N. 3 – Maggio 2004 – Cronache

 

 

Convegno di Studi

Corte Costituzionale e Regioni

due anni dopo la riforma

(Firenze, 30 gennaio 2004)

 

 

Presso l’Aula Magna dell’Università di Firenze, il giorno 30 gennaio 2004, si è tenuto un Convegno sul tema “Corte Costituzionale e Regioni due anni dopo la riforma”, organizzato dal Consiglio regionale della Toscana (con il coordinamento scientifico del Prof. Stefano Grassi dell’Università di Firenze) e presieduto dal Prof. Antonio D’Atena, Direttore dell’Istituto di studi sui sistemi regionali, federali e sulle autonomie-M.S. Giannini, del C.N.R.

Già dal titolo appare chiaro l’intento che il Convegno si è prefissato: fare il punto della situazione sullo stato della giurisprudenza costituzionale relativa ad alcuni aspetti riguardanti la riforma del titolo V parte II della Costituzione, introdotta con la legge costituzionale n. 3 del 2001.

Il primo intervento, curato dal prof. Vincenzo Cocozza dell’Università “Federico II” di Napoli (discussant Prof. Stefano Grassi dell’Università di Firenze), è stato incentrato sui profili processuali emergenti dalla giurisprudenza costituzionale degli ultimi due anni. L’intervento è stato strutturato su quattro punti: nel primo punto sono state rese note, fra le altre, le rilevazioni circa il numero e la tipologia delle pronunce di inammissibilità, dei casi di rinuncia, di cessazione della materia del contendere, delle questioni relative ai termini, alla riunione dei giudizi, all’illegittimità consequenziale ed alle sentenze interpretative; nel secondo punto sono invece state esaminate le sentenze attraverso le quali la Corte ha affrontato la problematica dello ius superveniens sorta in seguito alla riforma; nel terzo punto, in relazione alla questione di legittimità costituzionale, è stato sottolineato, in particolare, il caso della differente utilizzazione del parametro rispetto alla prospettazione del ricorrente ed il caso della dichiarazione di incostituzionalità della disposizione impugnata in assenza di una specifica censura; nel quarto punto sono stati analizzati ulteriori profili sulla rilevanza del precedente in campo processuale soprattutto in relazione al diritto di difesa.

Il secondo intervento, curato dal Prof. Beniamino Caravita di Toritto dell’Università “La Sapienza” di Roma (discussant Prof. Massimo Carli dell’Università di Firenze), ha riguardato il tema dell’autonomia statutaria delle Regioni. In particolare l’attenzione si è concentrata sulla giurisprudenza costituzionale relativa al procedimento di formazione dello Statuto e sulle pronunce riguardanti i limiti alla potestà statutaria, la configurazione dello Statuto regionale come fonte sulla produzione, i contenuti dello Statuto, le forme di governo regionale ammissibili.

Il terzo intervento, curato dal Prof. Massimo Luciani dell’Università “La Sapienza” di Roma (discussant Prof. Paolo Caretti dell’Università di Firenze), ha focalizzato l’attenzione sull’autonomia legislativa delle Regioni nella giurisprudenza costituzionale. In particolare, in riferimento alla tipologia delle competenze, il Relatore ha registrato «la tendenza giurisprudenziale a limitare al massimo la fattispecie del conferimento di una determinata materia alla competenza esclusiva delle Regioni» giustificata dall’interferenza «con una delle numerose non-materie (o materie “trasversali”) riservate allo Stato dal secondo comma dell’art. 117». In riferimento alla definizione dell’ambito competenziale ricavabile dagli elenchi dell’art. 117 Cost. il Relatore ha evidenziato alcune pronunce della Corte che «mettono in luce la possibilità di una definizione che tenga conto del significato di una certa espressione nella legislazione ordinaria anche anteriore alla l cost. n. 3 del 2001». Ancora in tema di definizione delle competenze, il Relatore ha evidenziato le «conseguenze non univoche» che vengono prodotte dalla tendenza a leggere le materie di cui al secondo comma dell’art. 117 Cost. «come attribuzioni funzionali piuttosto che come ambiti materiali di competenza precisamente definiti». A parere del Relatore, inoltre, resta un problema aperto il sistema del riparto di competenze tra Stato e Regioni: «contrariamente alle tendenze saggiamente comuni negli ordinamenti federalizzati», infatti, tale riparto si presenta «tendenzialmente rigido anziché cooperativo e flessibile». Si è precisato che, sotto questo profilo, la Corte, attraverso le più recenti pronunce, sembra candidarsi «ad assumere un ruolo di protagonista nella definizione degli equilibri del sistema, sostituendosi ad un legislatore di revisione che ha mostrato di non avere piena consapevolezza dei problemi comportati dalla riscrittura del testo della Costituzione».

Il quarto intervento, riguardante l’autonomia regolamentare e amministrativa, è stato curato dal Prof. Gian Domenico Falcon dell’Università di Trento (discussant Prof. Alfredo Corpaci dell’Università di Firenze). Il Relatore ha inizialmente posto in evidenza come l’autonomia amministrativa operi in connessione con l’autonomia legislativa dato che in base al principio di legalità - come la stessa Corte ha evidenziato anche nella più recente giurisprudenza - «non esistono poteri amministrativi che non siano conferiti dalla legge». Di conseguenza è, ancora una volta al riparto di competenze contenuto nell’art. 117 Cost. che occorre fare riferimento per descrivere l’autonomia amministrativa ed i criteri in base ai quali possono essere individuate le funzioni amministrative. A questo riguardo le materie elencate all’art. 117 Cost. sono state distinte dal Relatore in “materie attività” (come ad es. l’istruzione, l’agricoltura ecc.) e “materie funzione” (ossia le materie statali che costituiscono “titoli trasversali” di intervento in ambiti di competenza regionale, paragonate a “fasci di luce” che partono da un “punto di vista” senza che se ne possa predefinire il punto di arrivo). Dalla relazione è emerso che tali materie non si escludono reciprocamente ma sono tra loro permeabili: in tal modo ogni area di intervento normativo può essere ascritta a due o più materie. A questo punto il Relatore si è posto un interrogativo: in che modo la legge statale può individuare funzioni amministrative statali che finiscono per interferire con quelle disciplinabili dalla legge regionale? A parere del Relatore sotto questo profilo la Corte ha elaborato alcuni principi che posso essere sintetizzati nel modo che segue: 1) le funzioni amministrative statali possono essere disciplinabili solo dalla legge statale; 2) la legge statale può trovare un titolo di competenza ad individuare funzioni amministrative statali sia nelle materie di competenza esclusiva statale (art. 117, comma 2 Cost.) che nelle materie concorrenti nelle quali la potestà legislativa spetta alle Regioni «salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato» (art. 117 Cost.): in quest’ultimo caso il titolo attraverso il quale lo Stato può riservare a sé (attraverso gli strumenti della leale cooperazione) alcune funzioni amministrative è costituito dal principio di sussidiarietà. In riferimento all’autonomia regolamentare è in particolare emersa la problematica relativa ai regolamenti statali nell’ambito delle materie “trasversali”. Sotto questo profilo - a parere del Relatore - la Corte sembra tendenzialmente orientata ad escludere l’intervento di regolamenti statali: in questi ambiti, in sostanza, oltre alla legge possono intervenire soltanto «atti di tipo collaborativo».

L’ultimo intervento – riguardante l’autonomia finanziaria - è stato curato dal Prof. Mario Bertolissi dell’Università di Padova (discussant Prof. Antonio Brancasi dell’Università di Firenze). Nella relazione sono state esposte alcune interpretazioni riguardanti l’art. 119 Cost. e sono stati proposti spunti ricostruttivi in tema di autonomia finanziaria. In particolare è stato messo in evidenza il nesso tra la potestà legislativa, amministrativa e finanziaria; sono state esposte le ragioni giustificative della necessità di una «predeterminazione annuale della quantità di risorse disponibili»; sono stati messi in risalto alcuni nodi relativi alla “perequazione delle risorse finanziarie” e della “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni”, nonché gli orientamenti della giurisprudenza costituzionale sul tema.

 

 

Michele Sias

Università di Sassari