N. 3 – Maggio 2004 – Cronache

 

 

Giornata di Studio su

FONDAMENTI DEL DIRITTO EUROPEO

(Ferrara, 27 febbraio 2004)

 

 

Il 27 febbraio 2004 si è svolta, presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche dell’Università degli Studi di Ferrara, una giornata di studio dedicata a ‘Fondamenti del diritto europeo’, insegnamento istituito con il decreto 21 dicembre 1999 n. 537[1]. Chiamati a discuterne sono stati sei professori — Filippo Gallo, Mario Talamanca, Matteo Marrone, Carlo Augusto Cannata, Letizia Vacca, Alessandro Corbino — i quali si sono confrontati seguendo come traccia un questionario[2] preparato dal Comitato scientifico ed organizzativo (composto da Pierpaolo Zamorani, Arrigo Diego Manfredini, Lucetta Desanti, Wanda Formigoni, Paolo Ferretti, Silvia Schiavo). Al termine, sono intervenuti: Mario Amelotti, Renato Quadrato, Pietro Cerami, Pierfrancesco Arces, Giovanni Negri, Alessandro Adamo, Aldo Cenderelli, Luigi Garofalo, Settimio Di Salvo, Silvana Morgese.

 

Se dovessimo mandare scriptis l’impressione che abbiamo ricavato dalle autorevoli relazioni tenute al Convegno ferrarese, potremmo dire così: non esiste la materia ‘fondamenti del diritto europeo, bensì esistono le materie ‘fondamenti del diritto europeo’. 

Tuttavia, ciò non significa che la giornata di studio si sia rivelata inutile, quasi una congerie di riflessioni che, anziché aiutare, ha finito per disorientare e dividere l’uditorio. Al contrario, noi pensiamo che la medesima sia stata proficua almeno per due ordini di ragioni. Innanzitutto, perché ci sembra, dopo la pubblicazione di alcuni saggi[3] e dei primi lavori monografici[4] in argomento, che una riflessione sullo statuto epistemologico della materia fosse opportuna. Poi, perché se è vero, da un lato, che le opinioni dei relatori sui ‘fondamenti del diritto europeo’ sono state differenti, è altresì vero che alcune linee comuni o, quantomeno, maggiormente condivise, sono emerse. 

Da queste ultime, ovvero da ‘ciò che unisce’, è bene iniziare la breve cronaca, pensando di fare cosa utile a quanti vorranno contribuire, proseguendo la discussione avviata a Ferrara, nella ricerca dei tratti costitutivi dell’insegnamento.

Seguendo il questionario[5], un generale consenso si è registrato intorno al termine ‘fondamenti’, identificati nella “storia di una cultura specifica, che è quella del diritto” (Talamanca): diritto romano — e non gli altri diritti dell’antichità — e tradizione romanistica, dunque.

Ma di questi fattori, il diritto romano è destinato ad assumere un ruolo privilegiato, in quanto «la tradizione romanistica non può essere intesa da chi non conosce ciò su cui essa si basa» (Talamanca). Suggestivi, sul punto, si sono rivelati alcuni versi di Rilke: «Kundiger böge die Zweige der Weiden, wer die Wurzeln der Weiden erfuhr… meglio piegherà i rami dei salci, colui che conosce le radici dei salci; quindi, se i rami dei salci sono la tradizione romanistica, die Wurzeln der Weiden sono il diritto romano» (Talamanca). 

Un ampio accordo si è avuto poi in ordine alla metodologia da seguire. Il lavoro, eventualmente preceduto, secondo l’opinione di alcuni (Gallo, Cannata) da una parte generale sulla concezione del diritto nei suoi rapporti con la giustizia[6] (Gallo) o sulla struttura del diritto europeo (Cannata) — prestando attenzione a non fare la «storia esterna della cultura giuridica»[7] (Talamanca, Cannata) —, dovrebbe essere impostato per exempla[8], cioè attraverso l’individuazione di problematiche (fonti del diritto, possesso vale titolo, arbitraggio, modello astratto e modello causale del trasferimento della proprietà) e «quelle più interessanti sono quelle in cui le soluzioni normative sono diverse nei vari Paesi» (Cannata).

Si tratterebbe, pertanto, di individuare un problema attuale e di procedere poi verso il passato[9], muoversi cioè a ritroso «fin dove questa marcia indietro nel passato mostra la sua validità ermeneutica per il diritto vigente» (Talamanca).

In altri termini, si dovrebbe evitare di «ricostruire un itinerario evolutivo con genealogie più o meno approssimative” oppure “utilizzare quella che prende il nome di comparazione sincronica applicata a fonti di epoche diverse, perché non ci può essere comparazione sincronica fra una fonte romana ed una fonte moderna», e cercare invece di «ricostruire l’iter strutturale, argomentativo ed interpretativo che dalle soluzioni prospettate nelle fonti romane ha portato alla dogmatica odierna e alle norme delle codificazioni» (Vacca); «quello che noi dobbiamo trovare, ognuno secondo le proprie esperienze, è qualcosa in cui il passare di certi problemi, di certe strutture, attraverso i secoli mostri il perché sono così adesso, mostri la giustificazione o la mancanza di giustificazione di certe soluzioni attuali» (Talamanca).

Quest’ultima osservazione comporta, quale inevitabile conseguenza, il coinvolgimento non solo dei romanisti, ma anche degli storici del diritto medievale e moderno (Vacca, Corbino), nonché, secondo alcuni (Vacca), dei comparatisti.

In particolare, per quel che concerne il campo didattico, è stato sostenuto che «non si deve pensare ad insegnamenti modulari, in cui c’è il modulo di diritto romano e il modulo di storia del diritto (…) si tratta, invece, di spazi che vanno costruiti come spazi progettati, progettati in comune e dentro i quali ciascuno deve portare il frutto delle sue conoscenze» (Corbino).

Rimanendo sempre nella prospettiva didattica, è parso emergere (Talamanca, Marrone) un orientamento in merito ai corsi di studio in cui la materia ‘fondamenti del diritto europeo’ dovrebbe essere impartita.  Presupponendo, infatti, alcune conoscenze di base (le Istituzioni di diritto romano, la Storia del diritto romano, la Storia del diritto medioevale e moderno), l’insegnamento sembrerebbe essere destinato — oltre che alle Scuole di specializzazione per le professioni legali, ove è obbligatorio —, più ai corsi di laurea specialistica in Giurisprudenza che a quelli di laurea in Scienze giuridiche o in Servizi giuridici[10].  

Detto di ‘ciò che unisce’, veniamo a ‘ciò che divide’, iniziando dalla nozione di ‘diritto europeo’. Infatti, il ‘diritto europeo’ è stato individuato nel «diritto dei singoli paesi europei di tradizione romanistica» (Talamanca), nel «diritto europeo tutto, nel suo complesso, tanto civil law quanto common law» (Cannata), «nel diritto dell’Unione europea» (Marrone), sia nei «singoli ordinamenti attualmente in vigore» che «nel diritto che si deve costruire come diritto europeo» (Gallo).

Una certa disomogenità di opinioni si è riscontrata anche con riguardo alla denominazione[11]. Alla indifferenza di alcuni (Talamanca, Cannata) si è infatti contrapposto, da parte di altri (Gallo, Marrone), il suggerimento di parlare, anziché di ‘fondamenti’, di ‘radici’, termine reputato più significativo nell’indicare la ‘vitale’ comunicazione tra passato e presente[12].

Infine, gli obiettivi, pure questi diversificati nelle varie riflessioni. I ‘fondamenti’ potrebbero offrire un contributo vero alla «rifondazione del diritto che avrà attuazione in un diritto sovranazionale europeo», in particolare in una prospettiva volta a cambiare la concezione stessa del diritto, passando dalla nostra attuale, che è quella che si fonda sulla norma, ad una concezione in cui venga riscoperto il diritto come ars, il diritto come prodotto dell’elaborazione dottrinale (Gallo).

Tuttavia, è bene avvertire che la stessa uniformazione delle norme, come reale obiettivo, è stata messa in dubbio, in quanto sarebbe ancora aperta la possibilità di un ordinamento giuridico europeo in cui si attui, non tanto l’uniformità, quanto la coesistenza di regole diverse (Corbino).

Il ruolo dei ‘fondamenti’ in funzione di un «futuro diritto europeo» è stato poi ribadito, benché il primario compito della materia sia stato individuato nella rifondazione della cultura giuridica europea. Al riguardo, è stato opportunamente osservato che «il problema che si è creato con le codificazioni non è quello di una normativa diversa fra Stato e Stato; è quello di una scienza giuridica che si è irrigidita su quella normativa … un recinto interpretativo creato con le codificazioni e che dopo un cinquantennio si è irrigidito ad un punto tale che non solo i civilisti dialogano solo tra di loro all’interno del Paese, ma persino gli storici del diritto lavorano su filoni completamente nazionali».  Compito dei ‘fondamenti’, pertanto, sarebbe quello di «contribuire alla costruzione di una nuova scienza giuridica transnazionale (…), in quanto non c’è dubbio che il presente chieda i giuristi europei» (Vacca). 

Infine, l’accento è stato posto su un fine esclusivamente formativo: se il diritto è inteso nella sua cultura, nella storia della sua cultura, i ‘fondamenti’ devono «aiutare a creare un modo uniforme di intendere il diritto, a creare una metodologia comune degli operatori del diritto» (Talamanca); «una materia che deve essere fatta per educare soprattutto la testa; non è tanto una materia in cui imparare tante cose, ma per educare (…) a ragionare sulle norme, sui principi, sui dogmi, in un modo che permetta loro di pensare ai fenomeni giuridici in una dimensione veramente da scienza del diritto e da scienza del diritto che è storia del diritto. E’ una materia di metodo, è una materia di prospettiva, è una materia di consapevolezza delle reali dimensioni del diritto attuale pensato nella integralità del suo fenomeno» (Cannata). 

Questo obiettivo è stato da ultimo sottolineato anche da chi vede il ‘diritto europeo’ nel diritto dell’Unione europea. In tale ambito, infatti, «l’esperienza di un romanista non può non apparire molto preziosa, perché siamo di fronte ad una realtà giuridica diversa da quella familiare ai nostri giuristi positivi, diversa in un certo senso anche da quella dei giuristi di common law, una realtà giuridica che non è di tipo normativo, ma istituzionale, quindi che va oltre gli aspetti giuridici» (Marrone).

In conclusione, il Convegno di Ferrara, a pochi giorni dall’uscita del saggio di Capogrossi Colognesi, ha ribadito che i ‘fondamenti del diritto europeo’ sono «una occasione da non sprecare»[13]. Un’occasione «non solo per i romanisti», ma anche e anzitutto «per il giurista che, in quanto giurista, deve vivere nella storia della propria cultura e la propria cultura non può essere altro che una cultura storica» (Talamanca). 

 

 

Paolo Ferretti

Università di Trieste

 

 

 

 



 

[1] È noto che il decreto 21 dicembre 1999 n. 537, istitutivo delle Scuole di specializzazione per le professioni legali, ha contemplato (allegato 1) come materia obbligatoria i ‘fondamenti del diritto europeo’ e che un successivo decreto (D.M. 4 ottobre 2000) ha attribuito la medesima materia al settore scientifico–disciplinare IUS/18 – ‘Diritto romano e diritti dell’antichità’.

 

[2] Il questionario consegnato ai relatori continua ad essere consultabile sul sito: http://web.unife.it/convegni/fondamentideldirittoeuropeo.

 

[3] Ci riferiamo, per tutti, a L. Capogrossi Colognesi, Riflessioni su “i fondamenti del diritto europeo”: una occasione da non sprecare, in Iura 51 (2000), 1 ss., più volte richiamato dai relatori nel corso dei loro interventi.

 

[4] Cfr., tra gli altri, P. Cerami, G. Di Chiara, M. Miceli, Profili processualistici dell’esperienza giuridica europea: dall’esperienza romana all’esperienza moderna, Torino 2003; L. Solidoro Maruotti, Esperienze giuridiche a confronto: aspetti del diritto pubblico e privato dall'età romana alle configurazioni moderne: lezioni, Napoli 2001; Eadem, La tradizione romanistica nel diritto europeo. I, Dal crollo dell'Impero romano d'Occidente alla formazione dello ius commune, Torino 2001; Eadem, La tradizione romanistica nel diritto europeo. II, Dalla crisi dello ius commune alle codificazioni moderne, Torino 2003; M.G. Zoz, Fondamenti del diritto europeo: profili romani e moderni, in AA. VV., Contributi romanistici, Quaderni del Dipartimento di Scienze Giuridiche 8 (Trieste 2003), 217 ss.; AA.VV., Modelli teorici e metodologici nella storia del diritto privato, Napoli 2003; Il giurista europeo, Collana diretta da L. Garofalo e M. Talamanca, Percorsi formativi, 1, Strutture e forme di tutela contrattuali, Padova 2004, con contributi di M. Talamanca, V. Mannino, L. Garofalo, P.M. Vecchi.

 

[5] Riassumendo al massimo, il questionario si articolava in otto quesiti: 1) settore scientifico–disciplinare di appartenenza della materia; 2) significato del termine ‘fondamenti’; 3) significato del termine ‘diritto europeo’; 4) possibili metodologie ed obiettivi; 5) quale comparazione; 6) confini e sconfinamenti con altre discipline; 7) prospettiva didattica; 8) denominazione.

 

[6] Ma non solo. Nella parte generale si dovrebbe altresì trattare della produzione, dell’interpretazione e dell’applicazione del diritto, del compito del giurista e del compito del giudice.

 

[7] Ciò che si dovrebbe evitare è «una storia esterna che ci racconti chi erano i Glossatori, i Commentatori, che ci racconti che cosa è successo nel XV e nel XVI secolo, come ad esempio ha fatto lo stesso Stein, qui citato. Questo non dico che sia sbagliato, ma è una cosa che noi dobbiamo sapere, non dobbiamo insegnare… Stein deve essere alle nostre spalle» (Talamanca e, analogamente, Cannata).

 

[8] Sul punto, è stato richiamato anche L. Capogrossi Colognesi, Riflessioni su “i fondamenti del diritto europeo”, cit., 14: «è chiaro dunque che, condizione di partenza per realizzare questa mia ipotesi è un lavoro, ‘monografico’, per exempla. Noi non disponiamo infatti, per i Fondamenti come sono qui immaginati, di una somma di conoscenze tali da parmettere sin da ora di tracciare convincenti quadri di insieme».

 

[9] Dal presente al passato e non viceversa, in quanto, se così facessimo, «si rischia di portarsi appresso cose che nel presente non ci sono e di illudersi di rimetterle nel presente» (Talamanca). 

 

[10] Attualmente, l’insegnamento è impartito anche nei corsi di laurea in Scienze Giuridiche (così, ad esempio, a Camerino, a Padova, a Teramo) e in Servizi Giuridici (a Ferrara).

 

[11] Al riguardo, è opportuno far presente che, attualmente, la denominazione della materia, nei corsi di laurea e nei corsi di laurea specialistica, non è uniforme. Così, ad esempio, a Ferrara, nel Corso di laurea in Servizi giuridici (prof.ssa Desanti): ‘Diritto romano e diritti europei’; a Trieste, nel corso di laurea specialistica in Giurisprudenza (prof.ssa Zoz): ‘Fondamenti romanistici del diritto europeo’.

 

[12] Il prof. Gallo, con riferimento ad un corso di lezioni tenuto ad Alessandria sui principi del diritto romano, ha parlato di ‘Radici romanistiche del diritto europeo. Lezioni per la materia: i fondamenti del diritto europeo’.

 

[13] Riportiamo la citazione per intero: L. Capogrossi Colognesi, Riflessioni su “i fondamenti del diritto europeo”: una occasione da non sprecare, in Iura 51 (2000), 1 ss.