Seconda-pagina1[ISSN 1825-0300]

 

N. 9 – 2010 – Tradizione-Romana

 

 

sitek-piccolaBronisław Sitek

Università di Varmia e Masuria

Polonia

 

Roma communis nostra patria est (D. 50.1.33) oppure Europa communis nostra patria est?

 

 

 

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Alti e bassi dell’integrazione europea. – 3. Interpretazione del testo di Modestino. – 4. Il sistema del diritto romano e della Comunità. Uguaglianze e differenze.

 

 

1. – Introduzione

 

Modestino uno dei giuristi post-classici romani scrisse "Roma communis nostra patria est[1]. Non sappiamo se questa frase è stata formulata dall’autore, o se questo l’ha presa in prestito. Il primo essenziale significato che si pone alla luce dell’interpretazione letterale del testo contiene due importanti elementi. Il primo è l’identificazione di Roma con l’impero romano. Lo stesso termine Roma ha assunto un significato simbolico. Il secondo elemento è la diffusa accettazione dell’impero come patria comune. Questa interpretazione dell’affermazione sopra citata di Modestino dirige verso l’integrazione dell’Europa moderna e indirettamente per accertare i pro e i contro nell’ottica dell’integrazione di popoli e culture diverse dell’impero romano.

L’obiettivo di questo lavoro è quello di evidenziare le somiglianze e le differenze tra l’integrazione romana e quella Europea, con l’indicazione di possibili errori che l’Unione Europea deve evitare di commettere guidata per esempio dagli errori commessi dai governanti dell’antica Roma[2].

 

 

2. – Alti e bassi dell’integrazione europea

 

Non molti ricordano il conflitto che si ebbe qualche anno fa in relazione al preambolo della costituzione europea. La ragione di questa attribuzione era quella di aggiungere un riferimento alle culture dell’antica Grecia e di Roma e alla rivoluzione Francese. I valori cristiani che sono la base della cultura europea erano stati completamente ignorati in questo documento. Questa posizione ha causato diverse proteste da parte dei governi di quei paesi dove la tradizione cristiana è ancora molto forte, per esempio in Polonia, Irlanda, Italia e Spagna. Il riferimento ai valori cristiani alla legge romana e alla filosofia greca furono contestati nei paesi non religiosi come per esempio Francia, Belgio o Danimarca. In questi paesi la ragione principale era quella di aprire l’Europa ad altre nazioni, nel senso culturale e – principalmente – nelle ragioni di differenze religiose, per esempio Turchia o Tunisia. In fine hanno accettato il testo ispirato dalla memoria culturale religiosa e umanitaria dell’Europa fu ufficialmente accettato[3]. In questo testo è possibile trovare una connessione con i seguenti valori: diritti umani, libertà, democrazia, uguaglianza ecc. Alla fine il trattato non fu accettato, nonostante l’aspetto abbastanza liberale, proprio dalle società più laiche come Francia e Olanda.

Il ricordo del conflitto che includeva la precisione e l’accettazione delle elementari materie dell’Unione europea ha mostrato le difficoltà dell’integrazione europea negli ultimi anni. Vale la pena ricordare i principali argomenti di questa integrazione precisati nell’introduzione al trattato fatto nel 1957 che include la comunità europea dell’industria, in questo si diceva che l’obiettivo dell’integrazione europea era quello di rafforzare le relazioni tra gli stati. Lo strumento primario che poteva essere usato per raggiungere questo obiettivo teoricamente erano le industrie e lo sviluppo sociale, rimuovere ogni tipo di barriera che separasse l’Europa specie gli ostacoli politici e industriali. Il risultato di queste decisioni doveva essere il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro e la rimozione delle restanti differenze nello sviluppo industriale di alcune regioni[4].

In questo tempo si parlò anche delle politiche comuni commerciali e la necessità di rimuovere le restrizioni al commercio internazionale. L’introduzione degli stessi argomenti è stata inclusa nel secondo trattato di Roma (il trattato che ha precisato la Comunità Europea dell’Energia Atomica)[5]. Questa analisi degli argomenti del trattato mostra come l’intenzione degli artefici dell’integrazione europea fosse non quella di creare un’unione politica ma solo industriale.

Un cambio nel percorso dell’integrazione europea fu fatto nel 1992 in cui fu stipulato il trattato dell’Unione Europea, dove la necessità di cominciare le integrazioni industriali diventa essenziale, specialmente per fornire alla comunità finanza e industria, un nuovo argomento è apparso collegato con la ricostruzione ideologica dell’Europa nel futuro. I limiti alle regole di libertà, democrazia, rispetto per i diritti umani sono stati posti come le materie essenziali su cui l’Europa moderna deve essere costruita. E questa è la ragione per la quale la Carta dei Diritti Fondamentali nel 1992 è stata indicata come priorità nel trattato del 2000 [6].

L’imposizione autoritativa di un sistema di valori ha causato, nel firmamento europeo la formazione di una crepa. Non tutti i paesi europei erano d’accordo con i valori cristiani la tradizione romana e la filosofia greca. Il conflitto ideologico costruito sulla base di diversi sistemi assiologici ha portato molti gruppi e partiti politici a rifiutare l’integrazione europea. Così in Gran Bretagna un significativo potere politico lo detiene il partito per l’indipendenza della Gran Bretagna e in Polonia è la Lega della Famiglia Polacca e l’Unione della Politica Reale. Nel Parlamento Europeo esistono due gruppi di euroscettici: I riformatori europei e quelli conservatori e anche l’Europa della libertà e della democrazia. Le organizzazioni euroscettiche prima di tutto sono contrarie verso la politica sociale e sono avversi alla cristianità e al tradizionale sistema di valori[7].

Sullo sfondo della contesa sulle forme di integrazione europea sono nate le domande riguardo lo scopo della futura Europa unita. L’argomento di questa elaborazione non è una visione del futuro dell’Europa ma mostrare gli errori commessi e come questi possono essere dannosi nel futuro distruggendo il lavoro fatti dai padri fondatori dell’Europa unita. Non priva di significato è la questione che questa idea sia cresciuta nella corrente dei valori cristiani.

 

 

3. – Interpretazione del testo di Modestino

 

L’interpretazione del testo di Modestino, citato all’inizio, è stata fatta da F. Casavola[8]. Secondo questo romanista italiano l’urbs Roma è diventata un’idea dello stato che viveva nella mente di tutta la società già nella prima metà del secondo secolo dopo Cristo; ma questa idea doveva scontrarsi con un'altra idea ugualmente operante allora: quella secondo cui il princeps pater patria est.

 

Callist. in D. 48.22.18 pr.: Relegatus morari non potest Romae, etsi id sententia comprehensum non est, quia communis patria est: neque in ea civitate, in qua moratur princeps vel per quam transit, iis enim solis permissum est principem intueri, qui Romam ingredi possunt, quia princeps pater patriae est.

 

Secondo il testo di Callistrato, chiunque fosse stato messo al bando non poteva vivere a Roma, anche quando la sentenza non contemplava tale divieto. La pena dell’esilio conteneva il divieto di alloggiare da condannato in città, dove si trovava l’imperatore oppure dove soltanto si trovava a passare. In questi luoghi potevano soggiornare solo coloro i quali avevano il diritto di entrare a Roma. La ragione per la quale la regolamentazione legale è stata promulgata era il fatto di ritenere l’imperatore il padre della patria. Gli assunti filosofici, in base ai quali l’imperatore è il padre della patria e quindi personifica lo stato hanno avuto un impatto per la risoluzione di situazioni concrete nel campo del diritto penale[9]. La pena dell’esilio conteneva quindi un mandato di abbandonare il paese, così Roma e quei luoghi dove risiedeva l’imperatore che rappresentava lo stato[10].

Il testo di Modestino acquista un significato maggiore alla luce della multiculturalità della società romana. Ogni provincia ha mantenuto le proprie norme religiose, le abitudini e anche le proprie autorità locali[11]. In maniera limitata funzionava anche la giustizia per la quale rispondevano le autorità locali. Solo le questioni più importanti venivano risolte dai governatori della provincia[12]. Fino all’anno 212, anno della pubblicazione dell’editto da parte di Antonino Caracalla, la cittadinanza romana era un privilegio desiderato da molti.

Il testo di Modestino “Roma communis nostra patria est” è stato scritto nella prima metà del III secolo d.C.[13] nell’opera Liber singularis de manumissionibus[14]. L’oggetto del lavoro di Modestino è stata la manomissione. Invece i compilatori giustinianei hanno collocato questa dichiarazione nel cinquantesimo libro al titolo primo, nella rubrica Ad municipalem et de incolis. Il suono stesso del titolo indica che il suo tema sarà la questione relativa alla divisone della popolazione dei comuni in cittadini a pieno titolo, e coloro i quali sono solo residenti.

Il contesto diretto del testo di Modestino, risultante dalla sua collocazione, è collegato direttamente con altri testi dello stesso autore. Così il pezzo precedente proviene dal libro quarto differentiarum e riguarda la definizione delle conseguenze del cambio di domicilio di una donna che conclude il suo rapporto coniugale[15]. A sua volta il testo successivo all’argomento discusso proviene dal libro tertio regularum e riguarda gli obblighi pubblici incombenti sui residenti nel municipio che non possiedono la cittadinanza romana[16].

Presentato nel Digesto oltre il contesto dell’argomento trattato da Modestino, ciò può portare a sospetti circa la accidentale collocazione del nostro testo dai compilatori. Inoltre un’analisi superficiale potrebbe anche suggerire che nei testi selezionati e compilati dai compilatori giustinianei direttamente in prossimità del testo di Modestino ha dominato il caos, un’ipotesi che per quanto riguarda il punto di vista adottato da Giustiniano nella redazione del testo appare piuttosto improbabile[17]. Pertanto è necessaria la spiegazione del significato originario del pensiero di Modestino che viene data dal giurista postclassico nell’opera intitolata liber singularis de manumissionibus.

È possibile raggiungere questo obiettivo grazie al lavoro e l’opera dello studioso tedesco O. Lenel[18]. I pochi frammenti conservati di questo lavoro sono stati messi insieme nel Palingenesia, risulta che Modestino nell’opera liber singularis de manomissionibus spostava le questioni associate con la manomissione nel testamento[19], in un codicillo[20], oppure un trattamento improprio del padrone sul liberto. Su questo frammento che anticipa l’argomento discusso da Modestino bisogna concentrare la nostra attenzione perché questo dà la chiave per la comprensione del testo che segue.

 

Modest. l. sing. de manumissionibus (D. 25.3.6.1): Imperatoris Commodi constitutio talis profertur: Cum probatum sit contumeliis patronos a libertis esse violatos vel illata manu atroci esse pulsatos aut etiam paupertate vel corporis valetudine laborantes relictos, primum eos in potestate patronum redigi et ministerium dominis praebere cogi: sin autem nec hoc modo admoneantur, vel a praeside emptori addicentur et pretium patronis tribuentur.

 

Alla luce della legge romana il liberto era obbligato a mantenere un comportamento rispettoso nei confronti del suo protettore che è l’ex proprietario. In caso contrario poteva essere privato del maggior valore che ogni persona possiede cioè la libertà ed essere spostato indietro nello stato di schiavitù. Nella costituzione l’imperatore Commodo ha deciso che il comportamento illecito (ingratitudo) del liberto verso il suo patrono deve essere giudicato dal concilium domesticum (ministerium dominis praebere cogi). Probabilmente era divenuto un dato di fatto la violazione dell’obbligo di rispetto del liberto verso il suo patrono. Questo liberto che diventa schiavo (revocatio in servitutem) tuttavia non ritorna indietro sotto l’autorità del vecchio proprietario, ma il governatore della provincia ordinava la sua vendita e così il denaro ottenuto veniva consegnato al patrono[21].

Conservato nel Digesto il frammento della costituzione di Commodo era un rescritto, riguardo la sentenza di un caso concreto. Si può accettare che almeno una delle parti non fosse cittadino eppure a questa è stata applicata la soluzione elaborata nel diritto romano. Questa sentenza deve sollevare alcuni dubbi sull’applicazione del principio dell’esecuzione della legge sulle persone. La dichiarazione di Modestino “Roma communis nostra patria est” tuttavia non era stata da lui coniata, ma proviene dal testo originale del rescritto. Questo fornisce una giustificazione per l’applicazione di soluzioni romane anche nei confronti di quelli che non sono cittadini ma vivono all’interno dell’amministrazione dell’impero. Tale affermazione è stato il riflesso che ha stabilito poi la convinzione che l’impero romano fosse la patria comune e questo portò alla personificazione della città di Roma. Diversi anni più tardi nel 212 l’imperatore Caracalla sancì il funzionamento di questo principio.

 

Ulp. l. 23 ad ed. (D. 1.5.17): In orbe Romano qui sunt ex constitutione imperatoris Antoniani cives Romani effecti sunt.

 

Nel testo di Ulpiano le parole urbs Roma furono sostituite dalla frase orbis Romanus. In entrambi i casi comunque si fa riferimento allo stato o all’impero romano ma non nel senso moderno.

Torniamo a chiarire il significato della frase “Roma communis nostra patria est” che hanno dato i compilatori di Giustiniano. Il primo titolo del libro 50 del Digesto riguarda i residenti nel municipio i quali non possiedono la cittadinanza della città. La divisione della popolazione della città in cittadini legittimi della città e coloro i quali avevano solo una limitata capacità di agire attraverso il diritto pubblico è stata largamente approvata[22].

Nonostante la doppia cittadinanza di Roma e del municipio, il diritto romano aveva la precedenza su quello locale. Proprio questo esprime la frase Roma communis nostra patria est, usata da Modestino in un'altra occasione. In questo modo i compilatori hanno voluto mettere in evidenza un momento molto importante nel funzionamento dell’impero di Roma. La cittadinanza romana non aveva abolito la divisione in cittadini legittimi della città e coloro i quali avevano solo una limitata capacità di agire attraverso il diritto pubblico. Queste soluzioni sono state ampiamente usate in tutto l’impero, ovvero a Roma la quale divenne il simbolo dello stato e della sua unità[23].

 

 

4. – Il sistema del diritto romano e della Comunità. Uguaglianze e differenze

 

La costruzione dello stato dei suoi organi e delle strutture di potere richiede l’esistenza di una legge specifica. La consapevolezza degli antichi romani si è avuta fin dall’origine. Quindi si è creato un sistema di diritto che sopravive all’impero romano e influenzò il ius commune nel diritto medioevale e moderno nell’Europa continentale. Nel periodo tardo arcaico il diritto romano era fortemente collegato con le credenze dei romani. Il carattere religioso delle norme giuridiche è garanzia per la stabilità del sistema di leggi. I sacerdoti avevano la cura di questo sistema giuridico, i quali erano gli esperti dei calendari e delle formule del processo. Essi fornivano anche consulenza legale. Questo sistema è stato denominato come ius Quiritium oppure ius civile[24].

I romani fin dall’inizio hanno dimostrato l’abilità di sapersi aprire ai nuovi problemi. Questo ha avuto un impatto sullo sviluppo territoriale e demografico di Roma. Con la conquista di nuovi territori Roma divenne il centro del mondo contemporaneo, che attraeva a sé tutti i commercianti. L’economia iniziale di tipo agricolo fu sostituita dal commercio e dall’artigianato. Alla luce di queste modifiche divenne necessario allargare il sistema degli organismi di polizia e di diritto. E così nel 367 a.C. fu creato l’ufficio del pretore urbano per risolvere le controversie tra i cittadini. Lo strumento principale era l’editto del pretore urbano (praetor urbanus) nel quale egli può sostenere completare e anche correggere le vecchie leggi quiritarie. Come conseguenza, l’attività di quest’organo ha fatto nascere una nuova quantità di diritto che prende il nome di legge pretoria (ius honorarium)[25].

Nel 242 a.C. fu istituito il pretore dei peregrini, il cui compito era quello di risolvere le controversie sorte tra i visitatori a Roma che non hanno potuto beneficiare dei mezzi giuridici a disposizione dei cittadini romani. In questo caso il pretore utilizzava l’analogia con il diritto romano oppure aggiungeva l’esperienza di altre nazioni creando così un nuovo gruppo di norme legali chiamato ius gentium.

Ma il momento più importante è stato l’ammissione delle persone laiche alla conoscenza del diritto. Questo è diventato possibile grazie al pontefice massimo Tiberio Coruncanio il quale nel 280 a.C. iniziò l’insegnamento del diritto al pubblico[26]. Importante per lo sviluppo del diritto romano è stato l’adeguamento in corso d’opera delle norme giuridiche ai bisogni più recenti dell’economia piuttosto che del sistema politico[27]. Questo è divenuto la base per la creazione di un sistema di norme giuridiche senza tempo[28].

Il modo di produzione degli atti giuridici nei periodi particolari del suo sviluppo era essenziale per la costruzione del sistema della legge romana. Secondo Gaio il diritto romano è composto di leggi, risoluzioni dell’assemblea dei plebei, risoluzioni del senato, costituzioni degli imperatori, editti e giurisprudenza[29]. La sequenza delle forme particolari di costruzione delle regole della legge romana non è accidentale. Risponde non solo allo sviluppo delle istituzioni responsabili della formazione della legge, ma anche allo sviluppo economico e infine allo sviluppo politico. La dinamica delle formazioni delle norme giuridiche era una funzione variabile nell’antico impero Romano, e ha subito l’influsso soprattutto dell’economia, poi le necessità sociali e soltanto alla fine le premesse ideologiche o politiche. La caratteristica delle norme giuridiche era la regolazione della realtà, non la sua formazione. Allora queste avevano il carattere declaratorio piuttosto che costitutivo. Era la realtà che ha fatto intraprendere al potere legislativo azioni connesse con la formazione delle norme giuridiche.

La costruzione dell’Unione Europea necessita anche della creazione del sistema legislativo. Quello che può essere simile alla legge romana è la necessità di risolvere i problemi economici e sociali dopo la II guerra mondiale in Europa. Ma le procedure della sua formazione sono diverse da quelle della Roma antica. Gli organi che formano le leggi nell’UE sono la Commissione europea, il parlamento europeo ed il Consiglio dell’Unione Europea[30]. Esiste anche una lunga lista di organi e di agenzie che possono fornire pareri[31].

Senza entrare nelle complessità procedurali della creazione del diritto comunitario bisogna osservare che la dinamica della creazione del diritto comunitario è molto più grande di quella del diritto romano. Il sistema del diritto dell’UE ha una enorme quantità di normative ma spesso isolate dalle necessità economiche e sociali. Questo è tipico del diritto creato da funzionari di ufficio i quali di solito non sono avvocati. Le ricerche statistiche condotte sotto la responsabilità dell’Agenzia Eurostat e il processo di dialogo interistituzionale e la definizione di norme sociali avrebbe fornito non solo l’obiettività della legislazione dell’UE ma anche un’alta qualità. Questi sono collegati con le aspirazioni di alti funzionari dell’Unione Europea per creare una nuova realtà, facendo riferimento a concetti di reale socialismo. Pertanto queste norme comunitarie sono spesso di natura costitutiva. Le esigenze economiche e sociali sono in gran parte la giustificazione per l’attuazione delle politiche.

 

 



 

[1] Modest. l. sing. de manumissionibus (D. 50.1.33).

 

[2] Bisogna notare che la letteratura romanistica molto raramente ha tentato di confrontare l'Unione Europea e l'antica Roma. Inoltre dalla programmazione del trattato di Maastricht è stato escluso qualsiasi legame dell'Unione Europea con il diritto romano così come con il sistema dei valori cristiani. Nondimeno esistono aspetti di somiglianza e differenza tra le due creazioni politiche. Questi studi aprono nuove opportunità di ricerca per i romanisti, ma non solo, nel campo del diritto pubblico e ai limiti della scienza politica.

 

[3] Cfr. Z.M. Doliwa-Klepacki, Integracja Europejska. Łącznie z uczestnictwem Polski w UE i Konstytucją dla Europy, Białystok 2005, 1057.

 

[4] Cfr. H. Skorowski, Europa Regionu. Regionalizm jako kategoria aksjologiczna, Warszawa 1998, 146.

 

[5] Cfr. il testo del preambolo in polacco su www.europa.eu [5 VI 2010].

 

[6] Cfr. A. Balaban, Ochrona praw człowieka. Wprowadzenie oraz wybrane teksty źródłowe, Gorzów Wielkopolski 2003, 76.

 

[7] Per maggiori informazioni sul dibattito sul sistema di valori europei, si cfr. S. Zięba (red.), Europa Wspólnych Wartości. Chrześcijańskie inspiracje w budowaniu zjednoczonej Europy, Lublin 2004.

 

[8] F. Casavola, Il concetto di ‹‹Urbs Roma››: Giuristi e imperatori Romani, in Labeo 38, 1992, 20-29.

 

[9] Sulla romanizzazione cfr. K. Christ, Geschichte der römischen Kaiserzeit. Von August bis zu Konstantin, München 1991, 457 nt.

 

[10] M.P. Baccari, Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, Torino 1996.

 

[11] Un esempio potrebbe essere la Palestina, dove si mantiene una autorità piuttosto ampia del Sinedrio e del Sommo Sacerdote. Cfr. B. Sitek, Proces świętego Pawła. Przyczynek do studiów nad rzymskim procesem karnym na pograniczu, in Wielokulturowość poleskiego pogranicza. Ludzie – idee – prawo, pod red. A. LITYŃSKIEGO i P. FIEDORCZYKA, Materiały ze Zjazdu Katedr Historycznoprawnych, Augustów 15-18 września 2002 roku, Białystok 2003, 168.

 

[12] Cfr. W. Bojarski, Stosunki cesarstwa Rzymskiego z lokalnymi autonomiami w zakresie sądownictwa, in Dzieje wymiaru sprawiedliwości, pod red. T. MACIEJEWSKIEGO, Koszalin 1999, 11 nt.

 

[13] Modestino era un allievo di Ulpiano, è stato l'ultimo importante giurista romano dell’epoca classica. Ha anche ricoperto importanti incarichi pubblici, tra cui il vigilum ufficio praefectus. Un nativo della Dalmazia. Per ulteriori informazioni su questo giurista, cfr. W. Kunkel, Die Römischen Juristen. Herkunft und soziale Stellung, Köln, Weimar, Wien 2001, 259.

 

[14] Libri singularum erano le monografie dedicate a singole leggi o argomenti specifici. Per maggiori informazioni su questo genere di letteratura Cfr. M. Bretone, Storia del Diritto Romano, Roma-Bari 2006, 279.

 

[15] Modest. l. quarto differentiarum (D. 50.1.32): Ea, quae desponsa est, ante contractas nuptias suum non mutat domicilium.

 

[16] Modest. l. tertio regularum (D. 50.1.34): Incola iam muneribus publicis destinatus nisi perfecto munere incolatui renuntiare non potest.

 

[17] La costituzione Deo Auctore di Giustiniano ha ordinato la rimozione di tutte le contraddizioni esistenti tra le opinioni dei giuristi romani: Deo auctore 1: (…) quatenus in unum codicem congregatae et omni superuacua similitudine et iniquissima discordia absolutae uniuersis hominibus promptum suae sinceritatis praebeant praesidium.

 

[18] O. Lenel, Palingenesia Iuris Civilis, Lipsiae 1889.

 

[19] Iavol. l. sexto ex Cassio (D. 50.4.12).

 

[20] Modest. l. sing. de manumissionibus (D. 40.4.43).

 

[21] O. Robleda, Il diritto degli schiavi nell’antica Roma, Roma 1976, 47.

 

[22] Sulla formazione della divisione dei comuni, cfr. B. Sitek, Lex coloniae Genetivae Iuliae seu Ursonensis i lex Irnitana. Ustawy municypalne antycznego Rzymu. Tekst, tłumaczenie i komentarz, Poznań 2008, 64 nt.

 

[23] Consapevole dell'esistenza della doppia nazionalità era Cicerone, che in de leg. 2.2.5 ha scritto: (…) Ego mehercule et illi et omnibus municipibus duas esse censeo patrias, unam naturae, alteram civitatis: ut ille Cato, quom esset Tusculi natus, in populi Romani civitatem susceptus est, (…).

 

[24] Cfr. per maggiori informazioni sulla formazione del diritto romano durante il periodo arcaico M. Bretone, I fondamenti del diritto Romano. Le cose e la natura, Roma-Bari 1999, 3.

 

[25] Cfr. M. Bretone, Tecniche e ideologie dei giuristi romani, Napoli 1984, 103.

 

[26] Cfr. W. Osuchowski, Rzymskie prawo prywatne, Warszawa 1985, 35.

 

[27] Nella storia della Roma antica sono state quattro le forme di sistemi politici: la monarchia, la repubblica, il principato e il dominato. Ognuno di questi in qualche modo ha influenzato la forma di queste norme, ma non le determinano. Un esempio di questo può essere il rapporto degli imperatori cristiani verso divieto assoluto di divorzio che proponeva la teologia cristiana. Nonostante la pressione dei Padri della Chiesa, nessuno degli imperatori ha posto un divieto totale al divorzio.

 

[28] Non è corretto parlare di atemporalità del diritto romano, perché tutte le norme giuridiche vigenti a Roma avevano questa natura.

 

[29] Gai. 1.2: Constant autem iura populi Romani ex legibus, plebiscitis, senatusconsultis, constitutionibus principum, edictis eorum, qui ius edicendi habent, responsis prudentium.

 

[30] Come procedure per la creazione del diritto comunitario figurano: la creazione del diritto da parte del Consiglio, senza la partecipazione del Parlamento, il processo di consultazione, la procedura di cooperazione, la procedura di codecisione, la procedura per l'approvazione. Il trattato di Lisbona introduce anche una procedura semplice e legislativa speciale. Per maggiori informazioni sulle modalità di costituzione del diritto comunitario, cfr. J. Barcik, A. Wentkowska, Prawo Unii Europejskiej z uwzględnieniem Traktatu z Lizbony, Warszawa 2008, 149.

 

[31] Cfr. M. Sitek, Instytucje i organy Unii Europejskiej w świetle postanowień Traktatu Lizbońskiego, Józefów 2010, 19.