D-&-Innovazione-2018

 

 

ISPROM

ISTITUTO DI STUDI E PROGRAMMI PER IL MEDITERRANEO

 

Mediterraneo, Russia, Sardegna

Da antonio Gramsci a luigi Polano

Sassari, 1 - 2  dicembre  2017

 

 

Meloni-GiovanniUn comunista sassarese nella politica internazionale*

 

Giovanni Meloni

già Deputato al Parlamento Italiano

 

 

 

«L'atto con cui Lenin ci chiama a congresso è il miglior decreto di abilitazione morale e politica che poteva essere compilato per noi, guardie giovani del socialismo comunista internazionale!....Sicuri di interpretare la immensa falange dei giovani socialisti non solo d'Italia ma del mondo intero, rispondiamo all'appello di Lenin con vibrato presente! Comunisti del mondo, giovani e adulti, a Congresso!   »

Queste parole costituiscono la parte saliente di una postilla aggiunta da Luigi Polano in calce alla circolare del febbraio 1919[1] con cui la Federazione Giovanile Socialista Italiana - FGSI - diffondeva l'appello, firmato a Mosca da Lenin e Trockij il 23 gennaio di quell'anno, rivolto "a tutti i partiti contrari alla seconda internazionale", a partecipare ad una conferenza da tenersi a Mosca, con lo scopo di dar vita alla terza "Associazione internazionale dei lavoratori".

Polano non aveva allora compiuti i 22 anni, si era trasferito da Sassari a Roma da meno di 2, ma la sua adesione (fiera ed entusiastica, per dirla con Paolo Spriano) all'invito leniniano per il nuovo internazionalismo, che avrebbe dovuto cominciare ad attuare "la dittatura del Proletariato... subordinando gli interessi di ciascun particolare Paese agli interessi della rivoluzione su scala internazionale", (come si legge nel messaggio di Lenin) testimonia ampiamente, aldilà della quasi inevitabile enfasi retorica indotta dalle vicende storiche del momento, come, anche durante il periodo della propria maturazione politica e culturale, nonché della propria esperienza di dirigente politico, egli fosse già padrone di una caratteristica essenziale del rivoluzionario di professione, caratteristica che, credo, non l'abbia mai abbandonato, neppure nell'età più avanzata, ossia l'estrema importanza accordata ai rapporti internazionali fra le organizzazioni e fra gli uomini che le compongono, fondata sulla consapevolezza che sull'intrecciarsi e l'estendersi di tali rapporti il movimento operaio e comunista avrebbe dovuto edificare la propria forza e la propria autorevolezza.

 

Ma non è certo mio compito riportare qui particolari delle sue attività che altri ha studiato più di me[2], che altri, come Luigi Polano nipote, che qui abbiamo avuto la fortunata opportunità di sentire, per molte ragioni conosce meglio di me. Semmai, potremmo rammaricarci del fatto che ancora non tutto conosciamo e dobbiamo, perciò essere grati a quegli studiosi che qui abbiamo ascoltato con grande interesse, che ci portano a conoscenza di quanto, su Polano, è conservato negli archivi russi.

Mi pare, però, che al di là dei singoli incarichi da lui ricoperti, tanto come dirigente di Partito, quanto come dirigente sindacale in Italia e all'estero, si possono individuare con certezza alcune costanti della prassi politica polaniana, non poche delle quali risulterebbero forse incomprensibili in un mondo nel quale la politica, da impegno civile quale certamente era per Polano, è diventata uno degli spettacoli del villagio globale e nemmeno il più interessante.

Spiccano tra esse la riservatezza e l'assenza di clamore intorno alle proprie iniziative, riservatezza confermata anche a distanza di decenni dagli episodi, talvolta leggendari, come quello celeberrimo che riguarda "La Voce della Verità", trasmissione in lingua italiana che disturbava le trasmissioni di propaganda dell'EIAR e che tanto preoccupava il fascismo.

Una riservatezza che costituiva parte integrante del suo essere rivoluzionario di professione, tanto che essa certamente ha contribuito a limitare i danni nelle numerose occasioni in cui è stato incarcerato e processato.

Sobrietà, senso della misura ed equilibrio determinati da tratti del carattere, certamente, ma ancor di più dalla consapevolezza di far parte di una comunità di cittadini che avevano scelto, con la militanza politica, di sobbarcarsi l'onere di costruire insieme una società più giusta. Per questo personalità politiche come lui, allora non rarissime, oggi quasi introvabili, avevano la qualità senza la quale non si è veramente politici (cioè che lavorano per la pòlis) e, tantomeno, rivoluzionari professionali, ossia la capacità di impegnarsi per la città futura e non per la prossima scadenza elettorale.

La capacità di lavorare per il futuro e per determinare nuovi rapporti tra i popoli Polano mantenne intatta nel tempo, anche quando, tornato in Sardegna, fu eletto in Parlamento per quattro legislature, a partire dal 1948. La sua attività di parlamentare fu intensa, come al solito e facilmente lo attestano gli atti delle due Camere. Ma egli, pur seguendo quotidianamente i problemi dei lavoratori sardi, non dimenticò mai di far parte di una comunità sovranazionale che vedeva nei rapporti tra i popoli la garanzia per la conservazione della pace. Così si adoperò per sviluppare e tenere aperti i rapporti tra il popolo sardo, il popolo italiano e i popoli dei Paesi del socialismo reale (che certo egli non avrebbe chiamato così), anche nella sua qualità di Presidente della sezione sassarese della Associazione Italia- Repubblica Democratica Tedesca e si deve peraltro ricordare che il Comune di Sassari concluse un gemellaggio con la città sassone di Plauen, con ciò partecipando, su impulso di Polano, al movimento per il riconoscimento della DDR.

Non trascurò mai la sua esperienza internazionalista, non volle mai dimenticare, nel solco stesso della impostazione della politica estera dell'Unione Sovietica degli anni del dopo guerra, che la pace si mantiene più probabilmente se le diverse culture dei popoli sviluppano e approfondiscono rapporti convergenti.

Insomma, a me pare che sarebbe bene che i diversi aspetti della personalità politica di Luigi Polano, la sua coerenza politica, la sua onestà e dirittura morale, fossero meglio conosciuti dai Sardi, che essi imparassero ad annoverarlo tra gli uomini politici di grande valore che questa terra ha dato all'Italia ed alla comunità internazionale.

 

Però, voglio chiudere brevemente questo intervento ricordando un problema che mi fu posto proprio da lui.

Voglio anzi ringraziare l'ISPROM e il prof. Catalano per avermi dato  l'opportunità di assolvere, in qualche modo, ad un impegno contratto, proprio con Luigi Polano, ormai quasi 50 anni fa.

Era il 1969. Polano mi telefonò e mi disse che voleva parlarmi. Naturalmente, andai subito da lui. Nei mesi precedenti ero stato chiamato a far parte della segreteria nazionale della FGCI, con l'incarico di coordinare le politiche per il Mezzogiorno dei giovani Comunisti. Partendo da tale circostanza di fatto, Polano osservò che un sardo nella segreteria nazionale dei giovani comunisti avrebbe ben potuto avere interesse a quale fosse stato il ruolo svolto dalla FGSI, di cui, com'è ben noto, egli era allora segretario nazionale, nella scissione del PSI e nella nascita del PCI al Congresso di Livorno. Riteneva Polano che la ricostruzione fatta di tale ruolo da Paolo Spriano nel primo volume della sua Storia del Partito Comunista Italiano fosse imprecisa e che, in particolare, non fosse corretto affermare, come sosteneva Spriano, che i giovani socialisti guidati da Polano fossero da annoverarsi fra i bordighiani. Mi invitava, perciò, a sollevare il problema presso la segreteria nazionale FIGC e verificare se vi fosse la disponibilità a esaminare la questione, al fine di precisare la collocazione politica assunta al momento della formazione del PCI dai giovani socialisti, diventati praticamente tutti giovani comunisti. L'opinione di Polano era che i giovani socialisti costituissero una componente autonoma dalle altre tre che confluirono per fondare il PCdI (astensionisti bordighiani, ordinovisti gramsciani, massimalisti).

Sollevai la questione in segreteria nazionale FGCI. Fu deciso che il problema sarebbe stato studiato da me e da Giulietto Chiesa, il quale allora dirigeva "Nuova Generazione", quindicinale della FGCI, e che si sarebbe cominciato a discuterne proprio a partire da un articolo da far uscire a breve scadenza proprio su quel periodico. Predisposi perciò l'articolo e lo consegnai a Giulietto Chiesa, Tuttavia, poiché vi erano in quel momento delle scadenze politiche pressanti, la pubblicazione del pezzo fu rinviata, anche in considerazione del fatto che, forse, in quel momento (emergeva come problema assai serio per il Partito la questione del Manifesto) si preferiva non affrontare una questione che avrebbe potuto avere risvolti di una qualche delicatezza. Per parte mia, mi accorsi più tardi di non aver conservato una copia dell'articolo o, comunque, di averla smarrita. Poi molti processi, che erano peraltro già in atto da tempo, subirono un'accelerazione e anche il PCI subì una divisione, quella del Manifesto, di fronte alla quale anch'io ritenni giusto fare una scelta di cui non mi sono mai pentito. In mezzo a tali eventi, importanti ed assorbenti, per chi li ha vissuti, la questione posta da Polano fu, com'era inevitabile, trascurata. Ma se, com'è giusto, si continua a parlare di Polano, forse è anche giusto riprenderla.

Ora, la questione della posizione politica di Polano e della FGSI nell'imminenza del Congresso di Livorno non è di semplicissima soluzione. È pur vero che la maggior parte di coloro che hanno trattato l'argomento sono concordi nel ritenere che i giovani socialisti (per lo meno i gruppi dirigenti centrali e periferici di essi) fossero sostanzialmente bordighiani, astensionisti. Ma vi è qualcosa che induce a riflettere. Paolo Spriano, nella parte del suo lavoro sulla Storia del PCI in cui tratta dell'approssimarsi delle diverse componenti socialiste al Congresso di Livorno, e in particolare, del convegno della frazione comunista in cui si accordarono le volontà scissioniste, convegno che si tenne ad Imola il 28 novembre 1920, quando riferisce dell'accordo dice: "Accanto a Bordiga per gli astensionisti, vi sono altri che astensionisti non sono, Misiano, Bombacci, il giovane Polano, i torinesi Gramsci e Terracini, i milanesi Fortichiari e Repossi"[3]. Dunque, in quella circostanza, Polano non è ascritto tra gli  astensionisti. Ma quando tratta del Comitato Centrale del PCdI, scaturito meno di due mesi dopo dalla scissione livornese, elenca i suoi membri in questo modo: " I loro nomi sono rappresentativi di tutti i gruppi postisi alle origini del Partito: gli astensionisti Bordiga, Grieco, Parodi, Sessa, Tarsia, il giovane Polano, gli ordinovisti Gramsci e Terracini, gli uomini che provengono più direttamente dal massimalismo, Belloni, Bombacci, Gennari e Misiano, lo stesso Marabini e i due milanesi Repossi e Montichiari"[4]. ora, a ben vedere, il problema non è la contraddizione che nel giro di poche pagine Spriano introduce a proposito di Polano, indicato una volta come astensionista e una volta no. il problema, mi pare sia che, se un maestro come Spriano, accorto, scrupoloso e preciso, non scioglie tale contraddizione, ciò non può non significare che la collocazione dei giovani socialisti, se è chiarissima per quanto riguarda la volontà di formare il partito Comunista, non altrettanto chiaramente è imputabile ad una delle componenti fondative. Se è così, bisogna riconoscere che il problema posto da Polano rimane aperto. Si potrà dire che oramai tale problema non ha più grande importanza, ma a me pare che si possano fare almeno due considerazioni:

a) se il problema è aperto, si può forse pensare che proprio in questa terra vi siano le risorse adeguate per risolverlo, anche perché

b) si può osservare che i rapporti tra i due sardi, che furono tra i protagonisti della scissione di Livorno, non siano stati sufficientemente indagati, sebbene si sappia quanto basta per capire che tra i due vi fosse un certo grado di contraddizione, tanto che Polano giunge fino al punto di contrapporsi a Lenin (cosa non semplice, in quelle circostanze) quando questi, in sede di Internazionale, dichiara di accettare un ordine del giorno ordinovista.

Mi chiedo, allora, e mi permetto di chiedere a voi, pur sapendo bene di non avere veste alcuna per farlo: non sarebbe utile e opportuno se da questo seminario scaturisse l'idea, anzi il proposito di studiare più da vicino il rapporto tra i padri sardi del Comunismo Italiano?



 

[Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Al fine della pubblicazione, questo scritto è stato valutato “in chiaro” dai promotori dei Seminari Russia e Mediterraneo e dalla direzione di Diritto @ Storia]

 

* Intervento svolto al convegno promosso da Istituto di Studi e Programmi per il Mediterraneo e dalla Accademia delle Scienze di Russia - Istituto dell'Europa sul tema "Mediterraneo, Russia, Sardegna. Da Antonio Gramsci a Luigi Polano. XXXVI Seminario per la Cooperazione Mediterranea", tenuto a Sassari, 1 e 2 dicembre 2017 presso la sala della Fondazione Sardegna.

 

[1] P. Spriano, Storia del Partito comunista italiano. I. Da Bordiga a Gramsci. Einaudi, Torino 1967, p. 23 documenta che "copia della circolare a stampa intestata alla FGSI e datata Roma, 15 febbraio 1919, è trasmessa dal prefetto di Siena il 31 marzo 1919 al ministero dell'Interno per sapere se può essere oggetto di denunzia all'autorità giudiziaria contenendo «eccitamenti alla rivolta armata» (ACS, Min. Interno, Dir. gen. PS, A. g. er., 1919, C. i, b. 85)."

 

[2] Cfr. G. Melis, Luigi Polano in F. Andreucci, T: Detti, Il movimento operaio italiano. Dizionario biografico. Editori Riuniti Roma 1975.

 

[3] P. Spriano, op. cit., p. 103.

 

[4] P. Spriano, op. cit., p. 117.