Memorie-2018

 

 

Cherchi-foto-2018 - CopiaSalvatore Cherchi

Ingegnere minerario

Deputato nella IX, X, XIII legislatura

Senatore nella XI e XII legislatura

 

USURA E DEBITO INTERNAZIONALE: ATTI APPROVATI DAL PARLAMENTO ITALIANO NELLA XIII LEGISLATURA*

 

 

Sommario: 1. Introduzione. – 2. Deliberazioni del Parlamento nella XIII legislatura. – 2.1. La mozione 1-00023 su: “Regolazione del debito internazionale. – 2.2. L’articolo 7 della legge 25 luglio 2000, n. 209. – 3. Riflessioni conclusive sulle cause della non applicazione dell’art. 7 della legge 209/2000 e sulla persistente attualità del problema del debito estero. – Abstract.

 

 

1. – Introduzione

 

In molti dei Paesi a basso e medio reddito il peso del debito estero produce effetti tragici sulle popolazioni. Infatti, gli oneri per il rimborso del capitale e il pagamento degli interessi assorbono risorse nazionali in misura tale da soffocare l’economia locale e ridurre drasticamente o addirittura azzerare, i finanziamenti pubblici per la salute e l’istruzione. I diritti umani, soprattutto quelli dell’infanzia, sono gravemente violati. Contro questa disumana situazione si è mossa e si muove sulla scala internazionale, un’insieme di forze sociali, culturali, politiche, religiose. Queste forze che si battono per una soluzione umanitaria del problema del debito o almeno per riuscire a contenerne i nefasti esiti, hanno indirizzato la propria azione prevalentemente verso l’obiettivo della riduzione/cancellazione dello stesso debito. A questo movimento gli Stati, i più ricchi del pianeta, e gli organismi internazionali creditori hanno risposto talvolta accordando riduzioni o cancellazioni quando il credito era palesemente inesigibile, ma di norma, solo concedendo onerose ristrutturazioni del debito che vincolano il futuro di generazioni.

Una corrente di giuristi ed economisti di molteplici nazionalità[1] – s cui fa riferimento il lavoro descritto in questa nota – ha proposto una via politico-giuridica differente, più radicale – sebbene non escludente e, ovviamente, non conflittuale – rispetto a quella definita dal classico approccio politico-economico prevalente nella corrente umanitaria cui si è accennato precedentemente. Sulla base di analisi scientifiche, questi giuristi ed economisti sono pervenuti alla conclusione che l’abnorme lievitazione del debito internazionale dei Paesi più poveri sia stata prodotta da meccanismi e pratiche che violano principi generali del diritto. L’attenzione di questi studiosi è stata posta sulle decisioni e sulle regolazioni unilateralmente assunte, in posizione di forza, dai Paesi creditori e imposte ai Paesi debitori, ridotti in condizioni di estrema debolezza; si riferiscono, segnatamente ma non esclusivamente, alla pratica di tassi usurari, alle modificazioni dei cambi monetari e delle ragioni di scambio. In definitiva: almeno una larga parte del debito internazionale dei Paesi a basso reddito è stata formata illegittimamente e come tale dovrebbe essere dichiarata e trattata. Questi intellettuali, militanti di una causa planetaria di giustizia, hanno condotto e conducono, a partire dalla metà degli anni ottanta del trascorso secolo, una battaglia politica e giuridica per portare la regolazione del debito internazionale dei Paesi a basso reddito nel perimetro delimitato dal rispetto dei diritti umani. L’obiettivo concreto che si sono dati è quello di investire della questione la Corte Internazionale di Giustizia affinché emetta un parere consultivo cui sono tenuti a conformarsi le pubbliche istituzioni. La Corte può pronunciarsi su richiesta dell’Assemblea generale dell’ONU, sulla base di quesiti formulati dalla stessa Assemblea. Per avviare il processo occorre che il tema sia posto all’ordine del giorno dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite attraverso le opportune iniziative diplomatiche di uno o più Stati.

Le tesi e gli obiettivi propugnati da questi studiosi impegnati in una nobile causa, hanno avuto un positivo riscontro in documenti approvati dal Parlamento Latino-Americano, dalla Conferenza interparlamentare Unione Europea – Parlamento Latino-Americano, dalla Conferenza interparlamentare degli Stati africani e dalla Commissione dei diritti dell’uomo. Tra i documenti si segnala per il suo specifico rilievo, la “Carta di Sant’Agata dei Goti. Dichiarazione su usura e debito internazionale”, adottata nel 1997 in occasione del trecentesimo anniversario della nascita di Sant’Alfonso-Maria de Liguori[2].

 

 

2. – Deliberazioni del Parlamento nella XIII legislatura

 

Nel corso della XIII legislatura (1996-2001), il Parlamento, anche per effetto del contesto propizio generato dal Giubileo di fine millennio, ha approvato più atti e una legge sul debito estero dei Paesi a basso reddito un tempo definiti come Paesi in Via di Sviluppo (PVS). Queste deliberazioni parlamentari, se fossero state integralmente applicate, avrebbero collocato l’Italia in una posizione più avanzata nelle iniziative per liberare una parte consistente dell’umanità da un’oppressione che limita i diritti fondamentali della persona. Tra gli atti approvati in quella legislatura, per la stretta attinenza con le tesi dei giuristi che sostengono la non conformità ai principi generali del diritto, dei meccanismi di accumulazione del debito estero, si richiama la mozione 1-00023 [3] su: “Regolazione del debito internazionale”. Successivamente il Parlamento ha approvato la legge 25 luglio 2000, n. 209 [4] concernente: “Misure per la riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati” che contiene disposizioni per l’annullamento e/o la riduzione del debito per 12mila miliardi di lire entro tre anni dalla sua approvazione, e all’art. 7, Regole internazionali del debito estero, dispone le iniziative da assumere a cura del Governo per avviare, in sede ONU, il procedimento finalizzato a chiedere alla Corte Internazionale di Giustizia di verificare la coerenza tra le regole internazionali che disciplinano il debito estero dei Paesi in via di sviluppo e il quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell'uomo e dei popoli. Nel prosieguo della presente nota si da’ conto criticamente del dibattito parlamentare sulla mozione e sull’articolo 7 della legge 209/2000. Già nel dibattito parlamentare si colse una resistenza del Ministero degli Esteri verso le posizioni che chiedevano l’intervento della Corte Internazionale di Giustizia, che spiega, ad avviso di chi scrive, la successiva e persistente non applicazione degli indirizzi e delle disposizioni legislative approvate per quella finalità.

 

 

2.1. – La mozione 1-00023 su: “Regolazione del debito internazionale

 

La mozione 1-00023, Cherchi ed altri, fu presentata nell’agosto 1996, in apertura di legislatura. Come già riportato nell’introduzione, la mozione è ispirata a quel pensiero giuridico che non rivendica il condono del debito estero dei PVS ma il riconoscimento dell’illegittimità dello stesso debito accumulatosi in una dimensione abnorme. La mozione, infatti, afferma nelle premesse che «nel caso del debito internazionale contratto da molti Paesi in via di sviluppo, sembra in contrasto con classici e tradizionali principi generali del diritto aver accollato interamente al debitore le conseguenze dei cambiamenti intervenuti per iniziative provenienti da soggetti appartenenti al sistema di cui è parte o comunque con cui è solidale, il creditore».

A rafforzamento delle tesi esposte, sono richiamate le deliberazioni già all’epoca intervenute in importanti consessi internazionali; in particolare si sottolinea che «la XI Conferenza interparlamentare Comunità europea/America-latina (San Paolo del Brasile, 3/7 maggio 1993) ha denunciato l'acuirsi della povertà dell'America latina dovuta all'onere del debito internazionale ed ha rivolto l'auspicio, già espresso dal Parlamento latino-americano, che venga chiesto “un parere consultivo della Corte internazionale di giustizia dell'Aja sul quadro etico e giuridico secondo il quale si deve regolare il debito internazionale”, auspicio ribadito dalla recente Conferenza interparlamentare degli stessi consessi svoltasi a Bruxelles, nei giorni19/23 luglio 1995».

Il dispositivo della mozione impegna il Governo «a compiere le necessarie azioni affinché, in occasione della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite, venga inserita all'ordine del giorno della stessa Assemblea la deliberazione della richiesta del parere consultivo della Corte internazionale di giustizia in ordine ai profili giuridici della regolazione del debito internazionale e ad adoperarsi affinché la deliberazione dell'Assemblea sia in senso positivo».

La mozione fu discussa in due sedute[5] dell’Assemblea di Montecitorio. Gli interventi furono ben tredici, per lo più ben argomentati a testimonianza dell’attenzione al problema e alla peculiare soluzione prospettata. Quasi tutti i Gruppi Parlamentari, compresi Gruppi dell’opposizione, si espressero positivamente sulle motivazioni e sul dispositivo della mozione. Solamente i Gruppi parlamentari di Forza Italia e di Alleanza Nazionale manifestarono riserve tuttavia tali da non determinare il voto contrario: il voto fu di astensione che nel Regolamento della Camera, diversamente da quello del Senato, non equivale a voto contrario. Anche il Governo, rappresentato dal Sottosegretario agli Esteri Piero Fassino, diede nell’occasione un parere positivo[6], diversamente da quanto accadde nella discussione dell’art. 7 della legge 209/2000. Il voto dell’Aula registrò: presenti 377, votanti 265, astenuti 112, maggioranza 133, voti a favore 263, voti contrari 2 [7].

 

 

2.2. – L’articolo 7 della legge 25 luglio 2000, n. 209

 

Alla vigilia di un Giubileo caratterizzato dalla cruciale questione dei diritti umani violati e in un contesto di forte impegno del Papa Giovanni Paolo II e di accresciuta sensibilità dell’opinione pubblica, il Governo presentò un Disegno di Legge (DDL) sulla riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati. Il DDL fu presentato alla Camera il 30 dicembre 1999 (AC 6662 [8]) dal Presidente del Consiglio Giuliano Amato, di concerto con il Ministro degli Esteri, Lamberto Dini, e fu assegnato alla III Commissione Affari Esteri in sede referente.

Il confronto fra il testo del DDL presentato dal Governo e quello licenziato dalla Camera, successivamente approvato senza modifiche dal Senato, evidenzia sostanziali differenze migliorative e un rilevante ampliamento della portata della legge. Questo fatto fu possibile innanzitutto perché Achille Occhetto, Presidente della III Commissione, perseguì esplicitamente la parlamentarizzazione della materia, riuscendo a fare di quello del debito estero, un tema di confronto costruttivo fra maggioranza e minoranza. La sua conduzione dei lavori in Commissione e in Aula fu coerente con la sua cultura politica, molto sensibile verso i grandi problemi dell’umanità che si manifestano alla scala globale. Le principali, ma non uniche, differenze riguardano l’incremento dell’entità del debito da cancellare che fu portata da 3mila miliardi di lire a 12mila miliardi di lire, e la introduzione dell’articolo 7, “Regole internazionali del debito estero”, cui si accennerà più diffusamente.

E’ utile ricordare che la III Commissione effettuò un’audizione informale dei rappresentanti di Sdebitarsi, campagna italiana per la riduzione del debito e dei Professori Pierangelo Catalano, Sandro Schipani, Marco Pedrazzi, Massimo Panebianco, Lucio Scandizzo[9]. Questi studiosi ebbero così modo di esporre direttamente alla Commissione le loro tesi sul debito estero dei PVS; il loro intervento influì positivamente sull’esame del DDL.

Il già più volte citato articolo 7 “Regole internazionali del debito estero”, deriva da un’iniziativa parlamentare realizzata attraverso due distinti ma convergenti emendamenti[10] presentati da chi scrive e dal collega Pezzoni (Gruppo Democratici di Sinistra - l’Ulivo) e dal deputato Mantovani del Gruppo di Rifondazione Comunista. Entrambi gli emendamenti erano riferiti all’articolo 1 del DDL cioè all’articolo che specifica le finalità generali e gli ambiti di applicazione della legge: per questa via si intendeva dare più marcata evidenza alla materia e al dovere del Governo di farvi fronte. Entrambi gli emendamenti contenevano inoltre, un identico comma dispositivo così formulato: «Il Governo, nell’ambito delle istituzioni internazionali competenti, propone l’avvio delle procedure necessarie per la richiesta di parere alla Corte Internazionale di Giustizia al fine dell’accertamento del quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli secondo i quali si deve regolare il debito internazionale».

L’esame di questi emendamenti risultò controverso e non scontato negli esiti. Inizialmente il Governo espresse un avviso nettamente contrario. Il Sottosegretario agli Esteri, Rino Serri, persona peraltro molto sensibile, per indole personale e militanza politica, ai problemi del terzo mondo, osservò che «il Governo non può adire la Corte internazionale di giustizia sulla materia oggetto degli emendamenti. A suo avviso, inoltre, è difficile e forse controproducente trasformare il problema del debito in una questione di diritti umani». Il relatore del provvedimento, Giovanni Bianchi, formulò l’invito al ritiro degli emendamenti. In quella circostanza il Presidente della Commissione, Achille Occhetto, sostenne invece la necessità della approvazione della parte comune a entrambi gli emendamenti. La proposta del Presidente Occhetto fu accolta dalla Commissione[11]. Nel seguito dei lavori della Commissione, dopo i dubbi manifestati nel parere della Commissione Affari Costituzionali[12], il relatore propose ancora una volta lo stralcio dell’emendamento già approvato. La Commissione mantenne invece il testo dopo averlo riformulato e trasferito in un distinto articolo, appunto l’art. 7 [13]. Il nuovo testo, dopo la riformulazione avanzata da Francesca Izzo (DS-U), recita: «Il Governo, nell'ambito delle istituzioni internazionali, competenti, propone l'avvio delle procedure necessarie per la richiesta di parere alla Corte internazionale di giustizia sulla coerenza tra le regole internazionali che disciplinano il debito estero dei Paesi in via di sviluppo e il quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell'uomo e dei popoli». La nuova formulazione risultò più soddisfacente e fu approvata con il consenso del Relatore.

Anche nell’esame in Assemblea la cancellazione dell’articolo 7 fu riproposta; lo si fece attraverso un emendamento del deputato leghista Gualberto Niccolini[14]. Ad onor del vero si deve aggiungere che la contrarietà venne motivata non per dissenso nel merito ma perché si riteneva inopportuno inserire in legge un indirizzo di politica estera. Il Relatore difese il testo della Commissione mentre risultò ancora una volta ambigua la posizione del Ministero degli Esteri. Il Sottosegretario del Ministero, Franco Danieli, infatti non prese posizione e si rimise al voto dell’Aula, caso invero singolare di dissonanza fra il Governo con la sua maggioranza e in questo caso, anche con una più larga parte della Camera. La richiesta di abrogazione dell’articolo 7 fu infatti respinta a larga maggioranza.

Il voto finale della legge (seduta del 28.06.2000) registrò 423 favorevoli e 2 astensioni. Il Senato licenziò senza modifiche, nella seduta del 25 luglio 2017, il testo già approvato dalla Camera.

 

 

3. – Riflessioni conclusive sulle cause della non applicazione dell’art. 7 della legge 209/2000 e sulla persistente attualità del problema del debito estero

 

L’iter dei lavori parlamentari mostra che il Ministero degli Esteri non condivideva l’approccio politico-giuridico alle possibili soluzioni del problema del debito. Il fatto che il parere contrario del Ministero sia stato espresso in Commissione e in Aula da due diversi sottosegretari è indicativo di una linea politica condivisa dall’intera amministrazione. La ragione di questa linea, a mio avviso, è che rispetto al classico approccio politico-economico, quello politico-giuridico dell’articolo 7 della legge 209/2000 ha una portata eversiva dell’ordine dettato dalla forza della parte creditrice. Il creditore potrà eventualmente accordare con proprio atto unilaterale, la cancellazione di parti del debito di un Paese a basso reddito ma contrasterà anche la semplice ipotesi della illegittimità di quel debito. A questa linea di condotta si attengono i governi dei Paesi creditori anche vanificando la volontà del Parlamento. L’esperienza italiana è al riguardo significativa. Infatti, mentre è stato eluso il precetto della mozione e della legge sull’iniziativa in sede ONU, già nell’anno 2005 l’obiettivo quantitativo della cancellazione di quote del debito estero dei Paesi a più basso reddito verso l’Italia, era stato conseguito come documentato nelle relazioni inviate dal Governo al Parlamento[15]. Ad avviso di chi scrive, è assai probabile che, senza la forte pressione dell’opinione pubblica e di altri autorevoli soggetti, gli Stati, soprattutto quelli del G7, conserveranno la stessa linea di condotta del passato.

Alla domanda se il problema del debito estero dei Paesi a basso reddito, sia ancora attuale e se nel mondo si producano ancora gravi e diffuse situazioni di violazione dei diritti umani in conseguenza dello stesso debito, si deve rispondere affermativamente. Al riguardo rinvio ad un recente lavoro del Prof. Raffaele Coppola[16] nel quale sono esposte riflessioni e conclusioni della più ampia portata, sulla necessità di nuove regole e di un nuovo assetto internazionali per costruire il futuro dell’umanità sulla base di principi di giustizia sociale. Da parte mia aggiungo che anche i più recenti rapporti della Banca mondiale sul debito estero dei Paesi a basso e medio reddito[17] segnalano il forte aumento del debito estero di questi Paesi, sia in valore assoluto e ancora di più in rapporto al volume delle loro esportazioni e in rapporto al PIL. Questo accade in particolare nei Paesi dell’Africa sub sahariana ed è causato dalla caduta dei corsi dei prodotti di base, dalla stagnazione dell’economia e dal rialzo del costo del servizio del debito per effetto dell’apprezzamento del dollaro americano. Permangono dunque tutte le ragioni sostanziali per reclamare che il Governo della Repubblica, con determinazione e accortezza, promuova finalmente una iniziativa in sede Onu per la richiesta di parere alla Corte internazionale di giustizia sulla coerenza tra le regole internazionali che disciplinano il debito estero dei Paesi in via di sviluppo e il quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell'uomo e dei popoli, come prescrive l’articolo 7 della legge 209/2000, norma sempre vigente ma regolarmente non applicata dai numerosi governi alternatisi nella guida del Paese dopo il 2000.

 

 

Abstract

 

During the XIII legislature (1996-2001), and in the favorable context of the millennium Jubilee, the Italian Parliament dealt effectively with the problem of the external debt of the low-income and heavily indebted Countries. The present note, after a short summary of the essential issues, intends to critically examine the crucial moments of the parliamentary debate on specific measures related to above-mentioned topic. Such measures are closely related to the view of jurists and economists whose thesis affirms that the mechanism of external debt accumulation in low-income countries do not comply with the general principles of law.

These Academics have brought to public institutions attention the objective of consulting the International Court of Justice on this matter. Indeed the Parliament of the XIII legislature approved a motion and a provision of law to address the Government foreign policy in a manner consistent with the aforementioned objective. However, neither the Government in office at the time nor those who followed it have implemented the Parliament’s deliberations. Moreover, even nowadays the external debt is an unbearable burden on the populations of the poorest countries and it is at the origin of serious violations of human rights. For this reason, it is essential to strengthen the cultural, social, political and religious movement to push the Government to act within the UN in order to start the procedure aimed at consulting the International Court of Justice.

 

Nel corso della XIII legislatura (1996-2001), il Parlamento, nel contesto propizio del Giubileo di fine millennio, si è occupato in modo efficace del problema del debito estero dei Paesi a basso reddito e maggiormente indebitati. La presente nota, dopo un succinto riepilogo dei termini essenziali della questione, intende ripercorrere criticamente i momenti nevralgici del dibattito parlamentare sugli specifici provvedimenti che hanno stretta attinenza con le posizioni dei giuristi e degli economisti che sostengono la tesi della non conformità ai principi generali del diritto dei meccanismi di accumulazione del debito estero dei Paesi a basso reddito. Questi studiosi hanno posto all’attenzione delle pubbliche Istituzioni l’obiettivo di investire della questione la Corte Internazionale di Giustizia. In effetti il Parlamento della XIII legislatura approvò una mozione e una disposizione di legge per indirizzare la politica estera del Governo in modo coerente con l’obiettivo suddetto. Tuttavia né il Governo allora in carica né quelli che lo hanno seguito hanno attuato le deliberazioni del Parlamento. Peraltro, anche nel presente il debito estero grava in modo insostenibile sulle popolazioni dei Paesi più poveri nei quali è all’origine di gravi violazioni dei diritti umani. Per questa ragione è auspicabile che si rafforzi il movimento culturale, sociale, politico e religioso per spingere il Governo ad agire in sede ONU al fine di avviare il procedimento diretto a chiedere un parere consultivo alla Corte Internazionale di Giustizia.

 

 



 

[Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione “Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dai promotori del Seminario “Contro l’usurocrazia ”, dal curatore della pubblicazione e dalla direzione di Diritto @ Storia]

 

* Relazione presentata nel Seminario di studi "CONTRO L’USUROCRAZIA. DEBITO E DISUGUAGLIANZE", organizzato dall’Unità di ricerca “Giorgio La Pira” del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Sapienza Università di Roma, diretta dal professore Pierangelo Catalano, e dal CEISAL - Consejo Europeo de Investigaciones Sociales de América Latina, Grupo de Trabajo de Jurisprudencia, svoltosi presso la Biblioteca Centrale del CNR il 15 dicembre 2017, in occasione del XX Anniversario della “Carta di Sant’Agata de’ Goti – Dichiarazione su usura e debito internazionale”.

 

[1] Chi scrive, nel corso del mandato parlamentare, ebbe occasione di conoscere questa originale corrente culturale, grazie al Prof. Pierangelo Catalano, romanista, impegnato in tante buone cause. Grazie a lui incontrò altri illustri e impegnati studiosi della materia quali il Prof Raffaele Coppola e il Prof Sandro Schipani e partecipò a importanti riunioni sul tema del debito estero a Caracas, Brasilia, Annaba e Sant’Agata dei Goti.

[2] La letteratura sulla materia è copiosa. Una esauriente raccolta di testi e di documenti è nel volume La dette contre le droit. Une perspective méditerranéenne, CNR, Progetto Strategico Sistemi Giuridici del Mediterraneo, sotto la direzione di Pierangelo Catalano e Abdelkader Sid Ahmed, Paris 2001. Nel suddetto volume sono rinvenibili tutti i documenti citati compresa la “Carta di Sant’Agata dei Goti. Dichiarazione su usura e debito internazionale”, resa pubblica dal Vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata dei Goti MARIO PACIELLO il 29 settembre 1997.

[3] Mozione (1-00023) «Cherchi, Ranieri, Giovanni Bianchi, Veltri, Solaroli, Soro, Pezzoni, Olivieri, Guerra, Testa, Mantovani, Brunetti, Meloni», depositata il 1° agosto 1996 e successivamente sottoscritta anche da Monaco. Atti Parlamentari - 2231 - Camera dei Deputati XIII LEGISLATURA - Allegato B ai RESOCONTI - Seduta del agosto 1996.

[4] Gazzetta Ufficiale - Serie Generale - n. 175 del 28 luglio 2000.

[5] Atti Parlamentari Camera dei Deputati XIII LEGISLATURA, DISCUSSIONI, SEDUTA DEL 22 SETTEMBRE 1997, resoconto stenografico, 27, 34 e SEDUTA DEL 27 MAGGIO 1998, resoconto stenografico, 16, 28.

[6] Atti Parlamentari,Camera dei Deputati XIII LEGISLATURA, DISCUSSIONI, SEDUTA DEL 27 MAGGIO 1998, N. 361, 16.

[7] Atti Parlamentari, Camera dei Deputati, XIII LEGISLATURA, DISCUSSIONI, SEDUTA DEL 27 MAGGIO 1998, N. 361, 28.

[8] http://leg13.camera.it/_dati/leg13/lavori/stampati/pdf/6662.pdf . Per seguire l’intero iter parlamentare del DDL vedi in http://leg13.camera.it/docesta/313/15804/documentotesto.asp?pdl=6662&tab=1&leg=13.

[9] Camera dei Deputati Bollettino delle Commissioni, III Commissione, Resoconto di mercoledì 24 maggio 2000.

[10] Emendamenti all’articolo 1 del DDL AC 6662:

«Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti: 2. L’obiettivo predetto si pone nel quadro della riaffermazione della volontà dell’Italia di veder attuati pienamente i diritti umani, i diritti dei popoli, i principi generali del diritto anche in relazione ai rapporti creditizi nei confronti di tutti i Paesi, e in particolare di tutti i Paesi in via di sviluppo, in conformità con i principi di solidarietà umana e internazionale di cui agli articoli 2, 10, 11 della Costituzione, agli articoli 2, 55, 56 della Carta delle Nazioni Unite, nonché dei Patti sui Diritti civili e politici e sui diritti economici, sociali e culturali del 1966, della Risoluzione n. 2625 del 1970, adottata all’unanimità dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, della Convenzione di Roma del 1950, del Trattato sull’Unione Europea. 3. Il Governo, nell’ambito delle istituzioni internazionali competenti, propone l’avvio delle procedure necessarie per la richiesta di parere alla Corte Internazionale di Giustizia al fine dell’accertamento del quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli secondo i quali si deve regolare il debito internazionale. 1. 2. Pezzoni, Cherchi»;

«All’articolo 1, dopo il comma 1, aggiungere il seguente comma 1-bis: 1-bis. Il Governo, nell’ambito delle istituzioni internazionali competenti, propone l’avvio delle procedure necessarie per la richiesta di parere alla Corte Internazionale di Giustizia al fine dell’accertamento del quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli secondo i quali si deve regolare il debito internazionale; 1. 24. Mantovani».

[11] Camera dei Deputati Bollettino delle Commissioni, I Commissione, Resoconto di giovedì 15 giugno 2000, 35.

[12] Camera dei Deputati Bollettino delle Commissioni, I Commissione, Resoconto di martedì 20 giugno 2000, 20.

[13] Camera dei Deputati Bollettino delle Commissioni, III Commissione, Resoconto di giovedì 22 giugno 2000, 13.

[14] Camera dei Deputati, Resoconto stenografico, seduta n. 750 del 28.06.2000.

[15] Relazione sullo stato di attuazione della legge recante misure per la riduzione del debito estero dei Paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati, presentata annualmente al Parlamento dal Ministero dell’Economia e delle Finanze. La serie della Relazione è reperibile sul sito del Senato della Repubblica.

[16] Raffaele Coppola, Etica cattolica, debito e giustizia sociale in vista di un nuovo assetto internazionale, in Stato, Chiesa e pluralismo confessionale, 2015.

[17] https://openknowledge.worldbank.org/bitstream/handle/10986/30968/IDS2018.pdf?sequence=1&isAllowed=y .