Memorie-2018

 

 

Raimondi-Foto - CopiaPaolo Raimondi

Comitato Italiano del Progetto Corridoio Euro-Asiatico “Razvitie”

membro del “Working Group sui BRICS” presso l’istituto EURISPES

 

ANCHE I BRICS INTERESSATI ALLA PROPOSTA DELLA SANTA SEDE SUL DEBITO PUBBLICO*

 

 

 

ABSTRACT

 

The author, representing the Italian research Institute Eurispes, introduced the Vatican proposal for the cancellation of the foreign debt of the poor countries on June 2017 at the “1st BRICS Think-Tank Forum on Pragmatic Cooperation” in Shanghai, China. It received great interest and support. The BRICS countries are seen as the “stronger brothers” by the developing sector and could decisively promote the initiative at the UN General Assembly.

It is an urgent issue because, since the 2008 global financial crisis, the world public debt doubled, from 30 to 65 trillion dollars.

So far the discussion on debt payment and its possible cancellation was related to situations of “force major”. It is time to introduced the notion of “state of necessity”, which would allow the nonpayment when it becomes too heavy and unsustainable for the people.

It is also important to locale it in the process of the financial deregulation and domination of the real economy. Beside public and foreign debts, new forms of speculative operations (on commodities and derivatives) are contributing to expand poverty and underdevelopment.

 

 

 

Desidero portare alla vostra attenzione il fatto che in occasione del “1st BRICS Think-Tank Forum on Pragmatic Cooperation” in Cina nel giugno 2017 ho presentato la proposta della Santa Sede in merito alla cancellazione del debito dei paesi poveri.

Alla riunione Brics (Brasile, Russia,India, Cina e Sud Africa) di Shanghai, cui ho partecipato come unico occidentale, in rappresentanza dell’Istituto Eurispes, i delegati dei cinque paesi hanno dimostrato grande interesse per l’iniziativa. So per certo che l’azione del Vaticano è stata discussa anche in centri decisionali importanti.

La cancellazione del debito è un atto politico. Senza una tale decisione non vi può essere nessun intervento che non abbia ritorsioni. Lo abbiamo visto in tutto il mondo intorno all’anno 2000, quando i paesi creditori, sotto la pressione dell’opinione pubblica più sensibile, hanno deciso di cancellare una parte importante del debito estero dei paesi più poveri. In quell’occasione non vi furono ritorsioni. I paesi in via di sviluppo avevano già sofferto e pagato più del dovuto.

Anche l’Italia ebbe un ruolo meritorio quando il Parlamento allora approvò la legge 209 relativa alle «Misure per la riduzione del debito estero dei paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati». Il provvedimento nacque sull’onda del Giubileo durante il quale fu lanciata la campagna per l’abbattimento del debito dei paesi poveri. 

Al riguardo, l’articolo n. 7 della citata legge recita: «Il Governo, nell’ambito delle istituzioni internazionali, competenti, propone l’avvio delle procedure necessarie per la richiesta di parere alla Corte internazionale di giustizia sulla coerenza tra le regole internazionali che disciplinano il debito estero dei paesi in via di sviluppo e il quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli». E’ esattamente l’obiettivo della Santa Sede. 

Certo, non sarà facile arrivare a una svolta importante sulla questione del debito. Gli interessi in gioco sono enormi. Ma se l’iniziativa sulla legittimità debitoria avesse inizialmente un effetto di deterrenza contro le speculazioni finanziarie, sarebbe già un successo rilevante. 

Contro la formazione del debito illegittimo gli interventi più rilevanti e fattibili sono di tipo preventivo. Ad esempio, serve una riforma della finanza che metta fuori legge operazioni speculative, quali i contratti allo scoperto, i derivati finanziari over the counter (quelli non regolamentati e tenuti fuori bilancio), altri derivati mirati all’andamento dei prezzi delle commodity (materie prime e beni alimentati) che hanno effetti devastanti in particolare sui bilanci dei paesi produttori. Servono meccanismi per proibire tassi d’interesse di usura.

 

Dal 2007 a oggi il debito pubblico mondiale è più che raddoppiato, passando da 30 trilioni di dollari  ai 65 trilioni attuali. Esso resta sempre una delle più pericolose minacce di crisi sistemiche. Come in passato, a essere colpiti per primi sono ancora i paesi più poveri, e quelli impoveriti o a rischio default. Finora i potenti della Terra, anche se, di fatto, sono i più indebitati, hanno avuto la spregiudicatezza e gli strumenti per far pagare il conto agli altri. Il problema è arrivato anche in Europa e tocca paesi molto vicini, come la Grecia, che ha un debito pubblico di 310 miliardi di euro, pari a circa il 175% del suo pil. Prima del 2007 era dell’89%. Tocca anche l’Italia, come sappiamo.

Perciò in questo momento di grandi incertezze e confusioni politiche, è rilevante che sia la Santa Sede, e non i governi, a portare all’esame delle Nazioni Unite il tema della legittimità del debito pubblico. Certamente s’intravede la mano di papa Francesco.

L’obiettivo è far pronunciare l’Assemblea Generale dell’Onu al fine di legittimare la richiesta di parere alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aja sulla gestione del debito internazionale per verificarne le eventuali violazioni dei diritti umani e dei popoli.

Si pone, quindi, l'esigenza di un'analisi approfondita dei fondamenti sia giuridici che etici della questione del debito. Non può diventare un macigno insostenibile per le popolazioni, né frenare lo sviluppo e limitare l’indipendenza e la sovranità di uno Stato.

Molti giuristi di varie ispirazioni stanno riflettendo sul problema del pagamento del debito da parte dei paesi poveri e sullo stato di forza maggiore e di necessità cui sono sottoposti. Per lo stato di forza maggiore il non pagamento dipende da un evento incontrollabile da parte dello Stato. Lo stato di necessità, invece, giustificherebbe l’inadempienza quando il pagamento sarebbe troppo gravoso per i cittadini. Chi può pensare di affamare il popolo per pagare, a tutti i costi, gli interessi sul debito?

L’iniziativa presso l’Onu costituirebbe un precedente giuridico su una materia nevralgica nei processi di globalizzazione e in particolare nel rapporto fra paesi ricchi e paesi poveri. Di conseguenza non potranno essere ignorati gli effetti deleteri della finanziarizzazione e della deregulation dell’economia.

Essa si poggia anche su un precedente importante: la risoluzione 69/319 dell’Onu del 2015 concernente i cosiddetti “fondi avvoltoio”, cioè quei fondi speculativi che operano in modo aggressivo sul debito dei paesi in crisi, come nel caso dell’Argentina.

Intorno all’iniziativa vaticana si sta tessendo un’ampia rete di alleanze. E’ importante, poiché  la Santa Sede ha lo status di osservatore alle Nazioni Unite e c’è bisogno che uno Stato presenti, in sua vece, la richiesta di discussione all’Assemblea Generale. E’ un ruolo che l’Italia naturalmente potrebbe e dovrebbe assumere.

Potrebbe essere un argomento importante anche per i paesi dell'alleanza BRICS e per quelli dell’Unione europea, per operare eventualmente in modo congiunto. Infatti, i BRICS si sono sempre presentati come i promotori degli interessi delle economie povere ed emergenti. È un impegno ribadito in tutti i vertici e nelle dichiarazioni finali, in particolare, per esempio, a Durban in Sudafrica o negli impegni fondamentali della Nuova Banca di Sviluppo.

D'altra parte, i paesi più poveri del Sud del mondo guardano ai paesi BRICS come a dei “fratelli maggiori” che potrebbero aiutarli e proteggerli.

I valori esplicitati nella proposta del Vaticano si ispirano alla Carta di Sant’Agata de’ Goti del 1997 nella quale giuristi, uomini di Chiesa, intellettuali e laici definirono una serie di principi giuridici per regolare, secondo giustizia, la questione del debito. In particolare «il divieto di accordi usurari», il rispetto «dell’autodeterminazione dei popoli» e il divieto di «un’eccessiva onerosità del debito».

Principi che richiamano in particolare al magistero della Chiesa contro «l’imperialismo internazionale del denaro» (Quadragesimo anno, ripresa dalla Populorum progressio, n. 26), secondo le forme e i contenuti espressi da San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. In particolare da quest’ultimo nell’Enciclica Laudato si’ e nel discorso alle Nazioni Unite del 25 settembre 2015.

La Chiesa è sempre stata molto attenta a queste problematiche economiche e sociali come evidenziano i documenti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace «Al servizio della Comunità umana: un approccio etico al debito internazionale» (1986) e «Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’Autorità pubblica a competenza universale» (2011).

 

Io credo che quanto la Santa Sede propone sia fattibile, non solo perché giusto ma anche perché necessario. L’umanità è sempre più posta di fronte all’inevitabilità di scelte coraggiose e lungimiranti, pena la sua distruzione. Credo che, anche nei momenti più difficili e bui, in fondo al cuore degli uomini vi sia sempre una scintilla che può trasformarsi in una luce risplendente.

 

 

 [Un evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione “Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dai promotori del Seminario “Contro l’usurocrazia ”, dal curatore della pubblicazione e dalla direzione di Diritto @ Storia]

 

* Relazione presentata nel Seminario di studi "CONTRO L’USUROCRAZIA. DEBITO E DISUGUAGLIANZE", organizzato dall’Unità di ricerca “Giorgio La Pira” del Consiglio Nazionale delle Ricerche – Sapienza Università di Roma, diretta dal professore Pierangelo Catalano, e dal CEISAL - Consejo Europeo de Investigaciones Sociales de América Latina, Grupo de Trabajo de Jurisprudencia, svoltosi presso la Biblioteca Centrale del CNR il 15 dicembre 2017, in occasione del XX Anniversario della “Carta di Sant’Agata de’ Goti – Dichiarazione su usura e debito internazionale”.