N. 5 – 2006 – Memorie

 

Luciano Minieri

Seconda Università di Napoli

 

Un “altro” caso di normativa antincendio in diritto romano postclassico

 

 

1. – Prima di entrare nel vivo di questa relazione mi sia consentito sottolineare che il presente contributo costituisce un’ideale prosecuzione della comunicazione tenuta a Yaroslav in occasione del precedente Convegno cui ho partecipato per gradito invito del Prof. Leonid Kofanov, e alla presenza del mio compianto Maestro, il Prof. Gennaro  Franciosi, che presiedeva quella sessione e che per me e, sono certo, anche per molti di voi, è ancora qui presente.

Quella relazione era dedicata all’esame di alcune testimonianze antiche, sia giuridiche sia letterarie, che a mio giudizio costituivano, pur in assenza di un complessivo assetto normativo in materia di prevenzione incendi, la prova di uno spiccato interesse dell’impero romano per le normative antincendio, attuate attraverso la previsione dell’utilizzo di materiale da costruzione ignifugo, di una precisa regolamentazione delle distanze tra gli edifici con il relativo obbligo di abbattimento di ingombranti superfetazioni successivamente costruite e la precostituzione di attrezzature per lo spegnimento del fuoco[1].

Anche la fonte che si tenterà qui di esaminare si ricollega, come si vedrà, al suddetto tema, ed anche in questo caso v’è un chiaro rapporto tra il propagarsi degli incendi e l’intervento normativo imperiale.

In questo senso l’aggettivo “altro” utilizzato nel titolo della relazione odierna ha solo il significato di “ulteriore” e non certo di “diverso”, nel senso di una difforme modalità di regolamentazione della materia.

 

2. – La fonte che intendo oggi porre alla vostra attenzione è CI. 8.10.12[2], una costituzione in lingua greca dell’imperatore Zenone diretta ad Adamanzio praefectus urbis di Costantinopoli[3], che riporta anche la notizia di un precedente provvedimento di Leone, non altrimenti pervenuto.

Trattandosi di un testo greco, non era inserito nei manoscritti occidentali del Codice di Giustiniano che, com’è noto, contenevano solo testi in lingua latina, mentre i soli due manoscritti che presentano costituzioni greche non sono, per le loro condizioni (lacunosi, vetusti e in un caso oggi perduti), utili in questo frangente[4].

La diataxis di Zenone è, invece, pervenuta attraverso un codice, il Marcianus 179, nel quale vi sono, oltre a questa disposizione, le Novelle di Giustiniano e le Leggi di Leone il Saggio[5].

Solo a partire dall’edizione curata dal Contius (1559-1562)[6], essa sarà inserita nel Codice al titolo “de aedificiis privatis” (8.10) prima della costituzione riportata in CI. 8.10.13, perché quest’ultima, scritta in latino e emanata da Giustiniano, rimanda espressamente alla legge zenoniana[7].

La dottrina sembra orientata a ritenere che si tratti della redazione originale della disposizione di Zenone, sia per la inscriptio, in cui compaiono tutti i titoli onorifici attribuiti all’imperatore (Autokratwr  Kaisar Zhnwn eusebhz nikhths  tropaioucos aei megistos aei sebastos Auyoustos)[8], sia per la presenza di un linguaggio molto poco tecnico, con digressioni storiche e minuti dettagli, soprattutto di natura geografica[9]. Per alcuni autori, inoltre, la redazione della costituzione a noi pervenuta sarebbe diversa da quella posta nel Codex che, invece, sarebbe stata abbreviata[10], mentre per altri la disposizione originale, al momento dell’inserimento nel Codex, sarebbe stata divisa in due tronconi[11].

Tutto ciò, unito alla mancanza di una subscriptio, cosa che non permette di datare la costituzione con precisione, credo che abbia prodotto una difficoltà di valutazione nei confronti di questo testo.

 

3. – Significativa è l’identità del destinatario. Zenone indirizza il suo provvedimento al prefetto della città di Costantinopoli, Adamanzio, che compare anche in altre due costituzioni[12], tutte senza data ma che, come sostiene il Martindale[13], possono essere collocate tra il 474 e 479, epoca in cui il burocrate ricoprì la carica di praefectus urbis Constantinopolis, mentre il termine post quem è comunque certo perché in quell’anno egli  fu inviato da Zenone quale ambasciatore presso Teoderico, come si ricava da un frammento di Malchus[14].

E’, poi, forse possibile precisare meglio la datazione, se si guarda al  principium[15] nel quale Zenone fa riferimento ad un’epoca di pacificazione successiva alla fine della guerra, e nella quale ci si poteva dedicare alla confezione delle leggi e al rapporto con i funzionari.

Le parole utilizzate dall’imperatore isaurico, che certo non sono un esempio di tecnica legislativa e che molto probabilmente sarebbero state cancellate dai commissari giustinianei al momento  dell’inserimento nel  Codex, mi fanno riferire  la costituzione, pur con tutte le cautele del caso, ad un periodo successivo alla fine dell’agosto 479, dopo cioè la rioccupazione di Costantinopoli  da parte di Zenone e la sconfitta dell’usurpatore Basilisco[16].

Questa collocazione temporale mi sembra più probabile che non quella precedente, che va dalla fine del novembre 474, data della morte di Leone II, ai  primi di gennaio 475, quando Zenone fuggì verso l’Isauria, scacciato  dalle truppe di Basilisco[17], perché certo si tratta di un periodo molto breve e di una situazione per nulla pacificata.

Se l’ipotesi prospettata è corretta, ci si troverebbe all’indomani dello scoppio di un furioso incendio, che nel 475 distrusse buona parte di Costantinopoli e tra gli altri edifici il mercato, il palazzo di Lauso  e l’intera Biblioteca con ben centoventimila volumi[18].

La legge di Zenone, che pure costituì anche una più ampia riorganizzazione urbanistica della città, potrebbe essere stata originata dalla volontà di rimediare ai gravi guasti prodotti appunto dall’incendio, ed anche i chiarimenti che, sempre stando al principium, Adamanzio avrebbe richiesto all’imperatore sull’interpretazione da dare alla legge del suo predecessore[19], si comprendono meglio se li si ascrive alla drammatica concitazione del momento.

 

4. – Come ho accennato, da CI. 8.10.12 sembra ricavarsi che primo intento di Zenone fosse quello di eliminare le difficoltà e i dubbi interpretativi che si erano verificati nell’applicazione di un precedente provvedimento legislativo di Leone, e che erano stati segnalati da Adamanzio.

Di detto intervento non ci è pervenuta altra traccia, ma a giudicare dalle parole di Zenone la legge doveva riguardare la costruzione, o meglio la ricostruzione di edifici colpiti da un incendio o da altra calamità naturale. Ciò rende molto probabile che, come è stato ipotizzato[20], essa dovette essere stata emanata all’indomani dell’incendio del settembre 465 che, durante il regno di Leone, aveva distrutto ampiamente Costantinopoli[21].

Con questa costituzione Leone avrebbe stabilito che le case distrutte dall’incendio dovessero essere ricostruite rispettando le dimensioni originarie, e senza modificare luci e prospetti affinché non fossero lesi i diritti dei vicini[22]. Inoltre, inserendosi nella scia di altri provvedimenti di precedenti imperatori, la disposizione regolava le altezze degli edifici[23], consentendo di elevare le abitazioni fino al massimo di cento piedi (m. 29,50).

La costituzione, almeno nei termini in cui ci è pervenuta, mi sembra possa inquadrarsi in un preciso filone della politica legislativa di Leone, volto a favorire interventi di ripristino edilizio, tendenza che è testimoniata da altre costituzioni, come quella del 471 sull’obbligo dei governatori provinciali di risiedere nel palatium o nel praetorium dopo averli restaurati[24], o quella del 472 che vietava agli stessi funzionari di intraprendere nuove opere prima di aver terminato quelle lasciate eventualmente incomplete dai loro predecessori[25], o ancora quella  sulla costruzione delle mura della città[26]. In questo senso credo possa senza dubbio sostenersi che la costituzione di Leone, come riportata dalla norma zenoniana, sia il prodotto della volontà dell’imperatore di offrire  il massimo dei vantaggi ai proprietari di abitazioni danneggiate, per favorire la ricostruzione di Costantinopoli.

 

5. – La costituzione di Zenone, pur partendo dalle stesse motivazioni ed avendo gli stessi scopi di quella di Leone, raggiunge ben altri obiettivi e regola una maggiore quantità di situazioni. Infatti, da un lato pone problemi di natura tecnico-giuridica perché fa ritenere superato il “principio tradizionale individualistico che ammetteva la piena libertà di fabbricare, di aprire e chiudere luci e prospettive”[27], considerando le limitazioni legali al diritto di costruire come delle  servitutes [28]. Dall’altro prospetta un amplissimo ventaglio di disposizioni di sicurezza contro incendi o terremoti, e norme di buona amministrazione urbanistica, in qualche modo tutte riconducibili alla costruzione di edifici ma assai diverse tra loro.

Tra di esse è innanzitutto regolata la possibilità per coloro che vogliono ricostruire la propria casa distrutta dagli incendi (o per coloro che vogliono edificare ex novo) di essere esentati dall’obbligo sancito dalla legge di Leone di rispettare le dimensioni originarie, e le limitazioni per luci e prospetti mediante patto tra privati, anche se questo poteva danneggiare i vicini[29].

Altra disposizione prevista era il divieto di costruire a distanza inferiore a dodici piedi (m. 3,54) dagli altri edifici, da rilevare lungo tutta l’altezza, dalle fondamenta al tetto. Il rispetto di queste disposizioni permetteva di innalzare l’altezza dell’edificio finché si volesse, in deroga anche a quanto disposto pochi anni prima da Leone, e disponendo ex novo luci e finestre di vario tipo. Ciò tanto nel caso della ricostruzione di una casa diroccata dal tempo, distrutta da un incendio ma anche della  edificazione  di una casa nuova[30]. Al limite di dodici piedi facevano eccezione quelle abitazioni che fruivano del cd. prospectus maris[31], cioè della veduta del mare[32] .

Ancora, la legge di Zenone proibiva a tutti di costruire nelle vicinanze dei crocevia, nelle strade e nelle piazze larghe al massimo dodici piedi per non diminuire lo spazio pubblico. Se la distanza  originaria tra edifici vetusti o bruciati era inferiore a dodici piedi, doveva invece essere rispettata la precedente normativa di Leone e non sarebbe stato possibile aprire nuove finestre e modificare i prospetti[33].

Zenone dispose ancora che in svariati luoghi di Costantinopoli (la Colonna Miliaria, il Campidoglio, i portici pubblici) i fabbricati non dovessero essere costruiti con il legno, che dovesse esserne limitata l’altezza massima in sei piedi[34] e che dovesse essere contenuta la presenza degli ergasteria, botteghe e negozi costruiti con tavole di legno negli intercolumni del centro di Costantinopoli che impedissero il passaggio e degradassero l’aspetto della città[35].

Inoltre la costituzione colpiva i calunniatori che con frodi e raggiri impedissero ai vicini di portare a termine le loro abitazioni, bloccandone la ricostruzione per la lunghezza del tempo del processo (a cui andavano aggiunti i termini per l’appello) e per l’inutile dispendiosità della causa. Contro questi comportamenti era previsto un insieme di norme processuali e di sanzioni varie volte a far divenire più veloci le decisioni sulle controversie in materia edilizia[36]. Provvedimenti similari vennero presi anche a carico degli appaltatori, dei muratori e degli artifices che, pur essendo stati compensati per il loro lavoro, non lo portavano a compimento o impedivano ad altri di farlo; veniva loro imposto il risarcimento dei danni e delle spese e, se ciò era impossibile per indigenza, dovevano essere fustigati e poi espulsi dalla città[37].

Come si può vedere si tratta di un impressionante e complesso insieme di norme urbanistiche che riguarda tutta la città di Costantinopoli e che, come si è prima accennato, sarà esteso da Giustiniano a tutte le città dell’impero.

 

6. – Ma tra tutte le disposizioni presenti nella costituzione di Zenone di notevole interesse è quella relativa ai solaria[38], termine con il quale si indicano i terrazzi, i solari, i balconi, ogni luogo esposto al sole, ma nel significato tecnico soprattutto tutti i corpi aggettanti che fuoriescono dalle facciate[39].

Zenone dispose che non dovessero essere costruiti soltanto con travi e tavole di legno ma che dovessero essere fatti a modello e a forma di quelli che venivano detti romanensia. Nel caso di solaria che si fronteggiassero da una parte all’altra della strada vi doveva essere un intervallo di almeno dieci piedi. In caso contrario dovevano essere costruiti in modo alternato sui due lati della strada.

Inoltre gli stessi solaria dovevano essere posti almeno a quindici piedi al di sopra del livello del suolo, mentre le colonne di sostegno – di pietra o di legno – dovevano essere posizionate in modo da non restringere con le loro ingombranti presenze gli angiporti e le vie pubbliche. Nella costituzione zenoniana è anche vietato porre scale che dai solaria scendessero verso la strada se non ben costruite, in modo che non fossero troppo vicine tra loro aumentando così il pericolo degli incendi o, nel caso che le fiamme si sprigionassero egualmente, impedendo l’accesso per lo spegnimento[40], o ancora, si può forse supporlo, non facilitando le vie di fuga.

Seguono poi le pene per tutti i soggetti che hanno partecipato alla costruzione dei solaria in deroga alla legge: il proprietario dell’edificio, l’architetto che doveva aver fatto il disegno e chi aveva diretto i lavori. Tutti erano condannati a pagare dieci libbre d’oro, e nel caso che il direttore dei lavori non fosse solvibile doveva essere battuto con le verghe ed espulso dalla città.

Il passo, anche se nel complesso breve rispetto all’intera entità della costituzione zenoniana, è molto significativo ai fini dell’indagine qui condotta sulla regolamentazione dell’uso di materiale ligneo per la costruzione dei solaria. Se non vi è dubbio sulla proibizione dell’uso esclusivo del legno – nel testo sono riportati i due termini xulon  e sanis che stanno (rispettivamente) a indicare il primo: tronco, stipite e più genericamente legno da costruzione, mentre il secondo: tavola, asse, stecca, ma entrambi si riferiscono a elementi in legno[41] – non altrettanto chiaro è il significato di  romanensia, parola che rappresenta un hapax, essendo adoperato nel Codex solo in questo caso[42], ma che con ogni probabilità voleva riferirsi alle tecniche per così dire “alla romana" e, forse, al laterizio, alle costruzione cementizia, in pietra.

Se questa interpretazione, come è stato sostenuto[43] è esatta, allora deve vedersi in questa disposizione una norma di prevenzione incendi che prescrive l’uso di materiali duraturi ed ignifughi, come già si è visto in altre occasioni. Ritornano anche in questa costituzione, pur nell’ambito di un più ampio quadro di prescrizioni urbanistiche, le norme antincendio che già da Nerone, da Arcadio e Onorio e da altri imperatori, erano state utilizzate per prevenire gli incendi.

 

7. – Per concludere può dirsi che la legislazione zenoniana, qui esaminata sotto una determinata prospettiva ma che meriterebbe ben altra indagine ora impossibile dati i tempi limitati oggi concessimi, rappresenta un regolamento urbanistico in piena regola che, con una terminologia moderna, potrebbe essere definita una  “legge quadro”. Presenta, come si è visto, stretti, strettissimi rapporti con il problema degli incendi, sotto il profilo dell’occasio legis, per i continui riferimenti ad abitazioni distrutte dal fuoco e da ricostruire, e soprattutto per gli specifici interventi antincendio ivi presenti.

 

 



 

[1] L. Minieri, Normative antincendio in diritto romano tardo classico e postclassico, in Ius Antiquum 1 (13) (2004) 83 ss. , ivi fonti e bibliogr.

 

[2] CI. 8.10.12.

 

[3] Il passo, pur essendo di grande rilevanza e pur costituendo un vero e proprio regolamento edilizio e una innovativa regolamentazione dei rapporti di vicinato in età tardoantica, non è stato finora molto studiato e mai soprattutto dal mio punto di vista. Si v., con diverso grado di approfondimento, H.E. Dirksen, Das Polizei- Gesetz des Kaiser Zeno, über die bauliche Aulage der Privaterhäuser in Constantinopel, in Hinterlassene Schriften zur Kritik und Auslegung der Quellen römischer Rechtsgeschichte und Altertumskunde 2 (Leipzig 1871, Frankfurt 1973) 225 ss.; P. Bonfante, Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1 (Roma 1926, rist. Milano 1966) 314 ss.; B. Biondi, La L. 12 Cod. de Aed. Priv. 8, 10 e la questione delle relazioni legislative tra le due parti dell’impero, in BIDR 44 (1936 – 37) 363 ss.; Id., le servitù prediali nel diritto romano2 (1954) 67 ss.; P. Ciapessoni, Spunti critici in tema di servitù legali (Pavia 1937) 17 ss.; V. Capocci, Nota per la storia del testo della costituzione peri cainotomiwn dell’imp. Zenone, in SDHI 7 (1941) 155 ss.; E. Levy, West Roman Vulgar Law (Philadelphia 1951) 55, 77, 116; L. Homo, Roma imperiale e l’urbanesimo nell’antichità (Paris 1951, tr. Milano 1976) 475 ss.; J. Stubbe, Pescennius Niger und die “Luftsteuer”, in Studien zur Papyrologie und antiken Wirtschafsgeschifte (1964) 175 ss.; G. Lombardi, Ricordo di Valentino Capocci, in SDHI 36 (1970) 7; A. Rodger, Owners and Neighbours in Roman Law (1972) 35, 78 s., 117 s., 122 (su cui v. la rec. di G. Grosso, in SDHI 33 (1973) 525 ss., ora in Scritti storico-giudici. 4. Recensioni e ricordi (Torino 2001) 812 ss.); N. van der Wal, La constitution de Zénon peri cainotomiwn et sa place dans le Code de Justinien , in Xenion Zepos 1 (1973) 725 ss.; G. Dagron, Costantinopoli. Nascita di una capitale (330 – 451) (Paris 1974, tr. Torino 1991) 536 ss.; W. Simshäuser, Sozialbindungen des Eigentums im römischen Bauwesen der späteren Kaiserzeit, in Sodalitas. Scr. A. Guarino 4 (1984) 1793 ss., part. 1803 ss.; C. Scofone, Abusi edilizi nella Costantinopoli di Giustiniano: a proposito di Nov. 63, in AFGG 20 (1984-85) 150 ss.; J. Plescia, The Development of the Exercise of the Ownership Right in roman Law, in BIDR 88 (1985) 181 ss., part. 196, 201, 207. Nominano soltanto la costituzione A. Ducellier, Bisanzio (Paris 1986, tr. Torino 1988) 75 e O. Licandro, “In ius vocatio” e violazione del domicilio, in SDHI 57 (1991) 233 nt. 87.

 

[4] B. Biondi, La L. 12 Cod. de Aed. Priv. 8, 10, cit., 363 ss.; V. Capocci, Nota, cit., 158 ss. ; N. van der Wal, La constitution de Zénon, cit., 725 ss., con ulteriore bibliogr.

 

[5] Sulla tradizione della costituzione v. gli a.a. riportati alla nt. precedente. Tracce della disposizione di Zenone anche in altri manoscritti: il Laurentianus plut. IX, 8 di Firenze, il Roc. 18  della biblioteca Bodleiana di Oxford e il Parisinus graecus 1385 A. Sunti e frammenti di essa nel Prochiro di Basilio il Macedone (38.4-6, 8-10), nel Prochiron legum del C. Vat. 845 (33.4-6, 8-10), nei Basilici (58 2.12, Heimb. 5.210,211), nella Synopsys , nell’Ekloge 58.2.11.20 e nei Hexabiblos di Costantino Armenopulo (2.4.24, 45- 46, 51, 54-56). Altri riferimenti anche in costituzioni di Giustiniano (CI. 8.10.13) e nelle Novelle (63, 165).

 

[6] Contius (A. Leconte), Opera omnia (Napoli 1725).

 

[7] CI. 8.10.13: Cum dubitabatur, utrum constitutio zenonis divae memoriae ad adamantium praefectum urbis scripta, quae de servitutibus loquitur, localis est et huic florentissimae urbi dedicata et debent illius quidem iura in hac observari, antiqua vero, quae contraria sunt, locum habere in provinciis: indignum esse nostro tempore putantes aliud ius in hac regia civitate de huiusmodi observari, aliud apud nostros esse provinciales, sancimus eandem constitutionem in omnibus urbibus romani imperii obtinere et secundum eius definitionem omnia procedere et, si quid ius ex ea lege innovatum est a vetere dispositione, et hoc in provinciis a praesidibus earum observari: ceteris videlicet omnibus, quae non per zenonianam legem innovata sunt, sed veteribus legibus comprehensa, in sua firmitate in omni loco manentibus. * iust. a. iohanni pp. * <a 531 d. k. sept. constantinopoli post consulatum lampadii et orestis vv. cc.>

 

[8] In tutte le altre costituzioni di Zenone riportate nel Codex, sia latine che greche, compare solo il titolo di imperatore (Imp. Zeno Autokratwr   Zhnwn ). Per l’elenco delle costituzioni emanate da Zenone v. l’Index constitutionum ad temporis ordinem redactus pubblicato in appendice a P. Krüger, Corpus iuris civilis. 2. Codex Iustinianus Hildscheim 1989, rist. dell’undicesima ed. Berlin 1954 s.) 507 s.

 

[9] B. Biondi, La L. 12 Cod. de Aed. Priv. 8, 10, cit., 370 s.; N. van der Wal, La constitution de Zénon, cit., 725 s., con ulteriore bibliogr.

 

[10] H.E. Dirksen, Das Polizei - Gesetz des Kaiser Zeno, cit., 229 ss., ma cfr. B. Biondi, La L.12 Cod. de Aed. Priv. 8, 10, cit., 371.

 

[11] N. van der Wal, La constitution de Zénon, cit., 728 ss., il quale ritiene che i paragrafi 6, 6a e 6b dovrebbero essere inseriti in CI. 8.11.23, ma v. la corrispondente nota di P. Krüger, Corpus iuris civilis. 2. Codex Iustinianus, cit., 339 nt. 29.

 

[12] CI. 4.65.32 e 11.43(42).18.

 

[13] J.R. Martindale, The Prosopography of the Later Roman Empire 2 (Cambridge 1980) 6 s. Su Adamanzio v., anche, Hartmann, sv. Adamantius , in PW 1 (1893) 343 n. 2.

 

[14] Malch. fr. 18.

 

[15] CI. 8.10.12pr.

 

[16] Sulle vicende del regno di Zenone e sulla guerra con l’usurpatore Basilisco v., oltre ai più generali J.B. Bury, A history of the Later Roman Empire from Arcadius to Irene (395 A.D. to 800 A.D.) 1 (Amsterdam 1966) 250 ss.; E. Stein, Histoire du Bas Empire 1 (Paris – Bruges,1959) 361 ss., 2  (Paris – Bruges 1949 = Amsterdam 1968) 7 ss.; A. H.M .Jones, IL tardo impero romano 284 – 602, 1 (tr. Milano 1973) 283 ss.; F. Conca, U. Criscuolo, R. Maisano, Bisanzio. Storia e cultura (Milano 1994) 123 ss.; G. Ostrogorsky, Storia dell’impero bizantino (München 1963, tr. Torino 1993) 53 ss., W. Brooks, The Emperor Zeno and the Isaurians, in EHR 8 (1893) 209 ss., G. Capizzi, Potere e ideologia imperiale da Zenone a Giustiniano (474 – 527), in G.G. Archi (a cura di), L’imperatore Giustiniano. Storia e mito (Milano 1978) 3 ss. e soprattutto il recente P. Blaudeau, Antagonismes et convergences: regard sur les interprètations confessantes du gouvernement d’un usurpateur: Basilisque (475- 476), in MediterrAnt 6 (2003) 155 s., con fonti e amplissima bilbliogr. Sulla politica religiosa di Zenone v., per tutti, G. Oldanelli, La politica religiosa dell’imperatore Zenone, in AVM 27 (1948) 1 ss.; E. Dovere, L’Egkukliov Basiliskou. Un caso di normativa imperiale in Oriente su temi di dogmatica teologica, in SDHI 51 (1985) 153 ss.; Id., L’Enotico di Zenone Isaurico. Preteso intervento normativo tra politica religiosa e pacificazione sociale, in SDHI 54 (1988) 170 ss., con ulteriore bibliogr.

 

[17] In questo senso già V. Capocci, Nota, cit., 155 s. e nt. 2 , anche se sotto una diversa prospettiva.

 

[18] Sull’incendio sviluppatosi nel 475 d.C. a Costantinopoli e più in generale sul problema degli incendi nella capitale bizantina A.M. Schneider, Brände in Konstantinopel, in ByzZ 41 (1941) 382 ss., part. 384; R. Janin, Constantinople byzantyne. Développement urbain et répertoire topographique2 (Paris 1964) 35 s., a cui adde il mio Evergetismo imperiale e indennità a causa di incendi, in Ius Antiquum 1 (15) (2005) 44 ss., in part. 54.

 

[19] CI. 8.10.12pr.

 

[20] Così L. Homo, Roma imperiale e l’urbanesimo, cit., 475 ; e G. Dagron, Costantinopoli, cit., 538.

 

[21] Sull’incendio del settembre 465 v. A. M. Schneider, Brände in Konstantinopel, cit., 383 s.; R. Janin, Constantinople byzantyne, cit., 35

 

[22] CI. 8.10.12.1. Cfr. E. Levy, West Roman Vulgar Law, cit., 116, il quale, a ragione, ritiene che anche la costituzione di Leone doveva riguardare la sola città di Costantinopoli.

 

[23] CI. 8.10.12.4. Sulle costituzioni in materia emanate da precedenti imperatori v. il mio Normative antincendio, cit., 83 ss.

 

[24] CI. 1.40.15.

 

[25] CI. 8.11.21, ma anche 11.32.3 e 6.24.12.

 

[26] CI. 10.49.3 del 472-473. Su queste costituzioni di Leone e sulla politica urbanistica di questo imperatore si v. A.S. Scarcella, La legislazione di Leone I (Milano 1997) 446 ss., che stranamente però non cita il nostro testo.

 

[27] B. Biondi, La L. 12 Cod. de Aed. Priv. 8, 10, cit., 373.

 

[28] In questo senso v. anche CI. 8.10.13 che parla espressamente di servitutes (la nostra costituzione utilizza il termine douleia). Sulla definizione delle limitazioni legali alla proprietà come servitutes in diritto postclassico e bizantino vi è stata, soprattutto in passato, un’ampia discussione in dottrina: v. C. Ferrini, Delle servitù prediali2, 1 (Milano 1920) 72; P. Bonfante , Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1. , cit., 321 ss., part. 325 nt. 1, 336 s.; B. Biondi, le servitù prediali nel diritto romano2, cit., 67 ss.; P. Ciapessoni, Spunti critici, cit., 25 ss.; E. Levy, West Roman Vulgar Law, cit., 55 s., 76 s.; Cfr., anche A. Guarino, Diritto privato romano12 (Napoli, 2001) 692 s. e nt.

 

[29] CI. 8.10.12.1. P. Bonfante, Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1, cit., 336 s., sottolinea che i patti riportati nella costituzione (cfr. 1a, 1b, 3b, 4b) hanno efficacia reale con un chiaro riferimento alle pactiones et stipulationes con cui si costituivano le servitù; nello stesso senso E. Levy, West Roman Vulgar Law 116. Cfr. anche L. Homo, Roma imperiale e l’urbanesimo, cit., 478.

 

[30] CI. 8.10.12. 2. Per una sommaria esposizione si v. P. Bonfante, ouc., cit., 336 ss. e L. Homo, Roma imperiale e l’urbanesimo, cit., 478.

 

[31] CI. 8.10.12.2, in fine. Sul cd. prospectus maris v. quanto disposto da Giustiniano in Nov. 63 e 165 su cui P. Bonfante , Corso di diritto romano .2. La proprietà 1, cit., 350 s. e C. Scofone, Abusi edilizi nella Costantinopoli di Giustiniano, cit., 150 ss., il quale sottolinea che la tutela del prospectus maris nel diritto delle Novelle sia sottratto, diversamente da quanto disposto da Zenone, “alla legittimità di stipulationes private contrarie ed anzi oggetto di sorveglianza da parte del praefectus urbis e del suo officium” (167).

 

[32] J. Plescia, The Development of the Exercise of the Ownership Right, cit., 196 ha ipotizzato che la normativa del prospectus maris si estendesse anche alle montagne ma è molto probabile che un tale ampliamento fu operato solo in diritto bizantino e impropriamente attribuito a Papiniano: cfr. S. Riccobono, Prospectus montium. La cit. del libro III Quaest. di Papiniano in Armenopulo, in Studi giuridici in onore di C. Fadda 1 (1906) 289 ss., ora in Scritti di diritto romano 1 (1957) 351 ss.; P. Bonfante, Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1, cit., 338 e nt. 1.

 

[33] CI. 8.10.12.3. Cfr. P. Bonfante , Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1, cit., 338 e nt. 1.

 

[34] CI. 8.10.12.6. Questa parte della costituzione, più di altre, dà l’idea del limitato ambito territoriale del provvedimento: in questo senso V. Capocci, Nota, cit., 179 s. e nt. 68; Sui luoghi nominati nella costituzione v. R. Janin, Constantinople byzantyn, cit., 103 s. (to Mílion), 174 s. ( Kapetwlion).

 

[35] Non si può non vedere in queste disposizioni l’eco di quelle costituzioni di precedenti imperatori da me esaminate nel già citato contributo (Normative antincendio, cit., 83 ss., ivi fonti e bibl.), che prescrivevano il divieto dell’uso del legno e l’abbattimento delle superfetazioni successive: CTh. 15.1.39 a. 358 di Arcadio ed Onorio e CTh. 15.1.45 a. 406 sempre di Arcadio e Onorio.

 

[36] CI. 8.10.12.7. Su questo aspetto v. P. Bonfante , Corso di diritto romano.2. La proprietà 1, cit., 460 ss., che ricollega il provvedimento all’istituto dell’operis novi nuntiatio, e che ritiene estremamente ridondante lo stile della costituzione. Nello stesso senso J. Paricio, La denuncia de obra nueva en el derecho justinianeo, in Sodalitas. Scritti A. Guarino 5 (1984) 2087 ss., part. 2094.

 

[37] CI. 8.10.12.8. Cfr., ancora una volta, P. Bonfante, Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1, cit., 337 s., nt. 2, anche se non comprendo la sottolineatura che sia «curioso che in questo riguardo l’imperatore si preoccupa non dei proprietarii ma degli impresari o architetti» perché credo che anche in questo caso obiettivo di Zenone sia sempre stato quello di spingere i cittadini di Costantinopoli a costruire (o a ricostruire) e semmai quello di migliorare l’assetto urbanistico della città.

 

[38] CI. 8.10.12.5. Sul passo P. Bonfante , Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1, cit., 315, 337 s.; L. Homo, Roma imperiale e l’urbanesimo, cit., 471 ss. e G. Dagron, Costantinopoli, cit., 538.

 

[39] Sul termine solarium e sulla sua differenza con il maenianum v. H.E. Dirksen, Das Polizei - Gesetz des Kaiser Zeno, cit., 239 ss.; E. Saglio - Ch. Lecrivain, sv. Solarium, in DS 4.2 (Paris 1918) 1386 s.; G. Lafaye , sv. Maenianum, in DS 3.2 (Paris s.d.) 1493 ss. W. Simshäuser, Sozialbindungen des Eigentums, cit., 1804 ss. Cfr. anche G. Beseler, Maenianum und superficies, in ZSS 52 (1932) 287 ss.

 

[40] In questa costituzione vi può, forse, essere un’eco di una già citata disposizione di Arcadio ed Onorio del 406 (CTh. 15.1.45), su cui L.Minieri, Normative antincendio, cit., 84.

 

[41] Sui due termini v. P. Chantraine, Dictionnaire etymologique de la langue grecque. Histoire de mots (Paris 1968) 767, 987.

 

[42] R. von Mayr, Vocabolarium codicis Iustinianei. Pars altera (pars greca) (Pragae 1925) 410.

 

[43] P. Bonfante , Corso di diritto romano. 2. La proprietà 1, cit., 315, 337 s.; L. Homo, Roma imperiale e l’urbanesimo, cit., 471 ss.; G. Dagron, Costantinopoli, cit., 538.