N. 5 – 2006 – Memorie

 

Maria Kostova

Università di Sofia San Clemente d’Ocrida

 

LE DOMANDE DEI BULGARI IN TRE RISPOSTE DI PAPA NICOLò I (contributo sui generis alla storia del diritto internazionale e testimonianza dello spirito del diritto romano)

 

 

 

Un documento particolarmente prezioso tra le fonti della storia dello Stato e del diritto bulgaro sono le Risposte di Papa Nicolò I alle domande dei bulgari, che si riferiscono alla Conversione al Cristianesimo dei bulgari ed all’integrazione della Bulgaria nella comunità dei Paesi cristiani tra l’864 e l’870. Le risposte sono scritte in latino. Esse sono infatti una parte della intensa corrispondenza intercorsa in quell’epoca tra il re bulgaro Boris I ed i pontefici Nicolò I, Adriano II, Giovanni VIII, ed i patriarchi Fozio ed Ignazio.

Le domande dei bulgari riguardano la spiegazione della fede cristiana, la richiesta sia di leggi canoniche е laiche, sia della possibilità di una chiesa indipendente in Bulgaria. Allo stesso tempo esse sono fonti di informazione sulle tradizioni, e sulle norme sociali e religiose che venivano rispettate e praticate prima della Conversione dei bulgari al Cristianesimo. Per questa ragione quasi tutte le risposte del pontefice si riferivano agli aspetti della vita sociale, del regime giuridico e delle credenze religiose in Bulgaria. Per la presenza della spiegazione della fede cristiana, le risposte sono diventate anche una fonte per il diritto canonico.

La traduzione in lingua bulgara con commenti dei Responsa papae Nicolai[1] appartiene ad un nostro professore, Dimitar Decev. Le domande dei bulgari al pontefice non ci sono pervenute[2], ma per fortuna esse erano riportate accuratamente all’inizio di ogni risposta di papa Nicolò I. Questo pontefice, con la sua brillante accortezza, è considerato come uno dei papi romani dai meriti più grandi per l’estensione dell’autorità dei pontefici.

Soltanto tre delle circa cento domande rivolte a papa Nicolò I trattano degli affari esteri dello Stato bulgaro, quindi dei rapporti con gli altri Stati e popoli. Secondo me, queste sono eccezionali testimonianze del modo in cui venivano concepiti i problemi del diritto internazionale da parte dei bulgari, e soprattutto da parte del sovrano bulgaro, Boris I, e dei suoi consiglieri. Per questa ragione esse meritano di essere messe in evidenza.

Veniamo ai testi delle domande formulate al Papa Nicolò I dal re dei Bulgari.

 

 

Risposta N. 80

 

Cum generatione, quae pacem vobiscum habere quaerit, quomodo ad alterutram pacem firmare et custodire debeatis, inquiritis.

[Voi chiedete in che modo si deve sostenere ed osservare la pace reciproca con un popolo che vuole fare la pace con voi].

 

La domanda dimostra palesemente la volontà del re Boris I di avere pacifici rapporti con un altro popolo, e di rispettare tali rapporti. L’espressione ad alterutram pacem, tradotta dal prof. Decev come «pace reciproca», apporta un’informazione particolare. L’uso di alterutram invece di inter se, cum aliquo invicem, ecc., forse non è casuale. La semantica del lemma alterutram rileva chiaramente la reciprocità, ed anche la parità tra i due popoli nei rapporti tra loro intercorrenti. Quindi, la domanda del re bulgaro a prima vista può sembrare semplice, ma in effetti nasconde qualcosa di molto importante: quale avrebbe dovuto essere il trattato tra due Stati che erano pronti a vivere in pace per difendere gli interessi quanto dell’uno, tanto dell’altro Stato.

 

 

Risposta N. 81

 

Percontati estis, si cum generatione, quae christiana est, foedus interposito ex utraque parte iureiurando feceritis, et post haec illi, pactum dirumpere et super vos insurgere voluerint, utrum et vos adire contra eos audeatis an aliud quid agere debeatis.

[Voi ci avete chiesto qualora stipulaste un trattato con un popolo cristiano in modo che le due parti prestino reciprocamente un giuramento, e dopo gli altri decidano di rompere il patto e di ribellarsi contro di voi, se anche voi dovrete con coraggio lanciarvi contro di loro, o dovrete avere un comportamento diverso nei loro confronti].

 

Questo testo contiene la questione intorno a come si doveva agire, quando l’altra parte avesse rotto il giuramento ed avesse assunto un atteggiamento ostile. Nella domanda si accentuava il caso in cui il popolo, che aveva prestato giuramento, era cristiano. La domanda mirava a chiarire se fosse legittimo reagire nella stessa maniera, oppure in un altro modo. Quindi, è evidente il desiderio di non intraprendere, in nessun caso, azioni illegittime perfino quando il trattato fosse già violato dall’altra parte.

E’ indicativo che quando ammetteva la possibilità di rottura del patto, il sovrano bulgaro ammetteva questa possibilità  solo per la parte opposta. Un fatto ancora più interessante è che, in caso di rottura del trattato dall’altra parte, Boris I cercava di trovare il comportamento più adeguato, invece di intraprendere reazioni affrettate ed ostili.

 

 

Risposta N. 82

 

Cum paganis autem quod sit christiano pactum faciendum.

[Quale tipo di trattato un cristiano deve stipulare con i pagani].

 

La domanda si riferiva ad un trattato stipulato con un popolo non cristiano essendo i bulgari cristiani. Si sottintende la voglia di sapere in che modo si dovevano eseguire e rispettare i patti con non cristiani. Ciò è un fatto degno di essere rilevato, perché significa che il re bulgaro non aveva l’intenzione di rifiutare pacifici rapporti con i pagani, quando le regole erano ben definite. La volontà di Boris I di considerare e di rispettare le norme di comportamento già stabilite tra gli altri Paesi cristiani era più che evidente. Grande era il suo desiderio di instaurare rapporti di pace durevole con tali Paesi. La situazione storica di quel periodo è molto ben esplorata, descritta ed analizzata nei lavori scientifici di storici e giuristi bulgari, e non soltanto bulgari[3].

 

*****

 

I tre testi delle domande dimostrano la cultura e l’erudizione del re Boris I, qualità che lo avevano portato alla convinzione che il rispetto della pace tra Bulgaria ed uno Stato od un popolo straniero garantiva allo stesso tempo il rispetto degli interessi dello Stato bulgaro[4]. La voglia, nettamente espressa da Boris I, di risolvere in modo pacifico le controversie tra lo Stato bulgaro ed un altro Stato o popolo, era un elemento presente nella sua politica estera anche più tardi. Il pacifismo è uno degli elementi importanti che sta anche alla base del diritto internazionale.

Il contenuto dei tre testi viene a confermare un fatto già ben noto, che durante l’epoca medievale, la chiesa e soprattutto la chiesa romana ed il papa partecipavano alla creazione di un protomodello di diritto internazionale con la costituzione di regole di carattere internazionale. Appunto questo ruolo della chiesa fu inteso molto bene dal re bulgaro; egli si rendeva conto che l’integrazione della Bulgaria nei Paesi cristiani l’avrebbe attestata come un soggetto che vantava tutte le opportunità a livello internazionale di quell’epoca. Affermerei che il culmine particolare del modo con cui Boris I considerava l’importanza delle relazioni internazionali è la sua decisione di convertire i bulgari al Cristianesimo.

F. Laurent, studioso di Diritto internazionale, sostiene che se nella storia dell’umanità il Medioevo è una notte, nella storia del Diritto internazionale quell’epoca è una “notte stellata”[5]. Ma il tempo e la diplomazia del re Boris I sono un “giorno luminoso” del Medioevo bulgaro. La creazione di un arcivescovato autonomo, i.e. una chiesa autonoma, senza dubbio, era una vittoria molto grande della diplomazia bulgara, senza precedenti nella storia della chiesa ortodossa[6].

Ecco perché potrei affermare che il contenuto delle tre domande del re Boris I, con la sua disposizione interamente pacifica, rappresenta un originale (sui generis) contributo alla storia del diritto internazionale.

Il contenuto dei Responsa Papae Nicolai I ad consulta Bulgarorum suggerisce che nella capitale della Bulgaria, Pliska, erano state introdotte da Costantinopoli leggi canoniche e laiche. Dal modo in cui erano state formulate le domande al pontefice, i nostri studiosi concludono che nella corte di Boris I era conosciuta la Ecloga Byzantina, nonché altri codici e leggi. Nella risposta 13 si parla di leges mundanae. Lo stesso termine si può vedere anche nella risposta N 95. Nei testi delle risposte N 19, 26, 84 troviamo l’espressione venerandae leges, e nella risposta N 2 – venerandae Romanae leges. Dai testi si capisce, inoltre, che papa Nicolò I aveva inviato delle leggi al re bulgaro. Alla questione su quali fossero queste leggi, il nostro storico del diritto, Bobchev, e lo studioso croato Bogišić presentano due ipotesi: si può pensare ad alcune parti della compilazione Giustiniana, oppure alla lex Romana Visigothorum[7].

Dunque, dopo la creazione dello Stato bulgaro nel sec. VII sul territorio della penisola balcanica, dove prima vi erano i romani, per ragione dei numerosissimi contatti che i bulgari avevano con i Romei, si può parlare di una adozione del diritto romano-orientale in Bulgaria. Secondo i nostri storici, la corte del re Boris I, i suoi consiglieri e lo stesso Boris I, erano uomini ben eruditi. Senza dubbio loro conoscevano la vita letteraria di Costantinopoli. La lingua della cancelleria del sovrano bulgaro fu la lingua greca. Il figlio di Boris I, Simeon, il successivo re della Bulgaria, aveva studiato nella più rinomata scuola di Costantinopoli, al tempo dell’illustre studioso e patriarca Fozio. Occorre aggiungere anche il fatto che sono state conservate delle iscrizioni (per esempio dall’inizio del sec. IX, del regno di khan Omurtag) nelle quali si può vedere che insieme alla maniera bulgara di indicare la data in cicli[8], era stata adottata la maniera romano-orientale. Ciò viene a mostrare chiaramente la disposizione dei bulgari a custodire o ad accettare non solamente le scienze, ma anche alcune pratiche di Costantinopoli, ancora prima della conversione al Cristianesimo.

Sebbene il diritto romano-orientale cambiasse col tempo, esso aveva conservato lo spirito del diritto romano classico quale diritto universale. Proprio questo spirito si può intravedere nel contenuto delle tre domande del re bulgaro al papa Nicolò I. E quello che fa esprimere lo spirito è uno dei principi fondamentali del diritto romano che possiamo intravedere in quasi tutta l’istituzione del diritto romano: il principio del compenso, dell’equilibrio, il principio che garantisce l’accordo tra le parti.

 

 



 

[1] Fontes in latino della storia bulgara, t. II, Sofia 1960, 61-125.

 

[2] Le domande sono scritte in lingua greca, poiché nella cancelleria del Primo stato bulgaro la lingua ufficiale era il greco.

 

[3] Iv. Duichev, Die Responsa Nicolai I papae ad consulta Bulgarorum als Quelle für die bulgarische Geschichte, in Festschrift des Haus-Hof- und Staatsarchivs, I, Wien 1949; Id., Ещë о славяно-болгарских древностях IX-го века, in Byzantinoslavica XII (1950); D. Obolenski, Comunità bizantina. Europa orientale dal 500 al 1453, Sofia 2001 (trad. in bg.); V. Gyuzelev, Il re Boris I, Sofia 1969, (in bg.) 529 pp.; V. Zlatarski; M. Andreev; D. Angelov; P. Petrov; P. Angelov; G. Bakalov; V. Beshevliev.

 

[4] A proposito della cultura giuridica del principe Boris I: P. Angelov, La diplomazia bulgara nel Medioevo, Sofia 1988 (in bg.).

 

[5] F. Laurent, Histoire du droit des gens et des relations internationales, 1850-1870.

 

[6] Così la descrivono gli autori bulgari G. Bacalov e T. Koev, Introduzione al cristianesimo, Sofia 1992, 157 (in bg.).

 

[7] S. Bobchev, Storia del diritto veterobulgaro, (nuova edizione), Sofia 1998, 92-95, (in bg.); V. Bogišić, Pravni običaji u Slovena, Zagreb 1867.

 

[8] V. Beshevliev, Le iscrizioni protobulgare, Sofia 1979, N. 43 (177), N. 57 (215) (in bg.).