N. 4 – 2005 – Contributi

 

Del possesso per usucapione continuato, aperto e in buona fede

 

Anton D. Rudokvas

Direttore della Filiale di San Pietroburgo

del Centro degli studi di diritto romano

 

 

La legislazione civile moderna della Russia, regolando rapporti giuridici, usa assai spesso termini, concezioni e le loro combinazioni che, da una parte, hanno un contenuto speciale richiedente precisa esecuzione, mentre dall’altra parte, dato che la definizione del loro contenuto non è stata introdotta in modo evidente, la detta definizione richiede un “trattamento dottrinale” per ogni caso specifico. Ne serve da esempio lampante l’art. 234 del Codice Civile della Federazione Russa (da qui in poi CCFR) che contiene norme riguardanti l’usucapione. L’articolo dice: «Una persona - un cittadino o una persona giuridica - che non è proprietario del bene, ma possiede in buona fede, apertamente e continuativamente un immobile come suo proprio entro quindici anni, oppure un altro bene entro cinque anni, acquisisce il diritto di proprietà su questo bene».

Ma con tutto questo il contenuto delle concezioni del possesso del bene come suo proprio, del possesso aperto, continuato e in buona fede non viene definito dal legislatore in modo esplicito. Evidentemente esso si presume oramai noto. In questo senso il legislatore si conforme alla tradizione della giurisprudenza prerivoluzionaria nazionale russa siccome neanche nella legislazione dell’Impero Russo veniva direttamente definito il contenuto della concezione “possesso” e dei suoi requisiti[1]. A quanto pare allora si aveva in vista che la concezione del possesso con tutti i suoi attributi doveva essere appresa nel corso del diritto romano privato, il quale secondo il ben noto civilista russo I.A. Pokrovskij «nelle condizioni esistenti dell’istruzione civilistica sostituisce per noi la teoria generale del diritto civile»[2].

I.E. Enghelman, autore della monografia più fondamentale sulla prescrizione acquisitiva nella civilistica prerivoluzionaria russa scriveva in riguardo dell’usucapione così: «Seguendo il sorgere e la formazione di questa concezione, vediamo che nei sistemi nuovissimi del diritto essa appariva sotto l’influenza della dottrina del diritto romano. Perciò per dare una valutazione giusta di questa concezione bisogna esaminare il suo significato nel diritto romano, in quell’archetipo e fondamento di ogni legislazione civilizzata e in via di sviluppo»[3]. Sempre Enghelman ha formulato: «definito il significato di questa concezione nel diritto romano, avremo una misura giusta per la valutazione teorica di quel significato che la prescrizione ha nel diritto russo»[4]. Inoltre, riferendosi alle sentenze sulla prescrizione nella tradizione nazionale giuridica russa I.E. Engelman ha notato: «Nel diritto russo sussistono ancora l’unilateralità e la deficienza che potrebbero essere superate solo con l’adozione dei principi del diritto romano, ossia della scienza del diritto».

Non credo che si potrebbe insistere che oramai questa affermazione abbia già perso l’attualità. Sebbene che sotto l’influenza delle codificazioni europee del XIX secolo per un certo periodo si formasse l’illusione che il diritto romano dovesse cedere le sue posizioni nella dottrina civilistica a una sintetica “teoria del diritto civile”, tuttavia queste speranze non si realizzarono, e per cause obbiettive un’autonoma “teoria del diritto civile” in qualità di una disciplina scientifica indipendente dalla legislazione positiva non esiste finora. Perciò un posto piuttosto modesto che il diritto romano occupa nelle ricerche civilistiche moderne in Russia, ivi comprese quelle dedicate all’usucapione, si spiega solo dall’inerzia del diritto sovietico il quale in conseguenza delle note cause ideologiche respingeva il diritto romano come alieno alla concezione giuridica socialista[5].

Va notato che l’ignorare delle radici romanistiche del modello dell’usucapione che viene affermato nel CCFR sembra avere un carattere ostentato. Così l’autore di un articolo, dedicato in modo speciale a questo istituto e pubblicato in una seria edizione scientifica, parlando del diritto romano, si è permesso di limitarsi di indicare solamente che l’usucapione era «istituto del diritto romano privato» e di riferirsi, chissà perché, al dizionario latino-russo del 1976[6], dopo di che ha evitato quasi del tutto di parlare degli istituti del diritto romano nella sua analisi teorica delle concezioni della legislazione vigente. Perfino in quei pochi casi quando un autore crede necessario ricordare le radici giuridiche romane dell’istituto dell’usucapione, lo fa spesso senza legarle all’esposizione conseguente dedicata al diritto civile vigente della Russia, lasciando una simile digressione storica priva di significato pratico[7].

          A favore dell’attenzione all’esperienza del diritto romano per interpretare gli istituti vigenti del diritto civile della Russia, in particolare di quei che sono legati alla concezione del possesso, serve anche l’esperienza degli altri paesi. Perfino in Germania, il codice civile della quale contiene una definizione legale assai precisa del possesso e dei suoi requisiti, le ricerche dedicate alla teoria del possesso in una certa parte risalgono direttamente al diritto romano[8], e molti principi di base della dottrina moderna tedesca, relativi a questo argomento si deducono direttamente dal diritto romano[9].

Per la Russa contemporanea un simile rivolgimento all’esperienza del diritto romano per l’interpretazione delle norme del Codice Civile nazionale relative al possesso e all’usucapione è forse ancora più naturale che per la Germania per due ragioni. Da una parte, come nota uno degli autori del Codice Civile Russo, E.A. Suchanov, il Codice Civile della Russia, così come anche i codici civili dei paesi appartenenti alla «famiglia giuridica continentale», è fondato in molte cose sulle concezioni classiche, ossia giuridiche romane (di diritto privato)[10]. In particolarità, i creatori del vigente Codice Civile della Russia, formulando le norme del codice, si sono basati sulla concezione romana della figura del possessore in buona fede – bonae fidei possessor[11].

Dall’altra parte, forse come il difetto principale dell’ultima codificazione del diritto civile russo viene indicata dai critici del nuovo CCFR la mancanza della definizione legale della concezione del possesso e dei suoi requisiti. Un civilista famoso pietroburghese Ju.K. Tolstoj scrive: «In sostanza la concezione del possesso assente nella legislazione nazionale russa, mentre senza elaborare questa concezione, senza scoprire il suo contenuto, sarebbe difficile parlare in modo concreto della tutela possessoria siccome non si sa che cosa esattamente in questo caso dovrebbe essere tutelato»[12]. Questa osservazione vale completamente anche per il contenuto delle concezioni come possesso per usucapione, la buona fede di esso, il suo carattere aperto e la sua continuità.

Quindi a favore dell’uso più largo delle disposizioni del diritto romano per rivelare il contenuto della concezione possesso ed i suoi requisiti nel diritto civile russo contemporaneo serve tanto il carattere per eccellenza romanistico del CCFR, quanto l’assenza di una definizione legale di queste concezioni nel CC. Comunque, vorremmo sottolineare ancora una volta, che, come dimostra l’esperienza della Germania e degli altri paesi dell’Europa Occidentale, anche la presenza delle suddette definizioni nelle loro legislazioni vigenti non esima dalla necessità di rivolgersi all’esperienza del diritto romano per una più corretta comprensione e interpretazione.

Il legislatore russo considera la continuità del possesso come uno dei requisiti necessari per acquistare il diritto di proprietà tramite l’usucapione. Però, il CCFR non contiene definizione di ciò che deve essere ritenuto interruzione del possesso del possessore per usucapione.

Nei commentari e nei testi di studio si indica di solito che il possesso per usucapione viene considerato interrotto nel caso quando il possessore compie azioni con le quali dimostra il suo riconoscimento del dovere di restituire la cosa al proprietario, nonché nel caso di presentazione dell’istanza di restituzione del bene da parte della persona autorizzata, vale a dire che l’usucapione si interrompe per gli stessi motivi per le quali viene interrotta la prescrizione giudiziale[13]. Questa interpretazione è evidentemente presa dalla dottrina prerivoluzionaria civilistica nazionale russa, in quanto, come diceva I.E.Enghelman in merito al diritto civile russo del suo tempo: «... la somiglianza delle ordinanze sull’usucapione e sulla prescrizione giudiziale in pratica crea un’interazione fortuita di questi istituti nel diritto russo poiché questi due istituti nel diritto russo sono gemelli, simili l’uno all’altro a tal punto che è facile confonderli»[14]. Però, storicamente questa interpretazione risale al concetto dell’interruzione civile (civilis usurpatio) del Corpus juris di Giustiniano che prevedeva l’interruzione dell’usucapione con la querela sporta al possessore e spinta fino al litis contestatio[15]. Il fatto, che l’interruzione dell’usucapione doveva avere gli stessi motivi che l’interruzione della prescrizione giudiziale, si accettava come indiscutibile da quei civilisti sovietici che parlavano dell’istituto dell’usucapione ancora prima che il nuovo Codice Civile della Russia fosse approvato[16]. Tuttavia, dopo l’approvazione del detto Codice una simile interpretazione dell’interruzione dell’usucapione non potrebbe essere riconosciuta adeguata. Il fatto è che nel diritto romano l’istituto di usucapione si intrecciava strettamente con l’istituto di prescrizione estintiva[17]. La decorrenza della prescrizione giudiziale andava parallelamente alla decorrenza dell’usucapione e perciò fu naturale per la giurisprudenza romana di stabilire che l’usucapione andava interrotta per gli stessi motivi che la decorrenza della prescrizione assegnata al proprietario perché presentasse l’istanza di rivendicazione. Anche i civilisti sovietici, dichiarandosi a favore della ricezione del costrutto analogo dal diritto civile russo, partivano dal presupposto che nel nuovo CC della Russia sarebbe stabilita la decorrenza parallela della prescrizione giudiziale e dell’usucapione, e perciò dichiaravano la necessità di assicurare garanzie per il proprietario affinché perdesse la possibilità di restituire la cosa alla decorrenza dell’usucapione nel caso se la prescrizione giudiziale fosse interrotta o sospesa[18]. Ma in conformità al p. 4 art. 234 del CCFR la decorrenza dell’usucapione non può cominciare, in via di principio, prima della scadenza della prescrizione giudiziale per l’istanza atta a richiedere la data cosa in virtù degli artt. 301 e 305 del CCFR. Le possibili, nei casi eccezionali, interruzioni o sospensioni della decorrenza della prescrizione giudiziale, di per se stesse non hanno nessuna importanza siccome con questo costrutto dei rapporti tra la prescrizione giudiziale e l’usucapione esse soltanto posticipano l’inizio dell’usucapione. In questo modo nella Russia contemporanea non esistono ragioni per diffondere le norme dell’interruzione della prescrizione giudiziale sull’interruzione dell’usucapione. Sebbene i commentatori riconoscano l’originalità della novella del p. 4 art. 234 del CCFR[19], dalla constatazione di questa originalità non erano fatte conclusioni pratiche e al livello dell’interpretazione dottrinale del Codice Civile il problema dell’interruzione dell’usucapione continua a risolversi così come se nella legislazione vigente civile, parimenti al diritto romano, la prescrizione giudiziale e l’usucapione formassero indissolubile unità e quindi dovessero essere interrotte per gli stessi motivi. Così Ju.K. Tolstoj, basandosi su questa interpretazione della legislazione vigente, nell’articolo pubblicato nel 1992[20], ha formulato la sua opinione, relativa alle norme della Legge della RSFSR sulla proprietà e alle Basi della legislazione civile dell’URSS del 1991, riproducendola in seguito nel manuale pubblicato dopo l’approvazione della Parte 1 del nuovo CCFR[21]. Intanto una simile opinione alla luce del p. 4 art. 234 del CCFR non solo manca di giustificazione logica, ma ha un effetto nocivo per i bisogni pratici dell’utilizzo. Il fatto è che anche dopo il decorso della prescrizione giudiziale in virtù del p. 1 art. 199 del CCFR: «La richiesta della protezione del diritto violato va accettata dal tribunale indipendentemente dalla scadenza del termine della prescrizione giudiziale», anche se, nel caso il convenuto presentasse la domanda di applicare la prescrizione giudiziale, quella azione non sarà soddisfatta dal tribunale in virtù del p. 2 art. 199 del CCFR. Se si riconosce che la decorrenza dell’usucapione va interrotta con la presentazione dell’azione da parte del proprietario, così come succede in relazione alla prescrizione giudiziale in conformità all’art. 203 del Codice Civile, allora sorge la possibilità per il proprietario non possedente di abusare del suo diritto di presentare azione, interrompendo con questa presentazione la decorrenza dell’usucapione con l’unico scopo di ostacolare l’acquisto del diritto di proprietà per usucapione da parte del possessore siccome una restituzione forzata della cosa in ordine giudiziario con la scadenza del termine della prescrizione giudiziale risulta oramai impossibile.

Tenendo conto di quanto detto sopra, si deve riconoscere che nel diritto civile russo il motivo per l’interruzione della decorrenza dell’usucapione risulta solo l’effettiva perdita del possesso che i pandettisti chiamavano naturalis usurpatio (interruzione naturale dell’usucapione)[22]. Tuttavia, per riconoscere il possesso perduto bisogna definire che cosa s’intende per il possesso in senso giuridico. Nella dottrina civilistica il possesso in senso giuridico (possesso giuridico) per tradizione viene considerato come l’insieme di due elementi che esistono inseparabilmente: l’intenzione di possedere la cosa come la sua (animus possessionis) e l’effettivo possesso di essa che si esprime nel contatto materiale con essa (corpus possessionis). Sembra che, appoggiandosi proprio su questa costruzione, gli autori del commentario pratico-scientifico alla Parte I del CCFR, collaboratori dell’Istituto dello Stato e del diritto dell’Accademia di Scienze Russa, hanno ritenuto che per riconoscere l’usucapione ininterrotto «l’eventuale acquirente dovrebbe in via di principio provare che giorno per giorno entro tutto il periodo rimaneva possessore della cosa. Per esempio, con riferimento ad un apprezzamento di terra dovrebbero essere presentate le relative prove per tutti i 365 giorni dei 15 anni»[23]. Anche se più tardi gli autori del commentario acconsentiranno di dover riconoscere la presunzione della continuità di possesso[24], però la possibilità di contestare la detta presunzione, a quanto pare, viene presupposta da loro siccome rimane la necessità per il possessore di eseguire giornalmente l’elemento reale del possesso (corpus possessionis), alla mancanza di cui, a loro parere, non si potrebbe affermare in modo evidente se il possesso fosse effettuato quel tal oppure se in quel giorno venisse interrotto. Tuttavia se tentiamo di esaminare l’applicazione di questa costruzione su diversi esempi concreti, dovremmo dubitare della sua adeguatezza. Basterebbe ricordare un esempio da antologia col possesso di una villa estiva. E’ chiaro che per essere considerato possessore della villa non è del tutto necessario abitarvi tutto l’anno (cosa spesso anche impossibile perché questa casa non è adibita per starci l’anno intero). Tuttavia non lascia alcun dubbio il fatto che il padrone della villa continui a possederla, anche se la maggior parte dell’anno non viene a starci. Dall’altra parte, è anche difficile rispondere alla domanda: per quanto tempo la villa dovrebbe rimanere in disuso affinché sia riconosciuto che il possesso della stessa è perduto. E’ ovvio che proprio queste difficoltà nel definire la concezione del possesso hanno costretto l’autore del suddetto commentario dell’Istituto dello Stato e del diritto dell’Accademia di scienze della Russia A.A.Rubanov a rinunziare a considerare il possesso come categoria di diritto, riconoscendogli solo il carattere di una categoria “sociale”[25], lasciando in questo modo alla decisione della corte la libertà di riconoscere l’esistenza del fatto di possesso in ogni caso concreto senza chiari criteri per una simile definizione, che si fa solo per mezzo di “una determinazione sociale”. In questo modo sarebbe legittimo domandarsi, se solo il possesso effettivo di una cosa da parte del suo possessore o del suo rappresentante (detentore) può essere considerato quale possesso giuridico oppure qualcos’altro? Com’è stato detto sopra, dal momento che la legislazione russa non definisce direttamente il contenuto delle concezioni “possesso” e “possessore”, sarebbe giusto rivolgersi al diritto romano per rendere chiaro il vero significato di queste due definizioni.

Il rivolgimento alla casistica delle situazioni possessorie, riflessa nelle fonti del diritto romano, particolarmente nel libri 41 e 43 dei “Digesti di Giustiniano”, dimostra che nel diritto classico il possesso veniva considerato prima di tutto come una continua manifestazione della volontà possessoria, mentre l’elemento reale di possesso può essere assente, essendo la forma di volontà possessoria la più evidente, ma non l’unica. Così i giuristi romani decidono che il possesso di un pascolo non viene perso anche se il possessore lo abbandona in autunno, perché durante l’inverno non potrà esercitare nessuna azione sul pascolo realizzando il corpus possessionis[26]. In complesso, ragionando logicamente, l’effettiva presa di possesso della cosa, cioè il contatto corporale con essa, o l’appropriazione dimostrativa di essa, è necessario solo all’inizio di possesso, sebbene solo in quella misura, in quale la trasmissione effettiva della cosa sia necessaria per il passaggio del diritto di proprietà nel momento di alienazione della cosa. Naturalmente, in merito agli immobili la presa di possesso si realizza in forma di un qualche atto simbolico testimoniante la perdita della volontà possessoria da parte del possessore precedente e la rivelazione della stessa da parte del nuovo possessore. Tali atti possono essere la consegna delle chiavi della casa, la dimostrazione dei confini dell’appezzamento, facendone il giro lungo il perimetro oppure osservandolo da una altura e così via[27]. E’ significativo, che già nel diritto romano, alla fine fu elaborata la procedura di trasmissione del possesso proprio per mezzo della firma dell’atto di consegna[28], nota anche al moderno diritto russo. In seguito, dopo la presa di possesso il possessore potrebbe anche non avere il contatto corporeo con la cosa, però la sua volontà possessoria si presume fino al momento in cui da sua parte non seguirà la dimostrazione della perdita della volontà possessoria, in particolare, in forma della mancata richiesta da parte sua, nei termini definiti dalla legge, della difesa del possesso contro attentati dei terzi.

Dal momento che il possessio ad usucapionem presuppone un rapporto di buona fede con la cosa come con quella sua propria, è naturale che la presa di possesso “per usucapione” dovrebbe essere eseguita in forma di transazione, la quale presupponga, in presenza di tutte le condizioni necessari, il passaggio del diritto di proprietà all’acquirente, mentre anche la perdita di tale possesso potrebbe avvenire in forma di transazione che presupponga il passaggio del diritto di proprietà dall’alienante all’acquirente. Ne consegue quella pretesa speciale che il diritto romano presenta all’usucapione – la presenza nella sua base di un “justus titulus”, cioè di una transazione che di per se stessa avrebbe potuto portare all’acquisto del diritto di proprietà da parte dell’acquirente se nel momento della sua stipulazione esistessero tutti i requisiti della sua validità. Proprio per questa causa il settore principale dell’uso dell’usucapione nel diritto romano era quello di acquisto in tale modo del diritto di proprietà da parte dell’acquirente in buona fede in virtù della transazione non valida[29].

In questo modo, si può considerare come l’interruzione del possesso per usucapione solo l’esecuzione da parte del possessore di tali azioni giuridiche che potrebbero, a condizione che egli avesse il diritto di proprietà, portare alla perdita di esso, e nel dato caso portano alla perdita del possesso della cosa come sua propria, cioè “per usucapione”. Supponiamo che acquistato in buona fede l’oggetto di possesso da un alienante non autorizzato in virtù della transazione la quale soddisfa pienamente in tutto il resto le condizioni della sua validità, l’acquirente in buona fede potrebbe non utilizzarlo e non avere nessun contatto fisico con esso. Ciononostante non si può dire che in assenza del simile contatto corporeo con l’oggetto di possesso l’acquirente abbia smesso di essere suo possessore e che il suo possesso sia interrotto.Per perdere il possesso per usucapione l’acquirente dovrebbe eseguire quelle azioni giuridiche che porterebbero all’alienamento da parte sua dell’oggetto di possesso nel caso se ne fosse proprietario. Con questo anche un semplice rifiuto dal possesso diventa quasi analogo di derelizione, cioè del rifiuto dal diritto di proprietà a favore di una persona indeterminata. Non c’è dubbio che la prassi processuale russa prima o poi dovrebbe arrivare a questa interpretazione della “continuità” del possesso per usucapione. A favore di questo presupposto testimonia l’attuale pratica giudiziaria nei confronti delle collisioni, che sono tipologicamente vicini alla suddetta. Così, ancora l’attività giudiziaria del periodo sovietico, trovandosi di fronte alla necessità di definire il fatto di residenza in un’abitazione il che era importante dal punto di vista dell’acquisto o della perdita del diritto di abitarvi, partendo dal contenuto dell’articolo 54 del Codice d’abitazione della RSFSR, ha riconosciuto che il requisito indispensabile per l’acquisto di tale diritto consiste nel fatto di alloggiamento iniziale nell’abitazione in ordine stabilita dalla legge il quale veniva inteso in virtù del p. 7 della delibera del Plenum del Tribunale Supremo dell’URSS del 03.04.1987 come il rispetto delle norme riguardanti la registrazione in alloggio rispettivo. Anche se successivamente con la Delibera della Corte Costituzionale del 25.04.1995 N°3- П le norme dell’art. 54 del Codice di abitazione sovietico nei riguardi dell’alloggiamento con il rispetto delle norme stabilite dalla legge siano stati riconosciuti anticostituzionali, ciononostante i tribunali finora continuano a dare grande importanza al rispetto di questo ordine, ossia alla presenza o all’assenza della registrazione ufficiale (“propiska”). Lo dimostra, in particolare, la decisione del Collegio giudicante per cause civili del Tribunale Supremo della FR del 03.04.1998 che ha riconosciuto che il fatto della partenza per residenza in altro posto con conservazione della registrazione al domicilio precedente non può essere considerato in modo formale come lo scioglimento del contratto di affitto per partenza ad un nuovo posto di domicilio permanente previsto dall’art. 89 del Codice di abitazione della RSFSR. Nel caso esaminato il tribunale ha ritenuto la registrazione conservata al precedente domicilio come l’intenzione di conservare per sé il diritto d’uso di questo alloggio. In questo modo, Il Tribunale Supremo della FR si è mostrato propenso di dare la preferenza al momento di volontà, piuttosto che all’effettivo possesso all’utilizzo dell’abitazione. La detta decisione è assolutamente naturale siccome, oltre ai diversi altri argomenti, a suo favore torna la difficoltà, se non l’impossibilità, di delimitare in modo attendibile il mancato uso di fatto obiettivamente ammissibile e quello obiettivamente inammissibile dell’oggetto di possesso.

Così, tornando all’esempio della villa estiva non è praticamente possibile di definire se il suo mancato uso durante i mesi estivi avviene perché il possessore abbia deciso di rinunciare al possesso di essa, oppure avviene per qualche altro motivo.

Dall’analisi complessiva delle soluzioni di alcuni casi riferiti nei “Digesti” risulta che, secondo il diritto romano, affinché il possesso si considerasse cessato, si doveva perdere non solo il potere reale sulla cosa, ma anche quella potenziale, cioè il possessore doveva perdere non solo il possesso effettivo su di essa, ma perfino la pretesa per lo stesso, attuabile giuridicamente, siccome «non enim videtur possessioni renuntiasse, qui rem vindicavit»[30]. E’ significativo che nella legislazione del Tardo Impero Romano la questione sul terreno abbandonato se veniva acquistato in proprietà della persona che l’avesse occupato immediatamente, per mezzo di occupazione, oppure per usucapione, fu risolta a favore dell’usucapione, in quanto nel caso del corso parallelo della prescrizione giudiziale e dell’usucapione nel diritto romano, il proprietario precedente conservava la possibilità di richiedere il terreno con procedimento di azione fino al decorso della prescrizione, e quindi fino a quel momento si presupponeva tacitamente che egli non perdesse la volontà possessoria[31]. Tale concezione del possesso rendeva possibile l’esistenza anche degli interdetti ricuperatori (restitutori), non indirizzati alla difesa dell’esistente possesso effettivo dell’oggetto possessorio, ma alla restituzione del corpus possessionis perso[32].

La preferenza dell’elemento di volontà del possesso all’effettivo possesso creava certe difficoltà legate a quella circostanza che anche la persona che aveva arbitrariamente privato il possessore del possesso effettivo dell’oggetto di possesso, veniva riconosciuta possessore e aveva il diritto di pretendere alla difesa possessoria del suo possedere della cosa contro attentati dei terzi, mentre in teoria la giurisprudenza romana dall’inizio negava la possibilità di un possesso contemporaneo delle cosa da parte dei due diversi possessori. Però, per motivare la funzione ricuperatoria (di restituzione) dell’interdetto uti possidetis alcuni giuristi romani riconobbero di fatto il costrutto di doppio possesso, chiamando la persona privata in modo arbitrario del possesso justus possessor e la persona che l’aveva privata di possesso – injustus possessor[33].

In questo modo elemento principale che definisce la presenza o l’assenza del possesso è volontà possessoria – animus possidendi, cioè l’intenzione di possedere la cosa come sua propria, il che logicamente conduce all’ammissione di tutta una serie di situazioni col costrutto del doppio possesso.

A quanto pare, il pensiero del legislatore russo andava in questa direzione quando egli, per evitare il costrutto di doppio possesso, ha stabilito col p. 4 art. 234 del CC che il corso dell’usucapione comincia solo dopo il decorso della prescrizione giudiziale dietro l’azione del possessore oppure di una persona, avente diritto di possedere quella data cosa, sorto dal contratto o in virtù di qualche altro titolo previsto dalla legge. Non c’è nessun motivo di interpretare, seguendo A.A. Rubanov, il p. 4 art. 234 del Codice Civile in modo che esso sottintendesse che la persona che si rende conto che il suo possesso della cosa non è illegale, per i fini dell’art. 234 del Codice Civile viene riconosciuto possessore in buona fede[34]. Sia il possessore in buona fede e quello in mala fede sono tutt’e due possessori illegali e l’oggetto di possesso può essere richiesto per mezzo di applicazione degli artt. 301 e 305 del CCFR tanto ad uno quanto all’altro, ovviante in considerazione delle limitazioni per la richiesta della cosa dall’acquirente in buona fede a titolo oneroso, limitazioni sorgenti dal contenuto dell’art.302 del Codice civile. Per esempio, dall’acquirente in buona fede della cosa rubata essa può essere senza dubbio rivendicata essendo uscita dal possesso del possessore contro la sua volontà, però l’acquirente è in buona fede proprio perché nel momento dell’acquisto egli non sa e non può sapere il fatto dell’illegittimità del suo possesso. Un altro problema è che l’informazione sull’illegittimità dell’acquisto, acquisita dall’acquirente più tardi non può trasformare il suo possesso in quello di mala fede, ma questo principio non è legato in alcun modo al p. 4 dell’articolo esaminato del Codice Civile. E’ difficile anche condividere la tesi che la norma del p. 4 art. 234 fosse determinata dal fatto che fino al decorso della prescrizione giudiziale il possesso non può essere riconosciuto di buona fede[35]. La buona fede è una ben fondata soggettiva convinzione di una persona nella conformità alla legge del suo comportamento che obiettivamente è illegale[36]. Dato che nel momento dell’acquisto del possesso della cosa l’acquirente non aveva motivo di pensare che acquistava il diritto di proprietà, egli rimane possessore di mala fede sia prima, sia dopo che il decorso della prescrizione giudiziale, siccome secondo il diritto russo il decorso di per se non estingue il diritto protetto da questa azione[37], mentre il rispettivo bene non diventa un bene di nessuno. La convinzione del possessore del contrario rappresenterà l’errore giuridico (error juris), che non viene considerato scusabile[38]. Non si può condividere nemmeno l’opinione che secondo il diritto russo il corso della prescrizione acquisitiva cominci non prima del decorso della prescrizione giudiziale perché soltanto da questo momento il proprietario viene considerato come quello che abbia perso interesse ai suoi beni[39]. Da questo momento il proprietario viene considerato come quello che abbia perso la volontà possessoria, ossia abbia perso la pretesa, riconosciuta dal diritto obiettivo e quindi attuabile, di possedere una data cosa, e non viene più considerato possessore, però il rifiuto al possesso, rifiuto eventualmente forzato, di per sé stesso non è sempre identico al rifiuto del diritto di proprietà[40]. Questa circostanza è in particolar modo evidente alla luce dell’applicazione pratica del diritto stabilitasi in Russia quando per l’inizio della decorrenza della prescrizione giudiziaria su azione di rivendicazione si prende il momento della effettiva perdita della cosa da parte del proprietario e non quel momento quando egli viene a sapere chi ha questa cosa e quindi chi deve essere il convenuto opportuno per questa azione[41].

Se, caso mai, l’istanza per la richiesta della cosa mobile non è stata presentata da parte del suo proprietario, perché egli in questa forma volesse di fatto dimostrare il rifiuto sia al possesso, sia al diritto di proprietà, mentre il fatto stesso è stato confermato, allora tale cosa deve essere considerata acquistata in proprietà dal suo nuovo possessore in virtù delle norme dell’art.226 del CC, ossia in certi casi - in modo immediato con l’occupazione, cioè impossessandosi della cosa di nessuno con l’intenzione di diventare suo proprietario, in altri casi – in conformità alla decisione del tribunale presa dopo il riconoscere la cosa di nessuno dietro la domanda della persona entrata in possesso della cosa. In tutti e due casi la prescrizione acquisitiva è fuori luogo.

In generale, bisogna riconoscere che l’acquisto in proprietà per usucapione della cosa di nessuno in conformità alla CCFR praticamente è impossibile data la sostituzione di questo modo di acquisto di tali cose con altri metodi qualificati di passaggio di esse in proprietà delle persone che ne sono impossessate[42].

Quanto alle cose immobili per il rifiuto al diritto di proprietà su immobile bisogna apportare relative modifiche nel Registro unico pubblico degli immobili e delle transazioni con essi (da qui in poi “Registro unico pubblico degli immobili”), siccome se esiste il sistema di registrazione pubblica dei diritti sugli immobili la rinuncia alla proprietà immobile è ammissibile soltanto in quella forma che corrisponde al sistema di registrazione, mentre la derelizione compiuta in forma del semplice rifiuto al possesso è ammissibile forse solo nei riguardi delle costruzioni, il diritto di proprietà sulle quali non era ancora registrato[43]. Ancora di più, come nota E.A.Suchanov, nei riguardi degli oggetti registrati immobili anche il possesso viene realizzato in modi giuridici e non solo in quelli di fatto, cioè il proprietario non può essere considerato come chi ha perso il possesso se esiste una relativa iscrizione di registrazione nel Registro unico pubblico degli immobili[44]. Per questa causa anche nel caso di privazione illegittima del proprietario da parte dell’occupante arbitrario di possibilità di accedere all’oggetto immobile che ad egli appartiene, il proprietario ha diritto di difendersi presentando l’azione negatoria e non quella di rivendicazione[45]. E’ una cosa del tutto naturale siccome, fatta l’iscrizione di registrazione confermante il possesso dell’oggetto immobile da parte del querelante, non avviene legittimazione passiva dell’occupante arbitrario in qualità del possessore illegittimo citato nell’azione di rivendicazione e, quindi, si tratta solo della violazione sotto questo o quell’altro riguardo del possesso del querelante che continua ad esistere.

In questo modo, sembra del tutto inevitabile la conclusione che le norme del CCFR nei riguardi dell’applicazione dell’usucapione agli immobili di nessuno si riferiscono solo a quegli oggetti immobili che non sono definiti come tali dal Registro unico pubblico degli immobili oppure a quelli ai quali il proprietario ha rinunciato direttamente introducendo relative modifiche nelle iscrizioni di registrazione. Proprio in questo senso si deve capire la spiegazione data nella Delibera del Plenum del Tribunale Supremo dell’Arbitrato[46] del 25.02.1998 N°8 “Su alcuni problemi di decisioni delle cause relative alla difesa del diritto di proprietà ed altri diritti reali” secondo la quale l’assenza della registrazione statale del diritto di proprietà sul bene immobile non serve da ostacolo per rivolgersi all’arbitrato con la richiesta di riconoscere il diritto di proprietà in virtù all’usucapione. Il fatto che nell’ordinamento giuridico della Russia del periodo di passaggio l’oggetto, sul quale i diritti non sono registrati nel Registro unico pubblico degli immobili, è riconosciuto, non di meno, come oggetto immobile, risulta dal contenuto dell’art.6 della Legge Federale “Sulla registrazione pubblica dei diritti sul bene immobile e delle transazioni con esso” (da qui in poi “Sulla registrazione pubblica dei diritti sul bene immobile”), di cui il p. 1 dichiara il riconoscimento della validità giuridica dei diritti sul bene immobile, sorti prima dell’approvazione della Legge nominata, anche nel caso di assenza della loro registrazione pubblica. Il p. 2 dichiara la necessità di procedere alla registrazione pubblica di tali diritti solo nel caso di stipulazione di una transazione, eseguita successivamente, con il detto oggetto immobile.

Però, anche se il proprietario, avente i diritti sull’immobile sorti prima dell’approvazione della Delibera nominata sopra e nemmeno registrati nel Registro unico pubblico degli immobili, ha rinunciato di fatto al possesso e al diritto di proprietà sulla cosa immobile, questa cosa può essere riconosciuta cosa di nessuno soltanto in seguito della conferma del suo stato di nessuno, espressa dalla sentenza del tribunale, presa in conformità al p. 3 art. 225 del Codice Civile sull’azione dell’organo autorizzato alla dei beni municipali. Per di più se il proprietario è conosciuto, evidentemente, ci vorrà la rinuncia diretta del proprietario al diritto ad egli appartenente nel processo giudiziale, siccome di principio gli viene conservata la possibilità di riaccettare la cosa da lui abbandonata in possesso, uso e gestione. Il riconoscimento dell’immobile come cosa di nessuno e la sua trasmissione in proprietà municipale con motivazione che il proprietario non ne ha cura e l’ha abbandonata, cioè la mantiene trascuratamente, significherebbe compiere un illegittimo sequestro arbitrario del diritto di proprietà al proprietario dell’oggetto, il che contraddice alle fondamenta principali dell’ordinamento giuridico esistente. Com’è noto nel vigente CCFR alcune conseguenze giuridiche di questo tipo vengono legate soltanto al mantenimento trascurato dei beni culturali (art. 240) e delle abitazioni (art. 293). Questa lista rappresenta un numerus clausus e non può essere sottomesso all’interpretazione estensiva.

Di più, fino al momento della decisione al tribunale della sorte della cosa immobile abbandonata con l’applicazione dell’art. 225 del CC, anche col decorso del termine della prescrizione giudiziale, il proprietario conserva il diritto di presentare l’azione, mentre il tribunale in virtù dell’art. 199 del CC non può respingere la querela da egli presentata ex officio, cioè all’assenza della domanda del citato di applicare la prescrizione giudiziale. Si capisce che all’assenza della registrazione pubblica del diritto di proprietà del querelante, sorto prima dell’approvazione della Legge Federale “Sulla registrazione pubblica dei diritti sul bene immobile”, non si tratterà dell’azione negatoria, ma proprio dell’azione di rivendicazione alla quale di principio si applicano le norme di prescrizione giudiziale. Prima della pronuncia della sentenza del tribunale la registrazione preliminare del bene immobile in qualità del bene di nessuno da parte degli organi di registrazione su richiesta dell’amministrazione locale in virtù dello stesso p. 3 art. 225 del CC non significa l’estinzione del diritto e il proprietario conserva i suoi poteri, quindi la cosa non può essere riconosciuta di nessun, né il suo possessore effettivo – quello di buona fede, se nel momento di impossessarsene l’appartenenza della cosa a un’altra persona poteva essere chiarita. Come giustamente notava A.A. Rubanov: «la registrazione non rappresenta fatto giuridico che influenza i rapporti giuridici»[47]. In questo modo la cosa immobile, i diritti sulla quale sono sorti prima dell’approvazione della Legge Federale “Sulla registrazione pubblica dei diritti sul bene immobile”, non registrati nel Registro unico pubblico degli immobili, può essere acquisita in proprietà per usucapione come cosa di nessuno, ma solo in una situazione poco probabile, se la cosa sarà riconosciuta, con la sentenza in virtù del p. 3 art. 225 del CC, cosa di nessuno, però il tribunale non la riconosce entrata in proprietà municipale e il proprietario che l’aveva abbandonata rifiuterà di riaccettarla in possesso, uso e gestione.

E’ più probabile che questo succeda nel caso se, causa troppo tempo trascorso, è diventato impossibile stabilire l’origine dell’oggetto in questione, né la sua appartenenza iniziale. Oltre a ciò un esito analogo (in via ipotetica) è possibile anche nel caso del rifiuto all’oggetto immobile, pronunciato in precedenza dal suo proprietario, se i diritti su di esso sono stati registrati nel Registro unico pubblico degli immobili, a condizione che le relative modifiche, legate alla derelizione compiuta, sono state introdotte nelle iscrizioni di registrazione.

Sommando tutto quanto detto sopra, si deve riconoscere che il decorso, dalla parte del possessore, del termine della prescrizione giudiziale sull’azione di sua richiesta dal possesso illegittimo della cosa immobile ad egli appartenente, su cui diritto di proprietà non è stato registrato prima nel Registro unico pubblico degli immobili, ma che viene considerato valido in quanto sorto prima dell’approvazione della Legge Federale “Sulla registrazione pubblica dei diritti sul bene immobile”, di per sé stesso non rende in buona fede il detto possesso se nel momento dell’impossessarsene esso non lo era. In questo caso esso può diventare in buona fede solo dopo il riconoscimento della detta cosa come quella di nessuno in conformità alla sentenza del tribunale in via di applicazione dell’art. 225 del CC.

In questo modo, tornando alla continuità dell’usucapione, potremmo dire che dal punto di vista dell’istituto della prescrizione acquisitiva anche nel diritto russo il possesso del possessore precedente si perde definitivamente dopo il mancato uso del diritto ad egli appartenente di difendere per mezzo dell’azione il suo possesso sulla cosa. Se prima del decorso di questo termine il possesso effettivo sarà da lui restituito, in questo caso non ci sarà motivo di ritenere sospeso il corso dell’usucapione, tanto meno interrotto.[48]

Dall’altra parte, partendo dal fatto che il possesso rappresenta una legittima, riconosciuta dal diritto obiettivo, espressione di volontà in rapporto della cosa, bisogna riconoscere che, nonostante il contenuto singolare del p. 4 art. 234 del CCFR, rimane almeno una sola ragione comune per interrompere sia della prescrizione giudiziale, sia di quella acquisitiva. Questa ragione è il compimento da parte del possessore delle azioni che manifestano il riconoscimento del suo dovere di restituire la cosa al proprietario[49]. Con particolare riferimento alla prescrizione acquisitiva simili azioni hanno il significato della perdita del più importante requisito dell’usucapione, cioè del possesso della cosa come della sua propria (pro suo), in assenza del quale il suo possessore effettivo potrebbe essere considerato come semplice detentore al nome altrui, che esercita un possesso dipendente (derivato) fino alla richiesta, cioè quello chi trattiene corpus possessionis, senza possedere la volontà autonoma possessoria (animus possessionis). Questo deve essere tenuto presente quando si pensa il contenuto di alcuni requisiti dell’usucapione, in particolare, del requisito che si chiama “apertura” del possesso, il che dimostreremo sotto.

Nell’attività giurisdiziale della Russia prerivoluzionaria fu accettato il concetto conformemente al quale l’atto di disposizione del proprio bene immobile da parte del possessore che lo compie per mezzo dei documenti (disposizione per documenti) interrompe l’usucapione, anche se la detta disposizione non fosse nota al possessore effettivo senza impedirgli in nessun modo in senso pratico, per esempio, se il proprietario ipotecava il bene[50]. Tale decisione fu motivata, evidentemente, dall’idea che il possesso equivale alla manifestazione della volontà e che il costrutto del «doppio possesso» della cosa come «di sua propria» è impossibile e, quindi, dato che il proprietario ha compiuto l’atto di volontà nei riguardi della propria cosa, non si può riconoscere che fino a quel momento il possessore effettivo realizzasse il possesso «per usucapione». Nello stesso tempo la giurisprudenza della Russia prerivoluzionaria non era coerente nel detto problema, perché essa non riconosceva per interruzione dell’usucapione i pagamenti fondiari compiuti dal proprietario[51]. In ogni caso, nelle condizioni della Russia moderna, con il suo sistema di registrazione pubblica dei diritti sull’immobile ed i suoi aggravamenti, una simile situazione risulta impossibile. Il fatto è che sia i pagamenti fiscali, sia gli atti di disposizione degli immobili sono possibili solo per la persona, registrata in veste del proprietario dell’oggetto immobile. Dall’altra parte, non è possibile diventare possessore giuridico dell’oggetto immobile, di cui diritto di proprietà è registrato ad un’altra persona. Con la registrazione del diritto di proprietà sull’oggetto ad un’altra persona l’immobile può essere posseduto solo in virtù del contratto con il proprietario – e in quel caso non come del suo proprio, oppure compiendo un’occupazione arbitraria, il che esclude il possesso giuridico, siccome la persona del proprietario può essere verificata dagli organi giuridici e perciò l’occupante arbitrario va eliminato piuttosto con l’azione negatoria e non con quella di rivendicazione[52].

Così, possessore per usucapione dell’oggetto immobile si diventa o in situazione, quando il diritto di proprietà su un dato oggetto non era registrato prima ad un’altra persona (se nel momento della presa del possesso esistevano indiscutibili motivi per considerarlo cosa di nessuno), o in via di applicazione dell’art. 225 del CC dopo che esso fosse riconosciuto cosa di nessuno data la rinuncia del proprietario al diritto ad egli appartenente, introdotte le relative modifiche nelle iscrizioni della registrazione, mentre l’oggetto non era riconosciuto proprietà municipale, oppure nel caso del suo acquisto in buona fede fondato sulla transazione invalida a condizione che la transazione stessa soddisfacesse tutte le pretese della legge relative alla forma della sua stipulazione e se in virtù della stessa era registrato in ordine stabilito dalla legge il passaggio del diritto di proprietà all’acquirente in buona fede. Come rilevava nei riguardi delle realtà del sistema giuridico della Germania dell’inizio del secolo scorso il professore dell’Università di Berlino I. Koler: «I beni immobili vengono caratterizzati dal Registro dei libri fondiari ... Grazie a questo si è formata nello stesso tempo l’idea che la prescrizione in tutti questi casi poteva avere un ruolo decisivo solo come la prescrizione del libro , cioè solo come la prescrizione grazie al libro fondiario. Per la proprietà sugli appezzamenti di terra essa ha importanza solo quando qualcuno è registrato nel Libro fondiario e possiede la cosa. In questo caso la prescrizione può creare il diritto di proprietà, se questo non è ancora successo con l’iscrizione al Libro fondiario»[53]. Queste considerazioni hanno un’indubbia importanza per la Russia moderna. Se in seguito si rivela l’invalidità della transazione che serviva da fondamento per la registrazione del passaggio del diritto di proprietà all’acquirente in buona fede, l’attuale possessore potrà richiamarsi alla prescrizione acquisitiva come fondamento del suo acquisto del diritto di proprietà.

In tal modo, in tutti i casi esaminati il proprietario non ha possibilità pratica di disporre del suo immobile: oppure egli ha smesso di esserlo per causa della derelizione compiuta, introdotte le relative modifiche nelle iscrizioni di registrazione, oppure non è autorizzato a disporre dell’oggetto immobile ad egli appartenente in conformità al p. 2 art. 6 della Legge Federale “Sulla registrazione pubblica dei diritti sul bene immobile”, dato che il suo diritto di proprietà, sorto prima dell’entrata in vigore della Legge nominata, non è stato registrato in ordine stabilito dalla legge. Però, se egli riuscirà a registrare il detto diritto nel Registro unico pubblico degli immobili, allora il possesso del possessore effettivo di questo dato oggetto deve essere considerato cessato, e il proprietario che in virtù della registrazione è diventato possessore giuridico, può eliminar quest’ultimo per mezzo dell’azione negatoria.

Nel caso dell’acquisto in buona fede di un oggetto immobile fondato su una transazione invalida nel Registro unico pubblico degli immobili il proprietario figura l’acquirente in buona fede che è possessore effettivo, il quale verrà considerato come tale, almeno fino al momento di dichiarazione dell’invalidità della transazione che serviva da motivo per eseguire la relativa iscrizione di registrazione.

Dal punto di vista della soluzione del problema della presenza o dell’assenza del possesso per usucapione, non si può sorpassare il problema di demarcazione giuridica tra i possessori ed i detentori. Così Ju.K. Tolstoj scrive: «E’ difficile, in particolar modo, rispondere alla domanda: quale contenuto viene messo dalla legislazione nel concetto di possesso e chi può essere considerato possessore della cosa? In questo argomento si potrebbe seguire l’esempio sia del diritto romano, delimitando i concetti del possesso e della detenzione, sia delle legislazioni del gruppo germanico, fissando l’istituto del doppio possesso e rivelando la figura del servo possidente. Purtroppo, il legislatore non ha scelto nessuna di queste due varianti. Perciò è sempre difficile dare la risposta alla domanda, se il proprietario continua ad essere possessore della cosa se essa viene affittata oppure per il periodo di affitto viene riconosciuto possessore della cosa soltanto l’affittante»[54].

Qui vorremmo prima di tutto rilevare che la differenziazione tra possesso e detenzione nasce come frutto dell’elaborazione sistematica delle fonti del diritto romano da parte della dottrina germanica del diritto pandettistico. I romani stessi differenziavano il possesso della cosa “come sua propria” (pro suo), di cui elemento effettivo (corpus possessionis) poteva essere realizzato quanto dallo stesso possessore, tanto da un’altra persona possedente la cosa al suo nome, e il possesso dipendente dal nome altrui. Con ciò quest’ultimo o non veniva affatto considerato possesso (per esempio, il possesso del servo, o di un membro di famiglia dipendente dal padrone di casa), oppure si considerava come possesso naturale (possessio naturalis), o detenzione naturale (naturaliter tenetur). Come tale veniva stimato il possesso di affittuario, depositario, comodatario o altro possessore che ha ottenuto il possesso della cosa temporaneamente in virtù della transazione giuridica. Proprio dal verbo latino “tenere” nel periodo di recezione del diritto romano nei riguardi di questo tipo di possesso sorge il termine detentio (“detenzione”). E’ riconosciuto da tutti che nel diritto romano il detentore, essendo possessore dipendente, non godeva conseguenze giuridiche del suo possesso, cioè per egli non scorreva la prescrizione acquisitiva, né aveva difesa indipendente del possesso[55]. A questo e a quello poteva pretendere soltanto la persona da cui nome il detentore teneva la cosa. Proprio in virtù di questa circostanza, quest’ultimo, a differenza del detentore (possessore naturale), viene considerato possessore giuridico che realizza l’elemento effettivo del possesso tramite un’altra persona. Soltanto nei casi del possesso “derivato” o “anomalo” i detentori vengono riconosciuti possessori dal punto di vista della possibilità di pretendere di ricevere la difesa possessoria (interdettiale). Ai casi del possesso “anomalo” per tradizione si riferisce il possesso di precarista, sequestario, pignoratario del pegno manuale, enfiteuta, superficiario ed usufruttuario. Però, questi possessori “anomali” possiedono nondimeno solo dal punto di vista della possibilità di pretendere indipendentemente di ricevere la difesa del possesso (possessio ad interdicta), mentre lo status del possessore per usucapione (possessio ad usucapionem) si conserva lo stesso per la persona da cui nome il detentore tiene la cosa.

La differenza cardinale del diritto moderno dal diritto romano consta nell’affermazione del diritto alla difesa autonoma del proprio possesso della cosa a tutti i possessori effettivi, cioè sia a quelli che la possiedono come la sua, sia ai detentori a nome altrui (cf. art. 305 del CCFR, dove si tratta della protezione petitoria). Però, si potrebbe dire (o no) che una simile equiparazione di tutte le categorie dei possessori dal punto di vista del loro diritto alla difesa del possesso livelli la differenza tra i possessori e detentori, mentre la differenziazione di queste categorie nel diritto civile moderno perda senso? Si vede che a questa domanda necessita una risposta negativa. E se al possesso, oltre al diritto alla difesa giurisdizionale, vengono legate le altre conseguenze giuridiche, cioè la possibilità di acquistare il diritto di proprietà per usucapione, è indubbio che una simile possibilità dovrebbe avere solo chi possiede la cosa come sua propria, ciò che dice direttamente il c. 1 art. 234 CCFR. Dall’altra parte se non si riconosce che il possesso di prescrizione continua anche nel caso, se il suo elemento effettivo si realizza da un’altra persona che a nome di questo possessore e in virtù del contratto con lui stipulato “tiene” la cosa, allora la cosa rimane fuori dei limiti del giro legale siccome nessuno potrà diventare suo possessore per usucapione: né quello che ha passato il possesso effettivo della cosa all’altra persona, né quello che realizza il detto possesso a nome di chi glielo aveva passato possedendo il bene non come suo proprio, ma come quello altrui, a lui trascorso temporaneamente. Simile situazione è possibile, per esempio, se la cosa è stata data in affitto. La presenza del concetto del possesso di un bene come suo proprio nella vigente legislazione presuppone la differenziazione dei possessori e detentori. Del tutto diverso è che, adoperando la terminologia romanistica, dal punto di vista della civilistica moderna tutti i detentori devono essere considerati come “possessori derivati”. Ciononostante relativamente da poco tempo il concetto del “possesso derivato” nel suo significato romanistico ha cominciato ad essere riconosciuto e ad essere usato nella letteratura civilistica russa con particolare riferimento alle situazioni possessorie[56].

A favore della ricezione della differenziazione dei possessori giuridici e detentori dal punto di vista della prescrizione acquisitiva opera anche la pratica prerivoluzionaria della giurisprudenza russa. Così G.F. Scerscenevitch, riferendosi alla legislazione prerivoluzionaria russa relativa alla prescrizione acquisitiva, anche essa ignara dell’affermazione legale della distinzione tra possessori e detentori, scriveva: «Con l’espressione “in forma della proprietà” (a titre de proprietaire) la legge, evidentemente, voleva indicare la necessità del possesso giuridico, e non solo della detenzione. Questo idea della legislazione si rivela in un altro posto ancora più chiaramente: per dare forza alla prescrizione bisogna possedere “col diritto di proprietà”, e non su un altro titolo»[57]. Sempre lo stesso autore notava: «l’affittuario non può acquistare per usucapione, almeno fino al decorso del termine accordato, nello stesso modo come il possessore a vita ed altre persone che dominano la cosa a nome dell’altro senza intenzione di appropriarsene, come ricevitore del carico, creditore pignoratizio, tutore, amministratore»[58]. E’ evidente che queste considerazioni sono valide anche attualmente, nella luce di quanto esige l’art. 234 CCFR sulla presenza del possesso del bene come suo proprio in qualità del requisito necessario della prescrizione acquisitiva.

Dall’altra parte, oramai si possono vedere alcuni esempi di ciò che la giurisprudenza della Russia moderna volens nolens comincia a percepire la detta delimitazione tra possessori e detentori, attenendosi alle esigenze pratiche del giro. Come un esempio di questo tipo si può riferire la Deliberazione del Presidio del Tribunale Superiore d’Arbitrato della Federazione Russa (da qui in poi TSA FR) del 13.10.1998 N 6620\97, che contiene la spiegazione che con la trasmissione del diritto di proprietà sul bene dato in affitto a un’altra persona il precedente locatore perde il diritto di ricevere i redditi provenienti dall’affitto del bene. Qui si riferisce illustrazione la situazione quando il citato – Società per azioni di tipo aperto “Russkaja moda” continuava a ricevere il canone dal suo affittuario Società per azioni di tipo chiuso “Plambing” anche dopo che i locali affittati da quell’ultima passarono in proprietà del querelante S.r.l. “Petrotex”. Intanto il querelante ha formulato le sue pretese come riscossione del reddito, che il citato doveva ricavare dal possesso illegale dei locali. Riconosciute non conformi alla legge le azioni del citato e inviata la causa al nuovo esame, il Presidio del TSA FR ha deliberato: «Al nuovo esame l’arbitrato deve partire da ciò che in virtù dell’articolo 303 del CCFR la S.p.a. di tipo aperto “Russkaja moda” deve risarcire tutti redditi che aveva riscosso per tutta la durata del possesso illegale del locale in discussione». Quindi il Presidio del TSA ha pensato che detta società era possedeva i locali indicati, realizzando tramite l’affittuario un elemento effettivo del possesso (corpus possessionis). In simile configurazione la posizione dell’affittuario sarebbe difficile da caratterizzare in altro modo se non come “detenzione” (detentio).

Suscita interesse anche la domanda su cosa avviene se il detentore perde il possesso effettivo della cosa. Visto che nel diritto moderno anche i detentori hanno diritto alla difesa tramite querela del suo possesso alla pari dei possessori giuridici, diventa chiaro che si può parlare dell’interruzione del possesso in virtù della sua perdita effettiva soltanto dal momento quando anche sia il detentore sia quella persona da cui nome egli realizzava il possesso perdono perfino la possibilità potenziale della sua restituzione forzata per causa del decorso del termine della sua prescrizione giudiziale.

Sono possibili anche le altre collisioni curiose legate alla distinzione tra possessori giuridici e possessori derivati (detentori). Così, una persona che ha venduto la cosa a un altra persona, se ha lasciato su la preghiera di quell’ultima la cosa per conservare presso di sé, non smette di essere possessore de facto. Però, de iure questa persona ha perso la propria volontà di possedere la cosa come sua propria ed è diventata detentore della cosa dal nome altrui. In questo modo per la persona indicata si interrompe il corso della prescrizione acquisitiva, l’acquirente però può aggiungere il termine del suo possesso al periodo di possesso suo proprio, mentre l’usucapione continua a decorrere per l’acquirente che rappresenta oramai datore del carico[59].

Merita attenzione particolare anche la situazione, quando l’oggetto di usucapione viene dato in affitto dal possessore, e poi in subaffitto. La sua qualifica giuridica fu interpretata in modo esauriente nel relativo brano dei “Digesti di Giustiniano”: «Si ego tibi commodavero, tu Titio, qui putet tuum esse, nihilo minus ego id possidebo. Et item erit, si colonus meus fundum locaverit aut is, apud quem deposueram, apud alium rursus deposuerit. Et id quamlibet per plurium personam factum observandum ita erit»[60]. In tal modo nei simili casi il possesso per “usucapione” rimane al primo locatore, il quale dichiara di possedere la cosa “come sua propria”.

Un altro requisito dell’usucapione è la sua trasparenza. Viene considerata possidente in modo trasparente una persona che non cela il suo possesso della cosa davanti ai terzi, cioè la possiede apertamente[61]. Con questo nella dottrina russa si è formata l’opinione secondo la quale il possessore, anche non obbligato a compiere azioni effettive per dimostrare ai prossimi il possesso, però non deve nascondere il bene dagli sguardi altrui[62]. E’ chiaro che, basandosi su tale concezione della trasparenza del possesso, la Corte Costituzionale della FR, discutendo il problema di diritti sui beni culturali trasferiti, ha creduto possibile non riconoscere possesso trasparente la conservazione dei quadri nei depositi chiusi dei musei[63]. In modo del tutto opposto percepivano questo problema i giuristi romani. Così, Ulpiano nel Libro 70 del “Commentario all’editto” scriveva: «Clam possidere eum dicimus qui furtive ingressus est possessionem ignorante eo, quem sibi controversiam facturum suspicabatur et, ne faceret, timebat. Is autem qui, cum possideret non clam, se celavit, in ea causa est, ut non videatur clam possedere: non enim ratio optinendae possessionis, sed origo nanciscendae exquirenda est: nec quemquam clam possedere incidere, qui sciente aut volente eo, ad quem ea res pertinet, aut aliqua ratione bonae fidei possessionem nanciscitur. Itaque, inquit Pomponius, clam nanciscitur possessionem, qui futuram controversiam metuens ignorante eo, quem metuit, furtive in possessionem ingreditur»[64]. Un altro giurista romano, Africano, nel Libro 7 delle “Quaestiones” nel trattare un caso da lui esaminato, risolve il problema in simile modo, proponendo la seguente versione: «Servum tuuum a Titio bona fide emi et traditum possedi, deinde cum comperissem tuum esse, ne eum peteres, celare coepi. Non ideo magis hoc tempore clam possedere videri me ait: nam retro quoque, si sciens tuum servum non a domino emerim et, cum clam eum possedere coepissem, postea certiorem te fecerim, non ideo desinere me clam possedere»[65].

          In questo modo nel diritto romano l’apertura del possesso, così come la buona fede, fu requisito necessario solo nel momento della presa del possesso e poi, in seguito, formava uno stato giuridico incrollabile, dando al possesso un carattere qualificato del possessio ad usucapionem. Al primo sguardo, tale interpretazione del problema dell’apertura del possesso, data dai giuristi romani, potrebbe sembrare paradossale. Però, da un esame più attento risulta che è, invece, molto logica e coerente. Il fatto è che l’apertura del possesso ad usucapione deve legarsi ad un’altra importantissima caratteristica, al possesso della cosa come sua propria (pro suo). Questo significa che il possessore non è solo autorizzato, ma ha il dovere di trattare l’oggetto del possesso come se fosse suo proprietario, se egli vuole mantenere lo stato indiscutibile del possessore ad usucapionem, che gli permettere, al decorso dell’usucapione stabilito dalla legge, diventarne proprietario. Se il possessore entro tutto il tempo del possesso viene obbligato a dimostrare l’apertura del suo possesso, creando in questo modo condizioni per una eventuale rivendicazione dell’oggetto del possesso, allora solo questo fatto permette di dire che egli non possiede la cosa come sua propria, ma come quella che si trova da lui fino al momento di essere richiesta (in terminologia dei giuristi romani precario), essendo così solo detentore della cosa a nome altrui e, quindi, non può essere considerato possessor ad usucapionem). Ancora di più, se si riconosce, come lo fanno i fautori dell’opinione sopra esposta, che anche la buona fede del possesso viene persa, se il possessore con l’andar del tempo si rende conto dell’illegittimità del suo possesso, allora l’apertura e la buona fede del possesso entrano in contraddizione tra di esse, siccome non è possibile, dimostrando l’apertura del possesso, da una parte, coscienziosamente trattenendosi dall’occultamento della cosa e nello stesso tempo, dall’altra parte, comportarsi in questo modo senza rendersi conto che un simile comportamento è necessario per causa della propria incompetenza del possesso, mentre la comprensione del fatto di per sé stessa esclude la buona fede. Tornando al caso sopraccitato della Corte Costituzionale della FR, possiamo notare che, se i quadri venissero conservati nei depositi aperti con lo scopo di dare possibilità di dichiarare le pretese da parte delle persone interessate, questo significherebbe la presenza della comprensione dell’illegittimità del possesso di questi quadri. Allora la sentenza della CCFR, in fin dei conti, sarebbe stata la stessa, ma motivata dall’assenza di buona fede del possesso.

In questo modo, dopo un attento esame, risulta che anche in questa questione il punto di vista dei giuristi romani ha una base logica più ferma dell’interpretazione percepita modernamente dalla dottrina civilistica russa, il che fa considerare la citata sentenza della Corte Costituzionale della FR sui beni culturali trasferiti non del tutto indiscutibile in quel che concerne l’usucapione. Di più, proprio questo caso particolare, esaminato dalla Corte Costituzionale della FR, dimostra per quanto la ricezione del diritto romano, relativa alla comprensione dell’apertura del possesso, potrebbe essere più preferibile dal punto di vista dei bisogni pratici. In vita pratica il possessore spesso non è informato dell’illegittimità del suo possesso non solo nel momento dell’impossessarsi della cosa, ma fino al momento della presentazione a lui delle pretese da parte del proprietario, siccome, di regola, la presa del possesso avviene a base del titolo falso (titulus putativus), di cui l’illegittimità si rivela soltanto nel corso dell’udienza in tribunale su querela del proprietario. Così, di solito il possessore non nasconde con intenzione, ma per altri motivi. In particolarità, la ragione per conservare i quadri nei depositi chiusi e non in esposizione aperta potrebbe essere una primitiva mancanza di aree d’esposizione del museo e non intenzione di occultare il fatto stesso del possesso dei quadri, precisamente come la mancanza del registro pubblicato dei detti beni trasferiti, accessibile per tutti, può essere spiegato dalla povertà tradizionale degli istituti di cultura russi, i quali in maggioranza dei casi sono impossibilitati di finanziare la stesura dei simili basi dati su scala di tutto il paese. Parlando del momento della presa di possesso dei detti beni, è evidente che, si deve riconoscerlo, in quel momento erano presenti sia l’apertura, sia la buona fede, siccome l’URSS sequestrava i relativi beni per diritto della guerra, considerandoli compensa dei propri beni culturali persi per colpa degli stati-aggressori e li consegnava con le procedure necessarie, dettate dalla legislazione di quel tempo, agli istituti di cultura sovietici.

Per ciò che riguarda la buona fede, per capire la sua sostanza è molto significativa la polemica che aveva luogo intorno alla possibilità di diventare proprietario per usucapione per l’affittuario o per un altro possessore che ha preso il possesso della cosa con fondamento contrattuale.

La deliberazione del Plenum del TSA FR del 25.02.1998 N° 8 “Su alcuni problemi della pratica di decisione delle controversie relative alla difesa del diritto di proprietà e degli altri diritti reali” ha negato tale possibilità. Però, il vice-procuratore della città di San Pietroburgo A.V. Konovalov nella sua monografia, la prima apparsa negli ultimi decenni in Russia sul possesso e sulla difesa possessoria, ha criticato la delibera citata riferendosi alla sua non conformità alla tradizione russa prerivoluzionaria di applicazione delle norme dell’usucapione[66]. Qui vorremmo rilevare subito che nel diritto prerivoluzionario russo la buona fede non era requisito necessario del possesso ad usucapionem, quindi la ragione per la critica dell’interpretazione moderna di questo istituto dalle posizioni della tradizione prerivoluzionaria necessita di per sé stessa di argomentazione. Il requisito di buona fede per il possesso ad usucapionem è novella del diritto russo civile che ha radici proprio nella tradizione romanistica, ecco perché, evidentemente, sarebbe più logico in questo caso il far appello non al diritto russo prerivoluzionario, ma piuttosto al diritto romano.

Parlando del caso quando i beni sono trasmessi dal proprietario in possesso titolare su basi contrattuali (ad esempio, in affitto) e poi il possessore titolare viola condizioni del contratto, dimostrando l’arbitraria intenzione di possedere in seguito il bene come suo proprio, A.V. Konovalov fa l’argomentazione per la possibilità di acquistare da quello ultimo il diritto di proprietà per usucapione. Vista la particolare complicatezza del problema in esame ha senso di citare completamente, senza tagli, l’argomentazione di A.V. Konovalov che scrive: «Nonostante un certo difetto del possesso ad usucapione (ricevuta all’inizio la cosa in possesso titolare, rifiutando di restituirla in seguito, il possessore per usucapione si comporta all’inizio in mala fede), il possesso, dopo il decorso della prescrizione giudiziale per la pretesa contrattuale del proprietario di restituire la cosa, acquisisce il carattere in buona fede, e quindi il carattere del possesso ad usucapione, siccome il possessore comprende la mancata da parte del proprietario presa di misure di richiesta della cosa come la mancata soggettiva intenzione, che sia ben manifestata, dell’ultimo di possedere la cosa. Mettere la valutazione della bona fides del possessore ad usucapione in dipendenza dal momento del decorso della prescrizione giudiziale, ossia dal tempo, concesso al soggetto del diritto violato per svolgere azioni effettive per la sua difesa, non dovrebbe creare l’impressione che la priorità viene data al comportamento volitivo del proprietario della cosa in discussione. Per qualificare il possesso come possesso ad usucapione necessita l’elemento della buona fede proprio nel comportamento del possessore effettivo, e non della persona autorizzata a presentare querela di richiedere la cosa. Proprio a questo momento si dà la precipua importanza nella valutazione della buona fede del possessore contrattuale, impossessatosi del bene, passato a lui per contratto, - il possessore effettivo al quale non è stata presentata l’azione durante la prescrizione giudiziale, comincia a comprendere l’insufficiente interesse del proprietario per la cosa per cui richiesta è decorsa la prescrizione giudiziale. Chiedergli di dimostrare l’attività nel chiarire quali circostanze ostacolano il proprietario di presentare l’azione, significherebbe presentare le pretese più grandi al confronto del normale livello di cura e previdenza di un bonus pater familias»[67].

Nella riferita argomentazione di A.V. Konovalov in ciò che concerne il comportamento del bonus pater familias, si intravvede l’appello al diritto romano. Però in tutto il resto essa si trova in conflitto evidente con la tradizione romanistica. In primo luogo, come è stato già detto sopra, l’affittuario o un altro possessore che ha ricevuto il possesso al nome altrui su base del contratto, di principio non può essere considerato di per sé stesso “possessore ad usucapionem”, siccome non ha intenzione di possedere la cosa “come sua propria” (pro suo). Impossessatosi della cosa, l’affittuario, certo, diventa possessore autonomo, perché anche ladro possiede. Ciononostante il possesso di mala fede non può diventare in seguito quello in buona fede in virtù dell’atteggiamento soggettivo del possessore stesso verso quel che avviene, siccome, come scriveva il giurista romano Giuliano «... causam possessionis neminem sibi mutare posse»[68]. Sempre lo stesso diede il seguente commentario che riguarda direttamente la situazione da noi esaminata: «... quod vulgo respondetur ipsum sibi causam possessionis mutare non posse, totiens verum est, quotiens quis sciet se bona fide non possidere et lucri faciendi causa inciperet possidere»[69]. Proprio a questa circostanza, trattandosi del caso in esame dell’appropriazione del bene preso in affitto da parte dell’affittuario, hanno prestato attenzione i romanisti italiani V. Arangio-Ruiz[70] e M. Marrone[71], notando che per trasformare l’affittuario o un altro detentore in possessore in buona fede non si può fare a meno della dichiarazione di volontà del locatore, la mancanza della quale rende impossibile tale metamorfosi. Una simile opinione, basata sulla stessa argomentazione, ha formulato anche Ju.K. Tolstoj, però non si sa perché solo nei riguardi dell’impossibilità dell’inizio del corso dell’usucapione prima del decorso del termine della prescrizione giudiziale per la richiesta di carattere del diritto delle obbligazioni[72].

E’ molto interessante notare anche il fatto che già i civilisti russi del periodo prerivoluzionario valutavano criticamente quella tradizione dell’applicazione delle norme dell’usucapione ai beni usurpati dall’affittuario o da un altro detentore che si era formata per quel momento nella giurisprudenza e sull’autorità della quale si richiama A.V. Konovalov. I.E. Engelman scriveva a questo proposito: «Tutta l’assurdità e l’ingiustizia della nostra usucapione sarà rivelata, se noi guardiamo come l’esempio riportato dovrebbe essere risolto in conformità ai principi del diritto sviluppato. Secondo la logica giuridica non si può inventare arbitrariamente di propria fantasia titoli di possesso, lo può essere soltanto il fatto giuridico; non si può possedere, in forma di proprietà, segretamente oppure possedere una cosa, ricevuta a condizione. Il detentor con il solo decorso della condizione non diventa possessore, ma per questo ci vuole un nuovo fatto giuridico. Se dopo il decorso del termine accordato la cosa rimane dal detentor e viene usata in modo prescritto dalla condizione, allora la più vicina è la supposizione di un tacito rinnovamento del contratto per un tempo indefinito fino al momento di richiesta, o per un anno e così via. L’usucapione di tale cosa da parte del detentor è impossibile. Un’altra situazione, se la cosa passa all’erede o al successore di diritti del detentor, i quali sono ignari che la cosa è altrui. Loro possiedono in buona fede e a titolo legittimo, acquistando il diritto di proprietà per usucapione»[73].

Il diritto romano nel problema esaminato partiva dalla premessa che le caratteristiche del possesso nel momento della presa del possesso formano uno stato giuridico incrollabile ed esso non si cambia se avvengono le circostanze, le quali, se fossero presenti nel momento della presa del possesso, non avrebbero permesso di sorgere il dato stato giuridico. Nei “Digesti” di Giustiniano troviamo la seguente indicazione: «Si eo tempore, quo mihi res traditur, putem vendentis esse, deinde cognovero alienam esse, quia perseverat per longum tempus capio»[74]. Questo significa che né il possesso in buona fede può arbitrariamente essere trasformata in possesso in mala fede, né quello in mala fede in quello in buona fede. Pensiamo che le considerazioni sopra riportate riguardano completamente anche il diritto vigente russo. Un’interpretazione opposta delle relative norme del CCFR renderebbe impossibile la promozione da parte del possessore in buona fede dell’azione, che a lui spetta in conformità al p. 2 art. 234 del CCFR e che è l’analogo russo dell’actio in rem Publiciana, dato che la promozione di tale azione significherebbe il riconoscimento dal possessore dell’illegittimità del proprio possesso, quindi della propria mala fede[75].

La detta tesi è stata ribattuta da D.O. Tuzov col motivo che l’azione promossa in conformità al p. 2 art. 234 del CCFR non è strumento della difesa petitoria, ma della difesa possessoria e perciò non è legata alla buona fede. L’argomento di prova della sua tesi era indicazione che la difesa del possesso ad usucapionem non rappresenta difesa del diritto, ma del fatto[76]. Intanto p. 2. art. 234 CCFR conferisce il diritto solo al possessore in buona fede di promuovere tale azione, perché proprio il possessore in buona fede è quel possessore di cui la situazione giuridica prima dell’acquisto da lui del diritto di proprietà sull’oggetto di possesso in virtù dell’usucapione viene definita dall’articolo indicato. In primo luogo, lo testimonia il fatto che la promozione della detta azione contro il proprietario o contro un’altra persona, autorizzata a possedere la cosa contestata, non viene ammessa, cioè contro questa azione si può obbiettare che il citato è possessore titolare, invece nel processo possessorio i riferimenti all’autorizzazione del citato a possedere la cosa non sono possibili di principio[77]. In secondo luogo, la formulazione stessa del detto articolo, che indica sulla presenza del diritto di promuovere la relativa azione solo dalla persona che dovrà diventare proprietario della cosa per usucapione. In terzo luogo, la disposizione dei punti in esame nel limiti dell’articolo del CC sull’usucapione con tutta evidenza mostra quale dei possessori è autorizzato a promuovere tale azione. Lo può essere riconosciuto solo il possessore per usucapione , cioè chi possiede il bene in buona fede e apertamente come suo proprio. E’ naturale che il citato ha possibilità di rimuovere questa azione controbattendo la presunzione della buona fede del possesso del querelante.

Tutto quanto significa che nel p. 2 art. 234 del CCFR non si tratta della difesa possessoria, simile a quella che nel diritto romano veniva concessa dagli interdetti possessori, ma della difesa petitoria del possesso ad usucapionem. Caratterizzando quest’ultimo i giuristi romano usavano il termine jus possessionis, cioè diritto di possedere[78]. Tra l’altro anche V.M. Chvostov a cui si riferisce D.O. Tuzov, caratterizza il possesso per usucapione, difesa dall’azione Publiciana, come diritto reale relativo[79], seguendo in questo senso H. Dernburg. Condivideva la stessa opinione un altro civilista russo prerivoluzionario I.A. Pokrovskij[80].

Per ora non si potrebbe dire ancora che tale punto di vista fosse condivisa apertamente nella civilistica russa contemporanea, però una serie di indizi conferma che per tale riconoscimento ci sono seri presupposti. Così, il legislatore, parlando nel p. 3 art. 234 CCFR della possibilità di successione nel possesso per usucapione, usa il termine “successione nei diritti”. Dall’altra parte nella Delibera della Corte Costituzionale FR del 21.04.2003 su causa del controllo di costituzionalità delle norme dei punti 1 e 2 art. 167 del CCFR promosso su ricorsi dei cittadini O.M. Mariničeva, A.V. Nemirovskaja, Z.A. Sklianova, V.M. Širiaev si usa anche l’espressione «diritti patrimoniali degli acquirenti in buona fede sorti su basi previste dalla legge», mentre dal testo della delibera risulta chiaro che il proprietario rimane lo stesso e, in questo modo, il diritto dell’acquirente in buona fede si distingue dal diritto di proprietà. Comunque, in questo caso simile uso della parola può avere solo interesse scientifico, dato che in conformità al p. 25 della Delibera del Plenum del TSA FR del 25.02.1998 N° 8 nel caso di respinta dell’azione diretta alla richiesta della cosa dal suo acquirente in buona fede, nel caso se il diritto di proprietà su tale cosa deve passare la registrazione pubblica, la sentenza del tribunale serve da motivo per registrazione del passaggio del diritto di proprietà all’acquirente.

E’ interessante anche come viene caratterizzato lo status dell’acquirente in buona fede “per usucapione” nella letteratura di studio e nei commentari. Così A.P. Sergeev scrive che «nel diritto russo è assente diritto speciale di possesso, ma c’è solo competenza giuridica di possesso, che entra come componente nei diversi diritti soggettivi»[81]. E lo stesso autore nota: «L’unica eccezione in questo senso rappresenta, come si diceva sopra, l’azione dell’acquirente per usucapione del bene che non si appoggia su un diritto concreto soggettivo ed è diretto alla difesa del possesso effettivo come tale»[82]. Ciononostante lo stesso autore scriveva un po’ prima che questa azione non difende tutti i tipi di possesso, ma solo quello qualificato per usucapione[83]. Però, appunto per questa ragione Ju.K. Tolstoj qualificava la data azione non come analoga al interdetto romano pretorio, ma come quella analoga all’actio in rem Publiciana. Intanto nella romanistica russa l’actio in rem Publiciana per tradizione non viene riferita ai mezzi della difesa possessoria, ma a quelli della difesa petitoria[84]. Se vogliamo ricordare che oltre alla difesa del possesso all’usucapione (in buona fede) va legata anche la possibilità di appropriazione dei redditi sorti dalla cosa (art. 303 del CCFR) e se facciamo attenzione alla tradizione di percepire il possesso per usucapione nella giurisprudenza europea, cominciando dai giuristi romani e arrivando ai civilisti prerivoluzionari russi, allora dovremmo riconoscere che l’assimilazione dal legislatore russo del modello romanistico di usucapione, che presuppone la buona fede, fa credere che il possessore per usucapione possiede un diritto speciale nei riguardi della cosa altrui che si trova in suo possesso.

Quanto alla difesa possessoria, essa rappresenta non solo la difesa di un determinato e qualificato bene, nel nostro caso, per usucapione, ma di qualsiasi tipo di possesso, ossia non solo del possesso per usucapione del possessore illegale e in buona fede, ma anche, da una parte, del possesso del proprietario e di altro possessore legale, e dall’altra parte, del possesso che sia quello illegale e in mala fede, ivi compreso il possesso acquistato in modo violento e arbitrario[85]. Lo scopo della difesa possessoria consiste nel troncare l’illecito arbitrio e nel trasferire tutti i conflitti patrimoniali nel campo del processo petitorio, cioè della controversia sul diritto[86]. La difesa possessoria si concede indipendentemente dal fatto, se una delle parti in causa possiede o non possiede il diritto di proprietà. In questo senso non si può affermare che nel diritto civile russo vigente esiste la difesa possessoria come un istituto completo, anche se esistano singoli elementi di tale difesa che si riferisce a determinati oggetti di possesso. Così, per esempio, si potrebbe essere considerata come analogo dell’interdetto romano possessorio la possibilità di sfratto dall’abitazione, che appartiene al fondo abitativo statale o municipale, se occupato arbitrariamente. Tale sfratto è previsto all’art. 90 del vigente Codice delle abitazioni della RSFSR[87] e va compiuto in ordine amministrativo su sanzione del procuratore. Com’è noto, la Delibera della Corte Costituzionale della FR “Su causa del controllo di costituzionalità dell’attività giurisdizionale relativa all’ordine giudiziario di discussione delle controversie sulla concessione delle abitazioni; del controllo di costituzionalità dell’ordine amministrativo di sfratto dei cittadini dalle abitazioni occupate in modo non autorizzato che si fa su sanzione del procuratore; del controllo di costituzionalità del rifiuto di intentare il procedimento penale” del 05.02.1993 ha riconosciuto che i cittadini sfrattati con ordine amministrativo hanno diritto di impugnare le azioni del procuratore in sede giudiziaria. Se ricordiamo la giusta indicazione di I.A. Pokrovskij che l’interdetto pretorio nel diritto romano fu per la sua sostanza deliberazione amministrativa[88] e che nel diritto romano esisteva la possibilità di impugnare immediatamente l’interdetto possessorio portando la causa sul campo della controversia sul diritto, è cioè del processo petitorio, potremmo dire che in questo caso la deliberazione del procuratore di sfratto dall’abitazione occupata in modo arbitrario rappresenta variante della difesa possessoria che non esclude il diritto di possesso dell’abitazione di chi l’ha occupato arbitrariamente, ma costretto di provare il detto diritto nei limiti del processo petitorio.

Tutto sommato, lo stesso I.A. Pokrovskij disse giustamente che «... in ogni società civilizzata la distribuzione effettiva delle cose, come tale, il possesso in senso descritto, gode la difesa contro ogni violenza e ogni attentato da parte dei privati»[89]. Da questo punto di vista lo stesso monopolio statale sull’uso della violenza, nonché sugli istituti di tutela dell’ordine pubblico, esistente in questa o quella società, dovrebbe sottintendere la presenza della difesa possessoria, essendo fenomeno legato alla difesa generale dell’ordine pubblico, mentre la Russia in questo senso non fa eccezione. A questo punto è opportuno ricordare che nella Russia imperiale dal primo momento la difesa del possesso fu funzione della polizia e si realizzava in ordine amministrativo e solo più tardi fu affidata ai giudici di pace[90]. Un’altro problema è che per concedere tale difesa bisogna stabilire il fatto di possesso, il che non è sempre facile, vista la complicatezza della categoria stessa del possesso. Proprio così si spiega la necessità di creare il processo possessorio speciale, nei limiti del quale non si esamina la controversia sul diritto, ma si stabilisce il fatto di possesso e quello di sua violazione. Concessa la difesa possessoria, ottiene l’ importanza solo il fatto stesso di possesso e non le caratteristiche che lo qualificano. Così, bisogna riconoscere che nel diritto civile russo contemporaneo l’azione promossa in conformità al p. 2 art. 234 CCFR e diretta non alla difesa di qualsiasi possesso, ma solo del possesso acquistato in buona fede, ossia di quello per usucapione, rappresenta analogo dell’ actio in rem Publiciana, e quindi nella civilistica russa le concezioni “acquirente in buona fede” e “possessore in buona fede” devono essere considerate identiche allo stesso modo come lo era in diritto romano.

Tornando alla discussione intorno all’argomentazione di A.V. Konovalov sull’appropriazione della cosa da parte dell’affittuario, si deve riconoscere tanto meno corretto il suo riferimento al livello ordinario di premurosità del bonus pater familias, che sembra sufficiente per riconoscere il possesso in buona fede. B.B. Čerepachin osserva giustamente che nel momento dell’appropriarsi della cosa l’acquirente secondo le norme generali deve essere massimamente accorto, siccome proprio il carattere dell’acquisto del possesso definisce le sue conseguenze giuridiche[91].

Anche K.I. Sklovskij è arrivato alle conclusioni analoghe sui problemi esaminati sopra[92]. Però, la sua opinione è stata criticata dal quel punto di vista che essa sembrasse non corrispondere ai fini dell’usucapione, mentre la possibilità di trasformare arbitrariamente il possesso iniziato in mala fede in quello in buona fede e viceversa, dovrebbe corrispondere ai detti fini[93]. A questo punto bisogna notare che qualsiasi interpretazione delle norme legislative deve essere verificata dal punto di vista della sua corrispondenza al senso delle norme interpretate, ad esse attribuito dal legislatore, e non ai fini di qualche istituto compresi da questo o quell’interprete. L’aforisma latina, tanto popolare tra i giuristi, Dura lex, sed lex, tra l’altro significa anche che la legge non deve essere interpretata in quel modo che sembra opportuno, ammissibile, giusto, conforme ai principi di comprensione del diritto ecc. a questo o quell’interprete. La concezione del “diritto vivo”, che prevede molteplicità dei sensi delle stesse norme e la libertà, per chi le applica, di sceglierne quel senso che a suo avviso sia più conveniente per il dato caso in virtù della giustizia e opportunità, è praticamente lo stesso che il vero arbitrio. Questa concezione fu giustamente sottomessa alla severa critica ancora da I.A. Pokrovskij[94]. Se nella legge vigente c’è qualcosa che suscita obiezioni, non si deve cambiarne l’interpretazione, ma bisogna cambiare o annullare, adoperando i relativi meccanismi della legislazione. Altrimenti al posto di un chiaro e fissato dal Codice sistema di concezioni e costruzioni legate tra di esse in modo logico, in breve tempo avremo un ammassamento caotico di eterogenee interpretazioni di immediato carattere prammatico che si contraddicono reciprocamente nelle loro premesse teoriche iniziali.

Si deve riconoscere così che il tentativo di argomentare la possibilità di acquistare la cosa in proprietà per usucapione da parte di un affittuario o di un’altra persona, che ha iniziato a possedere la cosa in basi contrattuali e si è appropriato di essa, non è adeguato al contenuto delle norme dell’art. 234 CCFR e porta all’annullamento di molti requisiti importanti dell’usucapione, percepiti dal legislatore russo dal diritto romano. L’identità dei tratti principali di questo istituto nel diritto romano e nel diritto civile della Russia moderna presuppone anche lo stesso campo di applicazione dell’usucapione. Il detto campo può essere ridotto oppure allargato in conseguenza delle deliberazioni speciali della legge relative a certi oggetti o certi modi di appropriarsi della cosa. Ciononostante, ad ogni caso, l’usucapione in quella forma come fu costruita dalla giurisprudenza romana può essere applicata per acquisire in proprietà le cose, il possesso delle quali è stato ricevuto in virtù del negozio nullo (titulus putativus) prima di tutto dall’alienante non autorizzato, nonché di certe categorie delle cose abbandonate (pro derelicto). In questa direzione si sviluppa anche l’attività giudiziaria, per quanto si può vedere dal p. 17 della Delibera del Plenum del TSA FR del 25.02.1998 N° 8, che indica che il diritto di proprietà in virtù dell’usucapione può essere acquisito tanto sui beni di nessuno, quanto sui beni appartenenti col diritto di proprietà a un’altra persona. E’ evidente che quegli ultimi possono essere acquisiti per usucapione solo dall’acquirente in buona fede che ha ricevuto il possesso della cosa in virtù del negozio nullo, di cui invalidità nel momento di compirlo l’acquirente non sapeva e non poteva sapere.

Però, il mancato riconoscimento di tutte le circostanze indicate, prese al completo, ha delle sensibili conseguenze negative. Così, il p. 21 della Delibera del Plenum del TSA FR del 25.02.1998 N° 8 riconosce e la Delibera del Presidio del TSA FR del 06.07.1999 N° 962/99 conferma ancora una volta che su l’azione con richiesta del bene dal possesso illegale altrui, promossa da una persona, il titolo del possessore della quale è basato sul negozio nullo, l’arbitrato ha diritto di valutare tale negozio, indipendentemente dal fatto se aveva luogo o no, come la presentazione della richiesta di riconoscere il negozio invalido, quindi respingere l’azione con il detto motivo. Non è difficile notare che simile attività crea la possibilità di respingere l‘azione dell’acquirente in buona fede, il quale si è privato dell’oggetto acquistato, contro un acquirente in mala fede, anche se questo ha semplicemente preso in modo arbitrario il possesso del detto oggetto, riferendosi al fatto che il querelante non è possessore titolare, dato che il possesso è stato da lui acquisito a titolo del negozio nullo. Se in tale situazione neanche il proprietario dimostrerà l’interesse di richiedere la sua cosa, essa rimarrà per sempre fuori del giro legale. Beninteso che, dato che si tratta dell’azione di rivendicazione, dal punto di vista dell’art. 302 del CCFR la posizione del TSA è del tutto giustificata. Però, tale querelante va difeso completamente in conformità al p. 2 art. 234 CCFR siccome l’infondatezza del suo possesso della cosa è questione dei suoi rapporti con il proprietario, mentre davanti ai terzi egli, essendo possessore, anche se non autorizzato, ma in buona fede, in virtù di questo fatto ha posizione giuridica più vantaggiosa.

 

 



 

[1] Šeršenevič G.F., Manuale del diritto civile russo (edizione del 1907), Mosca 1995, 150 [Шершеневич Г.Ф. Учебник русского гражданского права. (по изд.1907 г.). М., 1995. C. 150.].

 

[2] Pokrovskij I.A., L’organizzazione auspicabile del diritto civile nello studio e nell’insegnamento, Kiev 1986, 15. [Покровский И. А. Желательная постановка гражданского права в изучении и преподавании. Киев. 1896. C. 15.].

 

[3] Enghelman I.E., Sull’usucapione secondo il diritto civile russo (edizione San Pietroburgo 1900), Mosca 2003, 111. [Энгельман И. Е. О давности по русскому гражданскому праву. М., 2003. ( По изд. - Спб.,1900). C. 111.].

 

[4] Ibidem.

 

[5] Come una piacevole eccezione in questo senso si potrebbero citare i lavori di B.B. Čerepachin, il quale nemmeno nel periodo staliniano non si faceva dei problemi nel far riferimenti diretti ai testi dei civilisti romani a sostegno della propria posizione. – Vedi, per es.: Čerepachin B.B., Acquisto del diritto di proprietà per usucapione, in Sovietskoje gosudarstvo i pravo 4, 1940, 51-61 [Черепахин Б.Б. Приобретение права собственности по давности владения // Советское государство и право. 1940. № 4. C. 51 – 61.]

 

[6]. Lisačenko A.V., Usucapione nel diritto civile russo, in Civilističeskije zapiski. Raccolta interuniversitaria di studi scientifici, Мosca 2001, 280 [Лисаченко А.В. Приобретательная давность в российском гражданском праве // Цивилистические записки. Межвузовский сборник научных трудов. М., 2001. C. 280.].

 

[7] Vedi, per es.: Karlova N.V. , Micheeva L.Ju., Lusucapione e le regole dutilizzo, Мosca 2002. [Карлова Н.В., Михеева Л.Ю. Приобретательная давность и правила ее применения. М., 2002].

 

[8] Žilinskij A., Rëricht A., Introduzione al diritto tedesco, Mosca 2001, 408 [Жилинский А., Рёрихт А., Введение в немецкое право. М., 2001. C. 408].

 

[9] Ibidem, 409 nt. 5.

 

[10] Suchanov E.A., Prefazione all’edizione di: Digesti di Giustiniano, Trad. dal latino. T.I. / Redattore resp. L.L. Kofanov, Mosca 2002, 9 [Суханов Е.А. Предисловие к изданию: Дигесты Юстиниана / Перевод с латинского. Т.I. / Отв. ред. Л.Л.Кофанов. М., 2002. 9].

 

[11] Suchanov E.A., Kofanov L.L., L’influenza del diritto romano nel nuovo Codice Civile della Federazione Russa, in Ius Antiquum-Drevnee pravo 4, 1999, 13 [ Суханов Е.А., Кофанов Л.Л. Влияние римского права на новый Гражданский кодекс Российской Федерации // Древнее право. № 4. М., 1999. C. 13].

 

[12] Tolstoj Ju.K., Prefazione al libro: Konovalov A.V., Il possesso e la tutela possessoria nel diritto civile, San Pietroburgo 2001, 6 [Толстой Ю.К. Предисловие к книге: Коновалов А.В. Владение и владельческая защита в гражданском праве. Спб., 2001. С. 6].

 

[13] A.P. Sergeev, Ju. Tolstoj (a cura di), Diritto civile. Manuale, Mosca 1997, 344 [Гражданское право. Учебник. / Под ред. А.П. Сергеева, Ю.К.Толстого. Ч. 1. М. 1997. С. 344].

 

[14] Enghelman I.E., Sullusucapione, cit., 289 [Энгельман И.Е. О давности … С. 289].

 

[15] Vedi, per es.: Baron Ju., Il sistema del diritto civile romano. Libro II. Diritti reali, Trad. rus., Mosca 1898, 73 [Барон Ю. Система римского гражданского права. Кн. II. Вещное право. М. 1898. С. 73]; Санфилиппо Ч., Курс римского частного права, Мosca 2000, С. 178.

 

[16] Tolstoj Ju.K., Usucapione, in Pravovedenie, 1992, N° 3, 26 [Толстой Ю.К. Приобретательная давность // Правоведение. 1992. № 3. С. 26]; Čerepachin B.B., Acquisto del diritto di proprietà per usucapione, in Sovietskoje gosudarstvo i pravo, 1940, № 4, 59 [Черепахин Б.Б. Приобретение права собственности по давности владения // Советское государство и право. 1940. № 4. С. 59].

 

[17] Come nota C. Sanfilippo, nel diritto giustinianeo la longi temporis praescriptio in sostanza non e la prescrizione acquisitiva, ma risolutiva, perche essa fa l'effetto indirettamente, trasformando la posizione del acquistatore in buona fede nel diritto di proprietà per causa della scadenza della vindicatio (Sanfilippo C., Op. cit., 178 nt. 2 [Санфилиппо Ч. Ук. соч., С. 178. Прим. 2]). Si deve notare, che l'interruzione della prescrizione per causa della vindicatio intentata contro il possessore non era applicabile all'usucapione del periodo classico, a differenza della longi temporis praescriptio postclassica: Baron Ju., Il sistema del diritto civile romano, cit., 73 [Барон Ю. Система римского гражданского права...С. 73].

 

[18] Tolstoj Ju.K., Usucapione, 26 [Толстой Ю.К. Приобретательная давность...С. 26]; Čerepachin B.B., Acquisto del diritto di proprietà per usucapione, 59 [Черепахин Б.Б. Приобретение права собственности по давности владения.С. 59].

 

[19] Tolstoj Ju.K., Prefazione all’edizione: Codice Civile della Federazione Russa. Parte I, compilato da A.V. Smirnov, San Pietroburgo 1994, 28 [Толстой Ю.К. Предисловие к изданию: Гражданский кодекс Российской Федерации. Ч.I. / Сост. А.В.Смирнов. Спб., 1994. С. 28].

 

[20] Tolstoj Ju.K., Usucapione..., 28 [Толстой Ю.К. Приобретательная давность.С. 28].

 

[21] Diritto civile. Manuale, a cura di A.P. Sergeev, Ju. Tolstoj, Mosca 1997, 344 [Гражданское право. Учебник. / Под ред. А.П. Сергеева, Ю.К. Толстого. Ч. 1. М.1997. С. 344]. Сf.: Tolstoj. Ju.K., Rapporto della prescrizione giudiziale e quella acquisitiva, in Pravovedenie 6, 1993, 48 [Толстой Ю.К. Соотношение исковой и приобретательной давности // Правоведение. 1993. №6. С. 48].

 

[22] Baron Ju., Op.cit., 72 [Барон Ю. Ук. соч....С. 72].

 

[23] Codice Civile della Federazione Russa. Parte I. Commentario pratico-scientifico, red. resp. T.E. Abova-A.Ju. Kabalkin, Istituto dello stato e del diritto Ac. sc. Russa, Mosca 1996, 387 [Гражданский кодекс РФ. Ч.I. Научно-практический комментарий. // Отв. ред.Т.Е.Абова, А.Ю.Кабалкин. / Институт государства и права РАН. М., 1996. С.387]. Questo punto di vista condivide anche A.V. Lisačenko, Op.cit., 294.

 

[24] Ibidem.

 

[25] Codice Civile della Federazione Russa. Parte I. Commentario pratico-scientifico, 386.

 

[26] D.41.2.3.11: Saltus hibernos aestivosque animo possidemus, quamvis certis temporibus eos relinquamus.

 

[27] Confrontare: D.41.2.3.11: non est enim corpore et tactu necesse adprehendere possessionem, sed etiam oculis et affectu argomento esse eas res, quae propter magnitudinem ponderis moveri non possunt, ut columnas, nam pro traditis eas haberi, si in re presenti consenserint.

 

[28] Sanfilippo C., Op.cit., 187.

 

[29] Più dettagliatamente v.: Rudokvas A.D., Ambito di applicazione dell’usucapio nel diritto romano e nel diritto civile contemporaneo della Russia, in Jus Antiquum. Drevnee pravo 1 (8), 144-163 [Рудоквас А.Д. Сфера применения института приобретательной давности (usucapio) в римском праве и гражданском праве России // Jus Antiquum. Древнее право.№ 1(8). С.144 - 163].

 

[30] D.41.2.12.1, Ulp. 70 ad ed.

 

[31] C.11.59(58).8: Impp.Valentinianis, Theodosius et Arcadius AAA. Tatiano P.P. Qui agros domino cessante desertos vel longe positos vel in finitimis ad privatum pariter publicumque compendium excolere festinat, voluntati suae nostrum noverit adesse responsum; ita tamen, ut, si vacanti ac destituto solo novus cultor insederit, ac vetus dominus intra biennium eadem ad suum jus voluerit revocare, restitutis primitus, quae expensa constiterit, facultatem loci proprii consequatur. Nam si biennii fuerit tempus emensum, omni possessionis et dominii carebit jure, qui siluit.

 

[32] Baron Ju., Op. cit., 10; D.41.2.17.pr.: Si quis vi de possessione deiectus sit, perinde haberi debet ac si possideret, cum interdicto de vi reciperandae possessionis facultatem habeat.

 

[33] D.41.2.3.5: idem Trebatius probabat existimans posse alium juste, alium injuste possidere.

 

[34] Codice Civile della Federazione Russa. P.I. Commentario pratico-scientifico, red. resp. T.E. Abova-A.Ju. Kabalkin, Istituto dello stato e del diritto dell’Acc. sc. della Russia, Mosca 1996, 388. [Гражданский кодекс РФ. Ч.I. Научно-практический комментарий. // Отв. ред.Т.Е.Абова, А.Ю.Кабалкин. /Институт государства и права РАН. М., 1996. С.388].

 

[35] Diritto civile. Manuale, red. resp. E.A. Suchanov., T. I, Mosca 1998, 499 [Гражданское право. Учебник. / Отв.ред. Е.А. Суханов. Т.1. М., 1998. С. 499].

 

[36] Bogdanov E., La categoria della “buona fede” nel diritto civile, in Rossijskaja justicija 9, 1999, 12 ss. [Богданов Е. Категория “добросовестности” в гражданском праве // Российская юстиция. 1999. № 9. С. 12 сл.].

 

[37] Diritto civile. Manuale., red. resp. E.A. Suchanov, T. I., 474.

 

[38] D.41.3.31: Numquam in usucapionibus juris error possessori prodest.

 

[39] Vitrijanskij V., La difesa del diritto di proprietà, Zakon 1995, N°11, 117 [ Витрянский В. Зашита права собственности // Закон. 1995. № 11. C. 117]. Cf.: Commentario al Codice Civile della Federazione Russa, red. resp. O.N. Sadikov, Mosca 1997, 456 [Комментарий к Гражданскому кодексу РФ / Отв. ред. О.Н.Садиков. М., 1997. С. 456].

 

[40] Cf.: D.41.7.Jul.: Si quis merces ex nave jactatas invenisset, num ideo usucapire non possit, quia non viderentur derelictae, quaeritur, sed verius est eum pro derelicto usucapire non posse.

 

[41] Sarbaš S., Le questioni della prescrizione giudiziaria, in Chozjajstvo i pravo 4, 2000, 24-25 [Сарбаш С. Вопросы исковой давности // Хозяйство и право. 2000. № 4. С. 24 - 25]. Argomentazione teorica di questa posizione vedi, per es., Kirillova M.Ja., Prescrizione giudiziaria, Mosca 1966, 88 [Кириллова М.Я. Исковая давность. М., 1966. С. 88].

 

[42] Più dettagliatamente v.: Rudokvas A.D., Ambito di applicazione dell’usucapio nel diritto romano e nel diritto civile contemporaneo della Russia, 144-163.

 

[43] Dernburg G., Pandette, Trad. rus., San Pietroburgo 1905, T. I., Parte 2. Diritto reale, 143 nt. 4. [Дернбург Г. Пандекты. Спб., 1905. Т.I. Ч.2. Вещное право. С. 143. Прим. 4].

 

[44] Diritto civile. Manuale, T. I, red. resp. E.A. Suchanov, 2a ed., Mosca 1998, 616 nt. 1.

 

[45] Ibidem.

 

[46] Come tribunali del Arbitrato si chiamano in Russia i tribunali statali commerciali, che non hanno nessun comune con gli Tribunali del Arbitrato nel senso proprio.

 

[47] Commentario al Codice Civile della Federazione Russa, parte prima, red. resp. T.A. Abova-A.Ju. Kabalkin, Istituto dello stato e del diritto dell’Accademia di scienze della Russia, Mosca 2003, 235 [Комментарий к Гражданскому кодексу Российской Федерации, части первой // Под ред. Т.Е.Абовой, А.Ю.Кабалкина. / Институт государства и права РАН. М., 2003. С. 535].

 

[48] Di questo, riferendosi alle ragioni di interesse pratico scriveva B.B. Čerepachin: Čerepachin B.B., Acquisto del diritto di proprietà per lusucapione, 59 [Черепахин Б.Б. Приобретение права собственности по давности владения...С. 59]; condivideva la sua opinione Ju.K. Tolstoj, V.: Rapporto dela prescrizione giudiziale e quella acquisitiva , in Pravovedenie 6, 1993, 48 [Толстой Ю.К. Соотношение исковой и приобретательной давности // Правоведение. 1993. №6. С. 48]; Id., Prescrizione nel Codice Civile della Federazione Russa, in Pravovedenie 1, 1995, 24. [Давность в Гражданском кодексе Российской Федерации // Правоведение. 1995. №1. С. 24]. Cf.: Diritto civile. Manuale, a cura di A.P. Sergeev-Ju.K.Tolstoj, Parte I, Mosca 1997, 345 [Гражданское право. Учебник. / Под ред. А.П. Сергеева, Ю.К. Толстого. Ч. 1. М. 1997. С. 345].

 

[49] Tolstoj Jou.K., Rapporto della prescrizione giudiziale e quella acquisitiva, 48.

 

[50] Sinajskij V.I., Il diritto civile russo, Mosca 2002, 222-223 [Синайский В.И. Русское гражданское право. М., 2002. С. 222-223].

 

[51] Ibidem 223.

 

[52] Il diritto civile. Manuale, T. I., 2a ed. a cura di E.A. Suchanov, Mosca 1998, 616 nt. 1 [Гражданское право. Учебник. Т.1. 2-е изд. / Отв. ред. Е.А. Суханов. М., 1998. С. 616. Прим.1].

 

[53] Bernheft F., Koler I., Il diritto civile della Germania, Trad. rus., San Pietroburgo 1910, 124 [Бернгефт Ф.,Колер И. Гражданское право Германии. СПб.,1910. С. 124].

 

[54] Diritto civile. Manuale, a cura di A.P. Sergeev-Ju.K.Tolstoj, Parte I, Mosca 1997, 328 [Гражданское право. Учебник. / Под ред. А.П. Сергеева, Ю.К. Толстого. Ч. 1. М.1997. С. 328].

 

[55] Chvostov V.M., Sistema del diritto romano, (dall’ed.del 1907), Mosca 1996, 278 ss. [Хвостов В.М. Система римского права. (по изд. 1907 г.) М.,1996. С. 278 сл.]; Pokrovskij I.A., Storia del diritto romano, (dall’ed. del 1917), San Pietroburgo 1998, 350 ss. [Покровский И.А. История римского права. (по изд. 1917 г.). Спб., 1998. С. 350 сл.].

 

 

[56] V., ad es., Masievitch M. G., Le cause del acquisto in proprietà delle cose di nessuno, in Problemi del diritto civile odierno. Raccolta degli articoli, Mosca 2000, 185 [Масевич М.Г. Основания приобретения права собственности на бесхозяйные вещи // Проблемы современного гражданского права. Сб. ст. М., 2000. С. 185].

 

[57] Scerscenevitch G.F., Manuale del diritto civile russo, 188 [Шершеневич Г.Ф. Учебник русского гражданского права. С. 188].

 

[58] Ibidem. Cf. Meyer D.I., Il diritto civile russo, Parte 2, Mosca 1997 (ristampa dell’edizione 1902), 71. [Мейер Д.И. Русское гражданское право. Ч.2 . М., 1997. (По изд. 1902 г.). С. 71].

 

[59] Cf.: D.41.2.18.pr.: Quod meo nomine possiedo, possum alieno nomine possedere: nec enim muto mihi causam possessionis, sed desino possedere et alium possessorem ministerio meo facio.

 

[60] D.41.2.30.6.

 

[61] Karlova N.V., Mikheeva L.Jou, L’usucapione e le regole d’utilizzo, 28 [Карлова Н.В., Михеева Л.Ю. Приобретательная давность и правила её применения. Практическое пособие. М., 2002. С. 28]; Diritto civile. Manuale, a cura di A.P. Sergeev-Ju. K. Tolstoj, Parte 1, Mosca 1997, 344 [Гражданское право. Учебник. / Под ред. А.П. Сергеева, Ю.К. Толстого. Ч. 1. М. 1997. С. 344].

 

[62] V., ad es., Karlova N.V., Mikheeva L.Jou., Op. cit., 28. Лисаченко А.В. Ук. соч., С. 287.

 

[63] Punto 7 della Deliberazione della Corte Costituzionale della FR del 20 luglio 1999 N°12-P “Sulla causa di esame della costituzionalità della Legge Federale del 15 aprile 1998, “Dei beni culturali trasferiti nell’Unione Sovietica in conseguenza della Seconda guerra mondiale e trovatesi sul territorio della Federazione Russa”, in Raccolta di Leggi della FR. N°30, 1999, 3989 [п.7 Постановления КС РФ от 20 июля 1999 г. № 12-П “По делу о проверке конституционности Федерального закона от 15 апреля 1998 г. “О культурных ценностях, перемещенных в Союз ССР в результате Второй мировой войны и находящихся на территории Российской Федерации // СЗ РФ. 1999. № 30. Ст. 3989].

 

[64] D.41.2.6.

 

[65] D.41.2.40.2.

 

[66] Konovalov A.V., Il possesso e la difesa possessoria nel diritto civile, San Pietroburgo 2001, 41 nt. 48 [Коновалов А.В. Владение и владельческая защита в гражданском праве. Спб., 2001. С. 41. Прим. 48].

 

[67] Konovalov A.V., Il possesso e la difesa possessoria, 40-41.

 

[68] D.41.5.1.

 

[69] D.41.3.33.

 

[70] Arangio-Ruiz V., Istituzioni di Diritto Romano, 14a ed., Napoli 1981, 273.

 

[71] Marrone M., Istituzioni di diritto romano, Vol. 3, Palermo 1987, 538-539.

 

[72] Tolstoj Jou.K., Prescrizione nel Codice civile, 23.

 

[73] Engelman I.E., Sull’usucapione ,290.

 

[74] D.41.1.48.1.

 

[75] Che tale azione è analogo russo del romano actio in rem Publiciana, siccome sia questa, sia quella azione si basano sulla finzione dell’usucapione decorsa, giustamente indica Ju.K.Tolstoj in: Usucapione nel Codice civile, 23.

 

[76] Tuzov D.O., Sulla questione dell’acquisto del diritto di proprietà dall’alienante non autorizzato, in Legislazione civile della Repubblica del Kazakistan, N.15. Almaty 2003, 124 [Тузов Д.О. К вопросу об основании приобретения права собственности от неуправомоченного отчуждателя // Гражданское законодательство Республики Казахстан. Вып.15. Алматы. 2003. С. 124].

 

[77] Cf., Chvostov V.M., Sistema del diritto romano, 292 e passim.

 

[78] D.41.2.44.pr.: jus possessionis ei qui condidisset non videri peremptum nec infirmitatem mempriae damnum adferre possessionis quam alius non invasit; D.41.2.49: quia possessio non tantum corporis, sed et juris est. In questo titolo dei “Digesti” si tratta dell’interruzione del possesso per usucapione.

 

[79] Chvostov V.M., Sistema del diritto romano, cit., 298.

 

[80] Pokrovskij I.A., Storia del diritto romano, cit., 356.

 

[81] Diritto civile. Manuale, Parte I./ a cura di A.P. Sergeev, Ju. K. Tolstoj, 447.

 

[82] Ibidem.

 

[83] Ibidem, 446.

 

[84] Novitckij I.B., Diritto romano, 4a ed., Mosca 1993, 86 [Новицкий И.Б. Римское право. 4 издю М., 1993. С. 86].

 

[85] D.41.2.53: Adversus extraneos vitiosa possessio prodesse solet.

 

[86] D.41.2.35: Exitus controversiae possessionis hic est tantum, ut prius pronuntiet iudex, uter possideat: ita enim fiet, ut is, qui victus est de possessione, petitoris partibus fungatur et tunc de dominio quaeratur.

 

[87] Dal 2005 è in vigore il nuovo Codice delle abitazioni della Federazione Russa.

 

[88] I.A. Pokrovskij, Storia del diritto romano, 129; 346-347.

 

[89] I.A. Pokrovskij, Storia del diritto romano, 345.

 

[90] Konovalov A.V., Il possesso e la difesa possessoria, 118-123.

 

[91] Čerepachin B.B., Acquisto del diritto di proprietà per usucapione, 57.

 

[92] Sklovskij K.I., Proprietà nel diritto civile, 262.

 

[93] Masevič M.G., Le cause dell’acquisto del diritto di proprietà sulle cose di nessuno, 188-189.

 

[94] Pokrovskij I.A., Problemi fondamentali del diritto civile, Mosca 1998, 89 e passim. [Покровский И.А. Основные проблемы гражданского права. М. 1998. С. 89 сл.].