituto della fides, in particolare, con la cosiddetta deditio in fidem di quel popolo che cadeva sotto il dominio dei romani[16]. Esempi emblematici di questo tipo di patrocinio giudiziario non mancano. Si può menzionare, ad esempio, l’incidente che ebbe luogo nel 171 a.C. quando gli spagnoli, alleati dei romani, si rivolsero al senato romano sporgendo querela contro abusi perpetrati da magistrati romani. Accogliendo la loro richiesta il senato nominò tra i più importanti cittadini romani quattro avvocati (patronos)[17]. Un altro episodio che si può ricordare è quello che vide alla barra Catone il Censore in difesa della repubblica di Rodi nel 167 a.C.[18] Questi avvocati all’epoca di Catone il Censore e di Cicerone venivano chiamati patroni causarum. Lo stesso Cicerone, come possiamo ricordare, fu infatti patronus causae nel celebre processo dei siciliani contro Verre.

Secondo Livio, il patrocinio giudiziario internazionale raggiunse la sua fase di maggiore sviluppo solo dopo 316 a.C., quando il senato romano nominò dei patroni agli anziati a seguito della loro richiesta di riorganizzazione della giustizia secondo il modello romano[19]. Molti altri alleati romani fecero lo stesso e secondo Appiano, entro il 63 a.C, ogni città-stato del Mediterraneo ebbe a Roma il suo patrono[20]. La qual cosa è stata confermata dal ricco materiale esaminato nelle opere di F. Canali De Rossi[21].

Tuttavia, il sistema di protezione giudiziario romano non si limitò solo al patrocinio in giudizio. La legislazione repubblicana previde infatti anche un istituto particolare di tutela degli interessi, sia del popolo romano nel suo complesso, che di un singolo cittadino romano, che chiamò col termine vindex[22]. Questo tipo di difensore è menzionato nelle leggi delle XII tavole ed è indicato in questo assetto normativo anche con il termine più ampio di vas[23]. In particolare, la tutela dal parte del vindex è stata ampiamente applicata contro gli abusi dei creditori in relazione ai debitori insolventi[24]. A ben vedere, l’essenza della protezione del vindex non era tanto nel pronunciare in tribunale dei discorsi in difesa di una parte, ma nell’assumere un caso giudiziario su di sé. Da questo punto di vista, il termine vindex delle leggi delle XII tavole potrebbe pertanto dirsi anche un sinonimo arcaico del termine classico cognitor, usato da Asconio. Virginio, il padre che difese la libertà di sua figlia nel 449 a.C., agì proprio da vindex; e poi, per il 384 a.C., Livio usa il termine vindex in relazione alla vicenda che vide il già sopra menzionato Manlio Capitolino che, per suo conto, riscattava i debitori insolventi[25]. Secondo Livio fu ‘difensore della libertà’ del popolo romano anche il console del 509 a.C. Bruto[26]. È molto verosimile pertanto che il termine arcaico vindex sia stato usato come sinonimo del termine più specifico patronus causae.

 

 

3. – Il significato del termine advocatus a Roma nei secoli V-I a.C.

 

Il secondo termine usato dal commentatore di Cicerone è ancora più interessante. Nella letteratura scientifica moderna sul significato di advocatus durante l’epoca repubblicana si trova in effetti una grande varietà di opinioni. Alcuni credono che lo sviluppo della professione forense sia iniziata solo negli ultimi due secoli della repubblica e solo in forma di patronato giudiziario[27]; altri trattano la tutela giudiziaria arcaica come una sorta di «avvocatura parentale», profondamente diversa dalla successiva[28]; altri ancora, negano l’affidabilità delle fonti sulle forme antiche di tutela giudiziaria[29] e solo pochi si concentrano sull’analisi specifica del concetto advocatus in epoca repubblicana[30]. Tra questi ultimi, il francese J.-M. David, si distingue a mio avviso per aver proposto la ricostruzione più interessante ed equilibrata. Lo studioso, in particolare, osserva giustamente che in età repubblicana l’advocatus era un consulente legale e che questi, a differenza di un giurista, partecipava al processo. Lo stesso sottolinea anche che il termine stesso advocatus letteralmente significasse «invitato». Più precisamente con la parola advocati furono chiamati o i membri del consiglio del magistrato (consilium), o gli amici, invitati dall’imputato a partecipare al processo[31]. Inoltre, sempre J.-M. David, osserva che il termine advocati si usava per indicare anche il numeroso gruppo dei testimoni e dei difensori (parenti, vicini e amici, tra cui anche famosi giuristi)[32], presentati sia dall’accusa che dalla difesa[33].

Infatti, se guardiamo ai vari casi d’applicazione del termine advocatus nel contesto del processo giudiziario romano da parte di autori dell’età repubblicana, si può scoprire una gamma molto ampia di rappresentanti nel processo chiamati con tale parola. Così, il commediografo del II sec. a.C. Plauto, spesso usa il termine advocatus in relazione agli stessi patroni di causa[34], ai testimoni dell’accusa per la qualificazione del reato[35] e ai garanti della transazione che facevano la sponsio[36]. Anche Livio in relazione al caso di Virginia del 449 a. C. usa il termine advocati per denominare i garanti, che mediante una sponsio pagarono per la ragazza il deposito giudiziario[37]. Infine, Cicerone usa la parola advocati per dire di coloro che svolsero un ruolo di garanti circa il pagamento di un deposito giudiziario[38].

E non è tutto perché il coinvolgimento del popolo romano a favore di una delle parti processuali che ebbe luogo, ad esempio, in occasione della riunione popolare (contio) durante le procedure preliminari del processo contro Scipione Africano nel 187 a.C., è inteso da J.-M. David come un’espressione dell’ideale aristocratico di successo nell’esercizio della funzione di protezione giudiziaria[39]. Sulla numerosità dei gruppi di difesa e di accusa, J.-M. David porta quindi l’esempio del giudizio intentato contro M. Emilio Scauro che, accusato nel 54 a.C. di corruzione, si presentò in giudizio supportato da circa cinquanta avvocati[40]. Tra questi, solo sei agirono in qualità di patroni, mentre gli avvocati laudatores col grado di consulari furono nove[41]. Dalla parte del suo accusatore, Valerio Triario, ci furono invece centoventi testimoni[42]. Un numero ancora maggiore di avvocati ebbe Cicerone nel suo processo contro Verre nel 71 a. C. e J.-M. David scrive che l’accusa in questo procedimento citò in giudizio centocinquanta testimoni a carico[43]. Nel processo del 69 a.C. contro Fonteio Cicerone menziona come avvocati difensori (i cosiddetti laudatores) tutti gli ambasciatori, i cavalieri e i mercanti romani che si trovavano in Gallia e anche tutti gli altri alleati di Roma di tale regione[44]. In fine nel 110 a. C. Masinissa nel processo contro Bomilcare si avvalse di cinquanta avvocati che prestarono garanzia giudiziaria in suo favore[45].

Sempre guardando le fonti, il dato della numerosità degli avvocati che accompagnavano ciascuna delle parti della controversia, trova una ricca conferma anche per le epoche precedenti.

Così, secondo il racconto di Livio, nel 473 a.C. Publilio Volerone, accusato dai consoli di evasione militare, con l’aiuto dei suoi avvocati respinse l’attacco di ventiquattro littori e poi fece ricorso anche all’aiuto del popolo riunito nel forum[46]. Nel 449 a. C. Virginio venne circondato in tribunale da una folla di avvocati e tutti i cittadini si mostrarono disposti a difendere sua figlia[47]. Nel 385 a. C. Marco Manlio Capitolino si presentò alla corte del dittatore con una folla enorme di plebei e solo grazie all’astuzia dei magistrati patrizi si riuscì a trasformare i plebei da avvocati a giudici[48]. Nel 212 a. C. non meno temibile è stata anche la folla di difensori di cui si avvalsero dei pubblicani accusati di frode. Temendo che la situazione potesse degenerare, il senato rimise il giudizio all’esame del popolo, ma anche in tale contio i pubblicani, esposti alla possibilità di pagare una multa, con i loro sostenitori si mostrarono pronti a resistere innanzi a tutto il popolo riunito che, a sua volta, si presentava nel foro in qualità di difensore (vindex)[49] dell’accusa[50]. In questo caso è particolarmente importante il fatto che la gente in generale parlasse di sé come di un unico difensore d’accusa. Infine, nel 187 a. C., è noto come il famoso Scipione Africano si presentò in giudizio per ascoltare l’accusa con tutta una folla numerosa di avvocati, parenti, clienti e amici[51].

A questo proposito è molto interessante soffermarsi sull’uso ricorrente di alcune forme lessicali come ad esempio populus in contionem, advocatus, concilium populi advocatum o contio advocata in fonti come Livio o Cicerone. Naturalmente è possibile tradurre queste locuzioni semplicemente come «il popolo, convocato alla riunione» e «convocata la riunione». Tuttavia, traduzioni come queste forse non riflettono pienamente il senso delle frasi latine, come nel caso della traduzione dell’espressione consilium advocatum con il significato di «consiglio convocato». In tal caso si tratta proprio della circolazione del magistrato per un consiglio o un aiuto ai giureconsulti o di una persona privata che interviene per dare un aiuto forense agli amici. Infatti, come è noto, uno dei principali significati del verbo advocare usato in contesti legali è di «chiedere aiuto»[52].

Così, ad esempio, il re di Roma Tullio Ostilio «convocò il popolo a contio», per chiedergli di aiutarlo a discutere e risolvere il caso giudiziario contro gli Orazi[53]. Con lo stesso scopo di ‘chiedere lumi’ anche Manlio Capitolino convocò la plebe a un consiglio segreto[54]. Per ben impostare la discussione e trovare il consenso generale anche il console Volumnio convocò il popolo a una contio nel 296 a.C.[55] Infine, proprio per discutere con la plebe un caso giudiziario, i tribuni della plebe convocarono una contio popolare nel 171 a. C.[56] Per meglio comprendere il senso di ciò che si sta dicendo occorre ricordare che nelle contiones del popolo, a differenza di quanto accadeva nei comitia popolari, non era prevista una votazione formale e quindi il popolo, in questi casi, agiva non come giudice, ma come consigliere; esprimeva cioè solo un’opinione a favore o contro l’imputato. Ecco quindi perché, con la locuzione «corona» della giustizia, si era soliti indicare proprio il popolo che circondava la riunione dei giudici; e quindi, per metonimia, il parere preliminare di questa moltitudine[57]. Questo parere, come dicono le fonti, in età repubblicana fu tanto determinante che spesso gli imputati, ancora prima del processo, volontariamente preferivano ripiegare in esilio in caso di mancanza di questo supporto da parte del popolo. Si può dire pertanto che in questo modo, la contio popolare dei tribuni della plebe, giocò nel procedimento giudiziario della plebe, un ruolo analogo a quello svolto dal consiglio generale e a quello che il consilium del magistrato romano ebbe nell’amministrazione della giustizia del patriziato e nei iudicia privata.

 

 

4. – Il ruolo della corona di giustizia

 

Secondo Cicerone, in assenza di questa corona del popolo ‘circostante’ il processo, un oratore giudiziario non sarebbe stato in grado di intervenire né in un processo privato, né pubblico[58]. L’eventualità più vergognosa che poteva verificarsi per un patronus causae o per un oratore giudiziario durante il suo il discorso era infatti proprio la ritirata del popolo dalla contio[59].

Qui è necessario ricordare il già citato pre-procedimento del 187 a. C. capitato in occasione della messa in stato di accusa di Scipione l’Africano, quando quest’ultimo portò innanzi alla contio popolare non solo tutto il popolo presente, ma anche tutti gli avvocati dell’accusa così compromettendo, sul nascere, la strategia accusatoria del tribuno della plebe[60]. È ben conosciuta anche la vicenda accaduta nel 90 a. C., quando il tribuno della plebe Gaio Curione fu abbandonato da tutta la contio del popolo, compreso i suoi avvocati[61]. Quando nel 50 a.C. Cicerone, per la prima volta, dovette agire in tribunale in assenza del popolo, non riuscì a nascondere il suo sgomento[62].

 

 

5. – Le leggi sulla protezione dei diritti dei tribuni della plebe di agire di fronte al popolo

 

Se qualche magistrato, di potere uguale o minore, con la sua attività ostacolava in qualche modo l’espressione di opinione del popolo riunito per discutere l’uno o l’altro problema, questa attività si considerava un reato[63]. Se un magistrato ostacolava lo svolgimento di una contio di un tribuno della plebe, questo si considerava un crimine di stato fondamentale (perduellio) e il trasgressore rischiava la pena di morte e la confisca dei beni. Significativa è la seguente testimonianza di Dionigi di Alicarnasso relativa alla legge del 492 a.C. del tribuno della plebe Sicinio (o Icilio):

 

«Quando il tribuno della plebe esprime la sua opinione davanti al popolo, nessuno può contestarlo o interrompere il suo discorso. Chi lo facesse dovrà, in caso di necessità, fornire ai tribuni della plebe dei garanti per pagare la multa, che sarà stabilita. Se questi non fornisce fideiussione per questa sarà punito con la pena di morte e i suoi beni dichiarati sacri. In caso di dissenso il processo sarà celebrato davanti al popolo»[64].

 

Secondo le concordanti testimonianze di Livio[65] e di Aurelio Vittore[66] questa legge, anche se con alcune modifiche, sarebbe stata applicata ancora nei secoli II e I a.C.

 

 

6. – Il ruolo della provocatio ad populum nell’organizzazione della protezione giudiziaria

 

Concetti come quelli di contio advocata e di populus advocatus sono strettamente collegati con uno dei più importanti istituti della giustizia repubblicana romana, ossia il diritto del convenuto di chiedere, nel corso di un processo, direttamente la protezione del popolo romano. Si tratta del famoso istituto della provocatio ad populum[67]. Terminologicamente questa tipologia di appello al popolo si esprimeva non solo con il verbo provocare, ma anche con l’espressione tecnica implorare fidem Quiritium[68] o implorare fidem plebis[69] nel significato di «implorare protezione ai cittadini romani»[70]. Un’altra forma era con il verbo adessere nel significato di «difendere» come in Livio (II. 55. 7)[71].

Lo storico patavino nella descrizione della lotta bicentenaria della plebe contro la schiavitù dei debitori insolventi, durante il V e IV secolo a.C., offre molti esempi di tale rimedio per la difesa giudiziaria del popolo a favore dell’uno o dell’altro imputato e non di rado si vede come si tratti di una difesa non solo verbale, ma anche fisica. Così, sui disordini dei debitori soggetti a nexum nel 495 a.C., Livio scrive quanto segue (II. 23. 8): «nexi, uincti solutique, se undique in publicum proripiunt, implorant Quiritium fidem. Nullo loco deest seditionis uoluntarius comes; multis passim agminibus per omnes uias cum clamore in forum curritur». È importante notare come lo storico sottolinei che il popolo fosse pronto a prendere il potere giudiziario nelle sue mani[72]. Infatti, dopo l’ennesimo inganno da parte dei patrizi, i plebei assunsero a sé la tutela giurisdizionale dei debitori, agendo nei tribunali contro i creditori anche con la forza[73]. Quando il console Appio Claudio cercò di arrestare uno dei capoccia del collegio di difesa di alcuni debitori, quest’ultimo si appellò alla provocatio ad populum che immediatamente venne sostenuta da tutto il popolo[74]. A tale forma di tutela giurisdizionale collettiva la plebe fece spesso ricorso anche in seguito utilizzando tale strumento come una sorta di appello o d’impugnazione straordinaria a favore dell’imputato[75].

Un’attenzione particolare merita il più antico a noi noto processo popolare avviato dal popolo e dai tribuni della plebe nel 491 a. C. contro il patrizio Marcio Coriolano per l’accusa di alto tradimento[76]. Come scrive Dionigi di Alicarnasso, «(il popolo) ha fissato il giorno della comparizione di Marcio davanti a un tribunale, dove egli stesso deve diventare accusatore e testimone dell’accusa...»[77]. Come ho già indicato sopra, gli accusatori e i testimoni dell’accusa possono farsi rientrare in un concetto più ampio di avvocati dell’accusa. D’altra parte, come raccontano Dionigi di Alicarnasso[78] e Livio[79], tutto l’ordine dei patrizi insieme con i loro clienti e amici assunse la difesa collettiva dell’imputato Marcio. Dalle parole di Livio è chiaro che sia «le riunioni e i consigli della plebe», sia le riunioni dei senatori, avevano il luogo prima dell’inizio del processo. Erano queste, rispettivamente, sia la contio advocata della plebe e del popolo, che il consilium advocatum del magistrato e del senato dei patrizi. Va notato che lo storico greco confronta il diritto dei tribuni della plebe, che parlavano a nome del popolo[80], di rivolgersi a un tribunale popolare, con il ben noto istituto della provocatio ad populum, cioè il diritto di qualsiasi cittadino romano di appellarsi al popolo contro gli atti illeciti dei magistrati del patriziato[81].

Va detto, però, che nella letteratura scientifica l’istituto della provocatio ad populum, nonostante il suo esercizio fosse regolato da forme procedurali molto dettagliate previste nell’assetto normativo di Roma repubblicana, di solito è considerato come uno strumento puro di lotta politica tra i patrizi e i plebei[82]. In realtà Livio definisce questo istituto come «l’unico presidio di difesa della libertà»[83] e come «fondamento della difesa della libertà»[84]; mentre Cicerone afferma, in maniera ancora più categorica, che «la provocatio è il patrono dello stato e il difensore della libertà»[85].

Una descrizione abbastanza affidante della provocatio ad populum, come strumento legittimo processuale di protezione, è in Livio nel racconto del processo celebrato nel 449 a.C. dal tribuno della plebe Virginio contro il capo dei decemviri Appio Claudio (Livius  3. 56. 1-3). Quando Virginio, innanzi alla contio del popolo (Livius  3. 56. 8) presentò l’accusa contro di lui, Appio chiese aiuto al resto dei tribuni che però si rifiutarono; quindi ricorse in ultima istanza proprio alla provocatio ad populum[86]. Dal discorso che Appio pronunciò in sua difesa si comprende abbastanza chiaramente che l’essenza di questo istituto, consistesse nel diritto dell’accusato non solo di difendersi innnanzi al tribunale del popolo[87], ma anche di evitare l’arresto prima dell’inizio del processo e della eventuale condanna[88]. Di analogo tenore è il testo della legge Valeria sulla provocatio ad populum del 508 a. C., citato da Dionigi di Alicarnasso:

 

«Se un magistrato vuole che un romano sia messo a morte, frustato o multato, i privati cittadini possono convocare in giudizio il magistrato davanti al popolo, e nel frattempo il suddetto cittadino non sarà passibile di pena da parte di quel magistrato, fino a quando il popolo non abbia espresso il suo voto su di lui»[89].

 

Come si svolse la vicenda è noto. Il popolo riunito in concione non sostenne il ricorso di Appio e prima di comparire innanzi al tribunale questi fu trattenuto in carcere[90]. Curiosamente, insieme con Appio, erano presenti nel forum anche molti suoi aristocratici amici di gioventù[91]. Nessuno di loro però osò sostenere l’appello di Appio producendo la prova di un deposito cauzionale versato da un difensore (vindex) o da un collegio di difensori (i cosiddetti sponsores). Da ciò si deduce che, in caso di provocatio ad populum, si richiedesse il sostegno dell’advocatus populus, cioè del popolo convocato a quella riunione. E tale «azione collettiva» il David la chiama provocatio ad populum[92].

Una seconda modalità di realizzazione della «difesa del popolo», prima dell’inizio del processo, poteva verificarsi con la manifestazione del sostegno popolare all’accusato durante la fase delle due contiones pregiudiziali del popolo che dovevano svolgersi obbligatoriamente entro 60 giorni prima dell’inizio del processo[93]. In tal caso, gli avvocati della difesa e dell’accusa discutevano con il popolo il caso giudiziario e il popolo esprimeva così il suo parere sulla questione. Secondo Livio, questo dibattimento innanzi alle contiones del popolo ebbe luogo anche nel caso di Appio Claudio. Per l’accusato, come difensore, parlò lo zio di Appio, che implorò il popolo di liberare la tribù Claudia dalla vergogna e di liberare quindi l’accusato, consentendogli di optare per l’esilio volontario (Livius  3. 58. 1-3). Per l’accusa parlarono invece Virginio e la sua famiglia, che allo stesso modo cercarono protezione e aiuto contro Appio. L’esito della vicenda è noto. Dato che la plebe in questa fase pre-processuale si mostrò impietosa verso Appio, ritenendo più equa la posizione dell’accusa, lo stesso imputato, non avendo ottenuto la fides atque auxilium della contio plebea, si suicidò prima che comonciasse il processo[94].

Dionigi di Alicarnasso spiega in che cosa consistesse questa fides atque auxilium delle contiones popolari. Appio, chiamato alla riunione convocata per procedere nell’accusa contro di lui, non si vide riconoscere il diritto di conferire un deposito giudiziario da parte dei suoi garanti giudiziari, perciò dovette accettare di restare in prigione fino al giudizio[95]. Dionigi utilizza il termine διεγγησις il cui significato non è diverso da quello di «deposito» o «garanzia», cioè del mezzo puramente giudiziario, ben noto alle leggi XII tavole.

Un altro esempio importante di utilizzo della provocatio ad populum quale mezzo processuale di protezione collettiva da parte della plebe romana è il già accennato sopra caso del 473 a.C. concernente l’accusa contro Publilio Volerone. Quando il console inviò il littore per arrestare l’accusato, Publilio in conformità con la procedura delle leggi sacre, chiese aiuto ai tribuni della plebe, ma questi ebbero paura di esercitare il loro diritto di veto sulla decisione dei consoli. Così, accusando Publilio di insubordinazione, i consoli ordinarono che si procedesse contro di lui mediante la fustigazione con i fasci. Publilio invece si appellò alla provocatio ad populum e la plebe, malmenando i littori, rompendo la fascia ed espellendo i consoli dal forum nella curia, lo sostenne attivamente, bloccando così ogni ulteriore tentativo di arrestare o percuotere Publilio[96]. Livio sottolinea, che in questo modo la plebe protesse sé stessa dai patres, cioè dai senatori e dai magistrati dei patrizi[97]. A proposito della provocatio di Publilio è importante notare che Livio, per i plebei che gli diedero aiuto, usi il termine advocati.

La consuetudine di chiedere direttamente il parere dei plebei o del popolo, invitando costoro alla contio pregiudiziaria chiedendo un parere a favore o contro un imputato, fu un costume molto diffuso in Roma repubblicana. L’approvazione del popolo veniva manifestata con un l’applauso, altrimenti si usava fischiare[98]. Va notato che lo stesso Cicerone qualifichi questa usanza come uno fortunato imprestito del mondo greco. Avendo l’Arpinate espresso questo pensiero in una causa da lui patrocinata contro Claudio è difficile pensare che questo sia stato un giudizio obiettivo[99]. È anche vero però che tutto il popolo, in genere, era solito riunirsi solo in occasione di grandi eventi, ossia durante gli spettacoli teatrali o i combattimenti dei gladiatori[100]. Dato che nelle contiones spesso l’ultima parola restava nelle mani dei rappresentanti dell’accusa o della difesa, non capitava di rado che questi avevano potuto avere buon gioco nel comprare la maggioranza delle voci della plebe della città, blandendo quindi questa moltitudine e i suoi capipopolo con mezzi eticamente scorretti[101]. L’affermazione maliziosa di Cicerone potrebbe pertanto spiegarsi anche in questo modo.

Ad ogni buon conto, innanzi alle contiones giudiziarie del I secolo a.C. di solito si riunivano principalmente gli avvocati delle parti e gli esponenti più eminenti della libera città. Non è un caso che Livio scriva (per vero in relazione a una contio militare) che un’opinione in un consiglio militare poteva essere espressa solo da persone invitate, cioè da advocati[102]. Ma, a differenza del consilium del magistrato, alla contio era invece invitato tutto il popolo (advocatus). Il parere del popolo alla riunione perdeva vigore solo se uno dei tribuni della plebe imponesse il veto su qualsiasi atto giudiziario. Accadde questo, ad esempio, nel processo del 110 a.C. per l’accusa di corruzione a Scauro, dove il re Masinissa «sotto la protezione e con la condiscendenza del popolo romano»[103] dovette parlare come testimone dell’accusa[104].

 

 

7. – Conclusione

 

Riassumendo, vorrei sottolineare che le espressioni advocata contio e advocatus populus, per come furono utilizzate nei procedimenti dell’epoca repubblicana a Roma, evidenziano un contenuto giuridico abbastanza certo che testimonia il grande valore che queste forme collettive di tutela giudiziaria ebbero durante il lungo periodo che va dal V al I sec. a.C. Queste furono di estrema importanza per la partecipazione attiva del popolo già alla fase pregiudiziaria del processo in qualità, come abbiamo visto, di una «corona» di giustizia, la cui opinione e supporto, di solito, erano decisivi. Cicerone osserva che proprio il potere del popolo di difendere coloro che si rivolgevano a lui con una provocatio costituiva un necessario contrappeso per il potere giurisdizionale dei magistrati[105].

 

 

Abstract

[L.L. Kofanov, ‘Contio advocata’ and Collective Forms of Judicial Protection in Rome of Republican era]

 

The article discusses the history and development of the notion of “advocatus” in the Roman Republic from V to I centuries BC. In particular, the focus is on the collective character of the ancient advocacy as reflected in the well-known old cases, when the Roman plebs, or even all the people, acted as a collective defender at the popular proceedings (contiones). The article also paid attention to a direct relationship of the ancient collective advocacy with one of its legal forms – provocatio ad populum.

 

 



 

[Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Al fine della pubblicazione, questo scritto è stato valutato “in chiaro”  dagli organizzatori del XIII Seminario scientifico internazionale “Diritto romano e attualità” e dalla direzione di Diritto @ Storia]

 

[1] L'articolo si basa su una relazione letta al XIII Seminario scientifico internazionale ‘Diritto romano e attualità’ in tema di ‘Assemblee popolari’, 28 aprile - 3 maggio 2017 in Sucha Beskidzka (regione di Cracovia, Polonia). Vorrei ringraziare di cuore l’amico e collega prof. Osvaldo Sacchi che ha revisionato il testo italiano.

[2] Ved.: A.N. STOYANOV,  Istoriya advokatury. Vypusk pervyj: Drevnij mir, Egipet, Indiya, evrei, greki, rimlyane. Charkov 1869, 46-139; E.V. VAS’KOVSKIY, Organizatziya advokatury. Chast I. Ocherk vseobscey istorii advokatury. 1893, 24-43; O.VISCHNEVSKAYA, Institut oplaty advokata v Drevnem Rime, in Yuridicheskij bisnes. №10-11, 2009, 66-69; S.Yu. MAKAROV, Vechnostproblem advokatskoy etiki na primere deyatelnosti advokatov Drevnego Rima, in Advokatskaya praktika №5, 2010, 23-25; S.A. SOLOVIOV, Institut oplaty truda advokata v Drevnem Rime perioda respubliki, in Kazanskaya nauka. №11 Kazan 2011, 301-304; IDEM. Institut advokatury v Drevnem Rime: istoriko-pravovoy aspect, in Molodoy uchionyj. №6. 2013, 582-587; IDEM. Vozniknovenie instituta advokatury iz patronata Drevnego Rima, in Nauchnaya set’ Sovremennoe pravo. № 1, 2015, 139-143.

[3] La storiografia occidentale sul tema è enorme, mi limito a citare pertanto solo i lavori più noti: J.W. Kubitschek, Advocatus, in RE. Bd. 1. Stuttgart 1894, 436-438; Idem, Advocatus fisci, in: RE. Bd. 1. Stuttgart 1894, 438-439; Idem, Causidicus, in: RE, Bd. III/2, Stuttgart 1899, 1812-1813; P. Augusto, Gli avvocati di Roma antica. Nicola Zanichelli 1900; A. Pierantoni, Gli avvocati di Roma antica, Bologna 1900; E. W. Timberlake, Origin and Development of Advocacy as a Profession, in: Virginia Law Review. Vol. 9, No. 1, 1922, 25-29; V. Arangio-Ruiz, Avvocatura, in: Enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti, Roma 1949, 678-679; P. Fiorelli, Avvocato e procuratore, in: Enciclopedia del diritto, IV, Milano 1959, 646-47; A.-H. Chroust, Legal Profession in Ancient Republican Rome, in: Notre Dame Law Review. 30, 1954, 97-148; F. Wieacker, Cicero als Advokat, Berlin 1965; R. Rossi, Observaciones sobre la figura del abogado en derecho romano, in: Studi in onore di Giuseppe Grosso, III, Torino 1970, 269 ss.; K.Z. Mehesz, Advocatus Romanus, Buenos Aires 1971; A. Carcaterra, Le operazioni dell’‘avvocato’. Euristica e logica a fronte della ‘narratio’ dell’interessato, in: Studia et Documenta Historiae et Iuris. 52, 1986, 73 ss.; G. Broggini, Cicerone avvocato, in: Jus 37, 1990, 143 ss.; J.-M. David, Le patronat judiciaire au dernier siècle de la République Romaine, Roma 1992, 51 ss.; J. Crook, Legal Advocacy in the Roman World. London 1995; A.A. Dimopoulou, La rèmunèration de l’assistance en justice. Étude sur la relation avocat-plaideur à Rome. Atene 1999; G. Sposito, Il luogo dell’oratore. Argomentazione topica e retorica forense in Cicerone, Napoli 2001; C. Corbo, La figura dell’advocatus nella cultura giuridica romana, in: Rivista della Scuola superiore dell’economia e delle finanze. n.5. 2005, 1-16; O.TELLEGEN COUPERUS, Roman Law and Rhetoric, in: Revue belge de Philologie et d'Histoire 1(84), 2006, 59-75; R.L. Enos, The advocates of preciceronian Rome: Cicero's standard for forensic oratory. 2009, 54-62; O. Bucci, La professione forense, “odiosa alle persone oneste” (Ammiano Marcellino), “ombra di una parte della politica” (Platone) e “mala arte” (Epicuro), in: Studi in onore di A.Metro, vol. I, Milano 2009, 181-221; Powell, Paterson (Ed.), Cicero the Advocate. Oxford 2010; L. DE GIOVANNI, L'avvocato nella Roma antica. Alcune testimonianze. Napoli 2014; L. De Maddalena, Litis causa malo more pecuniam promittere. Sulla contrarietà ai boni mores del “patto di quota lite”. Milano 2015, 51-66.

[4] Alcuni studiosi pensano che questo testo è di Pseudo Asconio vissuto nel IV sec. d.C. Anche se è così, è molto verosimile che il frammento si fondi sul testo di Asconio stesso del I sec. d.C. Il contenuto del frammento citato (che ci dà l’interpretazione propriamente repubblicana dell’istituto di protezione giudiziaria, dato che non tiene conto della fusione in età imperiale dei concetti di patronus causae e di advocatus) in ogni caso ci permette di parlare della sua origine repubblicana. Ved.: J.W. Kubitschek, Advocatus, cit., 436; Th. Mayer-Maly, Advocatus, in Der Kleine Pauly Lexikon der Antike, Stuttgart 1964, 80-81.

[5] J.-M. David, Le patronat judiciaire, cit., 67.

[6] Dionys. 2. 10. 1-4: ν δ τ π’κενου ττε ριςθντα κα μχρι πολλο παραμεναντα χρνου ωμαοις θη περ  τς πατρωνεας τοιδε· τος μν πατρικους δει τος αυτν πελταις ξηγεσθαι τ δκαια, ν οκ εχον κενοι τν πιστμιαν, ... δκας τε πρ τν πελατν δικουμνων λαγχνειν, ... ς δ λγα περ πολλν ν τις εποι πσαν ατος ερνην τν τε δων κα τν κοινν πραγμτων, ς μλιστα δοντο, παρχειν … 4. … τν δ πατρικων κιστα βουλομνων τος πελταις νοχλεν χρηματικν τε οδεμαν δωρεν προσιεμνων … Cfr.: Plut. Romul. 13. 8: τροις δ τος δυνατος π τν πολλν διρει, πτρωνας νομζων, περ στ προσττας, κενους δ κλεντας,  περ στ πελτας· ... οτοι μν γρ ξηγητς τε τν νομμων κα προσττας δικαζομνοις συμβολους τε πντων κα κηδεμνας αυτος παρεχον ...

[7] Livius 34. 4. 9: quid legem Cinciam de donis et muneribus nisi quia uectigalis iam et stipendiaria plebs esse senatui coeperat?

[8] A. v. Premerstein, Clientes in: RE. Hbd. 7. Stuttgart, 1990, 24 ff.; F.Canali De Rossi, Il ruolo dei patroni nelle relazioni politiche fra il mondo greco e Roma in età repubblicana ed augustea. Leipzig: Walter de Gruyter. 2001, 3 s.; L. Fascione, Storia del diritto privato romano. Torino 2008, 78.

[9] Leges XII tab. VIII. 21: 21. Patronvs si clienti fravdem faxit, sacer esto. Cfr.: Plut. Rom. 13; Gell. 20. 1. 40.

[10] Sulla santità del rapporto di ospitalità ved.: R.Leonhard Hospitium in: RE. Hbd. XVI. Stuttgart 1913, 2493–2498.

[11] Livius  2. 31. 8-9: namque Ualerius … omnium actionum in senatu primam habuit pro uictore populo, rettulitque quid de nexis fieri placeret. quae cum reiecta relatio esset, 'non placeo' inquit, 'concordiae auctor. optabitis, mediusfidius, propediem, ut mei similes Romana plebis patronos habeat.

[12] Livius  6. 18. 14: proinde adeste; prohibete ius de pecuniis dici. ego me patronum profiteor plebis, quod mihi cura mea et fides nomen induit. Cfr: Livius 6. 14. 5: parenti plebis Romanae.

[13] Livius 6. 20. 6: homines prope quadringentos produxisse dicitur, quibus sine fenore expensas pecunias tulisset, quorum bona uenire, quos duci addictos prohibuisset.

[14] Livius 43. 16. 3: ueteres publicani … tribunum plebis P. Rutilium, ex rei priuatae contentione iratum censoribus, patronum causae nancti sunt.

[15] Dionys. 2. 11. 1: Ο μνον δʹ ν ατ τ πλει τ δημοτικν π τν προστασαν τν πατρικων ν, λλ κα τν ποκων ατς πλεων κα τν π συμμαχίᾳ κα φιλίᾳ προσελθουσν κα τν κ πολμου κεκρατημνων κστη φυλακας εχε κα προσττας ος βολετο ωμαων. κα πολλκις βουλ τ κ τοτων μφισβητματα τν πλεων κα θνν π τος προσταμνους ατν ποστλλουσα, τ π’ κενων δικασθντα κρια γετο. Più dettaglitamente sul patronato nei rapporti internazionali ved.: A. Calore, Hostis e primato del diritto, in Ius antiquum.  No. 1 (31). Mosca 2015, 99-129.

[16] J.-M. David, Le patronat judiciaire, cit., 74.

[17] Livius 43. 2. 1-5: Hispaniae deinde utriusque legati aliquot populorum in senatum introducti. (2) ii de magistratuum Romanorum auaritia superbiaque conquesti, nixi genibus ab senatu petierunt, ne se socios foedius spoliari uexarique quam hostis patiantur. L. Canuleio praetori, qui Hispaniam sortitus erat, negotium datum est, ut in singulos, a quibus Hispani pecunias repeterent, quinos recuperatores ex ordine senatorio daret patronosque, quos uellent, sumendi potestatem faceret. 4. uocatis in curiam legatis recitatum est senatus consultum, iussique nominare patronos. 5. quattuor nominauerunt…

[18] Ved. su questo caso: Gell. 6. 3; App. Pun. 65; Kofanov L., Sacchi O. Il sistema “esterno” del diritto romano. Ius naturae ius gentium e diritto commerciale nel pensiero giuridico antico. Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane, 2017, 225.

[19] Livius 9. 20. 10: Antiatibus quoque, qui se sine legibus certis, sine magistratibus agere querebantur, dati ab senatu ad iura statuenda ipsius coloniae patroni; nec arma modo sed iura etiam Romana late pollebant.

[20] App. BC. II. 1. 4: πσαις πλεσιν στι τις ν Ῥώμ προσττης.

[21] F. Canali De Rossi, Il ruolo dei patroni, cit., 3-32; Idem. Ambascerie dal mondo greco a Roma: omissioni, errori, novità e studi recenti, in: Veleia. 26, 2009, 13-46.

[22] См.: G. Wesener, Vindex, in: RE. Suppl. XIV. München, 1974, 885-895; G. Nicosia, Il processo privato romano. II: La regolamentazione decemvirale. Torino 1986, 53-63; B. Albanese, Il processo privato romano delle legis actiones, Palermo 1993, 32-34, 38-41; G. Nicosia, Vindex e manus iniectio nelle XII tavole, in: G. Nicosia, Silloge. Catania 1998, 473-478; B. Albanese, Osservazioni su XII tab. 1.4: il vindex per adsidui e proletarii, in: Index, 26, 1998, 19-38; L. Franchini, La desuetudine delle XII Tavole nell’età arcaica. Milano 2005, 54-62.

[23] Sulla comparazione dei termini vindex e vas ved.: L.Franchini, La desuetudine delle XII Tavole, cit., 54-62.

[24] Lex. XII t. III. 3: Ni ivdicatvm facit avt qvis endo eo in ivre vindicit, secvm dvcito…; III. 5: Erat autem ius interea paciscendi ac, nisi pacti forent, habebantur in uinculis dies sexaginta. Inter eos dies trinis nundinis continuis ad praetorem in comitium producebantur, quantaeque pecuniae iudicati essent, praedicabatur. Cfr.: Gai. Inst. IV. 21; 25.

[25] Livius  6. 14. 9-10: 'ne quem uestrum' inquit, 'Quirites, donec quicquam in re mea supererit, iudicatum addictumue duci patiar.' id uero ita accendit animos, ut per omne fas ac nefas secuturi uindicem libertatis uiderentur; Livius  6. 18. 8: ipse uindex uester, ubi uisum inimicis est, nullus repente fui, et uidistis in uincula duci uniuersi eum qui a singulis uobis uincula depuleram.

[26] Livius 2. 1. 8: Brutus … non acrior uindex libertatis fuerat quam deinde custos fuit.  

[27] Timberlake, op. cit., 25-29; Chroust, op. cit., 97-148; CORBO 2005, 4; M.C. Alexander, Law in the Roman Republic, in A companion to the Roman Republic. Ed. by N. Rosenstein and R. Morstein-Marx. Malden, Oxford, Carlton 2006, 236-255; E. Deniaux, Patronage, in A companion to the Roman Republic. Ed. by N. Rosenstein and R. Morstein-Marx. Malden, Oxford, Carlton, 2006, 401-420; 2006, 401-420; S.A. SOLOVIOV, Vozniknovenie instituta advokatury, cit., 139-143.

[28] E.V. Vas’kovskiy, Organizatziya advokatury, cit., 25.

[29] S.A. SOLOVIOV, Institut advokatury, cit., 582-587.

[30] Per esempio, L. De Maddalena, Litis causa malo more pecuniam promittere, cit., 53 s., giustamente focalizza la sua attenzione sul periodo di sviluppo della professione forense romana prima della lex Cincia del 204 a.C., lasciando aperta la questione del tempo della sua nascita.

[31] J.-M. David, Le patronat judiciaire, cit., 51; Idem. Rhetoric and Public Life in: A companion to the Roman Republic / ed. by N. Rosenstein and R. Morstein-Marx. Malden, Oxford, Carlton 2006, 421-438.

[32] Idem, Le patronat judiciaire, cit., 422-431.

[33] Idem, 475.

[34] Plaut. Vidul. 56-62: (Cac.) ibo et quaeram, si quem possim sociorum nanciscier / seu quem norim, qui advocatus adsit... / Gorg... huc adducito... / ... tu si quem vis invenire tibi patronum, quaerita; / perfidiose numquam quicquam hic agere decretu<m>st mihi. / Cac. Qur, malum, patronum quaeram, postquam litem perdidi? Cfr.: Plaut. Menaech. 798-800; Teren. Ad. 676-677, dove avvocato fa l’accusa (causam dicit).

[35] Plaut. Poen. 506: sicut ego hos duco advocatos, homines spissigradissimos... 531-532: nunc vos quia mihi advocatos dixi et testis ducere... 545-546: Advocati. Si quid tu placide otioseque agere vis, operam damus; / si properas, cursores meliust te advocatos ducere. Ved. anche: Plaut. Poen. 545-546; 563-568; 767; 805-816.

[36] Plaut. Trinum. 1161-1163: Call. Ius hic orat. Lys. Impetrabit te advocato atque arbitro. / istac lege filiam tuam spónden mi uxorem dari? / Ch. Spondeo. C. Et ego spondeo ídem hoc. L. Oh salvete, adfines mei.

[37] Livius  3. 46. 5-8: cum dilatum tempus iniuriae esset secessissentque aduocati puellae... 7. cum instaret adsertor puellae ut uindicaret sponsoresque daret, atque id ipsum agi diceret Icilius, sedulo tempus terrens dum praeciperent iter nuntii missi in castra, manus tollere undique multitudo et se quisque paratum ad spondendum Icilio ostendere. 8. atque ille lacrimabundus 'gratum est' inquit; 'crastina die uestra opera utar; sponsorum nunc satis est.' ita uindicatur Uerginia spondentibus propinquis.

[38] Cicero Pro Quint. 31: modum solent homines nobiles; seu recte seu perperam facere coeperunt, ita in utroque excellunt ut nemo nostro loco natus adsequi possit–iniuriam facere fortissime perseverat; aut satis dare aut sponsionem iubet facere, et interea recusantis nostros advocatos acerrime submoveri.

[39] J.-M. David, Le patronat judiciaire, cit., 479 con riferimento a Livio 38. 50. 10 – 51. 12.

[40] Idem, 483.

[41] Asconius pp. 20; 28 C: Defenderunt Scaurum sex patroni, cum ad id tempus raro quisquam pluribus quam quattuor uteretur: at post bella civilia ante legem Iuliam ad duodenos patronos est perventum… Laudaverunt Scaurum consulares novem...

[42] Ibid. con riferimento a Val. Max. VIII. 1 (abs). 10: M. quoque Aemilius Scaurus repetundarum reus adeo perditam et conploratam defensionem in iudicium attulit, ut, cum accusator diceret lege sibi centum atque xx hominibus denuntiare testimonium licere seque non recusare quominus absolueretur, si totidem nominasset, quibus in prouincia nihil abstulisset, tam bona condicione uti non potuerit. tamen propter uetustissimam nobilitatem et recentem memoriam patris absolutus est.

[43] J.-M. David, Le patronat judiciaire, cit., 483.

[44] Cicero Font. 32: …omnes legati nostri qui illo triennio in Galliam venerunt, omnes equites Romani qui in illa provincia fuerunt, omnes negotiatores eius provinciae, denique omnes in Gallia qui sunt socii populi Romani atque amici, M. Fonteium incolumem esse cupiant, iurati privatim et publice laudent

[45] Sallustius Iugurt. 35. 9: igitur, quamquam in priore actione ex amicis quinquaginta vades dederat...

[46] Livius 2. 55. 6: tum Uolero et praeualens ipse et adiuuantibus aduocatis repulso lictore...

[47] Livius 3. 47. 1: at in urbe prima luce cum ciuitas in foro exspectatione erecta staret, Uerginius sordidatus filiam secum obsoleta ueste comitantibus aliquot matronis cum ingenti aduocatione in forum deducit. circumire ibi et prensare homines coepit et non orare solum precariam opem, sed pro debita petere; Livius  3. 47. 8: cum repelleretur adsertor uirginis a globo mulierum circumstantiumque aduocatorum, silentium factum per praeconem.

[48] Livius 6. 15. 2-3: dictatoris iussu uocatus, … agmine ingenti ad tribunal uenit. hinc senatus, hinc plebs, suum quisque intuentes ducem, uelut in acie constiterant. Livius  6. 19. 7: simul multitudo illa non secum certari uiderint et ex aduocatis iudices facti erunt.

[49] Sul ruolo del vindex in qualità di fideiussore e di difensore nel processo dell’epoca delle XII tavole ved.: G.Wesener Vindex, cit., 885-895; G. Nicosia, Vindex e manus iniectio, cit., 473-478; B.Albanese, Osservazioni su XII tab. 1.4, cit., 19-38; L. Franchini, La desuetudine delle XII Tavole, cit., 54-62.

[50] Livius 25. 3. 13: ea fraus indicata M. Aemilio praetori priore anno fuerat ac per eum ad senatum delata nec tamen ullo senatus consulto notata, quia patres ordinem publicanorum in tali tempore offensum nolebant. populus seuerior uindex fraudis erat; excitatique tandem duo tribuni plebis, Sp. et L. Caruilii, cum rem inuisam infamemque cernerent, ducentum milium aeris multam M. Postumio dixerunt… 18. turbandae rei causa publicani per uacuum submoto locum cuneo inruperunt iurgantes simul cum populo tribunisque. nec procul dimicatione res erat…

[51] Livius 38. 50. 10: haec agitata sermonibus, donec dies causae dicendae uenit. nec alius antea quisquam nec ille ipse Scipio consul censorue maiore omnis generis hominum frequentia quam reus illo die in forum est deductus… 51. 6. citatus reus magno agmine amicorum clientiumque per mediam contionem ad Rostra subiit

[52] Ved. ad esempio: L. De Maddalena, Litis causa malo more pecuniam promittere, cit., 52, n. 69.

[53] Livius 1. 26. 5: rex ne ipse tam tristis ingratique ad uolgus iudicii ac secundum iudicium supplicii auctor esset, concilio populi aduocato… Sull’autenticità della tradizione antica del processo contro Orazio nella quarta finale del  VII sec. a.C. ved.: G. Grosso, ‘Provocatio’ per la ‘perduellio’, ‘provocatio sacramento’ e ordalia, in: BIDR 63, 1960, 213 ss.; G. Crifò, Alcune osservazioni in tema di ‘provocatio ad populum’, in: Studia et documenta historiae et iuris, 29. 1963, 290; B. Liou-Gille, La ‘perduellio’: les procès d’Horace et de Rabirius, in: Latomus 53.1. 1994, 6; С. Pelloso, Provocatio ad populum e poteri magistratuali dal processo all’Orazio superstite alla morte di Appio Claudio decemviro, in: Studia et documenta historiae et iuris. 82, 2016, 219-264.

[54] Livius 6. 18. 3: et Manlius aduocata domum plebe cum principibus nouandarum rerum interdiu noctuque consilia agitat.

[55] Livius 10. 21. 14: haec et – iam appetebat tempus – comitiorum causa L. Uolumnius consul Romam reuocatus; qui priusquam ad suffragium centurias uocaret, in contionem aduocato populo multa de magnitudine belli Etrusci disseruit.

[56] Livius 42. 33. 1: ad subsellia tribunorum res agebatur; eo M. Popilius consularis, aduocatus <centurionum, et> centuriones et consul uenerunt. consule inde postulante, ut in contione ea res ageretur, populus in contionem aduocatus.

[57] Lact. Inst. 4. 26. 21: Corona dicitur circumstans in orbem populus.

[58] Cicero Brut. 191-192: poema enim reconditum paucorum adprobationem, oratio popularis adsensum volgi debet movere. at si eundem hunc Platonem unum auditorem haberet Demosthenes, cum esset relictus a ceteris, verbum facere non posset. quid tu, Brute? possesne, si te ut Curionem quondam contio reliquisset?  Ego vero, inquit ille, ut me tibi indicem, in eis etiam causis, in quibus omnis res nobis cum iudicibus est, non cum populo, tamen si a corona relictus sim, non queam dicere. Ita se, inquam, res habet. ut, si tibiae inflatae non referant sonum, abiciendas eas sibi tibicen putet, sic oratori populi aures tamquam tibiae sunt; eae si inflatum non recipiunt aut si auditor omnino tamquam equus non facit, agitandi finis faciendus est. 

[59] Cicero Brut. 289-290: at cum isti Attici dicunt, non modo a corona, quod est ipsum miserabile, sed etiam ab advocatis relinquuntur… 290. volo hoc oratori contingat, ut cum auditum sit eum esse dicturum, locus in subselliis occupetur, compleatur tribunal, gratiosi scribae sint in dando et cedendo loco, corona multiplex,  iudex erectus; cum surgat is qui dicturus sit, significetur a corona silentium, deinde crebrae adsensiones, multae admirationes; risus, cum velit, cum velit, fletus.

[60] Livius 38. 51. 12. ab Rostris in Capitolium ascendit. simul se uniuersa contio auertit et secuta Scipionem est, adeo ut postremo scribae uiatoresque tribunos relinquerent, nec cum iis praeter seruilem comitatum et praeconem qui reum ex Rostris citabat, quisquam esset. 13. Scipio non in Capitolio modo, sed per totam urbem omnia templa deum cum populo Romano circumiit. 14. celebratior is prope dies fauore hominum et aestimatione uera magnitudinis eius fuit, quam quo triumphans de Syphace rege et Carthaginiensibus urbem est inuectus.

[61] Cicero Brut. 305: Reliqui qui tum principes numerabantur in magistratibus erant cotidieque fere a nobis in contionibus audiebantur. erat enim tribunus plebis tum C. Curio, quamquam is quidem silebat, ut erat semel a contione universa relictus. Cfr.: Cicero Brut. 192; 289.

[62] Cicero Pro Mil. 1-2: tamen haec novi iudici nova forma terret oculos qui, quocumque inciderunt, veterem consuetudinem fori et pristinum morem iudiciorum requirunt. Non enim corona consessus vester cinctus est, ut solebat; non usitata frequentia stipati sumus; non illa praesidia quae pro templis omnibus cernitis, etsi contra vim conlocata sunt, non adferunt tamen oratori terroris aliquid, ut in foro et in iudicio, quamquam praesidiis salutaribus et necessariis saepti sumus, tamen ne non timere quidem sine aliquo timore possimus.

[63] Gelliuis 13. 16. 1: Idem Messala in eodem libro de minoribus magistratibus ita scripsit: 'Consul ab omnibus magistratibus et comitiatum et contionem auocare potest. Praetor et comitiatum et contionem usquequaque auocare potest nisi a consule. Minores magistratus nusquam nec comitiatum nec contionem auocare possunt.

[64] Dionys. 7. 17. 5: νμος · Δημρχου γνμην γορεοντος ν δμ μηδες λεγτω μηδν ναντον μηδ μεσολαβετω τν λγον. ἐὰν δ τις παρ τατα ποισ, διδτω τος δημρχοις γγυητας ατηθες ες κτισιν ς ν πιθσιν ατ ζημας. δ μ διδος γγθητν θαντ ζημιοσθω, κα τ χρματ’ ατο ερα στω. τν δ’ μφισβητοντων πρς τατας τς ζημας α κρσεις στωσαν π το δμου.

[65] Livius 43. 16. (169 a.C.): 8. diem ad rogationem concilio tribunus plebis dixit. qui post<quam> uenit, ut censores ad dissuadendum processerunt, Graccho dicente silentium fuit; <cum> Claudio obstreperetur, audientiam facere praeconem iussit. 9. eo facto auocatam a se contionem tribunus questus et in ordinem se coactum ex Capitolio, ubi erat concilium, abit. postero die ingentis tumultus ciere... (11) C. Claudio diem dixit, quod contionem ab se auocasset; et utrique censori perduellionem se iudicare pronuntiauit diemque comitiis a C. Sulpicio praetore urbano petit.

[66] De vir. ill. 65. 5: Gracchus imprudens contionem a tribuno plebis avocavit; qua re arcessitus cum in senatum non venisset, armata familia Aventinum occupavit. Cfr.: De vir. ill. 73. 2: quod is eo die, quo ipse contionem habebat, ius dicendo partem populi avocasset, sellam concidit, ut magis popularis videretur.

[67] La bibliografia sull’origine e sullo sviluppo della provocatio ad populum è molto ampia, ved. ad esempio: G. Grosso, Monarchia, ‘provocatio’ e processo popolare, in: Studi in onore di P. De Francisci, 2, Milano 1956, 3 ss.; Idem. Provocatio’, cit., 213 ss.; E S. Stavely, Provocatio during the Fifth and Forth Centuries B.C., in Historia. 55. Bd. 3. 1954, 416-417; J. Bleicken, Ursprung und Bedeutung der Provocatio, in: ZSS 76 1957 (1959), 356 ss.; W. Kunkel, Untersuchungenzur Entwicklung des römischen Kriminalverfahren in vorsullanischer Zeit, München, 1962, 28 ss., 36 ss., 48 ss.; L. Amirante, Sulla ‘provocatio ad populum’ fino al 300, in: Iura 34, 1983, 1 ss.; M. Humbert, Le tribunat de la plèbe et le tribunal du peuple. Remarques sur l’histoire de la ‘provocatio ad populum’, in: MEFRA 100, 1988, 468 ss.; J. J. De Los Mozos Touya, La ‘provocatio ad populum’ como garantia jurídica del ciudadano romano y manifestación de cohesión social, in: Helmantica 45, 1994, 177 ss.; B. Santalucia, Studi di diritto penale romano, Roma 1994, 8 ss., 146 ss., 234 ss.; V.V. Dementieva, Sudebnaya vlast’ vysscych magistratov Rimskoy respubliki, in: V.V.Dementieva, M.E. Erin (red.),  Obscestvo, vlast’, politika: problemy vsemirnoy istorii. Sb. Nauc. Tr. Yaroslavl’ 2005, 9-24; R. Pesaresi, Improbe factum. Riflessioni sulla provocatio ad populum, in: Studi in onore de L. Labruna. A cura di C. Cascione e C. Masi Doria. VI. Napoli 2009, 4179-4206; A.Lintott, Provocatio e iudicium populi dopo Kunkel, in: La repressione criminale nella Roma repubblicana fra norma e persuasione. Ed. B. Santalucia. Pavia, 2009, 15-24; N. De Luca, Praesidium libertatis: le leges Valeriae de provocatione, in:  Index 38. 2010, 89 ss.; M. Ravizza, Su alcuni casi di collisione tra pontefice massimo e sacerdoti-magistrati, in: Rivista di diritto romano 13. 2013, 1-14; L.Rodriguez-Ennes, ‘Verberatio’ y ‘provocatio ad populum’, in: Direito romano: poder e direito, Coimbra 2013, 811-827; E.Tassi Scandone, Leges Valeriae de provocatione’. Repressione criminale e garanzie costituzionali nella Roma repubblicana, Napoli 2008; C. Pelloso, Provocatio ad populum, cit., 219-264; Idem. Ai primordi del giudizio popolare: poena capitis e garanzie del civis nella prima etа repubblicana, in: Regole e garanzie nel processo criminale romano. A cura di L. Solidoro. Torino, 2016. 83-120. L’elenco bibliografico più pieno ved.: F. E. Garzón, Derecho criminal romano. Aportes a problemas actuales en relación con los “delitos contra la administración pública” in: Revista digital de Derecho Administrativo, n.º 16, 2016, 51-102.

[68] Livius 2. 23. 8; 3. 56. 7.

[69] Livius 2. 55. 6-7; 3. 58. 5. Ср.: Livius  3. 45. 9; Plaut. Rud. 615.

[70] Sul significato di «implorare protezione» della frase implorare fidem e di «difesa» per la parola fides nei frammenti citati di Livio ved.: A. Souter, J.M. Wyllie (Ed.), Oxford Latin Dictionary, Oxford 1968, 848 imploro; C.T. Lewis, C. Short (Ed.), A Latin Dictionary. Oxford 1958 (=1879), 747 fides; 905 imploro.

[71] A. Souter, J.M. Wyllie (Ed.), 54 adsum (11).

[72] Livius 2. 23. 11: postulare multo minaciter magis quam suppliciter ut senatum uocarent; curiamque ipsi futuri arbitri moderatoresque publici consilii circumsistunt.

[73] Livius 2. 27. 8-9: desperato enim consulum senatusque auxilio, cum in ius duci debitorem uidissent, undique conuolabant. neque decretum exaudiri consulis prae strepitu et clamore poterat, neque cum decresset quisquam obtemperabat. 9. ui agebatur, metusque omnis et periculum, cum in conspectu consulis singuli a pluribus uiolarentur, in creditores a debitoribus uerterant.

[74] Livius 2. 27. 12: insignem ducem seditionum iussit. ille cum a lictoribus iam traheretur prouocauit; nec cessisset prouocationi consul, quia non dubium erat populi iudicium, nisi aegre uicta pertinacia foret consilio magis et auctoritate principum quam populi clamore.

[75] Ved. il processo del 473 a.C. (Livius  2. 55. 3) e anche caso del 326 a.C. che causò l’abolizione della schiavutù dei debitori insolventi: Livius  8. 28. 5: quibus laceratus iuuenis cum se in publicum proripuisset, libidinem crudelitatemque conquerens feneratoris, ingens uis hominum cum aetatis miseratione atque indignitate iniuriae accensa, tum suae condicionis liberumque suorum respectu, in forum atque inde agmine facto ad curiam concurrit.

[76] Dionys. 7. 56. 3; 58. 1; Plut. Marc. 20. 1.

[77] Dionys. 7. 51. 2: ( δμος) · προειπν μραν ητν ες ατν κλει τν νδρα ς δκην φξοντα, ς ατς μελλεν σεσθαι κατγορς τε κα μρτυς ...

[78] Dionys. 7. 54. 3: παρεναι μντοι τ δκ συνεβολευε κα σθναπολογεσθαι τ νδρ κα τν δμον ξιον μηθν διαγνναι περ ατο χαλεπν τος θ’ πατους κα τος κ το συνεδρου πντας κα τος λλους πατρικους κατ πλθος φικομνους συνο ... κα πελτας καστον τος ατο παρακαλεν κα φλους συνγειν, κα ε τινας οκεως χειν σφσι τν δημοτικν δι’ εεργεσας πολαμβνουσι, κα τοτους νυν τν πρτερον φειλομνην χριν π τς ψηφοφορας παιτεν.

[79] Livius 2. 35. 4-5: restiterunt tamen aduersa inuidia, usique sunt qua suis quisque, qua totius ordinis uiribus. ac primo temptata res est si dispositis clientibus absterrendo singulos a coitionibus conciliisque disicere rem possent. uniuersi deinde processere  (quidquid erat patrum, reos diceres) precibus plebem exposcentes, unum sibi ciuem, unum senatorem, si innocentem absoluere nollent, pro nocente donarent.

[80] Sulla storia delle cosiddette «accuse popolari» Ved.: D.Mantovani, Il problema d’origine dell’accusa popolare. Dalla “quaestio” unilaterale alla “quaestio” bilaterale. Padova 1989, passim.

[81] Dionys. 7. 41. 3: ο γρ δ τοτο γ’ ν εποι τις, τι τν μν διωτν [ντων] ος τ μειονεκτεν συμβανει περ τς κρσεις κυραν εναι δε τν π τν δμον πρκλησιν, μν δ τος δημρχοις κυρον. 

[82] Ved.: J.J. De Los Mozos Touya, La ‘provocatio ad populum’, cit., 177 ss.

[83] Livius 3. 56. 6: una uindex libertatis...

[84] Livius 3. 45. 8: tribunicium auxilium et provocationem plebi Romanae, duas arces libertatis tuendae

[85] Cicero De orat. 2. 199: provocationem, patronam illam civitatis ac vindicem libertatis... Per un commento a questi testi di Livio e Cicerone ved.: J.J. De Los Mozos Touya, La ‘provocatio ad populum’, cit., 179; С. Pelloso, Provocatio ad populum, cit., 220.

[86] Livius 3. 56. 5: tamen et tribunos appellauit et, nullo morante arreptus a uiatore, 'prouoco' inquit.

[87] Carlo Pelloso (Provocatio ad populum, cit., 261 ss.) erroneamente pensa che popolo voleva giudicare Appio nei concilia tributa plebis, in base alla considerazione che questi non trovò l’accordo del popolo per un iudicium populi. Tuttavia, questa ipotesi non sembra poggiare su solide motivazioni, siccome l’udienza preliminare per Appio si svolse già in contiones popolari e non innnanzi alla plebe. Livio, descrivendo la contio in cui Appio si appellò alla provocatio ad populum, ha chiaramente in mente una contio popolare (Livius 3. 56. 8). Descrivendo tali udienze come simili alle contiones con l’accusa del collega di Appio, il decemviro Oppio, lo storico romano indica pertanto che quelle erano «in conspectu populi» (Livius  2. 58. 8).

[88] Livius 3. 56. 13: quem enim prouocaturum, si hoc indemnato indicta causa non liceat?

[89] Dionys. 5. 19. 4: Ἐάν τις ρχων ωμαων τιν ποκτενειν μαστιγον ζημιον ες χρματα θλ, ξεναι τ διτ προκαλεσθαι τν ρχν π τν το δμου κρσιν, πσχειν δ’ν τ μεταξ π τς ρχς, ως ν δμος πρ ατο ψηφσηται. La trad. nel testo è di F. Cantarelli, Dionisio di Alicarnasso, Storia di Roma arcaica (le antichità romane), Rusconi, Milano 1984, 420. Cfr.: Dionys. 5. 70. 2: πιτρψας τος γομνοις π τς κολσεις π’ατν προκαλεσθαι τν διγνωσιν π τν δμον, κα τως ν πληθς νγκ ψφον πρ ατν σμαστε κα βοις τ σφαλς χειν· τν δ παρ τατ τι ποιεν πιχειροντα νηποιν τεθνναι κελεων. Ved. anche: Dionys. 7. 52.1; Livius  2. 8. 2; Cicero De rep. 2. 53-54; Val. Max. IV. 1. 1; Plut. Popl. 11, 3.

[90] Livius  3. 57. 6: ut haud quoquam improbante, sic magno motu animorum, cum tanti uiri supplicio suamet plebi iam nimia libertas uideretur, in carcerem est coniectus; tribunus ei diem prodixit.

[91] Livius  3. 56. 2: cum diem Appio Uerginius dixisset et Appius stipatus patriciis iuuenibus in forum descendisset...

[92] J.-M. David, Le patronat judiciaire, cit., 24: les comportements collectifs...

[93] Ved.: B. Santalucia, Diritto e processo penale nell’antica Roma. Milano 1998, 85–87. L.L. Kofanov, Rol’ responsa rimskich yuristov v disputatio forensis v rimskoy grazdanskoy obscine V–I  vv. do n.e., in Vestnik drevney istorii, 4 (291). Moskva 2014, 98.

[94] Livius 3. 58. 5-6: trium tribunorum preces audirent, qui ad auxilium plebis creati ipsi plebis fidem atque auxilium implorarent. iustiores hae lacrimae uidebantur. itaque spe incisa, priusquam prodicta dies adesset, Appius mortem sibi consciuit.

[95] Dionys. 11. 46. 3: εσαγγλλεται δ μετ τοτο ες τν δμον ππιος π το Οεργινου κατηγορηθες π τς κκλεσας κα ατεται χρνον ες πολογαν. παχθες δ’ ες τ δεσμωτριον, να φυλττηται μχρι δκης (ο γρ δθη διεγγησις ατ) πρν πιστναι τν ποδειχθεσαν μραν τς κρσεως ν τος δεσμος ποθνσκει ...

 

[96] Livius 2. 55. 5-9: 6. lictor missus est a consulibus. Uolero appellat tribunos. cum auxilio nemo esset, consules spoliari hominem et uirgas expediri iubent. 'prouoco' inquit, 'ad populum' Uolero... 7. tum Uolero et praeualens ipse et adiuuantibus aduocatis repulso lictore, ubi indignantium pro se acerrimus erat clamor, eo se in turbam confertissimam recipit clamitans: 'prouoco et fidem plebis imploro. adeste, ciues; adeste, commilitones; nihil est quod expectetis tribunos quibus ipsis uestro auxilio opus est.' concitati homines ueluti ad proelium se expediunt, apparebatque omne discrimen adesse; nihil cuiquam sanctum, non publici fore, non priuati iuris. 9. ... consules ... uiolatis lictoribus, fascibus fractis, e foro in curiam compelluntur.

[97] Livius 2. 55. 3: id autem unum consilium esse ut se ipsa plebs, quando aliud nihil auxilii habeat, defendat.

[98] Cicero Pro Sest. 115 (56 a.C.): Comitiorum et contionum significationes sunt interdum verae, sunt non numquam vitiatae atque corruptaequi rumore et, ut ipsi loquuntur, favore populi tenetur et ducitur, plausum immortalitatem, sibilum mortem videri necesse est.

[99] Cicero Pro Sest. 126: At vero ille praetor, qui de me non patris, avi, proavi, maiorum denique suorum omnium, sed Graeculorum instituto contionem interrogare solebat, 'velletne me redire,' et, cum erat reclamatum semivivis mercennariorum vocibus, populum Romanum negare dicebatqui tamen quoquo tempore conspectus erat, non modo gladiatores sed equi ipsi gladiatorum repentinis sibilis extimescebant.

[100] Cicero Pro Sest. 124-127 (56 a.C.): Maximum vero populi Romani iudicium universi consessu gladiatorio declaratum est… 127. Videtisne igitur quantum <intersit> inter populum Romanum et contionem? dominos contionum omni odio populi notari, quibus autem consistere in operarum contionibus non liceat, eos omni populi Romani significatione decorari?

[101] Ved., per esempio, le accuse e gli insulti reciproci tra entrambe le parti nel processo penale contro Milone del 56 a.C.: Cicero Q. fr. 2. 3. 1-2: a. d. IIII Non. Febr. Milo adfuit. ei Pompeius advocatus venit… 2. A. d. VII Id. Febr. Milo adfuit. dixit Pompeius, sive voluit. nam ut surrexit, operae Clodianae clamorem sustulerunt, idque ei perpetua oratione contigit, non modo ut acclamatione sed ut convicio et maledictis impediretur… surrexit Clodius. ei tantus clamor a nostris (placuerat enim referre gratiam) ut neque mente nec lingua neque ore consisteret…  ille furens et exsanguis interrogabat suos in clamore ipso quis esset qui plebem fame necaret: respondebant operae 'Pompeius'. Cfr.: Dio Cass. 39. 19. 1-2; Cicero Fam. I. 5b. 1: Postea quam Pompeius et apud populum a. d. VII Id. Febr., cum pro Milone diceret, clamore convicioque iact<at>us est

[102] Livius 44. 34. 1-2: haec cum ita fieri placere contione aduocata pronuntiasset, adiecit urbanae contioni conuenientem orationem: unum imperatorem in exercitu prouidere et consulere, quid agendum sit, debere, nunc per se, nunc cum iis, quos aduocauerit in consilium; qui non sint aduocati, eos nec palam nec secreto iactare consilia sua. 

[103] Sallustius  Iugurt. 33. 4: ...in fide et clementia populi Romani...

[104] Sallustius  Iugurt. 34. 1-2: deinde ubi Memmius dicundi finem fecit et Iugurtha respondere iussus est, C. Baebius tribunus plebis, quem pecunia conruptum supra diximus, regem tacere iubet, ac tametsi multitudo, quae in contione aderat, vehementer adcensa terrebat eum clamore, voltu, saepe impetu atque aliis omnibus, quae ira fieri amat, vicit tamen inpudentia. ita populus ludibrio habitus ex contione discedit.

[105] Cicero De leg. 3. 27: Marcus Deinceps i<dc>ir<co> omnibus magistratibus auspicia et iudicia da<ta sunt>; iudicia, ut esset populi potestas ad quam prouocaretur