Monografie-2018

 

 

 

Si pubblica, col consenso del Curatore  e dell’Editore, l’articolo Potere negativo del tribuno della plebe e diritto di sciopero: i limiti. Rileggendo Giuseppe Grosso dopo 60 anni (57-61) degli Atti delle Segundas Jornadas Ítalo-Latinoamericanas Defensores Cívicos y Defensores del Pueblo. TRIBUNADO – PODER NEGATIVO Y DEFENSA DE LOS DERECHOS HUMANOS. En homenaje al Profesor Giuseppe Grosso (Torino, 8-9 settembre 2016) – Con la Carta di Torino per una nuova Difesa civica, a cura di ANDREA TRISCIUOGLIO, Milano, Ledizioni LediPublishing, 2018, pp. 334. ISBN  9788867058228

Indice del volume

 

 

 

Trisciuoglio-fotoxD@S-2018 - CopiaAndrea Trisciuoglio

Università di Torino

 

 

Presentazione del curatore

 

 

 

 perché a Torino lo spirito audace di iniziative si radica

in un tenace tradizionalismo, che dà a tutto una impronta

di serietà e di lavoro in profondità

Giuseppe Grosso, 1960*

 

Si raccolgono qui gli Atti delle Segundas Jornadas Ítalo-Latinoamericanas de Defensores Cívicos y Defensores del Pueblo. Tribunado – Poder negativo y defensa de los derechos humanos. En homenaje al Profesor Giuseppe Grosso, Congresso internazionale tenutosi a Torino i giorni 8 e 9 di settembre 2016, organizzato dal Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, dall’Instituto Latinoamericano del Ombudsman-Defensor del Pueblo (ILO), con sede in Buenos Aires, dall’Unità di Ricerca ‘Giorgio La Pira’ del CNR – Università di Roma ‘La Sapienza’, con il patrocinio della Regione Piemonte[1].

Mi preme innanzitutto rivolgere un particolare ringraziamento alle Autorità che hanno voluto manifestare personalmente la loro vicinanza all’iniziativa in occasione dell’apertura dei lavori: il Professor Gianmaria Ajani, Rettore dell’Università di Torino, la Professoressa Elisa Mongiano, in rappresentanza del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Torino, l’Avvocato Enrico Merli in rappresentanza del Consiglio Nazionale Forense (delegato per il Piemonte e la Val d’Aosta). E riconoscenza va espressa anche nei confronti degli enti sostenitori: il Consiglio della Regione Piemonte, l’Università di Torino, il Dipartimento di Giurisprudenza della stessa, l’Associazione di Studi Sociali Latinoamericani (ASSLA) di Sassari, l’Associazione Circolo Torinese di Diritto Romano. Ancora un grato pensiero rivolgo alla Corale Universitaria di Torino che ha chiuso il convegno, secondo la migliore tradizione universitaria ispanica, con un Gaudeamus igitur molto apprezzato, e al Dott. Alberto Rinaudo che mi ha dato un aiuto fondamentale negli aspetti organizzativi e nella cura redazionale del presente volume.

 

Le Giornate torinesi intendevano sviluppare i risultati delle Primeras Jornadas Ítalo-Latinoamericanas de Defensores Cívicos y Defensores del Pueblo (Buenos Aires, 11-12 settembre 2008) e delle successive riunioni organizzate dal Grupo de Trabajo de Jurisprudencia del CEISAL-Consejo Europeo de Investigaciones Sociales de América Latina (Tolosa, Salamanca, Oporto, San Pietroburgo, Roma) sui temi della Defensoría del Pueblo e della Difesa Civica, e ricordare in particolare il lavoro di Giuseppe Grosso, Professore di diritto romano, Presidente della Provincia di Torino, Sindaco di Torino, quindi Presidente del Comitato di Scienze giuridiche e politiche del CNR, che alla metà del secolo scorso aveva dato inizio ad una riflessione sul Tribunato dal punto di vista della Costituzione della Repubblica Italiana, e altresì a ricerche sul diritto latinoamericano. Dai saluti e ricordi inziali, qui pubblicati, di Pierangelo Catalano, di Tommaso Edoardo Frosini e di Aldo Loiodice possiamo bene intendere come l’intreccio dei due campi di indagine, che ha poi avuto fecondi sviluppi negli anni a venire fino – possiamo dire – al Convegno torinese del 2016 ed oltre, si sia saldato grazie alle intuizioni di Giuseppe Grosso e alla sua vivacità progettuale altamente innovatrice con la quale ha interpretato il ruolo di Presidente del suddetto Comitato all’interno del CNR nell’ultimo periodo della sua vita terrena.

 

 

1. La prima sezione del presente volume è dedicata essenzialmente alla riflessione in chiave romanistica del Maestro torinese a proposito del diritto di sciopero che da poco aveva avuto riconoscimento nella Costituzione italiana (art. 40).

Siamo nel 1953 e Grosso[2] scorgeva (con la dovuta attenzione alle diversità dei contesti storici e delle situazioni) un parallelismo tra l’intercessio del tribuno della plebe repubblicano e il diritto di sciopero; un parallelismo che viene ora rimeditato a fondo nei contributi di Cosimo Cascione, di Franco Vallocchia, di Emanuela Calore e dello scrivente (ma si veda anche l’intervento già citato di Frosini). Esso rafforzava la convinzione di Grosso, già espressa invero in un articolo di giornale del 1950 [3], che lo sciopero fosse uno strumento salutare per il progresso democratico della comunità e che dunque fosse opportuno legalizzarlo entro la Costituzione. Né nelle richiamate relazioni poteva essere trascurato il concetto di potere negativo[4] di cui rappresentano energiche manifestazioni sia il ius intercessionis del tribuno sia il diritto di sciopero dei cittadini lavoratori. A tal proposito Grosso, da lucido comparatista, accennava ai limiti normativi posti al potere negativo e si soffermava sulle finalità dello stesso; richiamava da un lato la tenuta dell’ordine costituito, la coesione della polis non pregiudicabile da una contrapposizione sociale, ancorché aspra, legittima, insisteva d’altro lato sul raggiungimento di un risultato positivo (sia esso un nuovo accordo tra patrizi e plebei, oppure la conclusione di un nuovo contratto collettivo tra datore di lavoro e lavoratori) a completamento della funzione paralizzatrice tipica degli istituti esaminati.

Alcuni argomenti collaterali emersi nella prima sezione mostrano poi l’indubbia attualità del pensiero costituzionalista del Maestro torinese. Mi riferisco alla difficoltà, che si è avvertita nitidamente anche nella recente vertenza dei professori universitari italiani, di distinguere lo sciopero economico da quello politico; inoltre alle tracce del potere negativo che Franco Vallocchia ha inteso individuare negli istituti, presenti nell’odierno diritto pubblico italiano, della disapplicazione e della conferenza di servizi.

 

 

2. Nella seconda sezione gli autori ci presentano un quadro sintentico ma abbastanza esauriente dei modelli di difesa civica europei. L’adozione di una prospettiva storico-comparatistica e un approccio non solamente ricognitivo ma altresì critico nei confronti del tema proposto mi sembrano i tratti salienti delle relazioni “europee”, che risultano in linea con le attese degli organizzatori. Rimanendo ancora nell’ambito delle istituzioni romane Antonio Palma ci offre la possibilità di confrontare il potere negativo del tribuno della plebe con i poteri attribuiti alla più tarda (IV secolo d.C.) e difficilmente inquadrabile figura del defensor civitatis, considerato già dal Cuiacio l’erede del tribuno nel campo della difesa dei soggetti deboli.

Anche Antonio Colomer Viadel si sofferma sugli antecedenti storici (non solo romani) del Defensor del pueblo spagnolo, per poi illustrare le peculiarità di tale figura e del Proveedor de Justicia portoghese, rilevando una vicinanza dei modelli iberici non tanto con l’Ombudsman svedese (a. 1809), quanto piuttosto con l’istituto del tribunato della plebe e del Justicia Mayor de Aragón (a. 1256).

La puntuale rassegna a firma di Elisabetta Di Suni allarga poi il campo di osservazione alla Svezia, Finlandia, Danimarca, Austria, Germania, Francia, Grecia, Regno Unito, Unione Europea; l’amara constatazione dell’autrice che l’Italia è il solo Paese della UE a non avere un difensore civico a livello nazionale si lega al rilevato paradosso dell’attuale situazione europea, nella quale si registra una presenza capillare di istituti di difesa civica laddove la Pubblica Amministrazione mostra già un elevato grado di efficienza.

Tatiana Alexeeva ripercorre invece l’evoluzione della Prokuratura a partire dalla sua istituzione durante l’Impero (Pietro I, a. 1722) fino all’attuale ordinamento della Federazione Russa. Dalla relazione di Alexeeva apprendiamo che attualmente in Russia la difesa civica dispone di una buona articolazione sul territorio e di una vasta gamma di mezzi di pressione e di sanzionamento, che vanno dall’avvertimento preventivo rivolto agli organi amministrativi e giudiziari fino alla presentazione di domande giudiziali laddove in particolare sia ravvisabile una lesione dei diritti umani.

La Francia e i Paesi francofoni inoltre sono messi sotto la lente di ingrandimento da Laurent Hecketsweiler e da Maria Grazia Vacchina. Il primo si interroga, da romanista molto critico nei confronti di derive liberali e positiviste, se il passaggio in Francia dal Médiateur de la République (a. 1973) al Défenseur des droits (a. 2011) sia stato accompagnato da sostanziali mutamenti di fisionomia iscritti nella nuova denominazione. La seconda forte di una lunga esperienza teorico-pratica maturata nei diversi ruoli di Difensore civico della Valle d’Aosta, di Coordinatrice della Conferenza nazionale dei Difensori civici italiani (delle Regioni e delle Province autonome) e soprattutto di Presidente dell’Association des Ombudsmans et Médiateurs de la Francophonie (AOMF) propone come tratto distintivo di una buona difesa civica la pratique de l’équité, valorizzata dalla AOMF, che consente, a certe condizioni, di rinunciare all’applicazione del diritto e di privilegiare soluzioni giuste. Soluzioni che il Médiateur, dall’alto di un’elevata statura professionale garantita da severi requisiti di eleggibilità, dovrebbe ricercare in collaborazione con le Amministrazioni puntando più sulla persuasione che non sulla coercizione o sulla sanzione.

 

 

3. Carlos Constenla, Presidente dell’ILO (Instituto Latinoamericano del Ombudsman-Defensor del Pueblo), apre la terza sezione dedicata alla difesa civica in America Latina che segue, per certi versi rafforzandolo, il modello iberico e dunque romano-repubblicano, allontanandosi per contro da quello scandinavo. L’autore non si limita tuttavia a scorgere una vicinanza tra defensores del pueblo latinoamericani e tribuni della plebe per la comune detenzione di un potere negativo[5], ma individua altri riferimenti concettuali risalenti al diritto romano che guidano, o dovrebbero guidare, l’agire dei defensores: innanzitutto l’idea che il diritto, come riteneva Celso, è la ricerca di una soluzione giusta per il caso concreto (ius est ars boni et aequi) e, come tale, può condurre financo alla disapplicazione della legge; inoltre, l’ampia concezione della cittadinanza potenzialmente inclusiva degli stranieri, che nei tempi attuali si tradurrebbe nella possibilità di estendere anche a costoro gli strumenti a disposizione dei defensores per la tutela dei diritti umani.

Le peculiarità concettuali e funzionali della difesa civica neolatina illustrate da Constenla bene si armonizzano in verità con un sistema costituzionale basato sul principio della democrazia diretta, mentre stridono non poco con il diverso sistema della democrazia rappresentativa, basata sulla tripartizione dei poteri di Montesquieu, attualmente in crisi. È un tema, questo, ripreso nella dotta relazione di Giovanni Lobrano, che ha il merito di recuperare un filone del costituzionalismo rousseauiano di matrice romanistica trascurato tranne rare eccezioni nelle dottrine giuspolitiche, una volta che si affermò, a partire dal XVIII secolo, neanche fosse un dogma insostituibile, la teoria della tripartizione dei poteri. Si tratta di una mirabile ricostruzione delle ragioni ultime per le quali si è abbandonata la tradizione democratica romana, nella quale il tribuno, in diretto collegamento con il popolo, incarnava il fondamentale mezzo di difesa della libertà dei cittadini. Convincente è poi la forte critica all’istituto della rappresentanza politica (senza vincolo di mandato) che Lobrano avanza ripercorrendone la storia; è difficile non riconoscere che la “sostituzione” della volontà dei rappresentanti a quella dei rappresentati tipica dell’istituto realizzi, in fin dei conti, un furto di democrazia.

Con il contributo di Cristina Ayoub Riche si entra nel vivo dell’esperienza attuale della difesa civica in America Latina. L’autrice ripercorre le tappe di affermazione e di strutturazione della Ouvidoria brasiliana a partire dall’epoca coloniale, presentandola come un valido presidio (ora di livello costituzionale) dei diritti umani, strumento di democrazia diretta, in grado di trasformare la cultura del lamento in quella della partecipazione cittadina. Si sofferma poi con maggiore attenzione sulla Ouvidoria universitaria, i cui albori si situano nel 1992, e sulle sue specificità; qui la protezione dei diritti universitari (di tutte le componenti dell’Università: professori, studenti, personale amministrativo) mira anche ad un obiettivo più elevato rispetto alla risoluzione dialogante dei singoli conflitti, cioè quello del miglioramento del servizio reso dall’istituzione di alta formazione.

Alejandro Nató, dal canto suo, prende spunto dall’episodio della secessione dei plebei al Monte Sacro per una brillante interpretazione della defensoría del pueblo come spazio di interlocuzione nel quale è possibile canalizzare il diritto alla protesta popolare; si eviterebbe così una compressione di tale diritto e una criminalizzazione del suo esercizio, spesso giustificata nella recente storia dell’America Latina da ragioni di pubblica sicurezza.

Norberto Carlos Narcy si sofferma invece su di un particolare ambito di intervento del defensor del pueblo: quello della lesione dei diritti umani provocata dall’Amministrazione quando non siano adeguatamente garantiti i servizi pubblici domiciliarii (le utenze domestiche) secondo i principi della universalità, facile accessibilità ed economicità. Gli attuali orientamenti del diritto internazionale e delle costituzioni latino-americane osserva l’autore argentino autorizzano in effetti ad enucleare un diritto all’abitazione caratterizzato da certi livelli qualitativi per quanto attiene alla fornitura di acqua, gas, energia; compito del defensor sarebbe dunque anche quello di assicurare il rispetto dei detti principi da parte delle Amministrazioni o delle imprese fornitrici (pubbliche o private), incidendo in particolare sulle politiche tariffarie al fine di contrastare la nuova povertà energetica.

Appassionata è la relazione che segue di Ricardo Ariel Riva, il quale prende spunto dalla sua personale esperienza di Defensor del pueblo della città di Neuquén (Patagonia argentina), documentata da un toccante video, per denunciare la scarsa collaborazione offerta dai funzionari pubblici nei tentativi di mediazione adoperati dal defensor. Costui, secondo Riva, dovrebbe essere solerte nel dare visibilità alle situazioni di ingiustizia e, d’altro canto, impegnarsi in un’incisiva opera di sensibilizzazione sui diritti umani.

 

 

4. La quarta sezione colloca il lettore in una dimensione marcatamente propositiva (de iure condendo) con speciale riferimento all’ordinamento italiano, nella quale la maggiore efficacia degli istituti di difesa civica viene fatta dipendere per lo più da un ritorno al modello tribunizio romano e al potere negativo e, più in generale, da un’attenta valutazione dei profondi cambiamenti derivanti dalla globalizzazione. Questi inducono ad un ripensamento di schemi giuridici consolidati e di conseguenza ad un allargamento del campo d’azione dei difensori civici, posto che i cittadini necessitano ora di interventi protettivi non solo nei confronti del potere esecutivo ma anche nei confronti dei potenti attori economici che operano a livello mondiale fuori dalla tradizionale cornice statale.

Antonio Caputo riprende l’impostazione rousseauiana sul potere negativo, già adottata in un precedente ed importante libro[6], e vede il difensore civico, novello tribuno, essenzialmente come magistrato di interdizione e sollecitazione, che gode di autonomia e indipendenza dal potere politico, particolarmente impegnato nella prevenzione dei conflitti tra Amministrazione e cittadino, stimolatore di atteggiamenti collaborativi e antiburocratici; la sua azione, improntata ai principi della democrazia partecipativa, dovrebbe garantire una legalità sostanziale, e non formale, in alternativa alle tradizionali vie giurisdizionali e con benefiche ricadute sul piano educativo tanto per i cittadini quanto per la Pubblica Amministrazione.

L’indirizzo politico “latino” privilegiato nel convegno assai più favorevole alle forme della democrazia diretta (compatibili con un modello tribunizio della difesa civica) rispetto a quelle della democrazia rappresentativa parlamentare non è totalmente condiviso da Giuseppe Valditara, che pure indica il principio della sovranità popolare, posto all’esordio della nostra Carta costituzionale, quale principale faro orientatore di indifferibili interventi migliorativi sulla Costituzione (sia formale sia materiale) italiana. La fiducia che l’autore ripone nella democrazia rappresentativa è in parte attenuata dal riconoscimento di momenti straordinari in cui la violazione della sovranità popolare e dei diritti fondamentali del cittadino legittimano un diritto di resistenza, esercitato eventualmente nelle forme dello sciopero politico, anche nell’attuale assetto costituzionale. Quanto al difensore civico, Valditara ritiene opportuno convertirlo in un avvocato del popolo legittimato all’azione risarcitoria in caso di abusi della Pubblica Amministrazione e dei grandi gruppi economici; ciò che produrrebbe notevoli vantaggi per i cittadini rispetto agli attuali istituti delle Authorities e della class action, per vari motivi (scarsa indipendenza dalla politica, difetto di legittimazione processuale, eccessivi oneri economici) poco funzionali. Degna di sottolineatura poi mi pare l’ardita proposta di potenziare il ruolo di un tale difensore-avvocato consentendogli di promuovere direttamente il controllo di costituzionalità sulle leggi statali e regionali innanzi alla Corte Costituzionale; proposta, questa, che va nella direzione di scelte normative già operate in Spagna e in America Latina[7].

Chiude la sezione l’intervento di Mariano Protto, per il quale il difensore civico è chiamato a fare i conti con un un nuovo scenario nel quale il potere pubblico ha in parte dismesso le vesti tradizionali, assumendo anche strutture e modalità di azione di carattere privatistico che pongono seriamente il problema della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini in rapporto ad un concetto di rapporto amministrativo ridisegnato. Le lesioni a tali diritti osserva per altro Protto non provengono solo da enti privatizzati ma anche dalle imprese multinazionali, contro le quali i rimedi giudiziari nazionali si rivelano totalmente inadeguati. La risposta normativa potrebbe essere dunque l’istituzione di difensori civici a livello globale, con le caratteristiche dei tribuni romani, che siano in grado di convogliare stabilmente le proteste dei cittadini contro le discutibili pratiche delle anzidette imprese esercitando un ruolo politico più che giudiziario.

Le II Jornadas hanno inoltre ospitato l’illustrazione del progetto “Portale telematico della difesa civica”, elaborato da Antonio Cammelli, Elio Fameli e Giancarlo Taddei Elmi dell’Istituto di Teoria e Tecniche dell’Informazione Giuridica (ITTIG) del CNR. Il progetto – ha reso noto il relatore Sebastiano Faro – è nato dall’esigenza di raccogliere e ordinare, secondo opportune chiavi di ricerca concettuale, la dispersiva informazione giuridica (legislativa, giurisprudenziale, dottrinale) presente nelle banche dati, proponendo, fra l’altro, la creazione di un Osservatorio telematico della difesa civica, pensando non solo al lavoro dei difensori civici ma anche ai cittadini, spesso ignari dei diritti che possono vantare nei confronti della Pubblica Amministrazione. Esso attualmente può contare altresì sull’apporto dei siti web dedicati alla difesa civica, in particolare quello del Coordinamento Nazionale dei Difensori Civici delle Regioni e delle Province autonome e quelli dei differenti Difensori civici regionali. L’obiettivo originario del progetto, ancora attuale, è quello di realizzare un punto di accesso unificato all’informazione giuridica in materia di difesa civica, possibilmente arricchito da percorsi interattivi grazie ai quali il cittadino può comprendere da sé le norme e le procedure per la tutela dei propri diritti prima di rivolgersi al difensore civico.

 

 

5. Traendo le fila dei lavori del congresso e dei colloqui informali ad esso collegati, nella maturata convizione che sia opportuno recuperare anche in Italia quel modello di difesa civica romano repubblicano che è stato poi adottato, pur con inevitabili adattamenti, nei Paesi iberici e latinoamericani, il Comitato organizzatore (Antonio Caputo, Pierangelo Catalano, Carlos Constenla e lo scrivente), con la supervisione e adesione dell’Avvocato Augusto Fierro (Difensore civico della Regione Piemonte), ha redatto la Carta di Torino per una nuova Difesa civica: una concreta e articolata proposta normativa indirizzata al legislatore italiano che è stata inclusa alla fine del presente volume.

Chiudo questa presentazione con una postilla, più intima, rivelatrice di un rammarico. Le difficili condizioni personali hanno impedito la trasmissione dell’intervento scritto al mio Maestro Filippo Gallo, che molto ha contribuito a tenere vivo all’interno della Scuola romanistica torinese il ricordo di Giuseppe Grosso, uomo e scienziato del diritto[8], e a perpetuarne i valori, le dottrine e i metodi. La ferma convinzione di Grosso, recepita poi da Gallo, che ciascuno è “allievo della sua testa” mi ha permesso ampia libertà di scelta sui temi di studio e sui percorsi di ricerca. Per questo, ma non solo per questo, sono grato ad entrambi.

 

Torino, 27 aprile 2018.

 



* G. Grosso, Le vie dello sviluppo universitario torinese verso il 2000, in Il Piemonte verso il 2000, Torino 1960, ora in Scritti storico giuridici, vol. I, Torino 2000, 531.

[1] Comitato promotore: Gianmaria Ajani (Rettore dell’Università di Torino); Sergio Chiamparino (Presidente della Regione Piemonte); Piero Fassino (già Sindaco di Torino, Presidente dell’ANCI-Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia); Augusto Fierro (Difensore civico della Regione Piemonte); Mauro Laus (Presidente del Consiglio regionale del Piemonte); Alessandro Licheri (Difensore civico della Città metropolitana di Roma Capitale); Andrea Mascherin (Presidente del Consiglio Nazionale Forense); Riccardo Pozzo (Direttore del Dipartimento Scienze Umane e Sociali, Patrimonio Culturale del CNR). Comitato scientifico: Massimo Cacciari (Venezia, Università Vita-Salute San Raffaele); Antonio Colomer Viadel (Universidad Politécnica de Valencia); Massimo Luciani (Presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, Università di Roma ‘La Sapienza’); Paolo Maddalena (Vicepresidente emerito della Corte Costituzionale); Stelio Mangiameli (Direttore dell’Istituto di Studi sui Sistemi Regionali Federali e sulle Autonomie ‘Massimo Severo Giannini’ del CNR); Paolo Ridola (Preside della Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Roma ‘La Sapienza’). Comitato organizzatore: Antonio Caputo (già Presidente del Coordinamento italiano dei Difensori civici regionali e delle Province autonome); Pierangelo Catalano (Unità di ricerca ‘Giorgio La Pira’ del CNR-Università di Roma ‘La Sapienza’); Carlos Constenla (Presidente dell’Instituto Latinoamericano del Ombudsman-Defensor del Pueblo, Buenos Aires); Andrea Trisciuoglio (Università di Torino). Sul convegno, dopo la conclusione dei lavori, v., a mia firma, Grandi maestri, ricordando Giuseppe Grosso pubblicato in La voce e il tempo del 25 settembre 2016 [www.lavocedeltempo.it/Territorio/Grandi-maestri-ricordando-Giuseppe-Grosso].

[2] Cfr. il suo articolo Il diritto di sciopero e l'"intercessio" dei tribuni della plebe, in Rivista Italiana per le Scienze Giuridiche 6-7, 1952-1953, 397 ss., ora in G. Grosso, Scritti storico giuridici, cit., vol. I, 303 ss.

[3] Cfr. G. Grosso, Diritto di sciopero, in Il popolo nuovo n. 6 del 7 gennaio 1950, 1, citato nel contributo di E. Calore.

[4] Sul quale cfr. i numerosi scritti di P. Catalano; mi limito qui a ricordare: «Potere negativo» e sovranità dei cittadini nell’età tecnologica, in Engagement et responsabilité des anciens élèves dans une monde en transformation, II Congressus Unionis Mundialis Antiquorum Societatis Jesu Alumnorum, Romae 26-30 Augusti 1967, Actes, Napoli s.d., 91-106; «Potere negativo» e sovranità popolare, in I cattolici italiani nei tempi nuovi della cristianità, Atti del convegno di studio della Democrazia Cristiana, Lucca 28-30 aprile 1967, a cura di G. Rossini, Roma 1967, 824-830; Tribunato e resistenza, Torino 1971, spec. 18 ss.; Un concepto olvidado: 'Poder negativo', in Revista general de legislación y jurisprudencia 80.3, 1980, 231 ss.; Sovranità della multitudo e potere negativo: un aggiornamento, in Studi in onore di Gianni Ferrara, vol. I, Torino 2005; ivi (643), è teorizzata la distinzione tra potere negativo diretto (esercitato direttamente dai cittadini, per esempio con la secessione o lo sciopero generale) e indiretto (che implica invece l'intervento tribunizio); adde la "Prefazione" in A. Caputo, Un difensore civico per la repubblica. Difesa dei diritti dell'uomo e del cittadino nell'Unione Europea, Soveria Mannelli 2012, 5 ss.

[5] C. Constenla si è già soffermato sul potere negativo in No quedó en el olvido: el poder negativo, in Revista general de legislación y jurisprudencia 1.3, 2014, 7 ss.; v. anche dello stesso, a proposito della "ubicación institucional del Defensor del Pueblo", Defensor del pueblo ¿un enemigo del pueblo?, in Éforos. Publicación Semestral del Instituto Latinoamericano del Ombudsman - Defensor del Pueblo (ILO) 4.2, 2014, 27 s.

[6] Cfr. A. Caputo, Un difensore civico, cit. (supra, nt. 4), 29 ss.; tale libro beneficia di una felice interazione tra la riflessione storico-comparatistica e l'esperienza pratica dell'autore. Cfr. anche dello stesso, Relazione del Difensore civico regionale (anno 2013), 18 s., leggibile nel sito del Difensore civico della Regione Piemonte [cr.piemonte.it/web/assemblea/organi-istituzionali/difensore-civico/attivita].

[7] Per la Spagna, richiamando il potere negativo, v. A. Colomer, El defensor del pueblo, protector de los derechos y libertades y supervisor de las administraciones públicas, Cizur Menor (Navarra) 2013, spec. 20, 208; adde P. Carrozza - A. Di Giovine - G.F. Ferrari (a cura di), Diritto costituzionale comparato, vol. I, Bari 2014, 218 s. [M. Iacometti]. Per l'America Latina, v. L. Mezzetti, L'Ombudsman nelle esperienze costituzionali dell'America Latina, in Diritto pubblico comparato ed europeo 4.2, 2006, 1732.

[8] Tra gli scritti di carattere commemorativo segnalo specialmente: F. Gallo, Giuseppe Grosso. A venticinque anni dalla morte, in Bullettino dell'Istituto di Diritto Romano 98-99, 1995-96 (pubbl. 2000), ora in G. Grosso, Scritti storico giuridici, cit., vol. I, XI ss.