N.
9 – 2010 – Tradizione-Romana
Università
di Bari
Emilio Betti e lo
«storico cameriere»
Regia Università di
Milano
Facoltà di
Giurisprudenza
10 febbraio ‘31
A S.E. il Sen. Giovanni
Gentile Direttore dell’Enciclopedia
Illustre Professore,
armandomi di molta pazienza sono riuscito a ridurre di oltre due
colonne e mezza le bozze di questa voce, COSA GIUDICATA. Faccio osservare che
la colonna in bozze comprende solo 58 righi e non 75 come la colonna
impaginata: cosicché le attuali 6 colonne (e poco più) rientrano
perfettamente nei limiti previsti di 5 colonne da 75 righi.
Ma il punto sul quale mi permetto di richiamare tutta la sua
attenzione è che per un cultore della scienza, il quale abbia dedicato
giorni e giorni di paziente lavoro alla redazione di una voce di codesta
Enciclopedia (come ve li dedicò il sottoscritto) riesce MORTIFICANTE la
pretesa che poi gli si pone di ridurre la voce redatta perché… non
rientra esattamente nei limiti prefissi.
E a questo proposito mi permetto di sollecitare ancora una
risposta alla mia lettera del 29 dicembre u.s. (seguita da una cartolina del 26
febbraio) concernente la pretesa sollevata da codesta Direzione, di ridurre
entro i “limiti prefissi” di due colonne la voce FORMULA da me
redatta comprendente circa tre colonne.
A mio sommesso avviso, illustre Professore, c’è un
grosso equivoco nei criteri di controllo che codesta Direzione ha inteso di
adottare.
ANZICHÉ PROCEDERE COL METRO, BISOGNEREBBE GUARDARE
AL VALORE INTRINSECO DELLE VOCI che vengono inviate, e saper usare una certa
indulgenza rispetto a quelle voci che abbiano pregi di vera originalità
(voci, che poi non debbono essere molte).
Quello che, poi, va assolutamente evitato, è di sconciare tali voci con tagli arbitrari, senza previa consultazione dell’autore, o farvi aggiunte o premesse balorde che ne rompono l’armonia. A me. Per esempio, è capitato di leggere in testa alla voce acclusa, da me redatta, una premessa di 11 righi che è un tessuto dei più triviali luoghi comuni e che stona nel modo più stridente con quel che segue. Naturalmente VA SOPPRESSA.
Il taglio che ho dovuto fare in fondo alla 3ª col. rende necessario un richiamo alla voce
“Giurisdizione”: voce che è anche richiamata
nell’altra da me redatta “Atti processuali”. Anche di tali
richiami va naturalmente tenuto conto da chi sarà chiamato a fare quella
voce.
In procinto di iniziare la stesura dell’ultima voce
assegnatami, “Negozio giuridico”, desidererei avere conferma che lo
spazio attribuitale è di 5 colonne. Sono sicuro che Ella, illustre
Professore, non si dorrà della franchezza delle osservazioni fattale,
ispirate come esse sono al fine della buona riuscita della Enciclopedia. E in
attesa di una risposta alla mia del 29 dicembre circa la voce
“Formula” ed altri punti di Suo personale interesse, Le porgo
intanto i più cordiali ossequi e mi confermo Suo devotissimo
Prof.
Emilio Betti
Il
documento riprodotto è il numero 13 della busta Emilio Betti, che ne contiene
in tutto 19, nell’Archivio storico dell’Enciclopedia Italiana. Si
tratta sostanzialmente di una piccola corrispondenza fra Betti e i responsabili
della Sezione storia del diritto di questa Enciclopedia, e soprattutto con il
suo direttore, Giovanni Gentile. La lettera, che esprime un’evidente
irritazione nel tono non meno che nella scelta dei caratteri di stampa e nelle
sottolineature, segna l’esperienza di collaboratore
dell’Enciclopedia del suo autore.
Nel
novembre del 1926 (nr. 1), Betti aveva accettato «l’onorifico
invito», inviando un elenco degli studi da lui pubblicati, dal quale
potevano desumersi i settori nei quali si era svolta la sua attività di
studioso del diritto: aveva sottolineato, rivolgendosi a Gentile e indirettamente
a De Sanctis, che la sua attività non si era mai rivolta al diritto
greco antico, ma «anche al diritto vigente, così civile come
processuale civile». Aveva poi ricordato che quando un anno prima, nel 25
dunque, Bonfante gli aveva rivolto l’invito e dato la possibilità
di scegliere entro un cospicuo elenco di voci giuridiche, aveva chiesto
l’assegnazione delle voci formula,
edictum, litiscontestatio. In chiusura Betti, che allora insegnava a
Firenze, non aveva perso l’occasione per anticipare a Gentile la
richiesta del suo interessamento per concedere a quella Università
«un aumento di dotazione, o un fondo una volta tanto, da destinarsi alla
costituzione di un Istituto Giuridico il quale qui (strano a dirsi) manca
completamente». Sembrerebbero dunque poste le premesse di un proficuo e
sereno rapporto di collaborazione; Betti, che dal gennaio 1926 era a Firenze
per insegnare Diritto romano, si occupa già intensamente della
formazione e dello sviluppo dell’Università in cui insegna,
promuove e auspica la nascita dell’Istituto Giuridico, una mancanza
stridente con la tradizione giuridica fiorentina. Le cose andranno però
diversamente. Già nell’ottobre del ‘27, trasferito a Milano,
non si occuperà più dei destini fiorentini; manterrà gli
impegni assunti con l’Enciclopedia, ma con un percorso, come vedremo,
piuttosto faticoso che avrà forse precluso possibili sviluppi della sua
posizione all’interno di quella struttura.
La
corrispondenza di Betti sarà indirizzata a Gentile prevalentemente,
piuttosto che a Bonfante, direttore della sezione Storia del diritto fino al
32, o al suo successore Emilio Albertario, in carica a partire dal 1933, ma che
lo aveva affiancato anche negli anni precedenti come condirettore. Quattro
lettere di questo carteggio sono indirizzare alla Direzione dell’Enciclopedia
Treccani, in una si specifica Sezione giuridica (nrr. 16, 17, 18, 19); neanche
il nome del redattore Ugo Spirito compare tra i destinatari.
Sembrerebbe
perciò che nelle varie fasi del lavoro, dall’assegnazione delle
voci al si stampi, i collaboratori, o forse piuttosto solo taluni di essi,
dialogassero quasi esclusivamente con Gentile: questi provvedeva a distribuire
i testi ai Direttori di sezione che li restituivano a lui in bozze. Gentile li
rispediva agli autori e così via sino alla fase finale. Da una lettera
di Gentile a Betti risulta infatti un metodo di lavoro fondato su questo
criterio: «il prof. Bonfante mi restituisce oggi il suo articolo Formule,
suggerendo le riduzioni necessarie…» (nr. 15). Un forte impegno per
il senatore Gentile se consideriamo che solo nella Sezione Storia del Diritto
figurano i nomi di più di settanta studiosi, tra gli altri Arangio-Ruiz,
Biondi, Brugi, Calasso, De Francisci, Grosso, Lauria, Pugliese, Romano,
Salvioli, Scherillo, Segré, Volterra.
L’evoluzione
dei rapporti tra i protagonisti di questo carteggio, si potrà cogliere
seguendo le fasi del percorso dal ‘26 al ‘34, data
dell’ultima lettera conservata nel fascicolo che stiamo considerando; i
criteri di lavoro e le regole a cui attenersi nella redazione degli scritti, i
limiti di spazio imposti dovevano porre non pochi problemi soprattutto a chi
aveva difficoltà a rientrare nell’ordine e nelle logiche di una
Enciclopedia. La voce caccia affidata
a Landucci, ad esempio, ebbe un percorso accidentato: «Il prof. Landucci
è competente…» scrive Bonfante a Gentile «ma nella
nostra Enciclopedia le esegesi minute, le discussioni, le polemiche, il
riportare testi lunghissimi è fuori luogo. A questa stregua
l’Enciclopedia dovrebbe diventare di stile cinese, vale a dire estendersi
per qualche migliaio di volumi». Non sappiamo per quali ragioni, ma
risulta che fu necessario affidare ad altri le voci castrense e curatore,
«abbandonate dal Solazzi».
Ma
vediamo come vanno le cose con Emilio Betti.
Abbiamo
visto che nel ‘25 l’invito di Bonfante si era concretizzato nella
proposta di Betti di redigere le voci formula,
edictum, litiscontestatio. Ma nel gennaio del ‘27 lo scenario cambia:
Gentile prende l’iniziativa. Vale la pena riprodurre la lettera di
risposta di Betti. L’autore parla di sé e, senza mezzi termini,
come gli è consueto, lascia emergere la sua personale considerazione del
mondo accademico cui appartiene:
Università
degli studi di Firenze
Facoltà
di Giurisprudenza
Firenze
26,1.1927
Illustre
Professore,
La ringrazio dell’onore che mi fa con la sua del 22 corr.
(N.P. 989.17) proponendomi di assumere una voce così importante come
Giulio Cesare, nonché l’altra Cesare console 90 a.C.
Non le nascondo che la proposta mi ha reso dapprima un poco
perplesso. Ben 13 anni fa or sono tracciai la figura di Cesare nella cornice
della crisi della costituzione repubblicana e nel frattempo nuovi, importanti
studi sono sopravvenuti. D’altra parte vi è in Italia chi conosce
assai meglio di me i fatti di quel grandioso periodo della storia romana.
In ogni modo, è tale l’interesse che suscita in me
una personalità come quella di Cesare che ho infine deciso di assumere
il grave compito di delinearlo nei limiti indicati. Penso che più di una
conoscenza minuta dei fatti della sua vita importi sentire l’altezza e la
potenza della sua personalità. Se la ricostruzione che ne tenterò
potrà avere qualche pregio, esso sarà quello di non essere la
biografia di uno storico cameriere.
Sta bene quanto ella dice.
Con grato animo Le invio, illustre Professore, cordiali e
reverenti saluti e la prego di avermi Suo devotissimo
Emilio
Betti
La crisi della costituzione repubblicana e
la genesi del principato in Roma, l’imponente tesi di
laurea fu pubblicata infatti tra il 14 e il 15; nella parte II La rivoluzione dei proconsoli sino
all’anno 49 e nella parte prima della seconda sezione dedicata a La genesi del principato, si era infatti
occupato approfonditamente di Giulio Cesare. Accetta, pur riconoscendo che sono
passati molti anni dal suo scritto; verosimilmente quindi, secondo Betti non si
chiedeva solo la competenza, visto che c’era chi conosceva i fatti meglio
di lui. Si richiedeva altro, che si evidenziasse l’altezza e la potenza
della personalità di Cesare, e quindi evidentemente la biografia di uno
«storico cameriere» non avrebbe potuto avere questo pregio. Aveva
in mente qualche nome, ma soprattutto sapeva riconoscere la propria
diversità. Il fatto di condividere con pochi, un’idea di storico
alta, e quindi autonoma, non convenzionale, magistrale direi, da magister appunto piuttosto che da minister quella voce era opportuno che
fosse redatta.
«A
malincuore e non senza una certa vergogna» Betti non riuscì a
tener fede al suo impegno. Nell’agosto del ‘28, da Parma,
comunicò a Gentile che il trasferimento da Firenze a Milano,
nell’ottobre precedente, aveva significato «un aumento notevole del
lavoro accademico (in particolare l’assunzione dell’insegnamento di
Diritto civile per gli anni 1927-8 e 1928-9, in assenza del titolare prof.
Pacchioni)». I mesi di vacanza erano impegnati «nella redazione del
primo volume di un mio corso di Istituzioni di diritto romano e alla
preparazione del corso di Dir. Civile per l’anno prossimo». Non
riteneva possibile che gli venisse consentita una proroga e chiedeva
perciò di voler considerare l’opportunità di affidare ad
altri la redazione di quella voce. Troviamo che la trattazione fu poi divisa in
quattro parti. Mario Attilio Levi si occupò della biografia, Gino Funaioli
di Cesare «come scrittore e fonte storica», la sezione su
«Cesare nella tradizione e nella leggenda» fu compilata a cura
della redazione. Infine toccò a Giuseppe Cardinali, con cui Betti aveva
discusso la tesi di laurea in lettere, redigere l’ultima sezione dedicata
a «Il titolo di Cesare e di Augusto nella nomenclatura imperiale».
Ci
aspetteremmo quindi che come proposto nel ‘25 a Bonfante, Betti fosse
all’opera per la scrittura delle voci formula,
edictum, litiscontestatio. Apprendiamo invece da un’altra lettera,
indirizzata sempre a Gentile: «assumo volentieri la trattazione delle
voci fideiussione (2 coll.) negozio giuridico (2 coll.) atti del processo (2
coll.) cosa giudicata (5 coll.). Argomenti, codesti, che ho fatto oggetto di studi
in parte anche inediti. Quanto all’altra voce propostami – giuoco e
scommessa – non posseggo alcuna speciale competenza sull’argomento.
Il quale d’altro canto non mi interessa».
A
questo punto il quadro si complica, ma cerchiamo di venirne a capo. Consegna
effettivamente nel gennaio del ‘29 la voce cosa giudicata, nella stessa lettera sollecita la consegna delle
bozze della voce atti processuali
inviata precedentemente. Altrove dichiara poi di non poter assumere «per
deficienza di tempo» le voci «giuramento, infamia,
interdetti» mentre conferma la trattazione della voce «formule
(col. 2)». Il tono delle lettere assume dei mutamenti, in quanto
l’autore progressivamente entra nel merito delle scelte. Chiede gli venga
inviato un numero di estratti maggiore di quello «veramente esiguo (tre!)
che mi fu promesso per la voce atti processuali». Contesta lo spazio
programmato per la voce cosa giudicata,
giacché Gentile sosteneva doversi trattare di tre colonne e lui ne aveva
inviate cinque. Ma abbiamo letto nella lettera di accettazione che in
realtà le colonne richieste erano proprio cinque. Rileva che
«sarà opportuno richiamare l’attenzione del redattore cui
è affidata la voce giurisdizione sul rinvio che a questa voce fu fatto
dall’altra Atti processuali». Quando rifiuta la trattazione delle
voci giuramento, infamia, interdetti, si
spinge fino a suggerire i nomi di Arangio-Ruiz e De Francisci, indicandoli come
«persone competenti, tra gli insigni cultori di studi romani, che in
questi giorni si adunano costì».
Il
tono complessivo si fa più o meno sottilmente polemico, pur conservando
sempre, soprattutto nei saluti finali le espressioni della massima devozione.
Su un punto però, lo spazio da dedicare ad alcune trattazioni, gli
interessi di Gentile confliggeranno con quelli di Betti; il confronto, in
realtà, andava oltre il dato numerico e riguardava piuttosto, come
abbiamo visto, la posizione relazionale di Betti che avrà condizionato
l’andamento e le tonalità del rapporto. Le voci saranno pubblicate,
ma non senza amarezza e proteste da parte dell’autore e un inevitabile
deterioramento dei rapporti. La prima lettera qui pubblicata riassume nella
frase «anziché procedere col metro, bisognerebbe guardare al
valore intrinseco delle voci» l’atteggiamento psicologico
dell’autore a conclusione di una esperienza quasi decennale. Ancora nel
dicembre del ‘30 Betti aveva creduto di poter far prevalere il suo
convincimento, cercando di dialogare, oltre che con Gentile, anche con Bonfante
nei termini che leggiamo in questo scritto (nr. 11)
R.
Università di Milano
Facoltà
di Giurisprudenza
Milano, corso Roma 10
30 dicembre 1930
Illustre
Professore,
voglia permettermi di esprimerle la penosa impressione che,
suscitò in me, l’invito rivoltomi da codesta Dir. in data 7 corr.,
a “ridurre” la voce formula da me scritta per l’Enciclopedia
Treccani. Se codesta Direzione avesse saputo quanto lavoro e quanta pazienza mi
era costato quello scritto, per lo sforzo di dire della formula tutto
l’essenziale e con la massima concisione possibile, non si sarebbe
probabilmente rivolta alla Direzione della Sezione Storia del Diritto per
accertare se il preventivo di due colonne fosse stato a suo tempo esattamente
calcolato. Perché l’errore stava proprio qui: nell’aver
cioè preventivato due colonne là dove ne occorrevano almeno tre
(A tante e non più ammonta press’a poco il mio scritto).
Ad ogni modo provvidi io a interessare della cosa il Direttore
della Sezione di Storia del Dir. Prof. Pietro Bonfante, al quale inviai il
dattiloscritto.
Spero che il prof. Bonfante si sia nel frattempo messo in
relazione con codesta Direzione e che l’errore del preventivo sia stato
chiarito.
Colgo volentieri, Illustre Professore, l’occasione di
ricordarmi a Lei, proprio a un anno di distanza dacché ebbi la fortuna
di fare la sua personale conoscenza nella inaugurazione della sezione di Parma
dell’Istituto fascista di cultura. Mi è caro supporre che ella
abbia intanto avuto agio di conoscere l’indirizzo scientifico del corso
di Istituzioni di diritto romano, che mi permisi di offrirle in omaggio: corso
della cui prolusione (a suo tempo inviatele) si è occupato anche il Croce
nella Critica del luglio scorso.
Rievocando il ricordo gradito mi permetto, illustre Professore,
di porgerle con l’espressione della mia profonda reverenza gli auguri
migliori per il nuovo anno.
Mi abbia Suo devotissimo prof. Emilio Betti
La
sofferta partecipazione dell’autore a quello che diventa perciò il
problema dello spazio da dedicare alle voci da lui trattate, riuscirà,
come vedremo, a modificare i criteri editoriali fissati. Intanto Bonfante
restituisce a Gentile l’articolo formule con i tagli necessari per farlo
rientrare nello spazio previsto. Gentile ne chiede l’approvazione a
Betti, e resta fermo poi nel ribadire che per la «voce negozio giuridico
lo spazio assegnato è di 2 colonne quale risulta dalla mia lettera in
data 23.4.1927 e non già di 5 come ella dice». Nella risposta (nr.
14), che chiude la corrispondenza con Gentile, Betti prende le distanze dalla
situazione. Il rapporto è ormai compromesso, la lettera è
indirizzata al senatore, Eccellenza appunto, piuttosto che al professore, come
di consueto. Ritiene ormai superfluo ogni rilievo circa
l’opportunità di certi «tagli» e restituisce
perciò il dattiloscritto senza osservazioni. Non può fare a meno
però di precisare che aveva parlato di cinque colonne anziché due
per la voce negozio giuridico «unicamente perché in coscienza
ritenevo e ritengo che non si possa adeguatamente parlare di
quell’argomento in uno spazio minore. Stia pur sicura Eccellenza, che io
non intendo conseguire nessun… indebito arricchimento a danno di codesto Istituto».
Nelle
quattro ultime lettere l’interlocutore è impersonale, in quanto
sono rivolte alla Spett. Direzione dell’Enciclopedia. L’autore
rifiuta di svolgere la voce istituto
giuridico «sia per la esiguità del tempo ormai disponibile,
sia perché completamente preso dal lavoro, al quale dedico da tempo le
mie forze, evitando di disperderle nella stesura di brevi articoli
d’occasione come quello che mi richiede». Forte del rifiuto chiede
che lo spazio relativo alla voce negozio giuridico venga portato da due a
cinque colonne. La maggiore ampiezza sarà concessa, forse perché
il sarcasmo dell’autore avrà colto nel segno o piuttosto
perché l’autorevolezza dell’autore avrà alla fine
prevalso. Verosimilmente si voleva recuperare un dialogo nella previsione di
contributi futuri. Ma invano. L’esperienza si è ormai consumata e
nell’ultima lettera, anch’essa impersonale ma con la specificazione
Sezione giuridica, si conclude una collaborazione:
R. Università degli studi di Milano
Milano 9 aprile 1934
Spettabile Direzione dell’Enciclopedia Italiana
Sezione Giuridica
Nel rimandare le bozze rivedute e corrette del mio articolo
negozio giuridico non posso tralasciare di manifestare l’impressione veramente
penosa prodotta in me dalla constatazione di tagli eseguiti senza troppo
criterio, coi quali la mia esposizione era stata sconciata. Pur lasciando la
voce nella forma attuale, ho cercato di rimediare inserendo qualche frase di
trapasso colà dove il filo logico del discorso era stato interrotto per
modo da rendere oscuro il giuoco del pensiero. Debbo però avvertire che
non potrei in nessun caso consentire a tagli ulteriori. Gradirò
assicurazioni in questo senso.
Nella nota bibliografica ho trovato aggiunte, accanto a qualche
citazione utile che io stesso mi proponevo di inserire, citazioni di scritti a
mio avviso non pertinenti o comunque superflue, visto il criterio di
brevità adottato. Naturalmente le ho soppresse
Con ossequio devot.mo
E. Betti
Nel ‘34
il Direttore della Sezione giuridica è Albertario, il redattore ancora
Spirito. La formula deferente di saluto adottata lascerebbe supporre che
l’autore si rivolgesse al Direttore pur nella impersonalità
dell’intestazione.
La
corrispondenza fin qui esaminata non ci riporta solo il caso Betti, ma ci
consente anche di conoscere le convinzioni metodologiche del grande studioso, e
di ricostruire un tassello della sua biografia, delle relazioni scientifiche e
umane che per questo tratto l’avevano caratterizzata. Il coraggio delle
opinioni che andava maturando, nel convincimento di porsi sempre in maniera
disinteressata nei rapporti, ispirati – come dirà più tardi
– al «dovere… di dire la verità secondo sua scienza e
coscienza». È noto il rapporto fortemente accentratore tra Gentile
e i collaboratori, la perentorietà delle decisioni prese anche in merito
allo spazio delle trattazioni. Sappiamo che ciascuna colonna si componeva di
circa 4800 lettere divise in 75-80 righe e che il compenso fissato era prevalentemente
di 60 lire per colonna. Appaiono perciò chiare le ragioni di Betti
quando afferma che non era possibile trattare il negozio giuridico in 9600
battute. Il tiro alla fune conclusosi a favore dell’autore, non poteva
certo trovare la sua ragione nel maggior guadagno di 180 lire, perché lo
stesso risultato poteva essere raggiunto con la trattazione di altre voci,
rifiutate invece a più riprese. Arangio-Ruiz ad esempio ne aveva redatte
più di 150. La questione era evidentemente non solo di merito, ed
è strano che inizialmente Gentile non avesse colto le implicazioni
simboliche della vicenda.
«L’onorifico
invito» restò tale per Betti, che si adattò per quanto
poteva alle esigenze di brevità. Ma evidentemente non volle più
di tanto, e difatti, a differenza di quanto prodotto da altri studiosi di
diritto romano, le voci da lui trattate alla fine risultano solo cinque e
cioè atti processuali (6
col.), cosa giudicata. parte
introduttiva. processo civile (5 col.
corpo minore), formule processuali romane (3 col. corpo minore) negozio giuridico. diritto privato (8
col.). Nel I volume della II Appendice, troviamo ancora mezza colonna per cosa
giudicata e, nel II volume ancora una colonna è occupata da negozio
giuridico. La redazione dunque dovette
ricorrere all’espediente del corpo minore per far rientrare nello spazio
previsto le trattazioni bettiane, e quella sul negozio giuridico superò ampiamente l’originaria
previsione!
Viene
anche in evidenza che i destini professionali sono spesso segnati dai luoghi
accademici e così accadde anche all’interno degli apparati
dell’Enciclopedia. Albertario, allievo di Bonfante a Pavia, lo
affiancò nella Direzione della Sezione storia del diritto a partire dal
XIV volume, per poi prendere il posto del maestro dopo la morte. Il progetto a
lui riconducibile di una Piccola Enciclopedia Giuridica, non fu realizzato,
sebbene avesse ottenuto l’approvazione del comitato direttivo, composto,
tra gli altri, da De Francisci; non furono invece considerati maturi i tempi
per il più vasto progetto in dieci volumi elaborato da Spirito.
L’idea di Albertario, suggerendo un formato ridotto composto
essenzialmente da materiali redazionali già esistenti
nell’Enciclopedia Italiana, era quella di realizzare la pubblicazione in
pochissimi anni e comunque entro il ’40, in modo da offrire uno strumento
che potesse competere con il Nuovo Digesto Italiano in stampa proprio in quegli
anni. L’Enciclopedia giuridica apparsa nel 1988, sotto la direzione di
Bruno Paradisi, è un’altra cosa; un’opera destinata alla
pratica del diritto che orientata a «dare l’immagine del diritto
vigente… non si è proposta di rendere conto della storia giuridica
e della filosofia del diritto come scienze autonome». Si perde dunque
l’idea che, presso l’Enciclopedia Italiana, considerava il diritto
romano parte essenziale di quel disegno editoriale, e quindi la storia non
separabile dalla pratica di un diritto vigente. Accanto alle altre sezioni
giuridiche, quella di storia del diritto ne era in qualche modo il presupposto
ma in una relazione autonoma e non secondaria.
Il
problema di conciliare le esigenze editoriali con quelle degli autori si
prospettò nel caso Betti in tutta la sua difficoltà.
L’autore accettò malvolentieri i tagli apportati ai suoi scritti,
riteneva che questi ne fossero stati «sconciati»; e, non
diversamente, che le aggiunte e le modifiche erano «superflue», o,
ancora peggio, considerava talune premesse «un tessuto dei più
triviali luoghi comuni». Le voci che contenevano «pregi di vera
originalità» dovevano essere riconosciute e valorizzate, e quindi
non potevano essere considerate alla stregua delle altre; per queste voci i
limiti di spazio non potevano avere un’applicazione tassativa, in
considerazione del fatto che esse poi «non debbono essere molte». Non
si considerava insomma uno «storico cameriere» e nemmeno uno
storico d’occasione, tra «gli insigni cultori di studi romani che
in questi giorni si adunano costì». Come dichiarerà nella
prolusione al corso di Diritto civile pronunziata nel maggio ’48, in
occasione del trasferimento alla Sapienza, il suo percorso si era ispirato ad
altre convinzioni. Le enuncerà in una «solenne professione di
fede» in questi termini
«Rivendichiamo
all’insegnante e all’educatore la libertà di manifestare il
proprio pensiero: libertà che qui, come altrove, intendiamo con
Montesquieu quale potere di fare ciò che la nostra coscienza morale ci
addita come dovere, e assenza di ogni costrizione a fare ciò che la
nostra coscienza riprova. Dovere dell’insegnante e dell’educatore
è quello di dire la verità
secondo sua scienza e convinzione. La libertà che noi gli rivendichiamo,
è per l’appunto la libertà corrispondente a questo dovere,
che è poi la sua missione. Né accuse di eresia, né
denunzie o persecuzioni di potenti (debbono), così crediamo, disanimarci
nell’onesto coraggio di dire la verità come la intendiamo, e farci
comunque deviare dalla diritta linea di condotta e di responsabilità
segnataci dalla nostra missione… noi rifuggiamo da ogni supino e
farisaico conformismo e crediamo fermamente al beneficio della discussione e
della serena polemica, quale strumento di reciproca illuminazione, in tutti i
campi del pensiero e soprattutto nel processo dialettico della conoscenza
scientifica».
Per
chi andava maturando questi convincimenti, la scarsa attenzione dedicata alle
sue trattazioni e alle sue richieste doveva apparire
«mortificante». A questa prima sensazione si sostituisce poi un
diverso sentire che mentre dà sfogo a un risentimento fino ad allora
contenuto, nello stesso tempo assume i caratteri di un giudizio di valore
più complessivo. «L’impressione veramente penosa» che
con le modifiche «il filo logico del discorso era stato interrotto per
modo da rendere oscuro il giuoco del pensiero», sembra non avere carattere
puntuale, ma lascia trasparire la convinzione personale dell’autore in
merito all’operazione editoriale cui aveva partecipato.
Conclusasi
la collaborazione con l’Enciclopedia italiana,
accetterà di contribuire, con la voce processo civile romano, a
un’altra grande operazione editoriale realizzatasi tra il ‘37 e il
‘40, il Nuovo Digesto italiano che, a cura di Mariano D’Amelio e
Antonio Azara, sostituì il Digesto italiano e precedette il Nuovissimo
Digesto italiano, dove troviamo molteplici trattazioni bettiane.
Alla fine di questa breve nota vorrei segnalare una stranezza
editoriale. Ad Albertario fu affidata nel ‘27 la trattazione delle voci
Beseler Gerhard (10 righe) Betti Emilio (5 righe). Senza volere entrare
nell’opportunità dello spazio dedicato all’uno piuttosto che
all’altro studioso, va notato che effettivamente Albertario risulta
autore della prima voce, anche se per uno spazio maggiore, mezza colonna nel
secondo volume dell’Enciclopedia, uscito nel ‘29. Troviamo invece
la voce Betti nel I volume della II appendice, e cioè dopo vent’anni
circa dalla stampa della prima voce, nonostante fossero state commissionate
insieme. Redatto in forma anonima il profilo del giurista –
«profondo cultore del diritto romano ha esteso i suoi studi anche al
diritto intermedio nonché a quello vigente occupandosi tra l’altro
di diritto internazionale» – esiguo, una decina di righe, quasi
interamente occupate da un mero elenco delle «opere principali».
Bibliografia
IEI, AS, EI, materiali
redazionali, sotto s. corrispondenza, fascicoli Emilio Betti, Emilio
Albertario, Pietro Bonfante.
IEI, AS, EM (1929-1943) s.
corrispondenza collaboratori, fascicolo Albertario.
IEI, AS, DG Domenico
Bartolini, s. L, fasc. 34.
I documenti sulle proposte e i
progetti relativi all’Enciclopedia giuridica sono esigui. Alcuni sono
stati pubblicati in V.
Cappelletti, Ugo Spirito e l’Enciclopedia
italiana, in Il pensiero di Ugo Spirito (Atti
del convegno, Roma 6-9 ottobre 1987), Roma, 1988, I, 7-20, con appendice a
cura di G. Nisticò; S. Ricci,
Enciclopedia giuridica, in 1925-1995. La Treccani compie 70 anni.
Mostra storico-documentaria,
Roma,1995, 423-30.
Le indicazioni bibliografiche
sull’Enciclopedia e l’Istituto, a cura di A. Vittoria e M. Durst,
sono consultabili in rete nel portale www.treccani.it
che fa anche parte di www.archividelnovecento.it
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M. Isnenghi, Intellettuali militanti e intellettuali funzionari. Appunti sulla
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M. Cagnetta, Antichità classiche nell’Enciclopedia italiana, Roma-Bari, 1990.
G. Nisticò, Materiali per una storia dell’organizzazione disciplinare
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M. Crasta, Per una storia
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