ds_gen N. 6 – 2007 – Note-&-Rassegne

 

DSCN0803-poldnikovRadici romane del concetto contemporaneo di contratto civile?

(a proposito della formazione storica della dottrina contrattuale continentale)*

 

Dmitrij Poldnikov

Università Statale di Mosca

“Lomonosov”

 

 

Il concetto contemporaneo del contratto civile si appoggia sulle tre caratteristiche fondamentale, cioè: l’astrattezza, l’unità e l'universalità. A causa di questi caratteristiche il contratto è l'unico termine che esprime gli accordi specifici nella forma generalizzata e abbraccia il numerus apertus di tutti gli accordi legittimi per raggiungere i fini leciti. Questo concetto di accordo è universalmente riconosciuto nella letteratura giuridica russa[1] ed anche è legittimato nella legislazione vigente della Russia (art. 420 Cod. civ.).

Contro communis opinio dei civilisti russi nessuna delle suddette caratteristiche proviene dal vero diritto romano. Si incontra i più antichi negozi giuridici già nelle leggi delle XII tavole (mancipium, nexum, stipulatio)[2]. Ma i termini technici per denotarli e la teoria contrattuale distinta sorgono più tardi, a cavallo del primo secolo[3]. Fino alla caduta dell'Impero Romano nell’Occidente la terminologia romana manteneva il dualismo contractus – pactum. Il contractus era il nome dei negozi bilaterali tipici azionabili, il pactum - dei accordi atipici, in generale, non azionabili[4].

Il termine contractus si traduce in russo come ‘dogovor’ (contratto). I contratti si trovano infatti nel centro della teoria contrattuale romana. Ma l'analisi dei dicta dei giuristi romani (Labeo D. 50.16.19, Ulpianus D. 2.14.1.3, Gaius 3.89, 3.91 ed altri) suggerisce che nessuno contractus erano uguale al ‘dogovor’ contemporaneo. Per i giuristi romani il contractus è in primo luogo il mezzo di concludere l’obbligazione, ma non l’accordo di volontà[5]. La sequenza dei atti di contraenti era messa in rilievo, ma non la volontà di loro. Poi, i contractus rappresentavano le fattispecie negoziale con il contenuto fissato. Il loro elenco si mutava a volte, però restava il numerus clausus. I negozi nel questo elenco di solito acquistavano il nomen ed actio proprii (D. 2.14.1.4).

Quindi i contratti romani come certi enumerati negozi azionabili sono contrapposti ai patti. Il casuismo, le varie subtilitates del diritto romano devono causare la certezza delle fattispecie contrattuale[6]. La dogmatica raison d’être del numerus clausus dei contratti si trova nella regola ‘Ulp. D.2.14.7.4: nuda pactio obligationem non parit, sed parit exceptionem’. La mancanza di causa lecita dei patti, la loro inazionabilità impediva l’unione con il gruppo privilegiato dei contratti.

Allora la formazione del concetto moderno di contratto è collegata, in primo luogo, con superamento della regola ‘nuda pactio obligationem non parit’. Non pure i contratti ed i patti sono moniti della protezione uguale di legge, la raison d’être della terminologia dualistica è caduta.

Dopo la fondazione della scuola di glossatori il Corpus Iuris (ed il Digesto in particolare) era considerato la sola fonte del diritto civile occidentale[7]. E la regola d’inazionabilità dei patti nudi era stabilita proprio nella questa fonte. Quindi il Corpus Iuris non permetteva di giustificare la regola ‘pacta sunt servanda’.

I civilisti europei dovevano seguire altre vie, cioè: 1) riconoscendo l'autorità del diritto romano trovare eccezioni alla regola "patto nudo non è azionabile", 2) riconoscendo l'autorità del diritto romano introdurre le nuove fonti del diritto civile (mores hodierni, coutumes), 3) respingere l'autorità del diritto romano e costruire la dottrina contrattuale sulla nuova base legale.

I glossatori e commentatori andavano la prima via. La seconda via attirava la scuola del usus modernus pandectarum. L'ideologia del ius naturale nuovo spianava la terza via.

La prima via di cercare l’eccezioni portava in una situazione di stallo. Però i glossatori hanno fondato la base della giurisprudenza europea e hanno fatto rinascere lo studio di Digesto con l’aiuto del metodo scolastico.

I tardi glossatori (Azzone, Accorso) hanno elaborato la dottrina di vestimenta, per mezzo di cui si poteva chiarire l’azionabilità di tutti i contratti e patti romani[8]. Secondo loro la varietà dei negozi si divide in patti nuti e patti vestiti. Questi ultimi hanno il vestimentum (i vestiti) per proteggerli contro l’inadempimento.

La dottrina di vestimenta non solo aiutava a chiarire la varietà dei negozi romani ma prestava l'attenzione ai patti nudi. L'esperienza di diritto canonico, commerciale e consuetudinario, dove gli accordi semplici erano azionabili[9], ha avuto per effetto che i giuristi medievali non potevano giustificare né l’inazionabilità di patti né l’eccezioni da questa regola nel Digesto. I glossatori e commentatori non avevano la possibilità di ricorrere alle fonti medievali nel campo del diritto civile e cercavano soltanto queste eccezioni nel testo tardo antico. Alcuni hanno trovato più di 60 esempi[10].

Insomma i giuristi medievali hanno conservato i principii della teoria contrattuale romana. Solo il metodo d’analisi faceva la differenza[11]. I professori bolognesi hanno attribuito l’astrattezza ai contratti e patti, li riguardavano sopratutto come termini e non come negozi. Anche i glossatori hanno avvicinato i contratti e patti stabilendo l’accordo come l’elemento comune e indispensabile di tutti i negozi[12].

In Germania e nei Paesi Bassi del XVII-XVIII secolo la scuola di usus modernus seguiva una via alternativa di motivare l’azionabilità di tutti accordi. A cavallo dell’età moderna non si potevano applicare le regole del Digesto antico in complexu neanche per volontà degli imperatori germanici. La pratica forense testimoniava molte differenze tra diritto romano e mores hodierni. I giuristi hanno colto questa occasione avendo incluso mores hodierni nel elenco delle fonti del diritto civile vigente. Hanno sostituito il principio della ricezione completa del diritto romano con il concetto della ricezione pratica, cioè solo le singole regole romane applicate dal foro erano in vigore in Germania[13]. I pandettisti lodavano la simplicitas del diritto germanico arcaico con il principio del Versprechenstreue e disapprovavano le subtilitates di diritto romano, cosi importante per i glossatori ed umanisti[14].

Verso il primo terzo del XVII secolo l'opinione dell’azionabilità di tutti gli accordi leciti prevaleva ma con ragioni diverse. Alcuni giuristi proponevano il ritorno alla simplicitas del ius gentium ipotetico, dove l’obbligatorietà di accordi non dipendeva dalla forma solenne[15]. Altri affermavano la non-ricezione della regola ‘nuda pactio obligationem non parit’ in Germania e nei Paesi Bassi[16]. Altri trattavano la regola pacta sunt serranda in diritto civile e canonico insieme, dove la condictio ex canone proteggeva tutte le promesse lecite[17]. Infine il principio del Versprechenstreue diventava stabilito nei codici locali (Landrecht), nei statuti comunali ed altre leggi. Ciò riforniva i giuristi con nuove fonti.

Gradualmente i giuristi tedeschi realizzavano le vaste conseguenze dalla regola pacta sunt serranda. Il valore dei patti nel sistema contrattuale ha subito la crescita significativa facendo sorgere almeno due questioni. 1) Qual’è il tipo dell’azione che protegge i patti nudi? Le risposte più spesse erano: condictio ex canone, ex moribus, ex consuetudine. 2) Qual’è il valore della stipulatio nel nuovo sistema contrattuale? Molti asserivano che la stipulatio non rappresentava più la fattispecie contrattuale distinte dal patto nudo azionabile e le norme del Corpus Iuris sulla stupulatio sono diventate applicabile a tutti i patti[18].

Il trionfo del principio pacta sunt servanda ha demolito la base del sistema contrattuale romano. La ragione del dualismo contractus – pactum è caduta. Verso la metà del 17 sec. il patto diventa il termine comune per tutti gli accordi. Però il patto preserva ancora il senso ambivalente: nel largo senso il pactum è il termine generale, ma nel senso stretto è il nome di pactum nudum[19]. Allora l’azionabilita dei patti spiana la strada alla nuova sistematizzazione dei negozi giuridici. Questo è il compito realizzato dalla scuola di giusnaturalismo.

La propagazione dell'ideologia giusnaturalista in Europa aveva per effetto l'alienazione emozionale dal diritto romano. Al posto del Corpus Iuris la ragione naturale diventa l’autorità suprema e la base di nuovo ordine legale.

Il più breve percorso alla nozione generale di contratto fu aperto in Francia. Nel trattato ‘Les loix civiles dans leurs ordre naturel’ (1689) Jean Domat ha fatto il tentativo di ricostruire il sistema del diritto civile secondo la filosofia del giusnaturalismo. Domat ha posto nel centro della dottrina contrattuale la nozione di ‘convention’, cioè l’obbligazione prodotto dal mutuo consenso. Come il suo contemporaneo tedesco Pufendorf[20], Domat credeva il contratto il mezzo principale per soddisfare i bisogni umani e la base unica degli impegni volontari e reciproci[21]. Ma contrariamente a Grotius[22] Domat ha collegato il concetto di contratto con l'accordo reciproco, sufficiente per l’efficienza di tutti gli accordi[23]. Così la scienza legale francese è stata liberata dalle contraddizioni della dottrina contrattuale basata sulla promessa unilaterale (Versprechen).

L'obbligatorietà degli accordi è una cosa così evidente per Domat che lui denomina gli accordi "leggi privati" e non da altri ragioni. Inoltre l’autore fissa nel suo trattato la libertà del contenuto di contratto e della forma d’espressione di volontà.

Nonostante la natura innovatrice delle sui tesi, Jean Domat si riferisce al diritto romano, ma preserva soltanto le regole romane coincidente con l’ipotetico ius naturale[24].

Il cambiamento della dottrina contrattuale romana faceva effetto sui primi codici civili europei. Nei paesi tedescofoni la dottrina di Christian Wolf godeva la massima autorità[25]. Le sue tesi sono fissate nel § 861 di ABGB (1811) ed anche più chiaro nel codice prussiano (ALR, 1794): il contratto (Vertrag) è l’espressione reciproca di volontà a acquisire od alienare i diritti civili; questo accordo diventa obbligatorio per mezzo d’accettazione dell’offerta valida. La definizione del ‘contrat’, del suo oggetto, causa ed inoltre il sistema dei contratti nel Codice civile francese (1804) sono infatti il riassunto dei trattati di Domat e Pothier[26].

L'esperienza della civilistica europea prova che soltanto la via di superare l'autorità del diritto romano con l’aiuto delle fonti moderne e la filosofia del giusnaturalismo conduce alla giustificazione di azionabilità ed obbligatorietà di tutti gli accordi leciti. Questo a sua volta permette di aprire il numerus clausus dei contratti romani, poi respingere il dualismo contractus – pactum, costruire il nuovo sistema contrattuale e infine mettere in rilievo le regole comune per tutti i contratti (parte generale).

 

 



 

* Comunicazione presentata al IV Convegno Internazionale di Diritto Romano “Diritto romano pubblico e privato: L'esperienza plurisecolare dello sviluppo del diritto europeo” (Ivanovo-Suzdal'-Mosca, 25-30 giugno 2006).

 

[1] Vedi ad es.: Braginskij M.I., Vitrjanskij V.V., Dogovornoe pravo. Obscie polozhenija, Vol. 1., Mosca 1997, 10. Per la letteratura sovietica vede l’opinione di Ioffe O.S., Objazatel'stvennoe pravo, Мosca 1975, 26 ss.

 

[2] Vedi la testimonianza storica in Kofanov L.L. Objazatel'stvennoe pravo v arhaicheskom Rime (VI-IV sec.)., Mosca 1994, 67 ss.

 

[3] Vedi ad es.: Melillo G., Forme e teorie contrattuali dell’età del principato, Napoli 1979, 17, 24 ss.

 

[4] Vedi la rassegna della communis opinio e la sua critica nel: Diosdi G., Contract in roman law, Budapest, 1981, 119 ss.

 

[5] Si pensi ad es. che le obbligazioni romane erano divise secondo il metodo della loro conclusione (re, verbis, litteris, consensu, Gai 3.89).

 

[6] Sul casuismo romano vedi: García Garrido M., Casuismo y jurisprudencia romana, Madrid 1976 passim.

 

[7] Calasso F., Medio evo del diritto, Vol. 1. Le fonti, Milano 1959, 526 ss.

 

[8] Azo, Summa Codicis. De pactis. Parisiis 1577, p. 25, col. 2.; Glossa Accursiana, “legitima” ad D. 2.14.6.

 

[9] Per il diritto canonico vedi Spies F., De l’observation des simples conventions en droit canonique, Paris, 1928, 25 ss.; per il diritto commerciale vedi Goldschmidt L. Universalgeschichte des Handelsrechts, Bd. 1, Stuttgart, 1891, 173 ss.; per il diritto consuetudinario vedi Sachsenspiegel («Swer icht borget oder gelobt, der sal iz gelden, und swaz her tut, daz sal he stete halden». Lib. 1, Art. 7), Coutumes de Beauvaisis (“Convenance vaint loi”. Cap. 34. Art. 999).

 

[10] Astuti G., I principi fondamentali dei contratti nella storia del diritto italiano, in A.S.D., I (1957) 32 ss.

 

[11] Sul tema vedi Otte G., Dialektik und Jurisprudenz. Untersuchung zur Methode der Glossatoren, Frankfurt am Main, 1971, 43 ss.

 

[12] Poldnikov D., La nozione e l’importanza di pactum nella dottrina dei glossatori, in Ius Antiquum 14 (2004) 216-262.

 

[13] Wieacker F., Privatrechtsgeschichte der Neuzeit, 2. Aufl., Göttingen, 1967, 205 ss.

 

[14] Nanz K.-P., Die Entstehung des allgemeinen Vertragsbegriffs im 16. bis 18. Jahrhundert, München, 1985, 102.

 

[15] Vinnius A., De pactis tractatus. Lugduni Batavorum, 1646. Cap. 7, n. 1: «Nihil enim aequitati naturali magis consentaneum est, quam stare conventis, placita, fidemque servare...».

 

[16] Conring H., De origine juris Germanici (1643) Cap. 33 s., in Opera omnia, Brunsvigae, 1730.

 

[17] Oldendorp J., Opera. Basileae, 1559. Paratitla in D. 1.1.12.

 

[18] Carpzovius B., Opus decisionum illustrium Saxoniarum, causae et quaestiones forenses in Senatu Appellationum Dresdensi, Lipsae, 1670. Pars 2. Dec. 116: «In effectu parum refert an stipulationem hodie... ut pactum nudum valere velis»; Strykius J.S., Fundamenta iuris Iustinianei ad ordinem Institutionum. Halle, 1714. D. 45, 1. § 3: «Pacta omnia animo contrahendi obligationem inita vim stipulationem habeant».

 

[19] Vinnius A., De pactis tractatus. Cap. 1., p. 2 sq.

 

[20] Pufendorf S., De iure naturae et gentium, Londoni 1672, II, III, § 14 s.; Ibid. III, IV, § 1 s.

 

[21] Domat J., Les loix civiles dans leurs ordre naturel. Luxembourg 1702. Introduction: «C’est principalement par les coventions qu’ils s’en accommodent».

 

[22] La promessa (Versprechen) come il fondemanto della teoria contrattuale. Grotius H., Inleiding tot de hollandsche Rechts-Geleerdheid. Ed. F. Dovring, H. Fischer, E. Meijer. 2 Uitgave. Leiden, 1965. III, 1, 1.

 

[23] Domat J. Les loix civiles. Titre I, 1, 1: «Les conventions s’accomplissent par le consentement mutuel donné et arrêté réciproquement...».

 

[24] Ibid. Titre II, I, 2, § 31: «...Si on considère les principes de l’équité naturelle et ceux du droit romain qui tiennent le plus de cette équité...».

 

[25] Wolff Ch., Grundsätze des Natur- und Völterrechts, Halle, 1754.

 

[26] Pothier R.-J., Traité des obligations selon les regles tant du for de la conscience que du for exterieur, in Oeuvres de Pothier concilier au présidial d'Orléans. T. 3. Paris, 1817-1820.