N. 4 – 2005 – Memorie

 

Maria Teresa Guerra Medici

Università di Camerino

 

Le ‘paci delle dame’

 

 

Sommario: 1. Pace e politica matrimoniale. – 2. La moglie del principe. – 3. Mediatrici.

 

1. – Pace e politica matrimoniale

 

La edificazione dello Stato Moderno appare come il risultato di molteplici forme di dispersione del potere, talvolta in opposizione più spesso a sostegno ed integrazione delle le forme del ‘potere ufficiale.

Con la formula, comunemente adottata, del passaggio dal legame personale a quello istituzionale si vuole indicare la formazione di uno stato impersonale in cui la gestione del potere si svolgeva nel chiuso di gabinetti, consigli ecc.[1] separati e lontani dai luoghi ove si svolgeva la vita quotidiana e privata. Il passaggio non è stato né repentino né netto. Le forme di potere improntate a rapporti di tipo essenzialmente personale hanno convissuto a lungo, ed ancora se ne conservano tracce, con forme di potere più impersonale e burocratico. Ancora in epoca moderna non è facile distinguere tra le cariche della amministrazione domestica del principe da quelle attribuibili alla corona come istituzione[2]. Il processo formativo delle strutture politiche dell’ Europa moderna presenta una profonda complessità e variabilità dei rapporti di potere, sia sul versante sociale che su quello territoriale. Ancora in epoca moderna non è facile una distinzione formale tra le cariche di governo dell’ amministrazione domestica del re da quelle istituzionali della corona. Lo stato medievale, improntato dalla così detta mentalità feudale, aveva dato luogo al cosiddetto stato patrimoniale-feudale, un concetto tanto vago nella definizione quanto longevo nella durata nel quale le relazioni familiari avevano una rilevanza spesso decisiva anche per le relazioni internazionali.

Fu solo a partire dal XVII secolo, difatti, che i sovrani smisero di incontrarsi personalmente, come avevano fatto i loro predecessori; non lasciavano più il regno ma affidavano le trattative a rappresentanti che andarono acquistando sempre maggiore prestigio: i rapporti tra potenze presero a spostarsi dalla sfera dinastica a quella amministrativa. Sino a che la costruzione di una rete di relazioni internazionali, e di un apparato diplomatico stabile, non divenne un fatto compiuto, la politica estera, che si concentrava negli incontri di persona e nelle trattative tra i detentori del potere, consisteva nei rapporti con gli altri signori ai quali si era legati da vincoli prossimi o remoti di parentela. Spesso in questo tipo di relazioni furono impiegate le donne delle famiglie dominanti le quali proprio grazie ai legami matrimoniali e parentali costruivano una rete diplomatica informale mantenuta viva attraverso una fitta corrispondenza.

Il sistema di governo di tipo familiare- personale delle società pre-moderne  era incentrato sulla persona del principe e della sua famiglia. I matrimoni dei principi costituivano un elemento fondamentale delle relazioni tra potenze. Nonostante le guerre reciproche fra gli stati i sovrani erano costretti a cercare la sposa tra le altre nazioni sovrane; i loro matrimoni davano forma non solo agli stati stessi ma anche alle relazioni tra i paesi europei. Gli stati si ingrandivano, si consolidavano e ridimensionavano in seguito ai matrimoni. Gli apporti dotali delle spose dei principi furono uno dei principali sistemi di accorpamento dei territori. Grazie al matrimonio di Isabella di Castiglia con Ferdinando d’Aragona si formò il nucleo forte, centrale della monarchia spagnola. La politica matrimoniale di stati e sovrani fu sempre accorta e in molti casi lungimirante. L’impero asburgico fu il risultato più noto ed importante della politica matrimoniale della dinastia. Per quel che riguarda la Francia il matrimonio di Carlo VIII con Anna di Bretagna portò quella importante regione nell’ ambito della corona di Francia. Il cardinale di Richelieu condusse la politica delle alleanze matrimoniali al cuore della politica dello stato attraverso i matrimoni franco-spagnoli.

Il matrimonio del principe era questione che riguardava lo stato e il bene pubblico e la scelta della sposa era una questione politica di rilevanza generale. I matrimoni principeschi erano veri e propri affari di stato. Delille ha messo in risalto la funzione del matrimonio come regolatore delle tensioni politiche, soprattutto grazie allo scambio delle donne[3]. La scelta della sposa del principe, andava effettuata con accorte trattative diplomatiche e includeva diversi aspetti. Le nozze sancivano le paci e aprivano la strada a meccanismi  di restituzione, attraverso i futuri matrimoni, delle figlie e delle doti[4]. Botero scrive che il contributo dei matrimoni è fondamentale per assicurare alleanze e procurare paci, della stessa opinione Valeriano Castiglione[5].

All’interno delle proprie corte le mogli dei principi controllavano l’educazione delle figlie, sviluppavano trame matrimoniali che spesso si concludevano con l’invio della fanciulla in questione a vivere presso la stessa corte dalla quale la madre era partita anni prima per apprendere usi e regole della nuova patria. Le principesse mantenevano con le famiglie intense e continue relazioni epistolari, dense di informazioni di carattere privato e non. Le donne delle famiglie principesche potevano usufruire delle proprie reti di rapporti costruite con i matrimoni che disperdevano le figlie dei sovrani, e della nobiltà, fra le varie corti europee. Le relazioni erano tenute vive attraverso visite e scambi epistolari intensi e densi di notizie, informazioni e suggerimenti. Da questo sistema informativo non rimanevano escluse le parenti che vivendo nei monasteri avevano a loro volta una rete di contatti che fu spesso utilizzata per avviare lo scioglimento di complicate situazioni dinastiche e internazionali.  La vita delle principesse monache, o delle vedove che si ritiravano a vivere nei conventi, non era solo dedicata alla preghiera e alla mortificazione. Anche all’ interno dei monasteri le donne si rendevano utili alla famiglia in più modi; talvolta poteva essere necessario lasciare il monastero.

Nel 1340, nel pieno della guerra dei cento anni, Jeanne di Valois, sorella del re Filippo V e suocera di Edoardo III decise di lasciare il convento di Fontenelle per convincere i due sovrani alla pace, o quanto meno ad una tregua. La sua mediazione si sviluppò instancabile tra la Francia, l’ Impero, il duca di Brabante, il marchese di Juliers, il signore dello Hainaut perché impegnassero il re d’ Inghilterra ad un accordo. Insieme agli inviati del papa Benedetto XII infine la pia principessa, come la definì Froissart,  riuscì a convincere i due sovrani ed i loro alleati a concludere una tregua [6].

 

2. – La moglie del principe

 

Le mogli dei principi possono essere viste quasi come delle ‘infiltrate’ nella corte del marito, delle ‘straniere a corte’, secondo una felice espressione di Maria Fubini, che non sempre riuscivano ad integrarsi nella nuova patria [7]. Le principesse si trasferivano, là dove le chiamavano i destini e gli obblighi familiari, accompagnate da una corte, più o meno numerosa secondo il rango e la posizione che loro competevano. Accanto alla corte del principe esisteva una corte articolata e parallela, quella della principessa, che aveva recato con sé dame, funzionari, artisti, letterati, medici e quant’altro le fosse necessario[8].

Formare la ‘casa’ di una principessa non era impresa semplice. A questo riguardo le corti sembrano seguire due modelli, se la principessa proveniva da una famiglia di rango inferiore a quella della quale entrava a far parte la sua corte sarebbe stata formata soprattutto da personalità della corte del marito. E’ quanto avvenne per la formazione della casa di Maria Adelaide di Savoia sposa del duca di Borgogna, nipote di Luigi XIV, erede presunto al trono di Francia. Della scelta si occupò con scrupolo ed attenzione Madame de Maintenon; dopo attenti calcoli e considerazioni la ‘ casa ’ fu composta da  un cavaliere d’onore, una dama d’ onore, una dama di servizio, un primo scudiero. A questi si aggiungevano sei dame del palazzo, con una prima donna di servizio, un confessore, un primo elemosiniere, Bussuet, un primo maestro di casa. Un gruppo di persone altolocate e qualificate per accompagnare la principessa nella sua nuova destinazione ed educarla ai suoi compiti e agli usi della corte[9].

Ancora più complesse furono le trame che accompagnarono le nozze di Filippo V, re di Spagna e nipote di Luigi XIV. Alla giovane regina, Maria Luisa di Savoia, fu assegnata come prima dama la principessa des Ursins[10] alla quale era stato affidato il compito di mantenere l’influenza francese sulla corte spagnola e rafforzare i legami con il re di Francia. La principessa ebbe un grande ascendente sui giovani sovrani, dei quali fu la principale consigliera, disegnando la politica della casa di Borbone in accordo con l’ ambasciatore francese[11]. Il suo potere giunse a termine con la morte della regina e con il secondo matrimonio del re. La nuova regina, Elisabetta Farnese, che recava con se il cardinale Alberoni come consigliere, al primo incontro la fece arrestare ed accompagnare al confine con la Francia. La politica spagnola cambiò indirizzo: il re dimenticò di essere nipote del re di Francia e fu solo re di Spagna.

Ancora diversa la formazione della corte di una principessa quando questa proveniva da una famiglia di rango superiore a quello della famiglia nella quale andava sposa. Beatrice di Portogallo, figlia del re Manuel, sposò il duca di Savoia, Carlo II, nel 1521. Recò seco un seguito numeroso di cinquanta persone che il padre aveva destinato a restare con lei nella sua nuova patria. Della corte della duchessa facevano parte i cappellani, gli ufficiali portoghesi, le dame, i ciambellani e consiglieri, i maggiordomi e gli scudieri, i medici, ed altri stipendiati a vario titolo. Un insieme di persone che mantenevano con il paese di provenienza legami e rapporti ad un livello inferiore, ma non meno rilevante, di quelli che legavano la principessa al paese ed alla famiglia di origine[12].

Le donne delle famiglie principesche erano facilitate nell’intreccio di rapporti meno formali in cui le relazioni di famiglia divenivano anche relazioni diplomatiche e, spesso, affari di stato.

 

3. – Mediatrici

 

Le donne delle famiglie principesche erano favorite nell’opera di mediazione e pacificazione tra le parti dal fatto di essere sovente imparentate con entrambe le parti contendenti, o con più di esse. Nel 1525 il re di Francia Francesco I, prigioniero in Spagna dell’imperatore Carlo V, fu raggiunto dalla sorella, Margherita d’Angoulême, che iniziò le trattative per la liberazione del fratello. I prolungati contrasti tra i due sovrani si conclusero il 3 agosto del 1529 con la firma della ben nota ‘pace delle due dame’ (paix des Dames) conclusa da Luisa di Savoia, madre del re francese, e Margherita di Asburgo, zia dell’imperatore e reggente dei Paesi Bassi. Il fratello di Luisa, Filiberto di Savoia, era stato il marito di Margherita[13]. Le trattative si svolsero a Cambray, città imperiale ma considerata territorio neutro. Fu costruita una galleria per collegare l’abbazia di Saint- Aubert, dove soggiornava la reggente dei Paesi Bassi con l’Hotel de Saint-Pol dove alloggiava Luisa. Le trattative durarono circa cinque mesi, dal maggio al 5 di agosto quando nella cattedrale le due dame giurarono sul Vangelo di rispettare il trattato.

Ancora in una abbazia quella di Cercamp si riunirono, quasi in segreto, nel 1558 i plenipotenziari dei re di Spagna e di Francia per dare inizio alle trattative che avrebbero condotto a alla ‘santa pace’ di Cateau Cambresis. Filippo II inviò sua cugina, Cristina di Lorena, a presiedere la conferenza[14]. La duchessa di Lorena era bene accetta anche alla parte francese che annoverava tra i suoi rappresentanti il cardinale di Lorena. I documenti pubblicati sotto il nome del Cardinale di Granvelle riportano le numerose lettere inviate dalla duchessa al re ed ai rappresentanti delle due parti. Brantôme che scrisse di Cristina parole molto elogiative attribuisce alla sua mediazione condotta con equilibrio e competenza la riuscita delle trattative che l’ anno successivo si conclusero con la pace[15] .

I signori che governavano gli stati italiani del Rinascimento facevano abitualmente ricorso all’opera delle donne della famiglia che si realizzava in più occasioni. La duchessa di Urbino, Elisabetta Gonzaga, si era trovata spesso al governo dello stato durante le assenze del duca, Guidubaldo da Montefeltro, impegnato altrove in azioni militari e fu spesso impegnata per risolvere conflitti fra il ducato ed altri poteri della penisola. In occasione della prigionia del marito trattò con gli Orsini per ottenerne la liberazione[16]. Nel 1497 si adoperò per concludere il matrimonio tra Francesco Sforza, vedovo della sorella Maddalena, con un’altra Gonzaga. Nel 1510, in Roma, chiese al papa di adoperarsi per la liberazione del fratello Francesco Gonzaga prigioniero dei Veneziani. Nel 1516 il duca di Urbino, accusato di fellonia da Leone X, inviò Elisabetta a Roma per perorare la sua causa e sostenere la sua innocenza.

Giovanni Maria Varano, tornato in possesso dello stato di Camerino, dopo l’usurpazione da parte di Cesare Borgia, inviò la madre, Giovanna Malatesta, a perorare la sua causa presso il pontefice contro le pretese del cugino Ercole le cui ragioni erano sostenute dalla madre Maria della Rovere. Nonostante la parentela di Maria con Giulio II Giovanna ebbe la meglio e suo figlio divenne duca di Camerino[17].

Eleonora de’ Medici, duchessa di Mantova, aveva sposato Vincenzo Gonzaga nel 1584. Nel 1599 si recò a Firenze per assistere alle fastose nozze, celebrate per procura, della sorella Maria con Enrico IV di Borbone. Accompagnò la sposa da Firenze a Marsiglia ed insistette ‘fortemente’ presso di lei per mettere il duca sotto la protezione del re di Francia[18].

Nel 1638 Maria Gonzaga, duchessa di Mantova, concluse un concordato con il re Filippo IV dal quale ottenne due diplomi, del 28 aprile e del 10 maggio, con cui veniva riconosciuta tutrice legittima e reggente per il figlio, il duca Carlo II. Maria, nipote e madre di imperatrici assicurò al figlio relazioni diplomatiche tali che fecero si che il figlio ricorresse a lei in momenti difficili, anche dopo aver raggiunto la maggiore età[19].

Nel 1678 il ducato di Mantova era sotto assedio, il duca e i suoi ministri presero la fuga; la difesa e la successiva trattativa per la risoluzione della intricata e difficile situazione furono affidate alla duchessa Anna Isabella Gonzaga, spesso reggente del ducato, che nella sua abile politica fu affiancata dalla madre, l’ottuagenaria Margherita d’Este. Anna Isabella intervenne ancora nel 1702 in una situazione analoga[20].

Anche la partecipazione di dame dell’aristocrazia alle attività della diplomazia non era cosa insolita. Alla interminabile alla conferenza di Loudun, che doveva portare alla pace del 3 maggio del 1616, avevano preso parte la contessa di Soisson, la duchessa di Condé e madame de Longueville [21].

Un’altra Maria Gonzaga (Luisa Maria), figlia di Carlo di Nevers sposò il re di Polonia Ladislao IV. Nel suo viaggio verso la Polonia fu accompagnata, caso forse unico, da una ambasciatrice: la marescialla di Guébrian, che probabilmente aveva ricevuto l’incarico di ambasciatrice straordinaria. Alla marescialla erano state consegnate le lettere della regina Anna d’Austria e del Cardinale Mazarino. Luigi XIV, a sua volta, inviò una lettera alla ambasciatrice con l’ incarico di assicurare il re di Polonia del fatto che la principessa Maria gli era cara quanto una sorella[22].

In verità non sempre i matrimoni e le principesse furono strumenti di pace: ad Isabella Gonzaga di Novellara, che si opponeva all’ annullamento delle infeconde nozze con Vincenzo II Gonzaga, si prospettava la responsabilità di provocare con il suo rifiuto la fine della pace in Italia. Le vicende matrimoniali e dinastiche di casa Gonzaga erano particolarmente complesse e complicate, la situazione difficile veniva aggravata dagli opposti appetiti e contrastanti pretese dei sovrani che si ritenevano a qualche titolo in diritto di intervenire.

Anche ad Isabella d’Aragona, infelice moglie di Giangaleazzo Visconti, si attribuisce la fine della pace in Italia. La duchessa nelle sue lettere si lamentava con il padre per l’infame trattamento riservato a lei e al marito da Ludovico il Moro, ed è per timore delle reazioni dell’adirato re di Napoli che il duca di Milano chiamò in Italia il re di Francia a rivendicare i suoi diritti sul trono meridionale[23].

 

 



 

[1] Stolleis, Michael, Stato e ragion di stato nella prima età moderna, Bologna, Il Mulino, 1998.

 

[2] Cfr. Reinhardt, Wolfgang, Storia del potere politico in Europa, Bologna, Il Mulino, 1999, 171 ss.

 

[3] Gerard Delille, Famiglia e proprietà nel regno di Napoli; Torino, Einaudi, 1988; Strategie di alleanze e demografia del matrimonio, in Storia del matrimonio, M. De Giorgio e C. Klapisch-Zuber (ed.), Roma, Laterza, 1996, 283-303.

 

[4] Gerard Delille, La paix par le femmes, in «Alla signorina». Mélanges offerts à Noëlle de la Blanchardière, Roma, Ecole française, 1995, 99-121.

 

[5] Giovani Botero, Della ragion di stato, C. Continisio (ed.) , Roma, Donzelli, 1997, 167. Valeriano Castiglione, Statista regnante, Lione, s.e., 1528, 16; Castiglione scrisse anche che il desiderio di governare era proprio del sesso femminile, come la garrulità, ib., 21.

 

[6] M. Guizot, L’Histoire de France, Paris, Hachette, 1875, 72-3.

 

[7] Maria Fubini Leuzzi, Straniere a Corte. Epistolari di Giovanna d’Austria e Bianca Cappello, in Per lettera. La scrittura epistolare femminile tra archivio e tipografia. Secoli XV- XVII, Gabriella Zarri (ed.), Roma, Viella, 1999, 413-40.

 

[8] Barbero, Alessandro, Il ducato di Savoia. Amministrazione e corte di uno stato franco-italiano, Bari, Laterza, 2002; ha messo in risalto l’importanza di un aspetto poco noto negli studi sul mondo delle corti, quello delle corti delle regine o principesse. In particolare descrive ed esamina la corte della duchessa Beatrice di Savoia, 236-50. Noi a suo tempo avevamo segnalato l’importanza della corte della regina longobarda nell’ambito della amministrazione del regno, si veda, Guerra Medici, Maria Teresa, I diritti delle donne nella società altomedievale, Napoli, ESI, 1986, 23 e nn. 20, 21, 22.

 

[9] Saint-Simon, ci ha lasciato una descrizione dettagliata, sia delle manovre per ottenere un incarico, sia dei personaggi che componevano della casa della duchessa di Borgogna, cfr. Mémoires, v. I, 312-38, della ed. Bibliotheque de la Pleiade, Paris, 1953.

 

[10] Marie-Anne de la Trémoïlle (1642- 1722) vedova aveva sposato in seconde nozze, a Roma, il principe Flavio Orsini, duca di Bracciano. Il suo nome venne francesizzato in Ursins.

 

[11] Herbert H., Rowen, The King’s State: Proprietary Dynasticism in Early Modern France, N. Brunswick, 1980.

 

[12] Vedi sopra n. 8.

 

[13] Il trattato è stato studiato da Joycelyn G. Russel, Des femmes diplomates: La  paix des Dames de 1529, in, Diplomats at Work. Three Renaissance Studies, Stround, 1992, 94-152; Lucien Bély, La societé des princes. XVIe- XVIIIe siècle, Paris, Fayard, 1999, 168-69. A Margherita d’Asburgo Giulio Agrippa aveva dedicato il trattato, Declamatio de nobilitate et praecellentia femminini sexu, pubblicato ad Anversa nel 1529. Su Margherita d’Angoulême, la sua figura e la sua opera letteraria si veda il magistrale lavoro di, Lucien Fevre, Amour sacré amour profane, Paris, 1996.

 

[14] Cristina (1521- 1590) di Danimarca era figlia del re Cristiano II e di Isabella d’Austria, sorella dell’imperatore Carlo. Aveva sposato in prime nozze Francesco Maria Sforza e in seconde nozze il duca Francesco di Lorena. Cfr. Enciclopedia Universal Ilustrada, Barcelona, Espansa, 1907-1930c., t. XVI, 343.

 

[15] Papiers d’ État du cardinal de Granvelle, s. la dir. de, M. Ch. Weiss, Paris, Imp. Royale, 1844, t. V, nn, 68 p. 227, 69 p. 228, 71 p. 230, 72…passim.  BrantÔme, Ouvres complètes de Pierre de Bourdelle, signeur de Brantôme, Paris, J. Renouard, 1876, t. IX, p. 621, 79.

 

[16] J. Demistoun, Memoirs of the Dukes of Urbino…(1440-1630), London 1851, 3 vv, v. I e v. II passim. F. Ugolini, Storia dei conti e duchi di Urbino, v. II, Firenze 1859, 151, 155-56, 201-3.

 

[17] Per tutta la vicenda rimando al mio, Famiglia e potere in una signoria dell’Italia centrale. I Varano di Camerino, Camerino, Pubb. dell’ Università,2002, 45 ss.

 

[18] S. Fortuna, Le nozze di Eleonora de’ Medici con Vincenzo Gonzaga, E. Saltini (ed), Firenze 1868; Fochessati, Giuseppe, I Gonzaga di Mantova e l’ultimo duca, Milano, Casa Ed. Ceschina, 1930; Diaz, Furio, Il Granducato di Toscana, v. I, I Medici, Torino, UTET, 1976.

 

[19] Maria, ultima discendente del suo ramo, aveva sposato il cugino Carlo di Rethel, del quale era rimasta vedova; era nipote di Eleonora Gonzaga che aveva sposato l’imperatore Ferdinando II d’ Asburgo. L’imperatrice si adoperò per combinare il matrimonio tra la figlia di Maria, Eleonora, ed il futuro imperatore Ferdinando III; cfr. Intra, Gian Battista, Maria Gonzaga, Firenze, Capitelli, 1897; Quazza, romolo Marie de Gonzague et Gaston d’Orléans, in, Atti e memorie della regia Accademia virgiliana, Mantova 1925. Fochessati, I Gonzaga cit., 160-4.

 

[20] Carnevali, Luigi, Anna Isabella Gonzaga, in Archivio storico Lombardo XIII (1886), 379-94.

 

[21] Lavisse, Ernest, Histoire de France, Paris, Hachette, 1911, t. VI, 250.

 

[22] Nel 1647-48 fu pubblicato un resoconto dello straordinario avvenimento: Histoire et relation du voyage de la reine de Pologne et du retour de Madame la Maréchale de Gueberian, Ambassadrice Extraordinaire et Surintendente da sa Conduit; à Paris, chez Robert Denain, cito da Bely, La Societé cit., 249 ss. Il relatore, Jean Le Laboureur ci dà una descrizione in fiorito stile barocco di questo viaggio di cui si parlò molto, come del matrimonio.

 

[23] Sulla duchessa di Bari si veda, Giovanni M. Bertini, Isabella d’Aragona duchessa di Bari, in Actas y Comunicaciones, Barcelona, IV Congreso de historia de la coruna de Aragòn, 1970, 259-385.