N° 1 - Maggio 2002 - Memorie

 

Giuseppina Fois

Università di Sassari

 

 

flaminio mancaleoni professore e rettore dell'universitA' di sassari

 

 

1.   Flaminio Mancaleoni nacque il 21 settembre 1867 nell'abitazione di famiglia, a Sassari, in via Grande al numero civico 65. Il padre, Salvatore, allora trentanovenne, avvocato, fondatore a Sassari del partito monarchico-costituzionale, era stato già nel periodo preunitario uno degli esponenti più in vista della nuova classe dirigente cittadina, noto per aver capeggiato nel 1848, da studente universitario i moti studenteschi che portarono alla cacciata dei Gesuiti dall'università [1]. In realtà, all'epoca il cognome della famiglia era soltanto "Manca", mentre "Leoni" era il cognome della nonna paterna, Rosaria: sarebbe stato modificato in "Mancaleoni" solo nel 1918, sebbene il giovanissimo Flaminio già si firmasse dalla fine dell'Ottocento con i due cognomi unificati[2].

Flaminio Mancaleoni crebbe e si formò nelle tensioni politiche e culturali della Sassari di fine secolo. Frequentò la facoltà di giurisprudenza sassarese negli ultimi anni Ottanta. Assistette dunque alle lezioni di docenti come Pasquale Demurtas Zichina, titolare della cattedra di diritto amministrativo, Antonio Piras (diritto civile), Giovanni Dettori (procedura civile e ordinamento giudiziario), Carmine Soro Delitala (scienza dell'amministrazione). Le istituzioni di diritto romano erano impartite sin da allora da Giovanni Maria Devilla, straordinario in quella disciplina dal 1886[3]; il diritto romano e la storia del diritto romano dal più anziano Salvatore Virdis Prosperi, ordinario dal 1865[4]. In quegli esami romanistici, Mancaleoni, pur titolare di un brillante curriculum, ebbe i voti meno alti: 27/30 in storia e in istituzioni, anche se 30/30 in diritto romano. Si laureò il 24 luglio del 1890 discutendo una tesi su L'obbligo di dotare in dritto romano e conseguendo il massimo dei voti e la lode[5].

La tesi, conservata presso l'Archivio Storico dell'Università di Sassari[6], è scritta - come d'uso all'epoca - a mano. Si apre con la citazione delle "fonti" (il Manuale delle fonti del Dritto Romano di Pietro Cogliolo; le Fontes Juris Romani antiqui del Bruns; il Corpus Juris Civilis; le Novellae Constitutiones). Segue la "bibliografia" (16 opere, la maggior parte delle quali in lingua straniera, specie in tedesco). Quindi il sommario. Il lavoro è articolato in cinque capitoli, per complessive 95 pagine, più una breve appendice: il primo capitolo è dedicato all'"Origine storica"; il secondo si intitola "Obbligo del padre"; il terzo "Obbligo della madre"; il quarto "Persone non obbligate"; il quinto - infine - "Estensione dell'obbligo".

La prima tappa della carriera accademica successiva alla laurea, probabilmente intrapresa per incoraggiamento di Virdis Prosperi[7] e di Devilla, fu la nomina a dottore aggregato (1896)[8]. Si era nel frattempo sposato, il 20 ottobre del 1893, con la giovanissima Gemma Emilia Bagella, dalla quale avrebbe avuto cinque figli. Dopo avere retto la supplenza di diritto romano sin dal 1897-98[9], a due anni dalla nomina a dottore aggregato, divenne professore straordinario di quella disciplina (dal 1898-99 al 1901)[10].

Avrebbe scritto nel suo "diario" o, come sarebbe meglio definirlo, in un quaderno di ricordi, datato 1947:

"Avevo già concorso nel 1898 al posto di professore straordinario nella Università libera di Perugia e fui classificato eleggibile al terzo grado, con punti 35/50. Ma io attendevo, e chiedevo insistentemente al Ministero, che venisse bandito un concorso per università di Stato, al quale mi preparavo con uno sforzo notevole di volontà e di lavoro"[11].

Pubblicò infatti in questi primi anni numerosi scritti: una versione rielaborata della sua tesi di laurea (in "Archivio giuridico" del 1892), un saggio intitolato Studi sull'acquisto dei frutti in forza di diritti reali sulla cosa fruttifera (Sassari, 1896), uno Sulla commixtio dei nummi (in "Rivista italiana per le scienze giuridiche", 1897), due articoli sul frammento 49 del Digesto (in "Archivio giuridico" e in "Il Filangieri"), la traduzione e le note al libro XXII, titolo II, del Commentario alle Pandette del Gluck (Milano, 1898), un In rem versio nel diritto giustinianeo (Milano, 1899), un Mandatum tua gratia et consilium (in "Rivista italiana per le scienze giuridiche", 1899), un Contributo alla storia e alla teoria della rei vindicatio utilis (in "Studi sassaresi", 1900) e infine un Contributo allo studio delle interpolazioni (in "Il Filangieri", 1901).

Si intravedevano già alcuni dei filoni di ricerca degli anni successivi, specie quello legato alla critica delle interpolazioni del Digesto. L'operosità scientifica elevata (dieci pubblicazioni in poco meno che dieci anni) testimoniava la capacità di lavoro ed anche l'ambizione del giovane ricercatore.

Nel 1901 e nel 1902, forte di questo curriculum, partecipò a due concorsi per professore straordinario, vincendoli entrambi con lo stesso punteggio di 41/50. Il primo, nell'aprile del 1901, alla cattedra di istituzioni di diritto romano di Cagliari: giudicato da Carlo Fadda, Biagio Brugi, Contardo Ferrini, Pietro De Logu e Pietro Bonfante, prevalse su concorrenti come Luigi Lusignani, Salvatore Di Marzo e Carlo Longo. La commissione, collocandolo al primo posto, gli riconobbe "copia di scritti in varie materie", "conoscenza larga delle fonti, acume esegetico e giuridico" e, specie nei saggi più recenti, "una spiccata maturità di spirito e padronanza dei metodi moderni". Tra i vari lavori i commissari segnalarono specialmente quello sulla In rem versio e sulla Rei vindicatio utilis, "che - scrissero - mostrano un sagace studio delle innovazioni introdotte da Giustiniano mediante interpolazione dei testi classici, ma in pari tempo non trascurano la costruzione dommatica nel diritto classico e nel giustinianeo"[12].

La vittoria concorsuale arrivò forse inaspettata per lo stesso Mancaleoni: "Le mie speranze furono superate dall'esito - avrebbe annotato nel diario - , giacché fui classificato primo tra 9 o 10 concorrenti e con decreto del 16 agosto 1901 fui nominato professore straordinario"[13]. A Cagliari, come subito si dirà, non avrebbe però mai insegnato.

Il successo si ripeté l'anno dopo a Macerata, dove vinse il concorso per diritto romano. La commissione (Francesco Buonamici, Luigi Moriani, Muzio Pampaloni, Contardo Ferrini e Pietro Bonfante) lo collocò ancora una volta al primo posto della graduatoria, ritenendolo "studioso accurato e acuto", "felice e temperato insieme nell'uso dei metodi, originale nelle ricerche". Non mancarono però, in questo secondo giudizio, alcuni cenni critici alla sua produzione: fu definito "meno forte nella costruzione dogmatica degli istituti", anche se il suo progresso rispetto ai primi studi fu giudicato "evidente e promettente"[14].

Dopo il concorso cagliaritano venne subito la chiamata da parte della facoltà di giurisprudenza di Parma[15] (poco prima, però, era giunta anche una chiamata, lasciata senza risposta, da parte della facoltà giuridica di Messina). Ricorderà nel diario:

"Pietro Bonfante dall'Università di Parma passava a quella di Torino, e per sua autorevole designazione la facoltà parmense chiamava me alla sua successione, che accettai, nonostante la grande responsabilità di sostituire uno dei più illustri romanisti in una facoltà nella quale insegnavano professori destinati ai più alti posti della scienza giuridica. Mi decisi perché in quel momento l'Università di Sassari attraversava una delle tante crisi, che ne hanno travagliato l'esistenza, messa nell'alternativa di poter passare al rango di università di primo grado o di essere soppressa: io intanto, entrando nell'Università di Parma, passavo ad una università di primo grado e miglioravo le mie condizioni finanziarie"[16].

A Parma, dove si trasferì nel triste momento della perdita dell'unico fratello Torquato, Mancaleoni insegnò istituzioni di diritto romano (tenne la prolusione al corso su "Caratteri e tendenze delle riforme di Giustiniano" il 23 gennaio del 1902) e, successivamente, per incarico, anche diritto romano, materia lasciata libera da Silvio Perozzi trasferitosi nel frattempo a Bologna. Ma a Parma rimase però pochissimo, sino a novembre del 1902, quando su sua domanda venne di nuovo trasferito a Sassari come straordinario di diritto romano:

"In quello stesso anno - si legge nel diario - fu risolta la questione universitaria con la parificazione al primo grado di tutte le università di Stato, compresa quella di Sassari, ed allora io non ebbi alcuna ragione di restare lontano dalla mia famiglia e non adempiere al dovere, che urgeva in me come un bisogno, di aiutare mio padre, vicino ai 75 anni: con proposta della facoltà di Sassari e in forza del concorso per Macerata, fui di nuovo a Sassari per l'insegnamento del diritto romano con decreto 1° novembre 1902"[17].

Le ragioni della precoce interruzione dell'esperienza parmense furono però probabilmente legate anche ad altri motivi d'ordine familiare, stando almeno alla lettera che lo stesso Mancaleoni indirizzò al ministro della Pubblica istruzione il 16 novembre 1902, in cui accennava alla malattia della moglie, da oltre un mese colpita da una grave forma di pleurite, e si dichiarava disposto (ciò che in parte sembra contraddire la ricostruzione successiva del diario) anche alla riduzione dello stipendio conseguente al trasferimento[18].

 

2.  La facoltà di giurisprudenza di Sassari nella quale Mancaleoni tornò ad inserirsi stabilmente attraversava in quegli stessi anni una fase importante di rilancio, dopo le angustie patite da tutto l'ateneo sassarese nell'ultimo scorcio dell'Ottocento. Vi insegnavano contemporaneamente Enrico Besta sulla cattedra di storia del diritto italiano (sarebbe stato sostituito nel 1905 da Luigi Siciliano Villanueva), il già ricordato Carmine Soro Delitala per il diritto amministrativo, Eduardo Cimbali per il diritto internazionale, Giovanni Pinna Ferrà per l'economia politica.

Erano tutti, ognuno nel suo campo, studiosi interessanti: Besta, arrivato a Sassari come professore straordinario a soli 23 anni, nel 1897-1898, si impegnava proprio in quegli anni nelle sue ricerche sul diritto sardo medievale, attraverso le quali avrebbe posto le basi per quella rilettura critica della storia giuridica sarda (il problema della "non storia" della Sardegna nell'età di mezzo, la persistenza nell'isola del diritto bizantino, l'impermeabilità rispetto a quello germanico) che, fondata sul rigore filologico e sul riferimento costante alla storiografia economico-giuridica, avrebbe esercitato un peso predominante su molti degli studi successivi[19]; Soro Delitala, cinquantenne (era nato a Lanusei nel 1852), era già giurista affermato in campo nazionale, autore di importanti scritti sul decentramento, sulle opere pie, sulla legislazione del credito e sul sistema tributario di comuni e province: promosso ordinario nel 1900, si collocava nell'ambito di quel filone ottocentesco della scienza giuridica nazionale che precedette di poco la svolta orlandiana e si nutrì di un forte impegno insieme giuridico, filosofico e politologico; Eduardo Cimbali, chiamato a Sassari nel 1903 (succedeva a Gaetano Mariotti), rappresentava una tendenza peculiare del diritto internazionale, avendo coltivato principalmente il diritto internazionale pubblico ed essendosi distinto proprio in quegli anni per le sue posizioni "eretiche" in difesa dei "diritti dei popoli" che gli avrebbero comportato più di una delusione concorsuale; Giovanni Pinna Ferrà, nato nel 1838 a Padria, fu ordinario di economia politica dal 1902 al 1904, data della sua morte precoce: studioso non banale, autore di studi a mezzo tra l'analisi economica, la sociologia e la filosofia, ebbe per successore (tra il 1904 e il 1907) uno dei più eminenti statistici italiani, Francesco Coletti, allievo del Messedaglia, del Cossa e del Loria[20].

Questi docenti, ed altri che qui non si possono citare se non di passaggio (Salvatore Fragapane, Alfredo Bartolomei e poi Giorgio Del Vecchio e Antonio Falchi per la filosofia del diritto; Giuseppe Castiglia, futuro rettore nel 1926, per la storia del diritto romano; il già citato Giommaria Devilla per le istituzioni del diritto romano; Marco Fanno per l'economia politica; Arturo Rocco per il diritto e la procedura penale; Alfredo De Gregorio per il diritto commerciale), costituirono il corpo dei professori di giurisprudenza almeno sino alla guerra mondiale. Essi svolsero a lungo in città una duplice funzione: élite accademica, impegnata nell'insegnamento e negli studi, e allo stesso tempo spesso (almeno per i professori sassaresi di nascita) élite politico-amministrativa, coinvolta in prima persona nella politica cittadina e provinciale, e più in generale nel dibattito delle idee[21].

Mancaleoni si integrò perfettamente in questo gruppo, cui lo univano evidenti affinità elettive. Con alcuni dei professori "continentali" nacque un'amicizia personale destinata a protrarsi nel tempo e a rappresentare un efficace collegamento anche accademico, come testimonia il piccolo epistolario conservato nelle carte di famiglia[22]. Profondamente legato, per origini e ambiente familiare, alla dimensione della politica cittadina, Mancaleoni ne seguì da vicino l'evoluzione (il lungo contrasto tra il partito moderato e quello radicale, rispettivamente rappresentati in città da Michele Abozzi e da Filippo Garavetti), proseguendo un impegno amministrativo che del resto era cominciato in età più giovanile, quando, nel 1899, aveva capeggiato senza successo la maggioranza moderata nella campagna elettorale per il voto amministrativo di quell'anno[23]. Consigliere provinciale dal 1903 al 1906, non per questo Mancaleoni rinunziò al suo impegno nella ricerca, sebbene le sue pubblicazioni si riducessero adesso per numero e per frequenza di apparizione. Pubblicò comunque immediatamente dopo il concorso gli Appunti sulla institutio ex re (su "Studi sassaresi", 1902), il volume delle lezioni parmensi (L'acquisto e la rinunzia dell'eredità in diritto romano. Lezioni, Parma, 1902), il saggio Sulla compensatio mutuorum legatorum (Sassari, 1903), e più tardi La donazione tra vivi e la legittima del patrono nel diritto romano classico (negli Studi in onore di Vittorio Scialoja, 1905) e In tema di tutela. Note critiche (negli studi in onore di Carlo Fadda, 1906). Nel 1907-908 apparve la sua prolusione all'inaugurazione dell'anno accademico sassarese, Roma primitiva nella letteratura storica.

La carriera accademica, frattanto, si era sviluppata con regolarità. La nomina ad ordinario, tuttavia, avvenne con qualche difficoltà "burocratica". Già la facoltà di Parma, nel luglio 1902, e quella di Sassari l'anno successivo avevano proposto la sua nomina, e nell'ottobre 1903 la commissione giudicatrice (Giuseppe Gugino, Lando Landucci, Biagio Brugi, Pietro Cogliolo e Silvio Perozzi) si era espressa favorevolmente[24]; ma la Corte dei conti non aveva vistato il decreto di nomina osservando come non fosse ancora trascorso il rituale triennio successivo al concorso. La facoltà di Sassari, allora, propose (nel marzo del 1904) la nomina ad ordinario "per chiara fama", in base all'articolo 69 della Legge Casati. Quindi rinnovò la richiesta nell'aprile, ma questa volta per compiuto triennio. Tuttavia la nomina sarebbe intervenuta, soltanto nel maggio del 1905[25].

"Così - avrebbe scritto Mancaleoni - era completa la mia carriera di insegnante, che certo sarebbe stata più brillante se, per ritornare a Sassari, non avessi rinunziato ad altre sedi importanti, nelle quali avrei potuto sin da allora aspirare, come quella di Torino, dalla quale il Bonfante passò subito a Pavia, e quella di Napoli, per la quale avevo avuto offerte ufficiose. Ma non mi pentii della rinunzia, che non ebbe alcuna influenza in quel po' di considerazione che avevo già nel mondo universitario, e che conservai, impadronendomi largamente di tutto il movimento giuridico, specialmente mantenendomi al corrente sino all'ultimo giorno del mio insegnamento nello studio della materia che professavo, allargando e approfondendo, per quanto mi fu possibile, i contatti amichevoli o scientifici con i colleghi e pubblicando tratto tratto qualche nuovo lavoro"[26].

L'episodio dell'ordinariato non ebbe alcun effetto sulla carriera successiva. Professore titolare di diritto romano e per supplenza anche di diritto ecclesiastico (ininterrottamente dal 1904 al 1919, e quindi - come si vedrà - dal 1924 in poi), dal 1912-13 al 1914-1915 fu anche preside. Teneva frattanto regolarmente i suoi corsi di lezioni, circa 50 ore all'anno su ognuna delle due materie insegnate[27]. Fu proprio durante una sua lezione di diritto romano, il 17 febbraio del 1908, che avvenne un episodio sintomatico delle nuove tensioni politiche che investirono, specie dopo il 1905, il mondo giovanile ed anche l'università di Sassari: una protesta di studenti contro "lo stato di inferiorità" dell'ateneo e le carenze nell'organico dei docenti si concluse con il lancio di una pietra contro la porta a vetri dell'aula. La lezione venne immediatamente interrotta e l'autore del gesto, il giovanissimo studente repubblicano Stefano Saba, riconosciuto e accusato davanti al consiglio accademico, che tuttavia gli avrebbe inflitto (segno forse di una certa solidarietà borghese tra professori e studenti) una pena disciplinare lievissima[28].

 

 

3.   La guerra mondiale colse l'Università di Sassari in un delicato momento di trapasso, provocando una seria battuta d'arresto nel suo processo di rinascita. La guerra, con l'isolamento della Sardegna, la chiamata alle armi degli studenti e dei professori più giovani, il rientro dei docenti non sardi nelle rispettive città di provenienza, costituiva un vero e proprio passo indietro, che avrebbe non poco pesato sulla storia successiva dell'ateneo.

Fu in questo quadro di emergenza che Flaminio Mancaleoni, dal 1916 al 1918-1919, venne nominato rettore. La sua, dopo il significativo rettorato di Angelo Roth, fu una gestione necessariamente d'ordine, volta a garantire i servizi essenziali e una vita il più possibile normale alle facoltà[29]. Toccò comunque a lui, il 15 novembre 1918, celebrare l'apertura del primo anno accademico dopo la vittoria[30]. Nell'occasione anche Mancaleoni pagò naturalmente il doveroso tributo alla retorica dell'epoca: ricordò "il rosso fumoso delle battaglie sul Carso" e "la cupa notte della sconfitta di Caporetto" per celebrare infine, con toni ispirati, "l'aurora di vittoria sul Piave"[31]. Ma il suo discorso non fu privo di spunti più concreti, che coglievano con acutezza l'avvento di tempi nuovi:

"La Scuola italiana - disse nel passaggio forse cruciale della sua relazione - deve accingersi a preparare le forze tecniche e le forze morali che dovranno affrontare e risolvere i grandi problemi della nuova vita, nella quale il tecnicismo, che ha fatto miracoli in guerra, deve essere chiamato a semplificare, a rinforzare, a diffondere i mezzi di produzione, di protezione e di profilassi sociale: di una nuova vita, nella quale i rapporti sociali saranno profondamente modificati e dovranno essere sorretti da una cosciente energia intellettuale, per non essere sconvolti dalla spasmodica ricerca di assestamento nella equità e nella giustizia tra le classi"[32].

Non toccò comunque a Mancaleoni il compito di gestire l'università negli anni della ripresa postbellica. Nel 1920 anzi, cedendo alle ripetute insistenze di Carlo Fadda[33], l'ormai più che cinquantenne professore prese la decisione (già in fieri sin dal 1918, come testimonia una lettera di quell'anno all'antico collega sassarese Alfredo Bartolomei)[34] di chiedere di essere trasferito sulla cattedra di istituzioni del diritto romano nella prestigiosa facoltà giuridica di Napoli. Avrebbe più tardi ricordato nel diario:

"Era restata vacante nell'Università di Napoli la cattedra di istituzioni di diritto romano e qualcuno mi fece notare che la mia posizione accademica mi designava a quel posto - che mi avrebbero potuto contendere solamente i più insigni e anziani cultori della materia, tutti sistemati negli alti posti di insegnamento, come Pietro Bonfante, Silvio Perozzi, Salvatore Riccobono, Gino Segrè - e che solo il mio consenso sarebbe bastato a raggiungere la grande università. L'ambizione, la possibilità di svolgere la mia attività in un grande centro di studi e da esso irradiare la mia protezione ai figlioli, avviandoli o a Sassari, dove poteva restare l'antico studio legale, o a Napoli, dove potevo aprirne uno nuovo con la base della cattedra universitaria, e molte altre ragioni secondarie mi persuasero a dichiarare che - se fossi stato chiamato - avrei accettato di assumere a Napoli l'insegnamento"[35].

La parentesi napoletana durò tuttavia poco meno di un anno, più o meno quanto era durata quella parmense di inizio secolo. Le ragioni furono però questa volta alquanto diverse. Il 6 novembre 1920 Mancaleoni fu infatti eletto sindaco di Sassari, carica che avrebbe mantenuto sino al 23 giugno 1923. La politica, passione mai del tutto sopita, reclamò forse i suoi diritti.

Ma Mancaleoni, nel diario, avrebbe dato anche un'altra motivazione, più legata a ragioni di carattere personale:

"Volli tentare il gran volo - scrisse rievocando quei mesi - , che mi fu facile per il lato morale, ma era quasi impossibile per quello materiale. Fui a Napoli accolto con grande cordialità [...]. Rilevai però subito che in quell'immediato dopoguerra era impossibile trovare a Napoli una sistemazione per me e per i miei. Di ciò si persausero anche i miei colleghi, che accolsero con disappunto ma con comprensione il mio proposito di tornare, o meglio di rimanere a Sassari"[36].

Tanto più - avrebbe aggiunto, ma quasi incidentalmente, come parlando di causa minore, - che "a Sassari era anche desiderato il mio ritorno, perché, dovendosi ricostituire l'amministrazione ordinaria del Comune, si faceva assegnamento sulla mia persona"[37].

Il "disappunto" dei colleghi napoletani, per altro comprensibilissimo, è testimoniato da una serie di lettere non del tutto rituali conservate nelle Carte Mancaleoni: tra le quali quelle di Augusto Graziani, di Giuseppe Salvioli e di Alfredo Bartolomei. Carlo Fadda gli scrisse, nel febbraio 1921, una lunga lettera, per la verità in gran parte su questioni professionali (i due colleghi all'epoca collaboravano in varie cause e arbitrati), ma dall'incipit più che eloquente: "A tutti noi della Facoltà è stata dolorosa la Sua partenza. A me sopra tutto, perché speravo di trasmettere a Lei il fardello delle mie Pandette. Pazienza! Sic fata voluere"[38].

In effetti Mancaleoni dovette lasciare a Napoli molti rimpianti, specie dopo il successo personale ottenuto in febbraio quando, davanti a un'aula gremita di colleghi e studenti, aveva tenuto la sua prolusione su '"L'evoluzione regressiva degli istituti giuridici dal punto di vista del diritto romano"[39].

Il 12 novembre 1920 la facoltà di giurisprudenza sassarese approvò un ordine del giorno nel quale faceva voti per il rientro a Sassari di Mancaleoni. Quello stesso giorno l'interessato indirizzò al preside Pitzorno una lettera personale di ringraziamento, nella quale si diceva commosso e manifestava il suo "desiderio nostalgico" di ritornare in sede, "ora specialmente - aggiungeva - che la cittadinanza di Sassari mi ha imposto doveri gravi che la mia coscienza di cittadino mi ha fatto accettare". Scriveva poi di non volere con ciò "sacrificare" le aspirazioni dei giovani affermatisi in concorsi recenti e si dichiarava pronto ad assumere, "per soddisfare ciò, quell'altro insegnamento che i miei studi mi rendano possibile di impartire"[40]. La chiamata per trasferimento (a decorrere dal 1° gennaio 1921) fu laboriosamente preparata da una serie di mosse coordinate: i vincitori di concorso De Francisci e Gangi furono chiamati su diritto romano e su diritto civile, Castiglia rinunziò all'incarico di introduzione alle scienze giuridiche e istituzioni di diritto civile e Mancaleoni fu provvisoriamente destinato a quell'insegnamento minore. Sarebbe ritornato sulla "sua" cattedra di diritto romano dal novembre 1921.

 

4.   Gli anni Venti rappresentarono per l'ateneo sassarese l'ennesima stagione di difficoltà. Nel 1924, in coincidenza con la prima applicazione della riforma Gentile, il Consiglio superiore della pubblica istruzione, nell'esaminare la nuova convenzione per il mantenimento dell'Università ai sensi della nuova legge, ritornò persino a ventilare (come molte altre volte del resto era avvenuto nel passato più o meno recente) la possibile soppressione dell'ateneo, da sostituirsi con istituti di studi superiori per le scienze agrarie, l'industria minieraria e la medicina veterinaria, oltre a un certo numero di borse di studio da destinare a giovani disposti a trasferirsi altrove. Ne derivò una forte mobilitazione cittadina alla quale Mancaleoni concorse con tutta la sua autorevolezza. Sin dal 1922 egli del resto si era impegnato nella commissione rettorale che aveva preparato lo schema della nuova convenzione. Fu questa, forse, l'ultima occasione di impegno pubblico dell'anziano professore.

Scongiurata la minaccia, e conclusosi ormai definitivamente il periodo del suo impegno politico-amministrativo, Mancaleoni ritornò principalmente alle lezioni[41], ai suoi studi[42] ed all'esercizio della professione di avvocato, mai abbandonata negli anni. La sua posizione in città e nell'ambiente accademico restava salda, per via del suo prestigio personale e dei forti legami mantenuti con la classe dirigente cittadina, anche se la i rifiuto di aderire al fascismo gli procurò un crescente isolamento e più di un'amarezza.

La facoltà di giurisprudenza aveva toccato e superato alla fine degli anni Venti il punto forse più acuto di una crisi endemica che si trascinava sin dal dopoguerra. Ridotta tra il 1925 e il 1927 a tre soli professori ordinari (Castiglia, Devilla e Mancaleoni), la facoltà era sopravvissuta sinché non era potuto riprendere, sia pure lentamente, il reclutamento del corpo docente: nel 1927 giunsero in cattedra alcune giovani promesse come l'economista Federico Chessa (che però rimase a Sassari solo sino al 1930), l'amministrativista senese Mario Bracci (soltanto sino al 1928, poi sostituito dal più giovane incaricato Giovanni Miele) e lo storico del diritto italiano Mario Viora. A questi "acquisti" di sicuro valore scientifico si aggiunse quello, prestigioso, di Lorenzo Mossa, rientrato a Sassari da Pisa su diritto commerciale. Nel 1930 da Pavia fu chiamato su diritto commerciale Antonio Segni. Altri nomi importanti degli anni Trenta furono quelli di Giuseppino Treves e di Giuseppe Capograssi[43].

Pur rispettato come uno dei decani della facoltà, Mancaleoni sentì probabilmente una certa estraneità rispetto alle nuove leve docenti, unita alla sottile consapevolezza d'essere entrato ormai nella fase terminale della sua lunga carriera accademica. La stessa produttività scientifica, non alta per la verità neppure negli anni intensi del dopoguerra (ma c'erano allora gli incarichi politici a giustificare le scarse pubblicazioni), tese a rarefarsi negli anni Venti (da segnalare, nel 1923, Sulla natura dei diritti d'uso pubblico in relazione ai modi di acquisto) e ancor di più negli anni Trenta, quasi che l'anziano professore concentrasse ormai il suo impegno nella sola didattica. Oltre al diritto romano insegnò diritto civile (1921-22), diritto ecclesiastico (lo si è già visto, dal 1924) e storia del diritto romano. In quest'ultima disciplina il suo corso verteva in quegli anni su "Storia costituzionale. Linee di evoluzione del diritto privato. Storia delle fonti e della giurisprudenza. Storia della procedura"; quello di diritto romano sulla "Parte generale delle successioni".

Nell'ottobre 1926 Mancaleoni si era dimesso da membro del consiglio di amministrazione dell'ateneo, un incarico che aveva ricoperto sino ad allora con molto impegno. Nel 1930 il ministro Rocco lo aveva nominato nella commissione per la raccolta delle consuetidini e degli usi civici[44]. Nel 1936 un appunto al ministro del direttore generale dell'istruzione universitaria Giustiniani sottolineava la sua non iscrizione al partito per suggerire di trovare una soluzione diversa per l'incarico di storia del diritto romano da lui ricoperto[45]. La mancata iscrizione (un'eccezione, assieme al caso di Antonio Segni, nell'università conformista dell'epoca) sarebbe ritornata puntualmente in negativo in tutti i prospetti e le carte del fascicolo personale sino al pensionamento. Il dato della non iscrizione al PNF risulta ad esempio dal Prospetto contenente le proposte per il conferimento di incarichi di insegnamento per l'anno accademico 1936-37: in un successivo Appunto per S.E. il Ministro il conferimento dell'incarico a Mancaleoni, "il quale peraltro non risulta iscritto al Partito", veniva giustificato solo con "la mancanza di liberi docenti" con cui poterlo sostituire[46].

Andò in pensione il 28 ottobre 1937, per raggiunti limiti di età[47]. Aveva appena compiuto 70 anni. La sua lezione di congedo su "Orientamenti e indirizzi nell'insegnamento del diritto romano" aveva avuto luogo il 25 maggio di quello stesso anno.

Nel novembre 1944 sarebbe stato nominato professore emerito, riconoscimento che gli era stato negato all'atto del suo collocamento a riposo perché - come avrebbe scritto il commissario straordinario all'università di Sassari Antonio Segni proponendone la nomina - "non era iscritto al partito nazionale fascista". Egli - avrebbe proseguito Segni - "è tenuto nella massima considerazione sia per la sua figura morale affermatasi in una rigida linea di opposizione al regime fascista che per la sua fama scientifica conquistata nei lunghi anni di insegnamento"[48].

Sarebbe morto a Sassari, a quasi 84 anni, il 17 marzo del 1951[49].


 

 

flaminio mancaleoni professore e rettore

dell'universitA' di sassari

 

[solo per la lettura]

di Giuseppina Fois

1.   Flaminio Mancaleoni nacque il 21 settembre 1867 nell'abitazione di famiglia, a Sassari, in via Grande al numero civico 65. Il padre, Salvatore, allora trentanovenne, avvocato, fondatore a Sassari del partito monarchico-costituzionale, era stato già nel periodo preunitario uno degli esponenti più in vista della nuova classe dirigente cittadina, noto per aver capeggiato nel 1848, da studente universitario i moti studenteschi che portarono alla cacciata dei Gesuiti dall'università [50]. .

Flaminio Mancaleoni crebbe e si formò nelle tensioni politiche e culturali della Sassari di fine secolo. Frequentò la facoltà di giurisprudenza sassarese negli ultimi anni Ottanta. Assistette dunque alle lezioni di docenti come Pasquale Demurtas Zichina, titolare della cattedra di diritto amministrativo, Antonio Piras (diritto civile), Giovanni Dettori (procedura civile e ordinamento giudiziario), Carmine Soro Delitala (scienza dell'amministrazione). Le istituzioni di diritto romano erano impartite sin da allora da Giovanni Maria Devilla, straordinario in quella disciplina dal 1886[51]; il diritto romano e la storia del diritto romano dal più anziano Salvatore Virdis Prosperi, ordinario dal 1865[52]. Si laureò il 24 luglio del 1890 discutendo una tesi su L'obbligo di dotare in dritto romano e conseguendo il massimo dei voti e la lode[53].

La tesi, conservata presso l'Archivio Storico dell'Università di Sassari[54], è scritta - come d'uso all'epoca - a mano. Si apre con la citazione delle "fonti" (il Manuale delle fonti del Dritto Romano di Pietro Cogliolo; le Fontes Juris Romani antiqui del Bruns; il Corpus Juris Civilis; le Novellae Constitutiones). Segue la "bibliografia" (16 opere, la maggior parte delle quali in lingua straniera, specie in tedesco). Quindi il sommario. Il lavoro è articolato in cinque capitoli, per complessive 95 pagine, più una breve appendice: il primo capitolo è dedicato all'"Origine storica"; il secondo si intitola "Obbligo del padre"; il terzo "Obbligo della madre"; il quarto "Persone non obbligate"; il quinto - infine - "Estensione dell'obbligo".

La prima tappa della carriera accademica successiva alla laurea, probabilmente intrapresa per incoraggiamento di Virdis Prosperi[55] e di Devilla, fu la nomina a dottore aggregato (1896)[56]. Si era nel frattempo sposato, il 20 ottobre del 1893, con la giovanissima Gemma Emilia Bagella, dalla quale avrebbe avuto cinque figli. Dopo avere retto la supplenza di diritto romano sin dal 1897-98[57], a due anni dalla nomina a dottore aggregato, divenne professore straordinario di quella disciplina (dal 1898-99 al 1901)[58].

Avrebbe scritto nel suo "diario" o, come sarebbe meglio definirlo, in un quaderno di ricordi, datato 1947:

"Avevo già concorso nel 1898 al posto di professore straordinario nella Università libera di Perugia e fui classificato eleggibile al terzo grado, con punti 35/50. Ma io attendevo, e chiedevo insistentemente al Ministero, che venisse bandito un concorso per università di Stato, al quale mi preparavo con uno sforzo notevole di volontà e di lavoro"[59].

Pubblicò infatti in questi primi anni numerosi scritti: una versione rielaborata della sua tesi di laurea (in "Archivio giuridico" del 1892), un saggio intitolato Studi sull'acquisto dei frutti in forza di diritti reali sulla cosa fruttifera (Sassari, 1896), uno Sulla commixtio dei nummi (in "Rivista italiana per le scienze giuridiche", 1897), due articoli sul frammento 49 del Digesto (in "Archivio giuridico" e in "Il Filangieri"), la traduzione e le note al libro XXII, titolo II, del Commentario alle Pandette del Gluck (Milano, 1898), un In rem versio nel diritto giustinianeo (Milano, 1899), un Mandatum tua gratia et consilium (in "Rivista italiana per le scienze giuridiche", 1899), un Contributo alla storia e alla teoria della rei vindicatio utilis (in "Studi sassaresi", 1900) e infine un Contributo allo studio delle interpolazioni (in "Il Filangieri", 1901).

Si intravedevano già alcuni dei filoni di ricerca degli anni successivi, specie quello legato alla critica delle interpolazioni del Digesto. L'operosità scientifica elevata (dieci pubblicazioni in poco meno che dieci anni) testimoniava la capacità di lavoro ed anche l'ambizione del giovane ricercatore.

Nel 1901 e nel 1902, forte di questo curriculum, partecipò a due concorsi per professore straordinario, vincendoli entrambi con lo stesso punteggio di 41/50. Il primo, nell'aprile del 1901, alla cattedra di istituzioni di diritto romano di Cagliari: giudicato da Carlo Fadda, Biagio Brugi, Contardo Ferrini, Pietro Delogu e Pietro Bonfante, prevalse su concorrenti come Luigi Lusignani, Salvatore Di Marzo e Carlo Longo. La commissione, collocandolo al primo posto, gli riconobbe "copia di scritti in varie materie", "conoscenza larga delle fonti, acume esegetico e giuridico" e, specie nei saggi più recenti, "una spiccata maturità di spirito e padronanza dei metodi moderni".

La vittoria concorsuale arrivò forse inaspettata per lo stesso Mancaleoni: "Le mie speranze furono superate dall'esito - avrebbe annotato nel diario - , giacché fui classificato primo tra 9 o 10 concorrenti e con decreto del 16 agosto 1901 fui nominato professore straordinario"[60]. A Cagliari, come subito si dirà, non avrebbe però mai insegnato.

Il successo si ripeté l'anno dopo a Macerata, dove vinse il concorso per diritto romano. La commissione (Francesco Buonamici, Luigi Moriani, Muzio Pampaloni, Contardo Ferrini e Pietro Bonfante) lo collocò ancora una volta al primo posto della graduatoria, ritenendolo "studioso accurato e acuto", "felice e temperato insieme nell'uso dei metodi, originale nelle ricerche". Non mancarono però, in questo secondo giudizio, alcuni cenni critici alla sua produzione: fu definito "meno forte nella costruzione dogmatica degli istituti", anche se il suo progresso rispetto ai primi studi fu giudicato "evidente e promettente"[61].

Dopo il concorso cagliaritano venne subito la chiamata da parte della facoltà di giurisprudenza di Parma[62] (poco prima, però, era giunta anche una chiamata, lasciata senza risposta, da parte della facoltà giuridica di Messina). Ricorderà nel diario:

"Mi decisi perché in quel momento l'Università di Sassari attraversava una delle tante crisi, che ne hanno travagliato l'esistenza, messa nell'alternativa di poter passare al rango di università di primo grado o di essere soppressa: io intanto, entrando nell'Università di Parma, passavo ad una università di primo grado e miglioravo le mie condizioni finanziarie"[63].

A Parma, dove si trasferì nel triste momento della perdita dell'unico fratello Torquato, Mancaleoni insegnò istituzioni di diritto romano (tenne la prolusione al corso su "Caratteri e tendenze delle riforme di Giustiniano" il 23 gennaio del 1902). Ma a Parma rimase però pochissimo, sino a novembre del 1902, quando su sua domanda venne di nuovo trasferito a Sassari come straordinario di diritto romano:

"In quello stesso anno - si legge nel diario - fu risolta la questione universitaria con la parificazione al primo grado di tutte le università di Stato, compresa quella di Sassari, ed allora io non ebbi alcuna ragione di restare lontano dalla mia famiglia e non adempiere al dovere, che urgeva in me come un bisogno, di aiutare mio padre, vicino ai 75 anni: con proposta della facoltà di Sassari e in forza del concorso per Macerata, fui di nuovo a Sassari per l'insegnamento del diritto romano con decreto 1° novembre 1902"[64].

Le ragioni della precoce interruzione dell'esperienza parmense furono però probabilmente legate anche ad altri motivi d'ordine familiare, stando almeno alla lettera che lo stesso Mancaleoni indirizzò al ministro della Pubblica istruzione il 16 novembre 1902, in cui accennava alla malattia della moglie, da oltre un mese colpita da una grave forma di pleurite, e si dichiarava disposto anche alla riduzione dello stipendio conseguente al trasferimento[65].

 

2.  La facoltà di giurisprudenza di Sassari nella quale Mancaleoni tornò ad inserirsi stabilmente attraversava in quegli stessi anni una fase importante di rilancio, dopo le angustie patite da tutto l'ateneo sassarese nell'ultimo scorcio dell'Ottocento. Vi insegnavano contemporaneamente Enrico Besta sulla cattedra di storia del diritto italiano (sarebbe stato sostituito nel 1905 da Luigi Siciliano Villanueva), il già ricordato Carmine Soro Delitala per il diritto amministrativo, Eduardo Cimbali per il diritto internazionale, Giovanni Pinna Ferrà per l'economia politica.

Erano tutti, ognuno nel suo campo, studiosi interessanti: Besta, arrivato a Sassari come professore straordinario a soli 23 anni, nel 1897-1898, si impegnava proprio in quegli anni nelle sue ricerche sul diritto sardo medievale, attraverso le quali avrebbe posto le basi per quella rilettura critica della storia giuridica sarda che, fondata sul rigore filologico e sul riferimento costante alla storiografia economico-giuridica, avrebbe esercitato un peso predominante su molti degli studi successivi[66];

Soro Delitala, cinquantenne (era nato a Lanusei nel 1852), era già giurista affermato in campo nazionale, promosso ordinario nel 1900, si collocava nell'ambito di quel filone ottocentesco della scienza giuridica nazionale che precedette di poco la svolta orlandiana e si nutrì di un forte impegno insieme giuridico, filosofico e politologico;

Eduardo Cimbali, chiamato a Sassari nel 1903, aveva coltivato principalmente il diritto internazionale pubblico ed si era distinto proprio in quegli anni per le sue posizioni "eretiche" in difesa dei "diritti dei popoli" che gli avrebbero comportato più di una delusione concorsuale;

Giovanni Pinna Ferrà, nato nel 1838 a Padria, fu ordinario di economia politica dal 1902 al 1904, data della sua morte precoce: studioso non banale, autore di studi a mezzo tra l'analisi economica, la sociologia e la filosofia, ebbe per sucessore (tra il 1904 e il 1907) uno dei più eminenti statistici italiani, Francesco Coletti, allievo del Messedaglia, del Cossa e del Loria[67].

Questi docenti, ed altri che qui non si possono citare se non di passaggio (Salvatore Fragapane, Alfredo Bartolomei e poi Giorgio Del Vecchio e Antonio Falchi per la filosofia del diritto; Giuseppe Castiglia, futuro rettore nel 1926, per la storia del diritto romano; il già citato Giommaria Devilla per le istituzioni del diritto romano; Marco Fanno per l'economia politica; Arturo Rocco per il diritto e la procedura penale; Alfredo De Gregorio per il diritto commerciale), costituirono il corpo dei professori di giurisprudenza almeno sino alla guerra mondiale. Essi svolsero a lungo in città una duplice funzione: élite accademica, impegnata nell'insegnamento e negli studi, e allo stesso tempo spesso (almeno per i professori sassaresi di nascita) élite politico-amministrativa, coinvolta in prima persona nella politica cittadina e provinciale, e più in generale nel dibattito delle idee[68].

Mancaleoni si integrò perfettamente in questo gruppo, cui lo univano evidenti affinità elettive. Con alcuni dei professori "continentali" nacque un'amicizia personale destinata a protrarsi nel tempo. Profondamente legato, per origini e ambiente familiare, alla dimensione della politica cittadina, Mancaleoni ne seguì da vicino l'evoluzione (il lungo contrasto tra il partito moderato e quello radicale, rispettivamente rappresentati in città da Michele Abozzi e da Filippo Garavetti), proseguendo un impegno amministrativo che del resto era cominciato in età più giovanile, quando, nel 1899, aveva capeggiato senza successo la maggioranza moderata nella campagna elettorale per il voto amministrativo di quell'anno[69]. Consigliere provinciale dal 1903 al 1906, non per questo Mancaleoni rinunziò al suo impegno nella ricerca, sebbene le sue pubblicazioni si riducessero adesso per numero e per frequenza di apparizione.

La carriera accademica, frattanto, si era sviluppata con regolarità. La nomina ad ordinario, tuttavia, avvenne con qualche difficoltà "burocratica". Già la facoltà di Parma, nel luglio 1902, e quella di Sassari l'anno successivo avevano proposto la sua nomina, e nell'ottobre 1903 la commissione giudicatrice (Giuseppe Gugino, Lando Landucci, Biagio Brugi, Pietro Cogliolo e Silvio Perozzi) si era espressa favorevolmente[70]; ma la Corte dei conti non aveva vistato il decreto di nomina osservando come non fosse ancora trascorso il rituale triennio successivo al concorso. La facoltà di Sassari, allora, propose (nel marzo del 1904) la nomina ad ordinario "per chiara fama", in base all'articolo 69 della Legge Casati. Quindi rinnovò la richiesta nell'aprile, ma questa volta per compiuto triennio. Tuttavia la nomina sarebbe intervenuta, soltanto nel maggio del 1905[71].

"Così - avrebbe scritto Mancaleoni - era completa la mia carriera di insegnante, che certo sarebbe stata più brillante se, per ritornare a Sassari, non avessi rinunziato ad altre sedi importanti, nelle quali avrei potuto sin da allora aspirare, come quella di Torino, dalla quale il Bonfante passò subito a Pavia, e quella di Napoli, per la quale avevo avuto offerte ufficiose. Ma non mi pentii della rinunzia, che non ebbe alcuna influenza in quel po' di considerazione che avevo già nel mondo universitario, e che conservai, impadronendomi largamente di tutto il movimento giuridico, specialmente mantenendomi al corrente sino all'ultimo giorno del mio insegnamento nello studio della materia che professavo, allargando e approfondendo, per quanto mi fu possibile, i contatti amichevoli o scientifici con i colleghi e pubblicando tratto tratto qualche nuovo lavoro"[72].

L'episodio dell'ordinariato non ebbe alcun effetto sulla carriera successiva. Professore titolare di diritto romano e per supplenza anche di diritto ecclesiastico (ininterrottamente dal 1904 al 1919, e quindi - come si vedrà - dal 1924 in poi), dal 1912-13 al 1914-1915 fu anche preside. Teneva frattanto regolarmente i suoi corsi di lezioni, circa 50 ore all'anno su ognuna delle due materie insegnate[73].

 

 

3.   La guerra mondiale colse l'Università di Sassari in un delicato momento di trapasso, provocando una seria battuta d'arresto nel suo processo di rinascita. Fu questo quadro di emergenza che Flaminio Mancaleoni, dal 1916 al 1918-1919, venne nominato rettore. La sua, dopo il significativo rettorato di Angelo Roth, fu una gestione necessariamente d'ordine, volta a garantire i servizi essenziali e una vita il più possibile normale alle facoltà[74]. Toccò comunque a lui, il 15 novembre 1918, celebrare l'apertura del primo anno accademico dopo la vittoria[75]. Nell'occasione anche Mancaleoni pagò naturalmente il doveroso tributo alla retorica dell'epoca: ricordò "il rosso fumoso delle battaglie sul Carso" e "la cupa notte della sconfitta di Caporetto" per celebrare infine, con toni ispirati, "l'aurora di vittoria sul Piave"[76]. Ma il suo discorso non fu privo di spunti più concreti, che coglievano con acutezza l'avvento di tempi nuovi:

"La Scuola italiana - disse nel passaggio forse cruciale della sua relazione - deve accingersi a preparare le forze tecniche e le forze morali che dovranno affrontare e risolvere i grandi problemi della nuova vita, nella quale il tecnicismo, che ha fatto miracoli in guerra, deve essere chiamato a semplificare, a rinforzare, a diffondere i mezzi di produzione, di protezione e di profilassi sociale: di una nuova vita, nella quale i rapporti sociali saranno profondamente modificati e dovranno essere sorretti da una cosciente energia intellettuale, per non essere sconvolti dalla spasmodica ricerca di assestamento nella equità e nella giustizia tra le classi"[77].

Non toccò comunque a Mancaleoni il compito di gestire l'università negli anni della ripresa postbellica. Nel 1920 anzi, cedendo alle ripetute insistenze di Carlo Fadda[78], l'ormai più che cinquantenne professore prese la decisione (già in fieri sin dal 1918, come testimonia una lettera di quell'anno all'antico collega sassarese Alfredo Bartolomei)[79] di chiedere di essere trasferito sulla cattedra di istituzioni del diritto romano nella prestigiosa facoltà giuridica di Napoli. Avrebbe più tardi ricordato nel diario:

"L'ambizione, la possibilità di svolgere la mia attività in un grande centro di studi e da esso irradiare la mia protezione ai figlioli, avviandoli o a Sassari, dove poteva restare l'antico studio legale, o a Napoli, dove potevo aprirne uno nuovo con la base della cattedra universitaria, e molte altre ragioni secondarie mi persuasero a dichiarare che - se fossi stato chiamato - avrei accettato di assumere a Napoli l'insegnamento"[80].

La parentesi napoletana durò tuttavia poco meno di un anno, più o meno quanto era durata quella parmense di inizio secolo. Le ragioni furono però questa volta alquanto diverse. Il 6 novembre 1920 Mancaleoni fu infatti eletto sindaco di Sassari, carica che avrebbe mantenuto sino al 23 giugno 1923. La politica, passione mai del tutto sopita, reclamò forse i suoi diritti.

Ma Mancaleoni, nel diario, avrebbe dato anche un'altra motivazione, più legata a ragioni di carattere personale:

"Volli tentare il gran volo - scrisse rievocando quei mesi - , che mi fu facile per il lato morale, ma era quasi impossibile per quello materiale. [...]. Rilevai però subito che in quell'immediato dopoguerra era impossibile trovare a Napoli una sistemazione per me e per i miei. Di ciò si persausero anche i miei colleghi, che accolsero con disappunto ma con comprensione il mio proposito di tornare, o meglio di rimanere a Sassari"[81].

Tanto più - avrebbe aggiunto, ma quasi incidentalmente, come parlando di causa minore, - che "a Sassari era anche desiderato il mio ritorno, perché, dovendosi ricostituire l'amministrazione ordinaria del Comune, si faceva assegnamento sulla mia persona"[82].

In effetti Mancaleoni dovette lasciare a Napoli molti rimpianti, specie dopo il successo personale ottenuto in febbraio quando, davanti a un'aula gremita di colleghi e studenti, aveva tenuto la sua prolusione su '"L'evoluzione regressiva degli istituti giuridici dal punto di vista del diritto romano"[83].

Il 12 novembre 1920 la facoltà di giurisprudenza sassarese approvò un ordine del giorno nel quale faceva voti per il rientro a Sassari di Mancaleoni. La chiamata per trasferimento (a decorrere dal 1° gennaio 1921) fu laboriosamente preparata da una serie di mosse coordinate: i vincitori di concorso De Francisci e Gangi furono chiamati su diritto romano e su diritto civile, Castiglia rinunziò all'incarico di introduzione alle scienze giuridiche e istituzioni di diritto civile e Mancaleoni fu provvisoriamente destinato a quell'insegnamento minore. Sarebbe ritornato sulla "sua" cattedra di diritto romano dal novembre 1921.

 

4.   Gli anni Venti rappresentarono per l'ateneo sassarese l'ennesima stagione di difficoltà. Nel 1924, in coincidenza con la prima applicazione della riforma Gentile, il Consiglio superiore della pubblica istruzione, nell'esaminare la nuova convenzione per il mantenimento dell'Università ai sensi della nuova legge, ritornò persino a ventilare (come molte altre volte del resto era avvenuto nel passato più o meno recente) la possibile soppressione dell'ateneo, da sostituirsi con istituti di studi superiori per le scienze agrarie, l'industria minieraria e la medicina veterinaria, oltre a un certo numero di borse di studio da destinare a giovani disposti a trasferirsi altrove. Ne derivò una forte mobilitazione cittadina alla quale Mancaleoni concorse con tutta la sua autorevolezza. Sin dal 1922 egli del resto si era impegnato nella commissione rettorale che aveva preparato lo schema della nuova convenzione. Fu questa, forse, l'ultima occasione di impegno pubblico dell'anziano professore.

Scongiurata la minaccia, e conclusosi ormai definitivamente il periodo del suo impegno politico-amministrativo, Mancaleoni ritornò principalmente alle lezioni[84], ai suoi studi[85] ed all'esercizio della professione di avvocato, mai abbandonata negli anni. La sua posizione in città e nell'ambiente accademico restava salda, per via del suo prestigio personale e dei forti legami mantenuti con la classe dirigente cittadina, anche se la i rifiuto di aderire al fascismo gli procurò un crescente isolamento e più di un'amarezza.

La facoltà di giurisprudenza aveva toccato e superato alla fine degli anni Venti il punto forse più acuto di una crisi endemica che si trascinava sin dal dopoguerra. Ridotta tra il 1925 e il 1927 a tre soli professori ordinari (Castiglia, Devilla e Mancaleoni), la facoltà era sopravvissuta sinché non era potuto riprendere, sia pure lentamente, il reclutamento del corpo docente: nel 1927 giunsero in cattedra alcune giovani promesse come l'economista Federico Chessa (che però rimase a Sassari solo sino al 1930), l'amministrativista senese Mario Bracci (soltanto sino al 1928, poi sostituito dal più giovane incaricato Giovanni Miele) e lo storico del diritto italiano Mario Viora. A questi "acquisti" di sicuro valore scientifico si aggiunse quello, prestigioso, di Lorenzo Mossa, rientrato a Sassari da Pisa su diritto commerciale. Nel 1930 da Pavia fu chiamato su diritto commerciale Antonio Segni. Altri nomi importanti degli anni Trenta furono quelli di Giuseppino Treves e di Giuseppe Capograssi[86].

Pur rispettato come uno dei decani della facoltà, Mancaleoni sentì probabilmente una certa estraneità rispetto alle nuove leve docenti, unita alla sottile consapevolezza d'essere entrato ormai nella fase terminale della sua lunga carriera accademica. La stessa produttività scientifica, non alta per la verità neppure negli anni intensi del dopoguerra (ma c'erano allora gli incarichi politici a giustificare le scarse pubblicazioni), tese a rarefarsi negli anni Venti (da segnalare, nel 1923, Sulla natura dei diritti d'uso pubblico in relazione ai modi di acquisto) e ancor di più negli anni Trenta, quasi che l'anziano professore concentrasse ormai il suo impegno nella sola didattica.

Nell'ottobre 1926 Mancaleoni si era dimesso da membro del consiglio di amministrazione dell'ateneo, un incarico che aveva ricoperto sino ad allora con molto impegno. Nel 1930 il ministro Rocco lo aveva nominato nella commissione per la raccolta delle consuetidini e degli usi civici[87]. Nel 1936 un appunto al ministro del direttore generale dell'istruzione universitaria Giustiniani sottolineava la sua non iscrizione al partito per suggerire di trovare una soluzione diversa per l'incarico di storia del diritto romano da lui ricoperto[88]. La mancata iscrizione (un'eccezione, assieme al caso di Antonio Segni, nell'università conformista dell'epoca) sarebbe ritornata puntualmente in negativo in tutti i prospetti e le carte del fascicolo personale sino al pensionamento.

Andò in pensione il 28 ottobre 1937, per raggiunti limiti di età[89]. Aveva appena compiuto 70 anni. La sua lezione di congedo su "Orientamenti e indirizzi nell'insegnamento del diritto romano" aveva avuto luogo il 25 maggio di quello stesso anno.

Nel novembre 1944 sarebbe stato nominato professore emerito, riconoscimento che gli era stato negato all'atto del suo collocamento a riposo perché - come avrebbe scritto il commissario straordinario all'università di Sassari Antonio Segni proponendone la nomina - "non era iscritto al partito nazionale fascista". Egli - avrebbe proseguito Segni - "è tenuto nella massima considerazione sia per la sua figura morale affermatasi in una rigida linea di opposizione al regime fascista che per la sua fama scientifica conquistata nei lunghi anni di insegnamento"[90].

Sarebbe morto a Sassari, a quasi 84 anni, il 17 marzo del 1951[91].

 

 

 



[1]  M. BRIGAGLIA, La classe dirigente a Sassari da Giolitti a Mussolini, Cagliari, Edizioni Della Torre, 1979, p. 29.

[2]  Cfr. Archivio centrale dello Stato (d'ora innanzi ACS), Ministero dell'Educazione nazionale, Direzione generale Istruzione Superiore (d'ora innanzi Min. Ed. Naz., Dir. Gen. Istr. Sup.), Divisione 1a, 1929-45, b. 51, fasc. "Mancaleoni Flaminio", ove risulta che il cognome fu modificato con Decreto Luogotenenziale 29 maggio 1918. Circa l'uso del cognome unificato cfr. i numerosi atti ufficiali e concorsuali relativi alla carriera di Flaminio Mancaleoni.

[3]  Su Devilla cfr. G. FOIS, Storia dell'Università di sassari (1859-1943), Roma, Carocci, 2000, p. 94: nato a Sassari nell'aprile 1854, si era laureato nel 1876, sarebbe stato preside della facoltà giuridica nel biennio 1926-28.

[4]  Su Virdis Prosperi, nato a Ozieri nel 1822, cfr. Necrologia, in REGIA UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI, Annuario per l'anno scolastico 1896-97, Sassari, 1897, pp. 117-118; agli inizi degli anni Novanta Virdis Prosperi aveva donato al Museo di antichità sassarese oltre 900 monete romane di bronzo, alcune trovate in territorio di Ossi e altre in agro di Osilo (cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, a. XVIII, parte IIIa, n. 4, 26 agosto 1891, p. 187. In generale cfr. G. FOIS, Storia dell'Università di Sassari cit., pp. 43-44 e 91. A

[5]  Iscrittosi nel 1886-87, Mancaleoni si laureò dunque prima di compiere i 22 anni. Sulla sua carriera di studente cfr. Archivio Storico dell'Università di Sassari (d'ora innanzi ASU), Fascicoli degli studenti, b. 6, fasc. 134, "Manca Flaminio". Sulla composizione della facoltà giuridica in quel periodo rinvio a G. FOIS, Storia dell'Università di Sassari cit., pp.90 e ss.

[6]  ASU, Fascicoli degli studenti, b. 6, fasc.134, "Manca Flaminio" cit. La tesi porta in frontespizio la data "Sassari, 1 maggio 1890" e le firme autografe di alcuni docenti.

[7]  Il nome dell'anziano professore figura, scritto a penna, sul frontespizio della tesi, il che farebbe pensare che ne fosse il relatore.

[8]  Carte Mancaleoni (presso la famiglia Mancaleoni): ottenne punti 86/90 su entrambe le prove. Prese servizio il 16 luglio 1896.

[9]  Prima di questa data il diritto romano a Sassari era stato insegnato per 4 mesi da Salvatore Riccobono, il quale aveva partecipato ad un concorso per posto di ordinario bandito appunto da Sassari ed esauritosi nell'ottobre 1896. Vinto da Gino Segrè (all'epoca ordinario a Cagliari), il concorso aveva visto classificarsi al secondo posto ex aequo Emilio Costa (straordinario a Bologna) e Riccobono (straordinario a Camerino). Dei tre, il solo Riccobono aveva accettato la nomina, seppure per chiedere poi un repentino trasferimento a Palermo. Nei pochi mesi trascorsi a Sassari era nata tuttavia una duratura amicizia con Mancaleoni (cfr. in Carte Mancaleoni cit.). Sul concorso cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, a. XXV, vol. I, n. 8, 24 febbraio 1898, pp. 325-328.

[10]  Per questa e le altre notizie relative alla carriera cfr. anche ASU, Fascicoli dei docenti, b. 3, fasc. 97, "Mancaleoni Flaminio".

[11]  Carte Mancaleoni, Le tappe fondamentali della mia vita [Sassari, 1947]. Ringrazio la famiglia, la dottoressa Annamaria Mancaleoni e in particolare la signora Sivia Mancaleoni per avermi consentito la lettura delle pagine relative alla carriera scientifica ed accademica. Dal verbale del consiglio di facoltà di Sassari del 24 agosto 1898 risulta anche una partecipazione al concorso bandito dall'Università di Camerino.

[12]  MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, a. XXXVIII, vol. II, Atti di amministrazione, n. 39, 26 settembre 1901, pp. 1680-1690 (la cit. è a p. 1686-87).

[13]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit. Da segnalare una piccola svista nella memoria personale dell'ormai anziano professore: tra i commissari ometteva il nome di Delogu e inseriva quello di Pampaloni, che invece risulta membro della successiva commissione di Macerata.

[14]  MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, a. XL, vol. I, n. 7, 12 febbraio 1903.

[15]  ACS, Min. Ed. Naz, Dir. Gen. Istr. Sup., Divisione 1a, 1929-45, b. 51, fasc. Mancaleoni Flaminio cit.: con decreto 16 agosto 1901 venne nominato professore straordinario di istituzioni di diritto romano a Cagliari; con decreto 16 dicembre 1901 trasferito in tale qualità alla facoltà di Parma per l'a.a. 1901.1902.

[16]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit.

[17]  Ivi.

[18]  ACS, Min. Ed. Naz, Dir. Gen. Istr. Sup., Divisione 1a, 1929-45, b. 51, fasc. Mancaleoni Flaminio cit., lettera di Flaminio Mancaleoni a S. E. il Ministro della pubblica istruzione, Sassari 16 novembre 1902.

[19]  G. FOIS, Storia cit., pp. 165-166.

[20]  Ivi, pp.174 e ss.

[21]  Sul punto M. BRIGAGLIA, La classe dirigente a Sassari cit., pp...ss.

[22]  Nelle Carte Mancaleoni cit. sono conservati lettere e biglietti che testimoniano del lungo rapporto di amicizia o quanto meno di consuetudine mantenuto con molti ex colleghi di facoltà: tra gli altri Enrico Besta, Giorgio Del Vecchio e Giuseppino Treves. Interessanti anche gli scambi con i principali romanisti dell'epoca: Carlo Fadda, Silvio Perozzi, Pietro Bonfante ecc.

[23]  M. BRIGAGLIA, La classe dirigente a Sassari cit., pp. 39-40.

[24]  I giudizi individuali dei commissari in ACS, Min. Ed. Naz, Dir. Gen. Istr. Sup., Divisione 1a, 1929-45, b. 51, fasc. "Mancaleoni Flaminio" cit.

[25]  G. FOIS, Storia dell'università cit., pp. 169-170.

[26]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit. L'eventuale chiamata a Napoli nel 1903 è testimoniata da una cartolina postale del 30 settembre 1903 conservata nelle Carte Mancaleoni cit.: vi si accenna al desiderio di Fadda di chiamare Mancaleoni a Napoli su storia del diritto romano e alla possibilità concreta di effettuare la chiamata.

[27]  MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, anni dal 1909-10 al 1914-15. Il Bollettino pubblicava il numero delle lezioni dei singoli professori seguendo il prospetto comunicato annualmente dai rettori.

[28]  L'episodio è più ampiamente ricostruito in G. FOIS, Storia dell'università cit., pp. 133-142 (che documentano anche, in genere, le agitazioni studentesche di quel periodo).

[29]  Le relazioni rettorali di Mancaleoni sono adesso in pubblicate in appendice a G. FOIS, L'università di Sassari nell'Italia liberale. Dalla legge Casati alla rinascita dell'età giolittiana nelle relazioni annuali dei rettori, Sassari, Centro interdisciplinare per la storia dell'Università di Sassari, 1991, pp. 298-307.

[30]  Cfr. la relazione rettorale in REGIA UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI, Annuario per gli anni scolastici dal 1915-16 al 1920-21, Sassari, 1921, ora in G. FOIS, L'Università di Sassari nell'Italia liberale cit., pp.303 ss.

[31]  Ibidem.

[32]  Ivi, p.304.

[33]  Cfr. nelle Carte Mancaleoni cit., la lettera di Carlo Fadda da Napoli, luglio 1920, nella quale il mittente si congratula per la chiamata, aggiungendo: "Quanto più presto verrà, tanto meglio. Ma. naturalmente, provveda con calma a sistemare le cose Sue prima di partire".

[34]  Carte Mancaleoni, lettera di Mancaleoni ad Alfredo Bartolomei (minuta), Sassari, 24 luglio 1918.

[35]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit.: "bastò questo mio assenso perché la facoltà di Napoli, unanime, con a capo Carlo Fadda (il quale dichiarava pure di voler lasciare presto l'insegnamento del diritto romano e mi indicava come suo successore), facesse la proposta del mio trasferimento, che fu provveduto con regio decreto 21 dicembre 1920". Nelle Carte Mancaleoni cfr. la copia del discorso tenuto a Napoli per ringraziare la facoltà della chiamata, con l'omaggio - non solo formale - ai "maestri" della facoltà e soprattutto all'antico amico Carlo Fadda. Sulle ragioni del trasferimento a Napoli cfr. anche la già citata lettera a Bartolomei del luglio 1918 (ove si accenna anche, tra i motivi che invogliavano sin da allora Mancaleoni a trasferirsi, alle incerte prospettive dell'università di Sassari nel dopoguerra).

[36]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit.

[37]  Ibidem.

[38]  In Carte Mancaleoni cit., lettera di Carlo Fadda, Roma, 1 febbraio 1921.

[39]  Cfr. in Carte Mancaleoni cit. gli echi di quella prolusione, tra cui i ritagli dei giornali napoletani che ne diedero ampiamente conto. La stessa lezione fu tenuta poi anche a Sassari, durante successive le vacanze pasquali.

[40]  ACS, Min. Ed. Naz, Dir. Gen. Istr. Sup., Divisione 1a, 1929-45, b. 51, fasc. "Mancaleoni Flaminio" cit.

[41]  Insegnò, oltre al diritto romano, per brevi periodi il diritto ecclesiastico (1925-26) e il diritto civile (1924-25); ebbe inoltre l'incarico di storia del diritto romano.

[42]  Aveva pubblicato nel 1921 la prolusione napoletana, L'evoluzione regressiva degli istituti giuridici, in "Studi sassaresi", 2a serie, vol.I.

[43]  G. FOIS, Storia dell'università cit., pp....

[44]  Il Ministro Rocco insedia la commissione per la raccolta delle consuetidini e degli usi civici, in "Il Messaggero", 17 giugno 1930. Presieduta dal sen. Vittorio Scialoja, la commissione era composta dai senatori Mariano D'Amelio e Carlo Calisse, dai magistrati Gaetano Azzariti e ...Azara, dal comm. De Renzis del Ministero dell'Agricoltura e foreste e dei professori e dai professori Arcangeli, Leicht, De Francisci, Ercole, Solmi, Bolla, Carusi, De Ruggiero, Mancaleoni e Marol. Fungevano da segretari i magistrati Lampis, Russo, Giglio e Pandolfelli.

[45]  ACS, Min. Pubbl.Istr., Dir. gen. Istr. Sup., 1929-45, Div. I, II, III, b. 92.

[46]  Ibidem.

[47]  REGIA UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI, Annuario per l'anno accademico 1937-38 cit., p.8. Mancaleoni ebbe comunque ancora un incarico in storia del diritto romano e una supplenza in diritto ecclesiastico per l'anno accademico 1943-44, nel quadro dell'emergenza postbellica.

[48]  ASU, Fascicoli del personale docente, b. 3, fasc. 97, "Mancaleoni Flaminio" cit.

[49]  La morte di Flaminio Mancaleoni, in "La Nuova Sardegna", 18 marzo 1951; un necrologio apparve in UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI, Annuario per l'anno accademico 1951-52, 303-306, a firma di Vittorio Devilla.

[50]  M. BRIGAGLIA, La classe dirigente a Sassari da Giolitti a Mussolini, Cagliari, Edizioni Della Torre, 1979, p. 29.

[51]  Su Devilla cfr. G. FOIS, Storia dell'Università di sassari (1859-1943), Roma, Carocci, 2000, p. 94: nato a Sassari nell'aprile 1854, si era laureato nel 1876, sarebbe stato preside della facoltà giuridica nel biennio 1926-28.

[52]  Su Virdis Prosperi, nato a Ozieri nel 1822, cfr. Necrologia, in REGIA UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI, Annuario per l'anno scolastico 1896-97, Sassari, 1897, pp. 117-118; agli inizi degli anni Novanta Virdis Prosperi aveva donato al Museo di antichità sassarese oltre 900 monete romane di bronzo, alcune trovate in territorio di Ossi e altre in agro di Osilo (cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, a. XVIII, parte IIIa, n. 4, 26 agosto 1891, p. 187. In generale cfr. G. FOIS, Storia dell'Università di sassari cit., pp. 43-44 e 91. A

[53]  Iscrittosi nel 1886-87, Mancaleoni si laureò dunque prima di compiere i 22 anni. Sulla sua carriera di studente cfr. Archivio Storico dell'Università di Sassari (d'ora innanzi ASU), Fascicoli degli studenti, b. 6, fasc. 134, "Manca Flaminio". Sulla composizione della facoltà giuridica in quel periodo rinvio a G. FOIS, Storia dell'Università di sassari cit., pp....ss.

[54]  ASU, Fascicoli degli studenti, b. 6, fasc.134, "Manca Flaminio" cit. La tesi porta in frontespizio la data "Sassari, 1 maggio 1890" e le firme autografe di alcuni docenti.

[55]  Il nome dell'anziano professore figura, scritto a penna, sul frontespizio della tesi, il che farebbe pensare che ne fosse il relatore.

[56]  Carte Mancaleoni (presso la famiglia Mancaleoni): ottenne punti 86/90 su entrambe le prove. Prese servizio il 16 luglio 1896.

[57]  Prima di questa data il diritto romano a Sassari era stato insegnato per 4 mesi da Salvatore Riccobono, il quale aveva partecipato ad un concorso per posto di ordinario bandito appunto da Sassari ed esauritosi nell'ottobre 1896. Vinto da Gino Segrè (all'epoca ordinario a Cagliari), il concorso aveva visto classificarsi al secondo posto ex aequo Emilio Costa (straordinario a Bologna) e Riccobono (straordinario a Camerino). Dei tre, il solo Riccobono aveva accettato la nomina, seppure per chiedere poi un repentino trasferimento a Palermo. Nei pochi mesi trascorsi a Sassari era nata tuttavia una duratura amicizia con Mancaleoni (cfr. in Carte Mancaleoni cit.). Sul concorso cfr. MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, a. XXV, vol. I, n. 8, 24 febbraio 1898, pp. 325-328.

[58]  Per questa e le altre notizie relative alla carriera cfr. anche ASU, Fascicoli dei docenti, b. 3, fasc. 97, "Mancaleoni Flaminio".

[59]  Carte Mancaleoni, Le tappe fondamentali della mia vita [Sassari, 1947]. Ringrazio la famiglia e in particolare la dottoressa Annamaria Mancaleoni per avermi consentito la lettura delle pagine relative alla carriera scientifica ed accademica. Dal verbale del consiglio di facoltà di Sassari del 24 agosto 1898 risulta anche una partecipazione al concorso bandito dall'Università di Camerino.

[60]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit. Da segnalare una piccola svista nella memoria personale dell'ornai anziano professore: tra i commissari ometteva il nome di Delogu e inseriva quello di Pampaloni, che invece risulta membro della successiva commissione di Macerata.

[61]  MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, a. XL, vol. I, n. 7, 12 febbraio 1903.

[62]  ACS, Min. Ed. Naz, Dir. Gen. Istr. Sup., Divisione 1a, 1929-45, b. 51, fasc. Mancaleoni Flaminio cit.: con decreto 16 agosto 1901 venne nominato professore straordinario di istituzioni di diritto romano a Cagliari; con decreto 16 dicembre 1901 trasferito in tale qualità alla facoltà di Parma per l'a.a. 1901.1902.

[63]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit.

[64]  Ivi.

[65]  ACS, Min. Ed. Naz, Dir. Gen. Istr. Sup., Divisione 1a, 1929-45, b. 51, fasc. Mancaleoni Flaminio cit., lettera di Flaminio Mancaleoni a S. E. il Ministro della pubblica istruzione, Sassari 16 novembre 1902.

[66]  G. FOIS, Storia cit., pp. 165-166.

[67]  Ivi, pp........

[68]  Sul punto M. BRIGAGLIA, La classe dirigente a Sassari cit., pp...ss.

[69]  M. BRIGAGLIA, La classe dirigente a Sassari cit., pp. 39-40.

[70]  I giudizi individuali dei commissari in ACS, Min. Ed. Naz, Dir. Gen. Istr. Sup., Divisione 1a, 1929-45, b. 51, fasc. "Mancaleoni Flaminio" cit.

[71]  G. FOIS, Storia dell'università cit., pp. 169-170.

[72]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit. L'eventuale chiamata a Napoli nel 1903 è testimoniata da una cartolina postale del 30 settembre 1903 conservata nelle Carte Mancaleoni cit.: vi si accenna al desiderio di Fadda di chiamare Mancaleoni a Napoli su storia del diritto romano e alla possibilità concreta di effettuare la chiamata.

[73]  MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE, Bollettino ufficiale, anni dal 1909-10 al 1914-15. Il Bollettino pubblicava il numero delle lezioni dei singoli professori seguendo il prospetto comunicato annualmente dai rettori.

[74]  Le relazioni rettorali di Mancaleoni sono adesso in pubblicate in appendice a G. FOIS, L'università di Sassari nell'Italia liberale. Dalla legge Casati alla rinascita dell'età giolittiana nelle relazioni annuali dei rettori, Sassari, Centro interdisciplinare per la storia dell'Università di Sassari, 1991, pp. 298-307.

[75]  Cfr. la relazione rettorale in REGIA UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI, Annuario per gli anni scolastici dal 1915-16 al 1920-21, Sassari, 1921, ora in G. FOIS, L'Università di Sassari nell'Italia liberale cit., pp.303 ss.

[76]  Ibidem.

[77]  Ivi, p.304.

[78]  Cfr. nelle Carte Mancaleoni cit., la lettera di Carlo Fadda da Napoli, luglio 1920, nella quale il mittente si congratula per la chiamata, aggiungendo: "Quanto più presto verrà, tanto meglio. Ma. naturalmente, provveda con calma a sistemare le cose Sue prima di partire".

[79]  Carte Mancaleoni, lettera di Mancaleoni ad Alfredo Bartolomei (minuta), Sassari, 24 luglio 1918.

[80]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit.: "bastò questo mio assenso perché la facoltà di Napoli, unanime, con a capo Carlo Fadda (il quale dichiarava pure di voler lasciare presto l'insegnamento del diritto romano e mi indicava come suo successore), facesse la proposta del mio trasferimento, che fu provveduto con regio decreto 21 dicembre 1920". Nelle Carte Mancaleoni cfr. la copia del discorso tenuto a Napoli per ringraziare la facoltà della chiamata, con l'omaggio - non solo formale - ai "maestri" della facoltà e soprattutto all'antico amico Carlo Fadda. Sulle ragioni del trasferimento a Napoli cfr. anche la già citata lettera a Bartolomei del luglio 1918 (ove si accenna anche, tra i motivi che invogliavano sin da allora Mancaleoni a trasferirsi, alle incerte prospettive dell'università di Sassari nel dopoguerra).

[81]  F. MANCALEONI, Le tappe fondamentali cit.

[82]  Ibidem.

[83]  Cfr. in Carte Mancaleoni cit. gli echi di quella prolusione, tra cui i ritagli dei giornali napoletani che ne diedero ampiamente conto. La stessa lezione fu tenuta poi anche a Sassari, durante successive le vacanze pasquali.

[84]  Insegnò, oltre al diritto romano, per brevi periodi il diritto ecclesiastico (1925-26) e il diritto civile (1924-25); ebbe inoltre l'incarico di storia del diritto romano.

[85]  Aveva pubblicato nel 1921 la prolusione napoletana, L'evoluzione regressiva degli istituti giuridici, in "Studi sassaresi", 2a serie, vol.I.

[86]  G. FOIS, Storia dell'università cit., pp....

[87]  Il Ministro Rocco insedia la commissione oer la raccolta delle consuetidini e degli usi civici, in "Il Messaggero", 17 giugno 1930. Presieduta dal sen. Vittorio Scialoja, la commissione era composta dai senatori Mariano D'Amelio e Carlo Calisse, dai magistrati Gaetano Azzariti e ...Azara, dal comm. De Renzis del Ministero dell'Agricoltura e foreste e dei professori e dai professori Arcangeli, Leicht, De Francisci, Ercole, Solmi, Bolla, Carusi, De Ruggiero, Mancaleoni e Marol. Fungevano da segretari i magistrati Lampis, Russo, Giglio e Pandolfelli.

[88]  ACS, Min. Pubbl.Istr., Dir. gen. Istr. Sup., 1929-45, Div. I, II, III, b. 92.

[89]  REGIA UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI, Annuario per l'anno accademico 1937-38 cit., p.8. Mancaleoni ebbe comunque ancora un incarico in storia del diritto romano e una supplenza in diritto ecclesiastico per l'anno accademico 1943-44, nel quadro dell'emergenza postbellica.

[90]  ASU, Fascicoli del personale docente, b. 3, fasc. 97, "Mancaleoni Flaminio" cit.

[91]  La morte di Flaminio Mancaleoni, in "La Nuova Sardegna", 18 marzo 1951; un necrologio apparve in UNIVERSITA' DEGLI STUDI DI SASSARI, Annuario per l'anno accademico 1951-52, 303-306, a firma di Vittorio Devilla.