N° 1 - Maggio 2002 - Memorie

 

Francesca Reduzzi Merola

Università di Napoli “Federico II”

 

Flaminio Mancaleoni a Napoli

 

 

(*) Questo scritto, che corrisponde solo in parte all’intervento, sarà pubblicato nella rivista Index. Quaderni camerti di studi romanistica, 2002.

 

 

 

            Il Convegno di Sassari su Flaminio Mancaleoni, che si è svolto nell’Aula Magna dell’Università dal 22 al 24 novembre 2001[1], ha costituito l’occasione proficua per una riflessione sulla personalità umana e scientifica dello studioso sassarese, sul milieu culturale di cui è stato espressione, sugli studi romanistici tra fine ottocento e inizi del novecento[2].

            Mancaleoni insegnò a lungo Diritto romano all’Università di Sassari, dall’anno accademico 1898/99 al 1935, con brevi intervalli, quando fu chiamato come docente a Parma (dal 1901 al 1904) e, più tardi, a Napoli.

            A Napoli insegnò Istituzioni di diritto romano dal 1920 al 1921, chiamato alla Facoltà di Giurisprudenza per iniziativa del suo Maestro Carlo Fadda: erano gli anni nei quali erano presenti nell’ateneo napoletano lo stesso Fadda, all’epoca docente di Diritto romano[3]; Stanislao Cugia, anch’egli di famiglia originaria della Sardegna, laureatosi a Cagliari e poi perfezionatosi a Napoli, allievo pure lui di Fadda, che nel ‘22 avrebbe pubblicato a Napoli uno studio sulla nullità del negozio giuridico[4]; e poi Giuseppe Salvioli, storico del diritto italiano, che aveva già pubblicato a Parigi, nel 1906, la sua famosa storia del capitalismo antico[5], che vide la luce in Italia soltanto nel ‘29, un anno dopo la morte dell’autore.

            Quando Mancaleoni andò via da Napoli, a partire dal ‘22 la cattedra di Istituzioni di diritto romano fu ricoperta da Vincenzo Arangio-Ruiz, che darà poi il suo contributo, dal titolo Romanisti e latinisti, agli Scritti di diritto e di economia in onore di F.M.[6], apparsi un anno dopo il pensionamento dello studioso sardo[7].

            Dell’insegnamento napoletano non abbiamo, purtroppo, notizie dettagliate. Ma qualcosa è doveroso dire, a fare ammenda di un’omissione - sia pure involontaria - della nostra rivista.

            Index per tradizione raccoglie elenchi di docenti di materie storico-giuridiche delle Università italiane; nel volume del 1997[8] si pubblicavano i dati relativi all’Ateneo napoletano a partire dall’Unità d’Italia. La collega che ha curato la pubblicazione, Stefania Torre, nelle parole introduttive all’elenco mette in rilievo la difficoltà oggettiva, soprattutto per alcuni anni accademici ed alcuni docenti, di reperire notizie dettagliate o attendibili. E’ stato proprio questo il caso degli anni ‘20-’22, cioè proprio gli anni nei quali Flaminio Mancaleoni aveva insegnato a Napoli: sul suo periodo napoletano manca, dunque, ogni documentazione sia presso l’Università di Napoli, sia presso il Ministero della Pubblica Istruzione a Roma, sia, ancora, nelle Guide dello studente[9].

            Fortunatamente abbiamo, però, la sua prolusione al corso di istituzioni di diritto romano, L’evoluzione regressiva degli istituti giuridici, letta all’Università di Napoli il 5 febbraio 1920[10], ripetuta, quindi, a Sassari durante le vacanze pasquali[11], pubblicata, poi, negli Studi Sassaresi del 1921[12], ove emerge l’attenzione profonda per il dato storico, il rilievo che egli intendeva dare all’educazione storica dei giovani che si avvicinavano allo studio del diritto romano, «posto che l’insegnamento iniziato è allo stesso tempo istituzionale e storico e che perciò questi due apetti devono essere tenuti presenti[13]». 

            Tutto il suo discorso è impostato su basi evoluzionistiche, con l’introduzione del concetto di evoluzione regressiva, caratteristico di un certo positivismo sociologico[14] (che ha comunque segnato un’epoca dei nostri studi giuridici); vi sono, tuttavia, dei punti di forte impatto critico. Illuminante per comprendere il pensiero di M. ed il modo nel quale egli impostava il suo insegnamento è, per esempio, l’affermazione: «Un carattere che sempre accompagna le istituzioni decadenti è quello di trovarsi in contraddizione colla realtà effettiva dei rapporti giuridici. Sotto l’aspetto di un vincolo vi è invece la libertà, sotto l’aspetto di un potere vi è l’impotenza o la soggezione. Nell’impero sembra che viva, anzi rifiorisca la repubblica con tutte le sue magistrature, mentre i loro poteri si estinguono o si attenuano assorbiti dall’effettiva sovranità imperiale: la donna si sottopone, con la forma inusitata della coëmptio, alla manus di un marito che non può o non vuole esercitarla e vi rinunzia, e questo procedimento si segue dalla donna sacrorum interimendorum causa, testamenti faciendi gratia, tutelae vitandae causa[15]». O, ancora, si legga: «Quando il Senato acclama un unico oratore che spiega il volere imperiale e non ha più altra forma di spontanea deliberazione, il suo potere legislativo è estinto[16]»;   «Quando Caracalla ha dato la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero, ha segnato la caduta del civis  e il sorgere del subditus[17]».

I temi della prolusione napoletana furono poi ripresi da un filosofo del diritto del calibro di Giorgio del Vecchio, in un saggio dal titolo Sulla involuzione nel diritto[18] nel quale è evidente il superamento della prospettiva evoluzionistica: «...i regressi, nel campo del diritto, sono spesso tali soltanto in un senso relativo, poiché denotano bensì il deperire di un istituto, ma solo per far luogo a un istituto diverso, più ampio e meglio rispondente a nuove condizioni di vita[19]».

            Mi piace citare le parole di Mancaleoni che - è bene ricordarlo - furono scritte poco dopo la fine del sanguinoso, primo conflitto mondiale: «Gli avvenimenti, che hanno sconvolto il mondo, hanno pure sconvolto le menti e, nella frattura tellurica della crosta storica delle genti umane prodotta dalla guerra, si è perduto il senso di continuità della vita sociale, si è perduta la via larga e si tentano i viottoli per riprendere il cammino della umanità. E i viottoli sono le ideologie e gli apriorismi, le fedi mistiche nelle instaurazioni arbitrarie della giustizia e del diritto, che trascurano i procedimenti storici di adattamento e di modificazione graduale ... »[20].

            Queste parole suonano straordinariamente attuali in questo momento, con un grave conflitto in atto, e nello stesso tempo illuminano sulla necessità che il diritto sia pronto a dar voce ad istanze economico-sociali, senza condizionamenti ideologici: come sostenne anche Francesco De Martino[21], la società si evolve rapidamente e può accadere che le istituzioni giuridiche non riescano a stare al passo[22]. Questa consapevolezza, la coerenza alla quale egli improntò la sua condotta di vita[23] sono - mi pare - tra gli insegnamenti più alti di Flaminio Mancaleoni.

 



[1] «F. M. (1867-1951) e gli studi di diritto romano tra Ottocento e Novecento. Prospettive nel XXI secolo» (organizzato dalla Facoltà di Giurisprudenza, ed animato da Francesco Sini)

[2] Rinvio alla Cronaca del Convegno, che apparirà in Iura, ed agli Atti, alla pubblicazione dei quali attende F. Sini.

[3] Su Fadda professore a Napoli e l’ambiente accademico del tempo v. F. P. Casavola, La romanistica a Napoli dall’Unità alla Guerra, in Index 29 (2001) 43 ss.

[4] S. Cugia, Studi sulla nullità parziale del N.G. (Napoli 1922); lo studioso teneva allora un «corso libero».

[5] Apparsa nel ‘12 in Germania, con prefazione di K. Kautsky, ristampata nel 1985 dagli Editori Laterza, con dotta prefazione di A. Giardina (p. vii-lvi).

[6] P. 15 ss., ristampato ora negli Scritti di diritto romano III (Camerino 1974) 227 ss.

[7]  E’ il numero 16 degli Studi Sassaresi, pubblicato nel 1938 presso l’editore Gallizzi di Sassari.

[8] Alle pagine 775-783.

[9] Cenni più che esaurienti, ricavati soprattutto dalla corrispondenza privata, nella relazione al Congresso di Giuseppina Fois, F. M. professore e rettore dell’Università di Sassari, distribuita in dattiloscritto ai partecipanti; ivi anche ipotesi sui motivi che indussero Mancaleoni a non rimanere a Napoli, come Fadda, invece, aveva auspicato.

[10] Ve ne fu vasta eco nei giornali napoletani, come riferisce G. Fois, F. M. professore cit.

[11] Cfr. G. Fois, F. M. professore cit.

[12] Opportunamente ristampata, con una Nota su F.M. (1867-1951)  di F. Sini, e donata ai partecipanti al Congresso sassarese.

[13] L’evoluzione cit . 30.

[14] Sull’evoluzionismo negli studi giuridici e storico-religiosi v. P. Catalano, Contributi allo studio del diritto augurale I (Torino 1960) 115 ss., spec. ntt. 19 e 19a sulla posizione di Mancaleoni; per una considerazione storiografica delle correnti del pensiero storico-giuridico tra '800 e '900, R. Orestano, Introduzione allo studio del diritto romano (Bologna 1987) 298 ss.; dello stesso autore, v. pure Sociologia e studio storico del diritto, ora in Id., Diritto. Incontri e scontri  (Bologna 1981) 159 ss.

[15] L'evoluzione cit. 16.

[16] L’evoluzione cit. 19.

[17] L’evoluzione cit. 20.

[18] Negli Scritti di diritto e di economia in onore di F.M. cit. 409 ss.

[19] Scritti di diritto e di economia  cit. 422.

[20] L’evoluzione  cit. 1.

[21] Storia della Costituzione romana II2 (Napoli 1972) 72.

[22] Con belle parole si è espresso Antonio Guarino in una lettera inviata a Francesco Sini e resa nota ai congressisti: «La sua (scil.: di Mancaleoni) “evoluzione regressiva” o è un controsenso, oppure è (ed a mio avviso lo è) l’espressione (imperfetta) di una nuova consapevolezza: quella del legame tra diritto e storia, epperò della difficoltà del diritto a tener dietro alle mutazioni sociali, delle sue frequenti arretratezze strutturali (e formali) rispetto alla realtà della storia».

[23] Rifiutò, infatti, l'iscrizione al PNF, cosa non priva di ripercussioni sulla sua vita pubblica: v., ancora, G. Fois, F. M. professore cit.