D-&-Innovazione

 

 

image002La cittadinanza romana tra esperienza storica e attualità*

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Adriana Muroni

Università di Sassari

 

 

SOMMARIO: Abstract. – 1. Identità e cittadinanza europea. – 2. Dalla polis alla cittadinanza nazionale. – 3. Tendenze universalistiche della cittadinanza romana. – 4. Cittadinanza e integrazione. – 5. Cittadinanza come strumento di identità culturale. – 6. Conclusioni. 7. – Appendice bibliografica.

 

 

Abstract

 

The concept of citizenship has become one of the key issues of the European political debate. The European citizenship was introducing, according to Community institutions, to strengthen and enhance the European identity and enable European citizens to participate in the Community integration process in a more intense way. But the result of this attempt, maybe too much related to national citizenships and devoid of genuine content statute, has been rather disappointing enough. The Roman citizenship, characterized by an opening beyond the boundary of the urbs identifying a community united in the fellowship in the same religio and ius, can be helpful in redefining a new EU citizenship.

 

Понятие гражданства стало одним из ключевых вопросов в европейских политических дебатах. Гражданство Европейского Союза было введено, по данным нормативных документов ЕС, для укрепления и усиления европейской идентичности и с целью позволить европейскому гражданину более интенсивно участвовать в процессе интеграции в общество. Но результат этой попытки, может быть, слишком связанной с национальными института-ми гражданства и отсутствием реального содержания в этом институте, был достаточно разочаровывающим. Анализ римского гражданства, характеризовавшегося открытостью границ urbs, выявлявшего сообщество, объединенное в братство одной и той же religio и одним и тем же ius, можетбыть полезным в разработке нового гражданства ЕС.

 

 

1. Identità e cittadinanza europea

 

Il tema della cittadinanza è di grande attualità e oggetto di molteplici dibattiti che investono i differenti modi di concessione della cittadinanza nazionale dei vari Stati europei e la nozione stessa di cittadinanza europea che, se adeguatamente rielaborata, potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel processo d’integrazione e di definizione di un’identità europea.

La cittadinanza europea, introdotta con il Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 [1], è propria di chi è in possesso della cittadinanza nazionale, accessoria a quest’ultima e concretizzata nella previsione di alcuni diritti politici.

Nella sua iniziale formulazione la figura del cittadino europeo, attraverso un richiamo specifico alla volontà dei cittadini, era figura centrale nella politica europea. L’articolo I-1 del Trattato costituzionale faceva, infatti, riferimento alla ”volontà dei cittadini e degli Stati europei di costruire un futuro comune".  Con il Trattato di Lisbona il richiamo alla volontà dei cittadini è stato eliminato, per lasciare esclusiva rilevanza alla volontà dei governi nazionali. La cittadinanza europea è, dunque, un complemento della cittadinanza dei singoli Stati nazionali, strettamente connessa a questi[2].

In molti si chiedono se sia invece opportuno, affinché la cittadinanza europea abbia realmente un significato concreto, delineare un concetto di cittadinanza europea non più legata alla cittadinanza nazionale[3]. Se si considera che l’attività economica comune muove verso l’uniformazione giuridica basata su principi condivisi (tutto, dalle direttive emanate dal Consiglio dell’Unione Europea, ai case law della Corte Europea di Giustizia, porta alla definizione di un diritto transnazionale comunitario)[4], ci si deve domandare se sia possibile giungere alla definizione di una cittadinanza europea che non sia più derivazione dei singoli Stati, ma elemento costitutivo di una comunità di diritto.

 

 

2. Dalla polis greca alla cittadinanza nazionale

 

Questa duplice prospettiva è la sintesi di due modelli fondamentali di organizzazione politica.

Il modello più antico è quello greco della polis, una forma di governo creata attraverso un patto da individui che hanno predeterminato diritti e doveri dei partecipanti, un’istituzione autocentrica indipendente senza alcun legame di dipendenza dagli individui che vi abitano, tanto superiore ad essi da generarne la stessa qualifica, polìtes. Da Polis, infatti, deriva il sostantivo polítes, ovvero il cittadino appartenente ad una determinata comunità politica ed esistente solo grazie ed in funzione di questa[5].

L’altro modello è quello romano, che risulta esattamente invertito. Già etimologicamente il termine primario è civis, dal quale discende e si origina il derivato civitas. Civis è, dunque, quel soggetto che rileva in relazione al suo rapporto con un altro civis; da questa compartecipazione  nasce la civitas, in parallelo a quanto avviene per la società, che nasce dall’unione di più soci.

Questi due modelli sono stati assimilati dalla tradizione giuridica europea, ma si è giunti ad un errore di fatto sul significato logico-linguistico che il termine cittadino ha assunto nelle lingue europee moderne. Il significato storico di civis è stato oscurato dalle moderne traduzioni che racchiudono, al contrario, la relazione logica esistente tra polis e polìtes, per cui il cittadino deriva da città, “citoyen” da cité[6], “(Staats-)Bürger” da Burg, citizen da city. Già il Benveniste aveva evidenziato nel suo Deux modèles linguistiques de la cité la pericolosità di questo anacronismo concettuale, ostacolo al reale sviluppo della nozione di cittadinanza[7].

Il lungo percorso che ha portato a questo risultato non può essere affrontato in questa sede, se non in poche righe di sintesi sottoposte a non poche forzature.

Con il Medioevo la civitas é strettamente correlata alla appartenenza e partecipazione ad un determinato corpo politico in cui religione, status sociale e consistenza economica assumono importanza basilare[8]. Nell’Ancien Régime il cittadino è un suddito che gode di alcuni diritti e privilegi in funzione del suo legame con il Sovrano, dal quale deriva tutto[9]. Questa impostazione è ribaltata con l’Illuminismo e la dottrina giusnaturalistica attraverso l’affermarsi della teoria dell’esistenza di diritti naturali inalienabili dell’individuo che non dipendono dalla concessione di un Sovrano o dalla inclusione in un corpo sociale. Nasce la teoria del “contratto sociale” e si modifica radicalmente il concetto di cittadino[10]. Secondo Rousseau, il cittadino dev’essere un individuo libero e autonomo, partecipe della vita politica e, dunque, fautore egli stesso delle leggi a cui obbedisce, in un contesto di libertà che è la libertà romana delineata dal diritto e, nello specifico, dalla legge[11].

Questo concetto di cittadino non riesce ad imporsi negli Stati europei della Restaurazione, fondati sul valore della “Nazione” di derivazione romantica ottocentesca.

Lo Stato nazionale, che nasce dai cittadini riuniti e viventi sotto una stessa legge, è titolare della sovranità di conferire il diritto di cittadinanza (secondo le dottrine opposte dello ius sanguinis e dello ius soli). Il territorio della nazione diviene sempre più rilevante, così come il popolo ivi stanziato, caratteristica stessa della Nazione cui appartiene[12].

Da un lato, dunque, il concetto di cittadinanza ha finito per appiattirsi su quello di nazione, poiché la cittadinanza ha finito per coincidere con il concetto di “nazionalità” e divenire lo strumento per contraddistinguere gli appartenenti ad una determinata nazione. Dall’altro, la cittadinanza europea, nonostante le potenzialità iniziali, è stata concepita in tale connessione alle cittadinanze nazionali da essere priva di soluzioni e strumenti che le permettano di affermarsi e di avere un ruolo centrale nell’Unione.

Pertanto, molteplici sono i principi ispiratori che possono trarsi dall’esperienza storica e dal concetto di cittadinanza romana sulla via del superamento della attuale eterogenea situazione europea[13].

 

 

3. Tendenze universalistiche della cittadinanza romana

 

Vorrei prendere le mosse dal punto di vista dello straniero e dalla percezione che questi aveva della cittadinanza romana e del sistema  tendenzialmente aperto che da essa deriva.

Un esempio, peraltro molto noto, è la lettera del 241 a.C. inviata da Filippo V re di Macedonia ai Larissei. Nel documento Filippo esorta i suoi sudditi a seguire l’esempio romano per risolvere la profonda crisi demografica della città tessala:

 

ν κα ο Ρωμα|οί εσιν, ο κα τος oκέτας οταν λευθερσωςίν προσδεχμενοι ες τ πολίτευμα κα τν ρχαίον με[ταδι]δντες[14].

 

Il re richiama le caratteristiche della civitas Romana, contraddistinta da un’apertura al di là dei confini dell’urbs e non limitata da fattori etnici. I Romani concedono la cittadinanza ai loro schiavi affrancati che, di conseguenza, possono accedere alle cariche pubbliche. Si tratta di una forma di integrazione che ha come conseguenza pratica la crescita della popolazione romana, positivamente messa in luce da Filippo in antitesi alla politica di chiusura della polis i cui effetti negativi incidono direttamente sulla forza e sulla ricchezza della comunità.

La concessione della cittadinanza romana con liberalità - in un atteggiamento di commistione tra utilitas per la res publica e pura filantropia - è messa in luce da Dionigi di Alicarnasso.

 

Dion. Hal. 1.9.4: 'Ρωμύλου δέ την έπώνυμον αύτοΰ πόλιν οίκίσαντος έκκαίδεκα γενεαΐς των Τρωικών ύστερον, ην νϋν εχουσιν όνομασίαν μεταλαβόντες, έθνος τε μέγιστον έξ ελαχίστου γενέσθαι χρόνω παρεσχεύασαν καί περιφανέστατον έξ άδηλοτάτου, των τε δεομένων οίκήσεως παρά σφίσι φιλανθρώπφ υποδοχή καί πολιτείας μεταδόσει τοις μετά τοΰ γενναίου έν πολέμω κρατηθεΐσι, δούλων τε δσοι παρ* αύτοΐς έλευθερωθεϊεν άστοίς είναι συγχωρήσει, τύχης τε ανθρώπων ουδεμιάς εί μέλλοι τό κοινον ώφελείν απαξιώσει υπέρ ταύτα δέ πάντα κόσμφ τοΰ κολιτεύματος, ον έκ πολλών κατεστήσαντο παθημάτων, έκ παντός καιρού λαμβάνοντες τι χρήσιμον.

 

Il passo evidenzia con chiarezza come Roma sia cresciuta anche grazie alla concessione della cittadinanza a stranieri, nemici vinti e schiavi liberati[15]. Questa tendenza è rilevabile sin dalla origini di Roma e, per lo storico, caratterizzerà sempre la civitas Romana.

 

 

4. Cittadinanza romana e integrazione

 

L’apertura verso lo straniero è una caratteristica originaria della costituzione romana a conferma dell’idea di Gaio sul principium[16], per cui gli Initia urbis sono presentati «come principium della storia delle istituzioni romane, e quindi come potissima pars di quelle istituzioni; che, nel divenire storico della vita del popolo romano, hanno accresciuto e perfezionato la loro completezza iniziale»[17].

Cicerone evidenzia nel De re publica come la costituzione romana sia opera di molti.

 

Cic. De re publ. 2.37: Tum Laelius: ‘Nunc fit illud Catonis certius, nec temporis unius nec hominis esse constitutionem <nostrae> rei publicae; perspicuum est enim, quanta in singulos reges rerum bonarum et utilium fiat accessio. Sed sequitur is qui mihi videtur ex omnibus in re publica vidisse plurimum’. ‘Ita est’ inquit Scipio. ‘Nam post eum Servius Tullius primus iniussu populi regnavisse traditur, quem ferunt ex serva Tarquiniensi natum, cum esset ex quodam regis cliente conceptus.

 

Della fondazione di Roma non si nascondono, ed anzi si esaltano, gli apporti dei re di origine straniera[18]. Numa è rex alienigena[19], Servio Tullio è nato ex serva Tarquiniensi[20].

Le particolari origini del rex Servio, nato da una captiva, sono riportate anche dal princeps Claudio nel suo discorso del 48 d.C. a proposito dell’attribuzione ai Galli dello ius honorum e della possibilità per questi di entrare nel Senato, conservato nella grande iscrizione sulle tavole di bronzo di Lione[21].

Lo stesso fatto è riportato da Tacito in una versione rielaborata ma fedele all’originale epigrafico[22]:

 

Tac. Ann. 11.24: His atque talibus haud permotus princeps et statim contra disseruit et vocato senatu ita exorsus est: maiores mei, quorum antiquissimus Clausus origine Sabina simul in civitatem Romanam et in familias patriciorum adscitus est, hortantur uti paribus consiliis in re publica capessenda, transferendo huc quod usquam egregium fuerit. 
 
Claudio apre il discorso utilizzando appositamente l’antico nome Clausus per un espresso riferimento alle sue origini familiari sabine. Il princeps, infatti, sottolinea che la nascita non romana non ha impedito alla gens Claudia di essere accolta a Roma tra le famiglie patrizie. Così com’è avvenuto per gli Iulii che arrivarono da Alba, i Coruncanii da Camerius e così via; gentes di varia provenienza che si sono unite nel nomen Romanus e, a loro volta, hanno contribuito alla grandezza di Roma. 
Così com’è avvenuto anche per comunità più ampie. Il princeps ricorda, infatti, la nuova forza acquistata da Roma con l’annessione dei Transpadani; o l’annessione dei Balbos ex Hispania e dei Galli Narbonensi i cui discendenti hanno ormai un amore verso Roma identico ai Romani stessi. 
Si tratta di una tendenza politica che per Claudio deve essere perseguita se non si vuole incorrere negli errori di Lacedemoni e Ateniesi i quali, malgrado il loro alto valore in guerra, hanno sempre mantenuto con insistenza un atteggiamento di chiusura verso gli stranieri che ha portato alla loro rovina. 

Il passo è un pregnante esempio dell’apertura della cittadinanza romana che, contrariamente alla Grecia classica fondata sul concetto di stirpe, ha sempre cercato di riportare a concordia le diversità in una comunione di valori sia giuridici, sia religiosi, attraverso i quali una multitudo diversa et vaga concordia civitas facta est[23].

Esempio di questo atteggiamento culturale romano si ha già con Romolo, abbastanza saggio da saper trattare gli stessi popoli prima da nemici, poi da cittadini come riferito da Cicerone:

 

Cic. Pro Balb. 31: Illud vero sine ulla dubitatione maxime nostrum fundavit imperium et populi Romani nomen auxit, quod princeps ille creator huius urbis, Romulus, foedere Sabino docuit etiam hostibus recipiendis augeri hanc civitatem oportere; cuius auctoritate et exemplo numquam est intermissa a maioribus nostris largitio et communicatio civitatis. Itaque et ex Latio multi, ut Tusculani, ut Lanuvini, et ex ceteris generibus gentes universae in civitatem sunt receptae, ut Sabinorum, Volscorum, Hernicorum; quibus ex civitatibus nec coacti essent civitate mutari, si qui noluissent, nec, si qui essent civitatem nostram beneficio populi Romani consecuti, violatum foedus eorum videretur.

 

La cittadinanza romana è, dunque, un «elemento d’unione fra i popoli»[24] che ha consentito ai Romani di aggregare a sé elementi sempre nuovi in un processo di continuo arricchimento che porterà alla diffusione stessa del diritto romano.

Il quadro appena descritto, a partire dalla stessa fondazione di Roma, mette in luce la sostanziale ininfluenza dell’elemento etnico nella definizione del concetto di cittadino. È il popolo, o anche il singolo cittadino, che partecipa alla concessione della cittadinanza. In questo modo a Roma non solo la civitas ma anche il civis crea il civis[25].

Il sistema è in linea con l’appartenenza volontaristica dei cives alla civitas, per cui il cittadino è elemento fondante della comunità politico-religiosa, costituitasi proprio dagli individui e dalla comunanza d’interesse in capo agli stessi.

 

 

5. Cittadinanza come strumento di identità culturale

 

Proprio l’idea della comunione di interessi posta alla base di questa interazione tra individui è un ulteriore aspetto della cittadinanza romana che merita di essere messo in evidenza. Attraverso la comunione di interessi la cittadinanza romana diviene, infatti, uno strumento di identità culturale, in cui il concetto di identità riesce ad essere potente nonostante (o forse proprio grazie a) la capacità di integrare nel tempo elementi di novità.

D'altronde, i Romani non hanno mai sentito il bisogno di dare una definizione dell’istituto o dello ius civitastis, tutto ciò che li definisce è il risultato di una sedimentazione secolare di costumi e norme[26].

Un primo aspetto di questa identità culturale si fonda sulla religione romana, connessa con «imprescindibile causalità»[27] ad ogni manifestazione significativa relativa a vita e storia della civitas Romana, la cui comunanza fornisce un unicum tra tutti i cives, senza operare alcuna forma di disgregazione[28].

Già Fustel de Coulanges ha messo in luce che la costituzione di una città è sempre essenzialmente un atto religioso e la religione è il primo legame tra i singoli che, in tale compartecipazione, diventano, l’uno per l’altro, cives[29]. È la religione che pone il fondamento e la giustificazione della costituzione di una città e di tutte le regole poste a suo presupposto, gettando così le basi per la costituzione dello ius.

La religio non si limita ad essere elemento ‘caratterizzante’ dei primi legami tra cittadini romani, ma diviene strumento essenziale di crescita, contraddistinta da un più ampio atteggiamento culturale di apertura verso l’alienus che attraverso la concezione di pax deorum, come meglio è stato evidenziato da Francesco Sini, «postulava una costante apertura religiosa, giuridica e politica verso l’esterno. Nell’intero arco del suo sviluppo storico dalla civitas all’impero, la res publica romana – e la sua religione politeista –, è sempre stata caratterizzata dalla continua esigenza (e preoccupazione) di integrare l’“alieno”: dèi, uomini, spazi terrestri; divinità dei vicini e divinità dei nemici, cerchi concentrici sempre più larghi, che potenzialmente abbracciavano l’intero spazio terrestre e tutto il genere umano»[30].

La tendenza universalistica della religione si rinviene nella straordinaria capacità di accogliere i culti stranieri che risultano integrati nel rituale romano, conservandone le cerimonie originarie. Ciò emerge con chiarezza nella nota definizione dei Peregrina sacra proposta da Sesto Pompeo Festo nella sua opera De verborum significatu.

 

Fest. v. Peregrina sacra, p. 268 L.: Peregrina sacra appellantur, quae aut evocatis dis in oppugnandis urbibus Romam sunt † conata † [conlata Gothofr.; coacta Augustin.], aut quae ob quasdam religiones per pacem sunt petita, ut ex Phrygia Matris Magnae, ex Graecia Cereris, Epidauro Aesculapi: quae coluntur eorum more, a quibus sunt accepta[31].

 

Ed assieme alla religio, questa societas che nasce nella comunione tra uomini e dèi[32], si fonda sulla comunanza di lex e ius[33] come evidenzia Cicerone nel noto passo del De legibus:

 

Cic. De leg. 1.23: Est igitur, quoniam nihil est ratione melius, eaque est et in homine et in deo, prima homini cum deo rationis societas. Inter quos autem ratio, inter eosdem etiam recta ratio [et] communis est: quae cum sit lex, lege quoque consociati homines cum dis putandi sumus. Inter quos porro est communio legis, inter eos communio iuris est. Quibus autem haec sunt inter eos communia, ei civitatis eiusdem habendi sunt. Si vero isdem imperiis et potestatibus parent, multo iam magis parent [autem] huic caelesti discriptioni mentique divinae et praepotenti deo, ut iam universus sit hic mundus una civitas communis deorum atque hominum existimanda.

 

Lo ius, assieme alla religio, diviene strumento fondamentale della civitas, in un rapporto inscindibile[34] che genera quella forma di elasticità e integrazione, racchiusa nel concetto di civitas augescens[35], fondamentale per la stessa crescita e lo sviluppo di cittadinanza e istituzioni romane.

Numerose fonti pongono il diritto, ed in particolare la legge, quale aspetto basilare nella definizione di una identità romana.

Tale concetto può trarsi da un passo di Sallustio in cui si riferisce come una moltitudine variegata di uomini, senza legge e senza autorità, unita insieme diviene in breve tempo una civitas.

 

Sall. Cat. con. 6: Urbem Romam, sicuti ego accepi, condidere atque habuere initio Troiani, qui Aenea duce profugi sedibus incertis vagabantur, cumque iis Aborigines, genus hominum agreste, sine legibus, sine imperio, liberum atque solutum. Hi postquam in una moenia convenere, dispari genere, dissimili lingua, alii alio more viventes, incredibile memoratu est, quam facile coaluerint: ita brevi multitudo diversa atque vaga concordia civitas facta erat [36].

 

Sallustio non pone espressamente l’accento sull’importanza del diritto nella costituzione della civitas, tuttavia ciò si può desumere dalla descrizione iniziale di un insieme di uomini agrestes e senza diritto. L’elemento rilevante del passo è la centralità della collettività come unione di più uomini, anche se profondamente diversi tra loro.

Certamente, l’idea di comunità unita in un vincolo giuridico si ritrova espressa nella definizione ciceroniana, peraltro assai conosciuta, quid est enim civitas nisi iure societas civium?[37]

Tale affermazione è ribadita più avanti nella stessa opera:

 

Cic. De re publ. 6.13: Sed quo sis Africane alacrior ad tutandam rem publicam, sic habeto: omnibus qui patriam conservaverint, adiuverint, auxerint, certum esse in caelo definitum locum, ubi beati aevo sempiterno fruantur; nihil est enim illi principi deo, qui omnem mundum regit, quod quidem in terris fiat acceptius, quam concilia coetus que hominum iure sociati, quae civitates appellantur; harum rectores et conservatores hinc profecti huc revertuntur.

 

Cicerone caratterizza la civitas come una società di cittadini e, dunque, come un legame volontario di uomini liberi, uniti dal diritto[38].

Il concetto di concilia coetus e iure sociati si rinviene anche secoli dopo in Macrobio:

 

Macr. Sat. 1.8.1: Nihil est enim illi principi deo, qui omnem mundum regit, quod quidem in terris fiat, acceptius quam concilia coetus quehominum iure sociati, quae civitates appellantur.

 

La civitas nasce, dunque, dalla stessa unione dei cives e, a sua volta, li definisce, rappresentando la loro condizione globale e il loro status[39]. La civitas può, in questo senso, essere definita come quell’unione di uomini liberi i quali, aggregandosi volontariamente, formano una comunità politico-religiosa organizzata nel diritto[40].

La cittadinanza romana manterrà le sue prerogative e la sua forza fintanto che resterà ancorata a tale senso di compartecipazione, via via che diverrà un modo di uniformazione dei soggetti, portati a livello di sudditi[41], finirà col perdere la sua stessa essenza giuridica.

 

 

6. Conclusioni

 

La cittadinanza romana, quale derivato dei rapporti giuridico-religiosi, o meglio, religioso-giuridici, correnti tra i singoli compartecipanti di questo complesso sistema, riunisce tutti coloro che entrano in relazione con tale assetto, senza alcuna distinzione o discriminazione[42]. Il termine civis è, infatti, utilizzato spesso nelle fonti in senso ampio e non si ricollega completamente e unicamente alla partecipazione politica, ma unisce, in un ambìto status giuridico, tutti i compartecipanti di una medesima organizzazione politico religiosa.

Se, dunque, la cittadinanza romana nasce in stretto collegamento con l’Urbe ed i suoi primi abitanti, con la sua vocazione universale si sposta ben presto da una dimensione ‘territoriale’ ad una dimensione giuridica, per andare a definire quello status giuridico e sociale tipico dei partecipanti a un medesimo diritto e a una medesima religione.

È un concetto di cittadinanza che individua una comunità nel suo insieme e nei suoi legami, riunita da elementi che non trovano distinzione nell’età, nel sesso e nella stretta capacità di partecipazione politica, ma che, al contrario, si identificano nella comunione di vita in una medesima religio ed in un medesimo diritto.

In tal senso la cittadinanza diviene un efficace strumento in mano alle classi dirigenti per accrescere il Populus Romanus e i fines Populi Romani. La cittadinanza appare, quindi, il principale motore di crescita fin dalla Roma più antica, che – combinata con la propensione universalistica insita fin dai primordi nella religione – ha favorito la costante aggregazione, per lo più volontaria, di elementi sempre nuovi.

In conclusione, ritengo che l’esperienza storica e i principi ispiratori del concetto di cittadinanza romana possano oggi fornire nuova linfa vitale alle necessarie riflessioni sull’elaborazione di un nuovo concetto di cittadinanza europea non più legata alla cittadinanza nazionale, in un processo che sia in grado di delineare una chiara identità europea.

 

 

7. Appendice bibliografica

 

§ 1. Identità e cittadinanza europea

 

Tra i molteplici lavori di carattere comparatistico dedicati alla cittadinanza rinvio in part. a: C. Parry, British Nationality Law and the History of Naturalization, in Comunicazioni e Studi V, Milano 1953, 3 ss. (estratto online http://www.uniset.ca/naty/parry.htm); R. Aron, Is Multinational Citizenship Possible?, in Social Research 41.4 (1974), 638 ss.; G. Kojanec (a cura di), La cittadinanza nel mondo, voll. I, II (2 tomi), III, IV, Padova 1977, 1979, 1982, 1986; M.D.A. Freeman (a cura di), British Nationality Act 1981, London 1982; S. Bariatti, Nationalité et statut personnel dans le droit de la nationalité italienne, in Nationalité et statut personnel: Leur interaction dans les traités internationaux et dans les législations nationales, Bruxelles-Paris 1984, 123 ss.; Ead., Le droit italien de la nationalité, in Nationality Laws in the European Union, Milano 1996, 465 ss.; R.W. 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Profili di diritto pubblico comparato, in Europa e bene comune. Oltre moderno e postmoderno, Napoli 1997, 177 ss.; Id., Elementi per una teoria giuridica della cittadinanza: profili di diritto pubblico comparato, Padova 1998, 22 ss.; Id., Appunti in tema di status e condizione giuridica soggettiva nel trattato costituzionale europeo, in Studi Urbinati, A - Scienze giuridiche, politiche ed economiche 57.1 (2006), 5 ss. http://ojs.uniurb.it/index.php/studi-A/article/view/272; E. Grosso, Le vie della cittadinanza, le grandi radici storiche. I modelli storici di riferimento, Padova 1997, in part. 37 ss.; P. Lagarde, La nationalité française, 3a ed., Paris 1997; D.F. Orentlicher, Citizenship and National Identity, in International Law and Ethnic Conflict, Ithaca-London 1998, 296 ss.; L.W. Barrington, The Making of Citizenship Policy in the Baltic States, in Georgetown Immigration Law Journal 13 (1999), 159 ss.; P. Costa, Cittadinanza e comunità. Un “programma” di indagine storiografica fra medioevo ed età moderna, in Filosofia politica 23 (1999), 15 ss.; Id., La cittadinanza: un tentativo di ricostruzione '”archeologica”, in La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, cit., 55 ss.; Id., Storia della cittadinanza in Europa. L’età dei totalitarismi e della democrazia IV, Roma-Bari 2001, 485 ss.; Id., La cittadinanza: un «geschichtlicher Grundbegriff»?, in Sui concetti giuridici e politici della costituzione dell'Europa, Milano 2010, 251 ss.; G. Dalla Torre-F. D’Agostino, La cittadinanza: problemi e dinamiche in una società pluralistica, Torino 2000; N.W. Barber, Citizenship, nationalism and the European Union, in European Law Review 27.3 (2002), 241 ss.; R. Hansen, From Subjects to Citizens: Immigration and Nationality Law in the United Kingdom, in Towards a European Nationality. Citizenship, Immigration and Nationality Law in the EU, cit., 69 ss.; E. 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Cerrone, La cittadinanza e i diritti, in I diritti costituzionali I, Torino 2006, 277 ss.; A. Álvarez Rodríguez, Nacionalidad española: Normativa vigente e interpretación jurisprudencial, Navarra 2008, in part. 37 ss.; A. Sinagra, La cittadinanza nella evoluzione del diritto interno, del diritto internazionale e del diritto comunitario, in Scritti in onore di Francesco Mercadante, Milano 2008, 843 ss.; C. Bertossi-W. Duyvendak, Modèles d’intégration et intégration des modèles: une étude comparative entre la France et les Pays-Bas, in Migrations Société 21.122 (2009), 25 ss.; R. Bellamy, Sovranità, post-sovranità e pre-sovranità: tre modelli di Stato, democrazia e diritti nell’Unione Europea, in Sui concetti giuridici e politici della costituzione dell'Europa, cit., 279 ss.

Sulle caratteristiche della cittadinanza europea, rinvio tra i molteplici ad: A. Evans, European Citizenship: A Novel Concept in EEC Law, in American Journal of Comparative Law 4.32 (1984), 679 ss. http://www.jstor.org/stable/840374?seq=1#page_scan_tab_contents; F. Cuocolo, La cittadinanza europea (prospettive costituzionali), in Politica del Diritto 4 (1991), 659 ss.; R. Adam, Prime riflessioni sulla cittadinanza dell’Unione, in Rivista di diritto internazionale (1992), 622 ss.; C. Closa, The Concept of Citizenship in the Treaty on European Union, in Common Market Law Review (1992), 1137 ss.; S. O’leary, Nationality Law and Community Citizenship. A Tale of Two Uneasy Bedfellows, in Yearbook of European Law (1992), 353 ss.; Ead., The Relationship between Community Citizenship and the Protection of Fundamental Rights in Community Law, in Common Market Law Review 32 (1995), 519 ss.; Ead., The Evolving Concept of Community Citizenship: From the free movement of persons to Union citizenship, Boston 1996, 35 ss.; Ead., The Options for the Reform of European Union Citizenship, in Citizenship and Nationality Status in the New Europe, London 1998, 81 ss.; R. Kovar-D. Simon, La citoyenneté européenne, in Cahiers de Droit Européen (1993), 285 ss.; V. Lippolis, La cittadinanza europea, Bologna 1994, 18 ss.; D. O’Keeffe, Citizenship on the Union, in Actualités du Droit. Revue de la Faculté de Droit de Liège (1994), 227 ss.; L.S. Rossi, I beneficiari della libera circolazione delle persone nella giurisprudenza comunitaria, in Foro Italiano IV (1994), 104 ss.; B. Nascimbene, Profili della cittdinanza dell’Unione euroea, in Rivista internazionale dei diritti dell’uomo (1995), 247 ss.; Id., Nationality Laws and Citizenship of the European Union. Towards a European Law on Nationality?, in Nationality laws in the european union-Le droit de la nationalité dans l'union européenne, Milano 1996, 1 ss.; Id., Tutela dei diritti fondamentali e competenza della Corte di giustizia nel Trattato di Amsterdam, in Scritti in onore di G.F. Mancini, Milano 1998, 683 ss.; B. Olivi, L’Europa difficile. Storia politica della Comunità europea 2a ed., Bologna 1995, 393 s.; D. Martin, La libre circulation des personnes dans l’Union européenne, Bruxelles 1995, 177 ss.; S. Hall, Nationality, Migration Rights and Citizenship of the Union, Dordrecht-Boston-London 1995, 8 ss.; U. Villani, La cittadinanza dell’Unione europea, in Studi in ricordo di Antonio Filippo Panzera II, Bari 1995, 1001 ss.; M. Orlandi, Cittadinanza europea e libera circolazione delle persone, Napoli 1996, 28 ss.; F. Belvisi, Cittadinanza, in Le basi filosofiche del costituzionalismo, Roma-Bari 1997, 117 ss; A. Manzella, Dopo Amsterdam. L’identità costituzionale dell’Unione europea, Bologna 1997, 906 ss.; J.H.H. Eiler, To be a European Citizen, in Scritti in onore di Giuseppe Federico Mancini II, Diritto dell’Unione europea, Milano 1998, 1067 ss.; R. Hansen, A European Citizenship or a Europe of Citizens? Third Country Nationals in the EU, in Journal of Ethnic and Migration Studies 24.4 (1998), 751 ss.; S. Bariatti, Sguardo d’insieme sul Trattato di Amsterdam del 2 ottobre 1997, in Rivista di Diritto Pubblico Comparato ed Europeo (1999), 3 ss.; G. Galasso, Unione europea e coscienza comunitaria, in Identità europea geopolitica e globalizzazione, Milano 2003, 128 s.; P.M. Stabile, La cittadinanza nei piccoli stati europei. Profili di diritto comparato e internazionale, in Studi Urbinati, A - Scienze giuridiche, politiche ed economiche 56.4 (2005), 615 ss. http://ojs.uniurb.it/index.php/studi-A/article/download/317/309; P. Mengozzi, La cittadinanza dell’Unione e il contributo della Corte di Giustizia alla precisazione dell’identità nell’Unione europea, in Cittadinanza e diversità culturale nello spazio giuridico europeo, Milano 2010, 3 ss.; P. Ponzano, Identità europea e cittadinanza dell’Unione, in Cittadinanza e diversità culturale nello spazio giuridico europeo, cit. 16 ss.; E. Triggiani, Cittadinanza dell’Unione e integrazione attraverso i diritti, in Diritti fondamentali e Cittadinanza dell’Unione Europea, Milano 2010, 137 ss.; A.L. Valvo, Lineamenti di diritto dell’Unione europea. L’integrazione europea oltre Lisbona, Padova 2011, 43 ss.; P. Gargiulo-L. Montanari, Le forme della cittadinanza. Tra cittadinanza europea e cittadinanza nazionale, Roma 2012; L. Montanari, La cittadinanza in Europa: alcune riflessioni sugli sviluppi più recenti, in Rivista telematica giuridica dell’Associazione Italiana dei Costituzionlisti 2 (2012), 1 ss. http://www.rivistaaic.it/download/hRMGaHzlJ1o40clc6b7i2owbiSc3tzESertBBwxxLFk/montanari.pdf; C. Gambino, Cittadinanza europea: un lungo iter giuridico non sostenuto da un’adeguata partecipazione democratica, in KorEuropa 4 (2014), 104 ss. http://www.unikore.it/index.php/numero-4/claudio-gambino.

 

 

§ 2. Dalla polis alla cittadinanza nazionale

 

J. Bodin, Six livres de la république, Paris 1576, qui citato in trad. it. I sei libri dello Stato I, Torino 1964; J.-J. Rousseau, Du contrat social ou Principes du droit politique, Paris 1762, qui citato in trad. it. a cura di P. Alatri, Il contratto sociale, in Scritti politici, Torino 1979; R. v. Jhering, Geist des römischen Rechts auf den verschiedenen Stufen seiner Entwicklung I, VI ed. del 1907, Aalen 1968, qui consultato in trad. fr. L’esprit du droit romain dans le diverses phases de son développent I, Paris 1886, 56 ss.; E. Crosa, Il principio della sovranità popolare dal Medioevo alla Rivoluzione Francese, Milano-Torino-Roma 1915; R. Feenstra, L’histoire des fondations (à propos de quelques études recentes), in Tijdschrift vor Rechtsgeschiedenis 24.1 (1956), 381 ss.; A.J. Toynbee, Hellenism. The History of a Civilization, London 1959, di cui si è consultata anche la trad. it. Il mondo ellenico, Torino 1967; P. Biscaretti Di Ruffia, Le collettività locali e la costruzione dell'unità europea. Aspetti giuridico-amministrativi, Milano s.d. ma 1961, 15 ss.; F. Chabod, L’idea di nazione, Bari 1961, 61 ss.; G. Fasoli, Dalla ‘Civitas’ al Comune, Bologna 1961; G. Volpe, Medioevo italiano, Firenze 1961, 102 s.; J. Gaudemet, Maiestas populi Romani, in Synteleia Arangio-Ruiz, Napoli 1964, 699 ss. (= Id., Etudes de droit romain II Institutions et doctrines politiques, Napoli 1979); G. Grosso, Problemi generali del Diritto attraverso il Diritto romano, Torino 1967, 53 ss.; É. Benveniste, Deux modèles linguistiques de la cité, in Problèmes de linguistique générale 2, Paris 1973, 274 ss.; M. Duverger, Institutions politiques et droit constitutionnel I Les grandes systèmes politiques, Paris 1978, 46 ss.; G. Lombardi, Principio di nazionalità e fondamento della legittimità dello Stato, Torino 1979, 20 ss.; A. Postigliola, La città della ragione, in Storia e ragione, Napoli 1979, 229 ss.; M. Albertini, Lo stato nazionale, Napoli 1981;  E. Gellner, Nations and Nationalism, Oxford 1983 (trad. it. Nazioni e nazionalismo, Roma 1985); C. Nicolet, L’idée républicaine en France (1789-1924), Paris 1982; C. Ghisalberti, Storia costituzionale d’Italia (1848-1948), Roma-Bari 1983; Id., Stato, Nazione e Costituzione nell’Italia contemporanea, Napoli 1999; C. Johnson, Who Is Aristotle’s Citizen?, in Phrónesis: A Journal for Ancient Philosophy 29 (1984), 73 ss.; M. Aymard, Espaces, in La Méditerranée. L’espace et l’histoire, Paris 1985, 191 ss.; N. Matteucci, Organizzazione del potere e libertà. Storia del costituzionalismo moderno, Torino 1988, 210 s.; E. Balibar, Citoyen sujet, in Cahier confrontation 20 (1989), 23 ss.; E.J.E. Hobsbawm, Nations and Nationalism since 1780, Programme, Myth, Reality, Cambridge 1990 (trad. it. Nazioni e Nazionalismo dal 1780. Programma, mito, realtà, Torino 1991); G.U. Rescigno, La sovranità popolare ieri e oggi, in Principi dell'89 e Costituzione democratica, Padova 1991, 94 ss.; L. Capogrossi Colognesi, Jhering e ‘Lo spirito del  diritto romano’, in Quaderni fiorentini 21 (1992), 176 ss. http://www.centropgm.unifi.it/quaderni/21/volume.pdf; Id., Cittadini e territorio Consolidamento e trasformazione della ‘civitas Romana’, Roma 2000; C. Mossé, Le citoyen dans la Gréce antique, Paris 1993, 111 ss.; M. Dogliani, Introduzione al diritto costituzionale, Bologna 1994, 33 ss.; C. Journes, L'Etat britannique, Paris 1994, 15 ss.; G. Sartori, Democrazia degli antichi e democrazia dei moderni, in Democrazia. Cosa è, Milano 1994, 141 ss.; A. Danese, Il federalismo. Cenni storici e implicazioni politiche, Roma 1995, 120 ss.; J. Bouineau, Démocratie antique, démocratie Viking, in La pensée démocratique. Actes du Colloque d’Aix-en Provence (21-22 septembre 1995), Aix-Marseille 1996, 14 ss.; G. Duso, Una prima esposizione del pensiero politico di Althusius: la dottrina del patto e della costituzione del regno, in Quaderni fiorentini. Per la storia del pensiero giuridico moderno 25 (1996), 75 ss. http://www.centropgm.unifi.it/cache/quaderni/25/0066.pdf; L. Gatto, L’Italia dei Comuni e delle Signorie, Roma 1996; M. Ganzin, Aux sources de la symbiose République-Nation: G. de Staël et E. Vacherot, deux temps du républicanisme libéral, in La symbiose de la modernité: République – Nation, Aix-Marseille 1997; G. Duso, Pensare la democrazia: le aporie dei concetti, in Paradosso, Roma-Bari 1998, 10 ss.; P. Costa, Cittadinanza e comunità. Un “programma” di indagine storiografica fra medioevo ed età moderna, in Filosofia politica 23 (1999), 15 ss.; Id., La cittadinanza: un tentativo di ricostruzione '”archeologica”, in La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Roma-Bari 1999, 65 ss.; Id., Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, 1. Dalla civiltà comunale al Settecento, Roma-Bari 1999, 36 ss.; Id., «Così lontano, così vicino» il comune medievale e la sua autonomia, in Quaderni fiorentini 43 (2014), 696 ss. http://www.centropgm.unifi.it/cache/quaderni/43/0701.pdf; M. Cossutta, Stato e Nazione. Un’interpretazione giuridico-politica, Milano 1999; G. Crifò, Civis. La cittadinannza tra antico e moderno, Roma-Bari 2000, 45 ss.; S. Cassese, L’erosione dello Stato: una vicenda irreversibile?, in Dallo Stato monoclasse alla globalizzazione, Milano 2000, 18 ss.; G. Guarino, Relazione di sintesi, in Dallo Stato monoclasse alla globalizzazione, cit., 143 ss.; S.J. Woolf, Histories of Europe and the Nation-State, in Contemporary European History 12 (2003), 323 ss.; J. Kirshner, Genere e cittadinanza nelle città-stato del Medioevo e del Rinascimento, in Innesti. Donne e genere nella storia sociale, Roma 2004, 21 ss.; M. Ascheri, Nella città medievale italiana: la cittadinanza o le cittadinanze?, in Initium Revista Catalana d’història del dret 16 (2011), 299 ss. http://www.isime.it/public/biblioteca/Miscellanea%20virtuale/M.%20Ascheri,%20Nelle%20citt%C3%A0.pdf; G. Todeschini, La reputazione economica come fattore di cittadinanza nell’Italia dei secoli XIV-XV, in Fama e publica vox nel Medioevo, Roma 2011, 103 ss.; Id., Introduzione, in Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge 125.2 (2013), http://mefrm.revues.org/1289; S.B. Galli, Romanticismo e nazionalismo: da Fichte a Renan, in Da Platone a Rawls. Lineamenti di storia del pensiero politico, Torino 2012, 329 ss.; S. Menzinger, Diritti di cittadinanza nelle quaestiones giuridiche duecentesche e inizio-trecentesche, in Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge 125-2 (2013), http://mefrm.revues.org/1468; M. Vallerani, Logica della documentazione e logica dell’istituzione. Per una rilettura dei documenti in forma di lista nei comuni italiani della prima metà del XIII secolo, in Notariato e medievistica. Per i cento anni di Studi e ricerche di diplomatica comunale di Pietro Torelli (Mantova 2-3 dicembre 2011), Roma 2013, 109 ss.; F. Di Giannatale, Il principio di nazionalità un dibattito nell’Italia risorgimentale, in Storia e Politica 6.2 (2014), 234 ss. http://www.unite.it/UniTE/Engine/RAServeFile.php/f/File_Prof/DI_GIANNATALE_2234/Il_Principio_di_Nazionalita_Di_Giannatale.pdf; P. Mindus, Cittadini e no: Forme e funzioni dell’inclusione e dell’esclusione, Firenze 2014, 25 ss. e 101 ss.

 

 

§ 3. Tendenze universalistiche della cittadinanza romana

 

Sull’apertura della cittadinanza al di là dei confini dell’urbs e non limitata da fattori etnici si vedano in part.: F. De Visscher, L’espansione della civitas romana e la diffusione del diritto romano, in Conferenze romanistiche V, Milano 1960, 179 ss.; P. Catalano, Linee del sistema sovrannazionale romano, Torino 1965, 288; Id., Urbis initia selon les juristes, in Da Roma alla III Roma Initia urbis. Fondazioni di Roma Costantinopoli Mosca, Campidoglio 21-24 aprile 1997, 1 ss.; M.P. Baccari, Il concetto giuridico di civitas augescens: origine e continuità, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 61 (1995), 759 ss. [= Studi in memoria di Gabrio Lombardi II, Roma 1996]; Ead., Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, Torino 1996, 56 ss.; Ead., Alcuni principi del diritto romano per la difesa dell’uomo nella globalizzazione, in Teoria del diritto e dello Stato. Rivista europea di cultura e scienza giuridica, 1 (2005), 22 ss. http://www.aracneeditrice.it/pdf/9788854801745.pdf; G. Lobrano, Res publica res populi, Torino 1996, 194 ss.; F. Sini, Dai peregrina sacra alle pravae et externae religiones dei baccanali: alcune riflessioni su ‘alieni’ e sistema giuridico-religioso romano, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 60 (1994) [= Studi in memoria di Gabrio Lombardi I, Roma 1996, 49 ss., ripubblicato ora in La condition des “autres” dans les systèmes juridiques de la Méditerranée, sous la direction de F. Castro et P. Catalano, Paris 2001 (pubbl. 2004), 59 ss.]; Id., La fondazione di Roma tra teologia e diritto negli autori dell’epoca di Augusto (linee per una ricerca su Virgilio e Ovidio), in Da Roma alla III Roma. Initia urbis. Fondazioni di Roma Costantinopoli Mosca, Campidoglio 21-24 aprile 1997; Id., Impero Romano e religioni straniere: riflessioni su universalismo e tolleranza nella religione politeista romana, in Sandalion 21-22 (1998-1999) [ma 2001], 57 ss.; Id., Sua cuique civitati religio. Religione e diritto pubblico in Roma antica, Torino 2001, 1 ss.; Id., Dai documenti dei sacerdoti romani: dinamiche dell’universalismo nella religione e del diritto pubblico di Roma, in Diritto @ Storia 2 (2003) http://www.dirittoestoria.it/tradizione2/Sini-Dai-Documenti.htm; Id., Diritto e documenti sacerdotali romani: verso una palingensi, in Diritto @ Storia 4 (2005) http://www.dirittoestoria.it/4/Tradizione-Romana/Sini-Diritto-documenti-sacerdotali-palingenesi.htm.

 

 

§ 4. Cittadinanza e integrazione

 

Sul concetto del principium in Gaio: C.A. Maschi, Il diritto romano I. La prospettiva storica della giurisprudenza classica (Diritto privato e processuale), 2a ed., Milano 1966, 132 ss.; F. Gallo, La storia in Gaio, in Il modello di Gaio nella formazione del giurista. Atti del Convegno Torinese 4-5 maggio 1978 in onore del Prof. Silvio Romano, Milano 1981, 90 ss.; S. Morghese, Appunti su Gaio ad legem duodecim tabularum, in Il modello di Gaio nella formazione del giurista, cit., 117 ss.; L. Lantella, L’isolamento dell’origine: pretese teoriche e sostanza pragmatica, in Studi in onore di A. Biscardi IV, Milano 1983, 1 ss.; Id.,‘Potissima pars principuim est’ (D. 1.2.11), in Studi in onore di C. Sanfilippo IV, Milano 1983, 283 ss.; O. Diliberto, Considerazioni intorno al commento di Gaio alle XII Tavole, in Index 18 (1990), 403 ss.; Id., Materiali per la palingenesi delle XII Tavole I, Cagliari 1992, 63 ss.; B. Albanese, Brevi studi di diritto romano. Sull’introduzione di Gaio al suo commento delle XII Tavole (D. 1,2,1), in Annali del Seminario Giuridico dell’Università di Palermo 43 (1995), 7 ss.; S. Schipani, Principia iuris. Potissima pars principium est. Principi generali del diritto. Schede sulla formazione di un concetto, in Nozione formazione e interpretazione del diritto, dall’età romana alle esperienze moderne. Ricerche dedicate al Professor Filippo Gallo, Napoli 1997, 631 ss.; F. Sini, Initia Urbis e sistema giuridico-religioso romano (Ius sacrum e ius publicum tra terminologia e sistematica), in Diritto @ Storia 3 (2004), http://www.dirittoestoria.it/3/TradizioneRomana/Sini-Initia-Urbis-2.htm; Id., Urbs: concetto e implicazioni normative nella giurisprudenza, cit.

Sulla cittadinanza romana come modello di aggregazione si vedano in part.: F. De Visscher, L’espansione della civitas romana e la diffusione del diritto romano, cit., 183; P. Gauthier, ‘Générosité’ romaine et ‘avarice’ grecque: sur l’octroi du droit de la cité, in Mélange Seston, Paris 1974, 212 ss.; A. Giardina, L’uomo romano, Bari 1993, XVII; L. Capogrossi Colognesi, Il potere romano: cittadinanza e schiavitù, in Ankara Üniversitesi Hukuk Fakültesi Dergisi, 43 (1993), 285 ss.; M. Sordi, Paolo a Filemone, o, Della schiavitù, Milano 1987, 32 ss.; Ead, Integrazione, mescolanza, rifiuto nell’Europa antica: il modello greco e il modello Romano, in Integrazione mescolanza rifiuto: incontri di popoli, lingue e culture in Europa dall’Antichità all’Umanesimo: atti del convegno internazionale. Cividade del Friuli, 21-23 settembre 2000, Roma 2000, 17 ss. http://www.fondazionecanussio.org/atti2000/sordi.pdf; Ead., Scritti di storia romana, Milano 2002, 259 ss.; Ead., La dialettica costituzionale in età cesariana. Tra esaltazione del nuovo e accuse di sovversione, in Ordine e sovversione nel mondo greco e romano: Atti del convegno internazionale, Cividale del Friuli, 25-27 settembre 2008 (a cura di G. Urso), Pisa 2009, 117 ss.; H.A. Steger, Europäische Geschichte als Kulturelle und politische Wirklichkeit. Hornruf von der anderen Seite des Limes, München 1990, 13 ss.; M. Cacciari, Geo-filosofia dell’Europa, Milano 1994, 39 ss.; M.P. Baccari, Il concetto giuridico di civitas augescens: origine e continuità, cit., 759 ss.; Ead., Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, cit., 47 ss.

 

 

§ 5. Cittadinanza come strumento di identità culturale

 

Su religio e identità culturale: P. Voci, Diritto sacro romano in età arcaica, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 19 (1953), 49 ss. [= Id., Scritti di diritto romano I, Padova 1985, 226 ss.]; J. Bayet, La religion romaine. Histoire politique et psychologique 2a ed., Paris 1969 [rist. 1976], 57 ss.; P. Gauthier, ‘Générosité’ romaine et ‘avarice’ grecque: sur l’octroi du droit de la cité, in Mélange Seston, Paris 1974, 212 ss.; C. Nicolet, Citoyenneté française et citoyenneté romaine: essai de mise en perspective, in La nozione di «Romano» tra cittadinanza e universalità [Da Roma alla terza Roma, Studi II], Napoli 1984, 145 ss.; P. Catalano, Diritto e persone. Studi su origine e attualità del sistema romano, Torino 1990, XIV s.; Id., Una civitas communis deorum atque hominum: Cicerone tra temperatio reipublicae e rivoluzioni, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 61 (1995), 724; F. Sini, Bellum nefandum. Virgilio e il problema del “diritto internazionale antico”, Sassari 1991, 256 ss.; Id., Populus et religio dans la Rome républicaine, in Archivio Storico e Giuridico Sardo di Sassari 2, n. s., 1995 [ma 1996], 77 ss.; Id., La negazione nel linguaggio precettivo dei sacerdoti romani, in Il Linguaggio dei Giuristi Romani. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Lecce, 5-6 dicembre 1994, Galatina 2000; Id., Uomini e Dèi nel sistema giuridico-religioso romano: Pax deorum, tempo degli Dèi, sacrifici, in Diritto@Storia 1 (2002), http://www.dirittoestoria.it/tradizione/F.%20Sini%20-%20Uomini%20e%20D%E8i%20%20nel%20sistema%20giuridico-religioso%20roman.htm; Id., Diritto e pax deorum in Roma antica, in Diritto@Storia 5 (2006), http://www.dirittoestoria.it/5/Memorie/Sini-Diritto-pax-deorum.htm; Id., Diritto e Pax deorum in Roma arcaica, in Diritto@Storia 5 (2006), http://www.dirittoestoria.it/5/Memorie/Sini-Diritto-pax-deorum.htm; L. Capogrossi Colognesi, Il potere romano: cittadinanza e schiavitù, cit., 285 ss.; A. Giardina, L’uomo romano, cit.; M.P. Baccari, Il concetto giuridico di civitas augescens: origine e continuità, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 60 (1994), 759 ss.; Ead., Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, cit., 53 ss.; Ead., “Civitas augescens”: cittadinanza e sviluppo dei popoli da Roma a Costantinopoli a Mosca, in Index 30 (2002), 81 ss.; Ead., Dall’urbs alla comunione dei popoli, in Euntes Docete 3 (2003), 181 ss; G. Lobrano, Res publica res populi. La legge e la limitazione del potere, Torino 1996, 113 ss.; Id., La Respublica romana, municipale-federativa e tribunizia: modello costituzionale attuale, in Diritto@Storia 3 (2004), http://www.dirittoestoria.it/3/Memorie/Organizzare-ordinamento/Lobrano-Res-publica-Romana-modello-costituzionale-attuale.htm; T. Spagnuolo Vigorita, Città e impero: un seminario sul pluralismo cittadino nell’impero romano, Napoli 1996, 30 ss.; M. Cacciari, Il mito della civitas augescens, in Il Veltro. Rivista della civiltà italiana, 2-4 (1997), 161 ss.; Id., L’epoca della globalizzazione, in Diritto, politica e realtà sociale nell’epoca della globalizzazione Atti del XXIII Congresso nazionale della Società italiana di Filosofia giuridica e politica Macerata, 2-5 ottobre 2002, Macerata 2008, 22 ss. http://eum.unimc.it/catalogo/catalogo-2008/diritto-politica-e-realta-sociale-nell2019epoca/at_download/fileBook; L. Labruna, Civitas quae est constitutio populi e altri studii di storia costituzionale romana, Napoli 1999, 21; G. Oppo, Declino del soggetto e ascesa della persona, in Rivista diritto civile 48 (2002), 835 ss.

N.D. Fustel de Coulanges, La cité antique. Étude sur le culte, le droit, les institutions de la Grèce et de Rome, 1864, nella riedizione Paris 1952. Sull'influenza delle tesi del Fustel de Coulanges si veda: J. Gaudemet, Tendances et méthodes en droit romain, in Revue Philosophique 145 (1955), 151; A. Fernández-Barreiro, Los estudios de derecho romano en Francia después del código de Napoleón, Roma-Madrid 1970, 54; A. Momigliano, La città antica di Fustel de Coulanges, in Rivista storica italiana 82 (1970), 81 [= Id., Quinto contributo alla storia degli studi classici e del mondo antico, Roma 1975, 159]; C. Ampolo, Le origini di Roma e la «Cité antique», in Mélanges de École Française de Rome 92 (1980), 567 ss.; C. Warnke, Antike Religion und antike Gesellschaft: wissenschaftshistorische Bemerkungen zu Fustel de Coulanges «La cité antique», in Klio 68 (1986), 287 ss.

Sulla definizione dei Peregrina sacra proposta da Sesto Pompeo Festo vedi per tutti: J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung, III. Das Sacralwesen, 2ª ed. a cura di G. Wissowa, Leipzig 1885, 42 ss. [= Le culte chez les Romains I, Paris 1889, 44 ss.]; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., München 1912, 348 ss.; M. van Doren, Peregrina sacra. Offizielle Kultübertragungen im alten Rom, in Historia 3 (1955), 488 ss.; R. Turcan, Lois romaines, dieux étrangers et «religion d’Etat», in Diritto e religione da Roma a Costantinopoli a Mosca, Roma 1994, 23 ss.; F. Sini, Religione e sistema giuridico in Roma repubblicana, in Diritto@Storia 3 (2004), http://www.dirittoestoria.it/3/Memorie/Organizzare-ordinamento/Sini-Religione-e-sistema-giuridico.htm; Id., Dai peregrina sacra ai pravae et externae religiones dei Baccanali, alcune riflessioni su ‘alieni’ e sistema giuridico-religioso Romano, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 60 (1994) [= Studi in memoria di Gabrio Lombardi I, Roma 1996], 49 ss.

Per le implicazioni giuridiche e politiche del concetto di civitas augenscens, con particolare riguardo alla raccolta di iura ordinata dall’imperatore Giustiniano, rinvio a P. Catalano, Diritto e persone. Studi su origine e attualità del sitema romano, Torino 1990, xiv s.; M.P. Baccari, Il concetto giuridico di civitas augescens: origine e continuità, cit., 759 ss.; Ead., Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, Torino 1996. M. Cacciari, Il mito della civitas augescens, cit., 161 ss.; M. Sordi, Pax deorum e libertà religiosa nella storia di Roma, cit.

Sull’opera di Sallustio, tra i molteplici: D.C. Earl, The Political Thought of Sallust, Cambridge 1961; A. La Penna, Sallustio e la "rivoluzione" romana, Milano 1968; K.-E. Petzold, Der politische Standort des Sallust, in Chiron 1 (1971), 219 ss.; S. Mazzarino, Il pensiero storico classico II.2, 4ª ed., Roma-Bari 1974, 3 ss.; V. Pöschl, Sallust, 2ª Aufl., Darmstadt 1981; K. Büchner, Sallust, 2ª Aufl., Heidelberg 1982.

Sulla nozione di civitas come iuris societas gentium, si vedano: G. Lobrano, Res publica res populi. La legge e la limitazione del potere, Torino 1996, 113 ss.; . Id., La Respublica romana, municipale-federativa e tribunizia: modello costituzionale attuale, in Diritto@Storia 3 (2004), http://www.dirittoestoria.it/3/Memorie/Organizzare-ordinamento/Lobrano-Res-publica-Romana-modello-costituzionale-attuale.htm; M. Baccari, Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, cit., 53 ss. Intorno all’utilizzo dello schema della societas vedi le perplessità di M. Varvaro, Iuris consensus e societas in Cicerone. Un’analisi di Cic., De rep., 1,25,39, in Annali del Seminario Giuridico dell’Università di Palermo 45 (1998), 445 ss., 456 ss. Sulla concezione stoica in Cicerone rinvio in part. a O. Sacchi, Le nozioni di stato e di proprietà in Panezio e l’influenza della dottrina stoica sulla giurisprudenza romana dell’epoca scipionico-cesariana, in Revue Internationale des droits de l’Antiquité LII (2005), 325 ss., in part. 335 ss. fonti e bibl. ivi http://www2.ulg.ac.be/vinitor/rida/2005/Sacchi2.pdf.

Per un quadro sulla Constitutio Antoniniana si vedano, senza presunzione di esaustività, in part.: V. Capocci, La Constitutio Antoniniana, in Memorie della E. Accademia dei Lincei. Classe discienze morali, storiche e filologiche VI ser. 1 (1925), 1 ss.; E. Bickermann, Das Edikt des Caracalla Kaisers in P. Giess. 40, Berlin 1926; C. Sasse, Die Constitutio Antoniniana, Wiesbaden 1958; Id., Literaturübersicht zur Constitutio Antoniniana, in Journal of Juristic Papyrology 14 (1962), 109 ss; A. d’Ors, Nuevos estudios sobre la Constitutio Antoniniana, Atti dell’XI Congresso Internazionale di Papirologia, Milano 1966, 408 ss.; M. Talamanca, Su alcuni passi di Menandro di Laodicea relativi agli effetti della ‘constitutio Antoniniana’, in Studi Volterra V, Milano 1971, 433 ss.; A.N. Sherwin-White, The Roman citizenship, Oxford 1973, 380 ss.; Id., The Tabula of Banasa and the Constitutio Antoniniana, in Journal of Roman Studies 63 (1973), 86 ss.; G.I. Luzzatto, Appunti di Papirologia Giuridica, Bologna 1974, 177 ss.; H. Wolff, Die Constitutio Antoniniana und Papyrus Gissensis 40, Köln 1976; T. Spagnuolo Vigorita, Cittadini e sudditi tra II e III secolo, in Storia di Roma III, L’età Tardoantica, I, Crisi e trasformazioni (a cura di A. Schiavone), Torino 1993, 5 ss.; Id., Città e impero: un seminario sul pluralismo cittadino nell’impero romano, cit., 98 ss.; A. Torrent, La constitutio Antoniniana. Reflexiones sobre el Papiro Giessen 40 I, Madrid 2012; G. Purpura, Constitutio Antoniniana de civitate, in Revisione ed integrazione dei  Fontes Iuris Romani Anteiustiniani - FIRA. Studi preparatori I, Leges, Palermo 2012, 699 ss.; Id., Il P. GISS. 40, I, in Iuris Antiqui Historia 5 (2013), 73 ss. http://www1.unipa.it/dipstdir/portale/ARTICOLI%20PURPURA/P.Giss.%2040%20IAH%205%202013.pdf; C. Corbo, Constitutio Antoniniana. Ius, Philosophia, Religio, Napoli 2013; V. Marotta, Tre riflessioni sulla cittadinanza: da Roma antica al mondo attuale, in Iuris Antiqui Historia 5 (2013), 53 ss.; G. Lobrano, La constitutio Antoniniana de civitate peregrinis danda del 212 d.C.: il problema giuridico attuale di ri-comprendere scientificamente la cittadinanza per ri-costruirla istituzionalmente, in La cittadinanza tra impero, stati nazionali ed Europa. Studi promossi per il MDCCC anniversario della constitutio Antoniniana, Roma 2015.

 

 

 



 

* Lo scritto trae origine dala relazione presentato a Novedrade il 15 novembre 2015 all’XI Undicesimo Seminario Internazionale “Diritto romano e attualità” sul tema «Il sistema del diritto pubblico romano come fondamento del diritto pubblico europeo».

 

[1] Molteplici autori ritengono che la cittadinanza europea, formalizzata con il Trattato di Maastricht, fosse già stata delineata con la nascita stessa delle CE soprattutto attraverso il principio di non discriminazione a motivo della nazionalità; si veda in part.: N.W. Barber, Citizenship, Nationalism and the European Union, in European Law Review 27 (2002), 241 ss. http://papers.ssrn.com/sol3/Delivery.cfm/SSRN_ID2256427_code472864.pdf?abstractid=2256427&mirid=1&type=2; I. Bulvinaite, Union Citizenship and its Role in the Free Movement of Persons Regimes, in WebJournal of Current Legal Issues, 5 (2003), http://www.bailii.org/uk/other/journals/WebJCLI/2003/issue5/bulvinaite5.html; G. Cordini, Appunti in tema di status e condizione giuridica soggettiva nel trattato costituzionale europeo, in Studi Urbinati 57.1 (2006), 5 ss., http://ojs.uniurb.it/index.php/studi-A/article/view/272/264; L.S. Rossi, I cittadini, in Il diritto privato dell’Unione Europea I, II ed., Torino 2006, 103 ss.; K. Rostek-D. Gareth, The Impact of Union Citizenship on National Citizenship Policies, in European Integration online Papers 10 (2006), 6 ss. http://eiop.or.at/eiop/pdf/2006-005.pdf; E. Triggiani, La cittadinanza europea per la “utopia” sovranazionale, in Studi sull’integrazione europea 3 (2006), 435 ss. http://www.studisullintegrazioneeuropea.eu/Scarico/Rivista%20Studi%200306.pdf.

 

[2] Trattato di Maastrict del 1992 art. 8, par.1: É cittadino dell’Unione europea chiunque abbia la nazionalità di uno Stato membro.

Trattato CE (2002/C 325/01) Articolo 17:

1. È istituita una cittadinanza dell’Unione. È cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro. La cittadinanza dell’Unione costituisce un complemento della cittadinanza nazionale e non sostituisce quest’ultima.

2. I cittadini dell’Unione godono dei diritti e sono soggetti ai doveri previsti dal presente trattato.

 

[3] D. Zolo, La strategia della cittadinanza, in La cittadinanza. Appartenenza, identità, diritti, Bari 1994, 44; J. Habermas, L’inclusione dell’altro. Studi di teoria politica, Milano 1998, 220 ss.; R. Kovar, L’émergence et l’affirmation du concepì de citoyenneté européenne dans le processus d’intégration européenne, in La citoyenneté européenne, Montréal 2000, 81; E. Triggiani, La cittadinanza europea per la “utopia” sovranazionale, cit., 465 ss.; T. Padoa-Schioppa, Europa una pazienza attiva. Malinconia e riscatto del Vecchio Continente, Milano 2006, 70; P. Ponzano, Identità europea e cittadinanza dell’Unione, in Cittadinanza e diversità culturale nello spazio giuridico europeo, Padova 2010, 21; L. Montanari, La cittadinanza in Europa: alcune riflessioni sugli sviluppi più recenti, in Rivista telematica giuridica dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti 2 (2012), 29; C. Gambino, Cittadinanza europea: un lungo iter giuridico non sostenuto da un’adeguata partecipazione democratica, in in KorEuropa 4 (2014), 104 ss. http://www.unikore.it/index.php/numero-4/claudio-gambino.

 

[4] R. Zimmermann, Diritto romano, diritto contemporaneo, diritto europeo: la tradizione civilistica oggi. Il diritto privato europeo e le sue basi storiche, in Rivista di diritto civile 47 (2001), 710 ss.

 

[5] É. Benveniste, Deux modèles linguistiques de la cité, in Problèmes de linguistique générale 2, Paris 1974, 276. Il Polites è, dunque,colui che partecipa alla pólis, che assume i doveri ed i diritti della sua condizione”, in un ottica opposta a quella del civis.

 

[6] Ibid. Al di là del rapporto di derivazione meramente linguistico, Beneveniste si sofferma sull’oscurazione dell’”insieme dei rapporti” causata dalla errata traduzione di civis con ‘cittadino’. Tale traduzione cancella l’idea di reciprocità e l’insieme di relazioni che identificano un civis come civis, e che rendono inconcepibile l’esistenza di un singolo civis. Si dovrà dunque tener presente la necessaria pluralità, definita non certo da un numeo minimo quanto da un insieme di correlazioni e rapporti, forse anche condivisione di uno stesso sistema giuridico- religioso. «Così il modello linguistico della parole latine Civis/civitas/civilis fornisce un modello intero per riesaminare le domande di cittadinanza (nel campo di tensione tra il significato giuridico di questo concetto, da un lato, e la designazione di una pluralità irriducibile di concittadini, dall’altro), della "città" o cité come uno spazio politico, o ancora della cosiddetta ‘società civile’, un modello che non prende spunto da uno spazio sempre già politico istituzionalizzato, ma da una relazionalità primordiale e irriducibile».

 

[7] É. Benveniste, Deux modèles linguistiques de la cité, cit., 273.

 

[8] Si vedano, tra gli studi più recenti, in part.: P. Costa, Civitas. Storia della cittadinanza in Europa, 1. Dalla civiltà comunale al Settecento, Roma-Bari 1999, 36 ss.; J. Kirshner, Genere e cittadinanza nelle città-stato del Medioevo e del Rinascimento, in Innesti. Donne e genere nella storia sociale, Roma 2004, 21 ss.; M. Ascheri, Nella città medievale italiana: la cittadinanza o le cittadinanze?, in Initium Revista Catalana d’història del dret 16 (2011), 299 ss. http://www.isime.it/public/biblioteca/Miscellanea%20virtuale/M.%20Ascheri,%20Nelle%20citt%C3%A0.pdf; G. Todeschini, La reputazione economica come fattore di cittadinanza nell’Italia dei secoli XIV-XV, in Fama e publica vox nel Medioevo, Roma 2011, 103 ss.; Id., Introduzione, in Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge 125.2 (2013), http://mefrm.revues.org/1289; S. Menzinger, Diritti di cittadinanza nelle quaestiones giuridiche duecentesche e inizio-trecentesche, in Mélanges de l’École française de Rome - Moyen Âge 125-2 (2013), http://mefrm.revues.org/1468; M. Vallerani, Logica della documentazione e logica dell’istituzione. Per una rilettura dei documenti in forma di lista nei comuni italiani della prima metà del XIII secolo, in Notariato e medievistica. Per i cento anni di Studi e ricerche di diplomatica comunale di Pietro Torelli (Mantova 2-3 dicembre 2011), Roma 2013.

 

[9] J. Bodin, Six livres de la république, Paris 1576, qui citato in trad. it. I sei libri dello Stato I, Torino 1964, 49 s., il cittadino é un suddito libero che dipende dalla sovranità altrui, quella appunto del Principe o Sovrano, tant’è che lo straniero non essendo suddito, non ha diritti o privilegi.

 

[10] Sul punto e sul rapporto fra Bodin e Rousseau si veda D. Quaglioni, I limiti della sovranità. Il pensiero di Jean Bodin nella cultura giuridica e politica dell’età moderna, Padova 1992, 277 ss.

 

[11] J.-J. Rousseau, Du contrat social ou Principes du droit politique, Paris 1762, qui citato in trad. it. a cura di P. Alatri, Il contratto sociale, in Scritti politici, Torino 1979, in part. I.6 «Ciascuno di noi mette in comune la propria persona e ogni potere sotto la suprema direzione della volontà generale; e noi riceviamo ogni membro come parte indivisibile del tutto» e I.8. J.-J. Rousseau, Émile ou De l'éducation, Paris 1762, qui citato in trad. it a cura di P. Massimi, Emilio o Dell’educazione, 3a ed., Roma 1997, 67: «Di fronte alla necessità di contrastare o la natura o le istituzioni sociali, bisogna decidere se formare un uomo o un cittadino: formare l’uno e l’altro insieme non si può [...] L'uomo naturale è un’entità del tutto a sé stante; è l'unità numerica, è l'intero assoluto che ha rapporto solo con se stesso o col suo simile. L'uomo civile non è che un’unità frazionaria condizionata dal denominatore e il cui valore risiede nel suo rapporto con l'intero, che è il corpo sociale. Le buone istituzioni sociali sono quelle che meglio riescono a snaturare l'uomo, a privarlo della sua esistenza assoluta per conferirgliene una relativa, e inserire l'io nell'unità comune, di guisa che ogni singolo individuo non senta più  se stesso come unità, ma come parte dell'unità, e non abbia rilevanza alcuna se non nel tutto in cui è assorbito. Un cittadino romano non era né Caio né Lucio; era un Romano, e giungeva ad amare la patria fino al totale oblio si se stesso».

 

[12] F. Chabod, L’idea di nazione, Bari 1961, 61 ss.; G. Lombardi, Principio di nazionalità e fondamento della legittimità dello Stato, Torino 1979, 20 ss.; M. Albertini, Lo stato nazionale, Napoli 1981;  E. Gellner, Nations and Nationalism, Oxford 1983 (trad. it. Nazioni e nazionalismo, Roma 1985); C. Ghisalberti, Storia costituzionale d’Italia (1848-1948), Roma-Bari 1983; Id., Stato, Nazione e Costituzione nell’Italia contemporanea, Napoli 1999; E.J.E. Hobsbawm, Nations and Nationalism since 1780, Programme, Myth, Reality, Cambridge 1990 (trad. it. Nazioni e Nazionalismo dal 1780. Programma, mito, realtà, Torino 1991); M. Cossutta, Stato e Nazione. Un’interpretazione giuridico-politica, Milano 1999; S.J. Woolf, Histories of Europe and the Nation-State, in Contemporary European History 12 (2003), 323 ss.; S.B. Galli, Romanticismo e nazionalismo: da Fichte a Renan, in Da Platone a Rawls. Lineamenti di storia del pensiero politico, Torino 2012, 329 ss.; F. Di Giannatale, Il principio di nazionalità un dibattito nell’Italia risorgimentale, in Storia e Politica 6.2 (2014), 234 ss. http://www.unite.it/UniTE/Engine/RAServeFile.php/f/File_Prof/DI_GIANNATALE_2234/Il_Principio_di_Nazionalita_Di_Giannatale.pdf.

 

[13] F. De Visscher, L’espansione della civitas romana e la diffusione del diritto romano, in Conferenze romanistiche V, Milano 1960, 184.

 

[14] Sylloge II3.543 (Decretum Larisaeorum, quod duas Philippi regis epistulas continet). Sulla datazione del decretum rinvio a C. Habicht, Epigraphische Zeugnisse zur Geschichte Thessaliens unter der Makedonische Herrschaft, in Arcaia Makedonia, Thessaloniki 1970, 273 ss. Cfr. Appian. bell. civ. 2.120, che parla della cittadinanza romana incrementata da stranieri e servi emancipati, ma, al contrario di Filippo, dà un giudizio negativo della mancata distinzione fra cittadini e liberti.

 

[15] Per il concetto di cittadinanza espresso da Dionigi di Alicarnasso rinvio a G. Poma, Dionigi d’Alicarnasso e la cittadinanza romana, in Mélanges de l’École française de Rome 1 (1989), 187 ss.

 

[16] D. 1.2.1 (Gaius lib. primo ad legem duodecim tabularum): Facturus legum vetustarum interpretationem necessario prius ab urbis initiis repetendum existimavi, non quia velim verbosos commentarios facere, sed quod in omnibus rebus animadverto id perfectum esse, quod ex omnibus suis partibus constaret: et certe cuiusque rei potissima pars principium est. Sull’idea gaiana rinvio, tra i molteplici lavori, a: C.A. Maschi, Il diritto romano I. La prospettiva storica della giurisprudenza classica (Diritto privato e processuale), 2a ed., Milano 1966, 132 ss.; F. Gallo, La storia in Gaio, in Il modello di Gaio nella formazione del giurista. Atti del Convegno Torinese 4-5 maggio 1978 in onore del Prof. Silvio Romano, Milano 1981, 90 ss.; S. Morghese, Appunti su Gaio ad legem duodecim tabularum, in Il modello di Gaio nella formazione del giurista, cit., 117 ss.; L. Lantella, L’isolamento dell’origine: pretese teoriche e sostanza pragmatica, in Studi in onore di A. Biscardi IV, Milano 1983, 1 ss.; Id.,‘Potissima pars principuim est’ (D. 1.2.11), in Studi in onore di C. Sanfilippo IV, Milano 1983, 283 ss.; O. Diliberto, Considerazioni intorno al commento di Gaio alle XII Tavole, in Index 18 (1990), 403 ss.; Id., Materiali per la palingenesi delle XII Tavole I, Cagliari 1992, 63 ss.; B. Albanese, Brevi studi di diritto romano. Sull’introduzione di Gaio al suo commento delle XII Tavole (D. 1,2,1), in Annali del Seminario Giuridico dell’Università di Palermo 43 (1995), 7 ss.; S. Schipani, Principia iuris. Potissima pars principium est. Principi generali del diritto. Schede sulla formazione di un concetto, in Nozione formazione e interpretazione del diritto, dall’età romana alle esperienze moderne. Ricerche dedicate al Professor Filippo Gallo, Napoli 1997, 631 ss.; F. Sini, Initia Urbis e sistema giuridico-religioso romano (Ius sacrum e ius publicum tra terminologia e sistematica), in Diritto @ Storia 3 (2004), http://www.dirittoestoria.it/3/TradizioneRomana/Sini-Initia-Urbis-2.htm; Id., Urbs: concetto e implicazioni normative nella giurisprudenza, cit.

 

[17] F. Sini, Initia Urbis e sistema giuridico-religioso romano (Ius sacrum e ius publicum tra terminologia e sistematica), cit.

 

[18] Sul punto vedi: M. Sordi, Scritti di storia romana, Milano 2002, 259 ss.; Ead., La dialettica costituzionale in età cesariana. Tra esaltazione del nuovo e accuse di sovversione, in Ordine e sovversione nel mondo greco e romano: Atti del convegno internazionale, Cividale del Friuli, 25-27 settembre 2008 (a cura di G. Urso), Pisa 2009, 117 ss.

 

[19] Vedi anche Cic. De re publ. 2.25: Quibus cum esse praestantem Numam Pompilium fama ferret, praetermissis suis civibus regem alienigenam patribus auctoribus sibi ipse populus adscivit, eumque ad regnandum Sabinum hominem Romam Curibus accivit. Qui ut huc venit, quamquam populus curiatis eum comitiis regem esse iusserat, tamen ipse de suo imperio curiatam legem tulit, hominesque Romanos instituto Romuli bellicis studiis ut vidit incensos, existimavit eos paulum ab illa consuetudine esse revocandos; Livio sull’inaugurazione di Numa 1.18.6-10. Liv. 4.3: En unquam creditis fando auditum esse, Numam Pompilium, non modo non patricium sed ne civem quidem Romanum, ex Sabino agro accitum, populi iussu, patribus auctoribus Romae regnasse? L. deinde Tarquinium, non Romanae modo sed ne Italicae quidem gentis, Demarati Corinthii filium, incolam ab Tarquiniis, vivis liberis Anci, regem factum? Ser. Tullium post hunc, captiva Corniculana natum, patre nullo, matre serva, ingenio, virtute regnum tenuisse? Quid enim de T. Tatio Sabino dicam, quem ipse Romulus, parens urbis, in societatem regni accepit? Ergo dum nullum fastiditur genus in quo eniteret virtus, crevit imperium Romanum. Paeniteat nunc vos plebeii consulis, cum maiores nostri advenas reges non fastidierint, et ne regibus quidem exactis clausa urbs fuerit peregrinae virtuti? Claudiam certe gentem post reges exactos ex Sabinis non in civitatem modo accepimus sed etiam in patriciorum numerum. Ex peregrinone patricius, deinde consul fiat, civis Romanus si sit ex plebe, praecisa consulatus spes erit? Utrum tandem non credimus fieri posse, ut vir fortis ac strenuus, pace belloque bonus, ex plebe sit, Numae, L. Tarquinio, Ser. Tullio similis, an, ne si sit quidem, ad gubernacula rei publicae accedere eum patiemur, potiusque decemviris, taeterrimis mortalium, qui tum omnes ex patribus erant, quam optimis regum, novis hominibus, similes consules sumus habituri?

 

[20] Cic. De re publ. 2.37: Tum Laelius: ‘Nunc fit illud Catonis certius, nec temporis unius nec hominis esse constitutionem <nostrae> rei publicae; perspicuum est enim, quanta in singulos reges rerum bonarum et utilium fiat accessio. Sed sequitur is qui mihi videtur ex omnibus in re publica vidisse plurimum’. ‘Ita est’ inquit Scipio. ‘Nam post eum Servius Tullius primus iniussu populi regnavisse traditur, quem ferunt ex serva Tarquiniensi natum, cum esset ex quodam regis cliente conceptus. Qui cum famulorum <in> numero educatus ad epulas regis adsisteret, non latuit scintilla ingenii quae iam tum elucebat in puero; sic erat in omni vel officio vel sermone sollers. Itaque Tarquinius, qui admodum parvos tum haberet liberos, sic Servium diligebat, ut is eius vulgo haberetur filius, atque eum summo studio omnibus iis artibus quas ipse didicerat ad exquisitissimam consuetudinem Graecorum erudiit.

 

[21] Il frammento riferito a Servio Tullio recita così: Huic quoque et fìlio nepotive eius, nam et hoc inter auctores discrepat, insertus Servius Tullius, si nostros sequimur, captiva natus Ocresia; si Tuscos, Caeli quondam Vivennae sodalis fidelissimus omnisque eius casus comes, postquam varia fortuna exactus cum omnibus reliquiis Caeliani exercitus Etruria excessit, montem Caelium occupavit, et a duce suo Caelio ita appellitatus J mutatoque nomine, nam tusce Mastarna ei nomen erat, ita appellatus est ut dixi, et regnum summa cum reipublicae utilitate optinuit. Per l’intero testo si veda: CIL XIII.1668; V. Boissieu, Inscriptions antiques de Lyon reproduites d’après les monuments ou recueillies par les auteurs, Lyon 1846-1854, 136 ss.

 

[22] Sul discorso di Claudio riportato da Tacito rinvio a: A. De Vivo, Tacito e Claudio: Storia e codificazione letteraria, Napoli 1980; E. Gabba, Dionigi e la storia di Roma arcaica, Bari 1996, 82 ss.; M. Sordi, Scritti di storia romana, cit., 258 ss.

 

[23] Vedi M. Sordi, Integrazione, mescolanza, rifiuto nell’Europa antica: il modello greco e il modello Romano, in Integrazione, mescolanza, rifiuto. Integrazione di popoli, lingue e culture in Europa dall’Antichità all’umanesimo, Roma 2001, 25.

 

[24] F. De Visscher, L’espansione della civitas romana, cit., 183.

 

[25] P. Gauthier, ‘Générosité’ romaine et ‘avarice’ grecque: sur l’octroi du droit de la cité, in Mélange Seston, Paris 1974, 212 ss A. Giardina, L’uomo romano, Bari 1993, XVII; L. Capogrossi Colognesi, Il potere romano: cittadinanza e schiavitù, in Ankara Üniversitesi Hukuk Fakültesi Dergisi, 43 (1993), 285 ss.

 

[26] C. Nicolet, Citoyenneté française et citoyenneté romaine: essai de mise en perspective, La nozione di «Romano» tra cittadinanza e universalità [Da Roma alla terza Roma, Studi II], Napoli 1984, 165.

 

[27] F. Sini, Diritto e Pax deorum in Roma arcaica, in Diritto@Storia 5 (2006), n. 17; http://www.dirittoestoria.it/5/Memorie/Sini-Diritto-pax-deorum.htm, vedi inoltre quanto l’A. afferma in relazione alla civitas augescens: «Teologia e ius divinum mostravano che la volontà degli Dèi aveva determinato la fondazione dell’urbs Roma; ne aveva sostenuto la prodigiosa “crescita” del numero dei cittadini (civitas augescens, per usare l’espressione del giurista Pomponio, conservata dai compilatori dei Digesta Iustiniani); infine, presiedeva all’incomparabile fortuna dell’imperium populi Romani e garantiva la sua estensione sine fine».

 

[28] P. Voci, Diritto sacro romano in età arcaica, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 19 (1953), 49 ss. [= Id., Scritti di diritto romano I, Padova 1985, 226 ss.]; J. Bayet, La religion romaine. Histoire politique et psychologique, 2a ed., Paris 1969 [rist. 1976], 57 ss.; M. Sordi, Pax deorum e libertà religiosa nella storia di Roma, La pace nel mondo antico, Milano 1985, 146 ss.; F. Sini, Bellum nefandum. Virgilio e il problema del “diritto internazionale antico”, Sassari 1991, 256 ss.; Id., Populus et religio dans la Rome républicaine, in Archivio Storico e Giuridico Sardo di Sassari 2, n. s., 1995 [ma 1996], 77 ss.; Id., La negazione nel linguaggio precettivo dei sacerdoti romani, in Il Linguaggio dei Giuristi Romani. Atti del Convegno Internazionale di Studi, Lecce, 5-6 dicembre 1994 (a cura di O. Bianco e S. Tafaro), Galatina 2000; Id., Diritto e pax deorum in Roma antica, in Diritto@Storia 5 (2006), http://www.dirittoestoria.it/5/Memorie/Sini-Diritto-pax-deorum.htm.

 

[29] N.D. Fustel de Coulanges, La cité antique. Étude sur le culte, le droit, les institutions de la Grèce et de Rome, 1864, qui citata nel testo della riedizione Paris 1952.

 

[30] In materia rimando a F. Sini, Diritto e pax deorum in Roma antica, in Diritto@Storia 5 (2006), http://www.dirittoestoria.it/5/Memorie/Sini-Diritto-pax-deorum.htm.

 

[31] Sul concetto di peregrina sacra rimando a F. Sini, Religione e sistema giuridico in Roma repubblicana, cit.; Id., Dai peregrina sacra ai pravae et externae religiones dei Baccanali, alcune riflessioni su ‘alieni’ e sistema giuridico-religioso Romano, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 60 (1994) [= Studi in memoria di Gabrio Lombardi I, Roma 1996], 49 ss.

 

[32] Si vedano in particolare: P. Catalano, Una civitas communis deorum atque hominum: Cicerone tra temperatio reipublicae e rivoluzioni, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 61 (1995), 724; F. Sini, Sua cuique civitati religio, Religione e diritto pubblico in Roma antica, cit., 190 s.; Id., Uomini e Dèi nel sistema giuridico-religioso romano: Pax deorum, tempo degli Dèi, sacrifici, in Diritto@Storia 1 (2002), http://www.dirittoestoria.it/tradizione/F.%20Sini%20-%20Uomini%20e%20D%E8i%20%20nel%20sistema%20giuridico-religioso%20roman.htm.

 

[33] F. Sini, Diritto e Pax deorum in Roma arcaica, cit., nn. 26 s.

 

[34] Vedi quanto sostiene in materia F. Vallocchia, Collegi sacerdotali ed assemblee popolari nella repubblica romana, Torino 2008, 10: «”Non isolamento” e, più decisamente “commistione” sono concetti che non si limitano a chiarire la relazione tra religione e diritto, almeno nella Roma repubblicana, ma tracciano altresì le linee per uno studio del sistema giuridico romano che sia diverso da quello a cui conducono concetti quali “isolamento” e “laicizzazione”. Religione e diritto non sono separati ... ».

 

[35] Per il concetto di civitas augescens rimando in particolare a P. Catalano, Diritto e persone. Studi su origine e attualità del sistema romano, Torino 1990, XIV s. Vedi anche M.P. Baccari, Il concetto giuridico di civitas augescens: origine e continuità, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 60 (1994), 759 ss.; Ead., “Civitas augescens”: cittadinanza e sviluppo dei popoli da Roma a Costantinopoli a Mosca, in Index 30 (2002), 81-86.

 

[36] Rinvio per un commento a M. Sordi, Integrazione, mescolanza, rifiuto nell’Europa antica: il modello greco e il modello Romano, cit., 23 ss.

 

[37] Cic. De re publ. 1.49. Il pensiero dell’oratore viene ripreso da Isidoro di Siviglia, Etymol. 15.2.1: civitas est hominum multitudo societatis vinculo adunata, dicta a civibus … nam urbs ipsa moenia sunt, civitas autem non saxa, sed habitatores vocantur.

 

[38] Sulla nozione di civitas come iuris societas gentium, si veda: G. Lobrano, Res publica res populi. La legge e la limitazione del potere, Torino 1996, 113 ss.; . Id., La Respublica romana, municipale-federativa e tribunizia: modello costituzionale attuale, in Diritto@Storia 3 (2004), http://www.dirittoestoria.it/3/Memorie/Organizzare-ordinamento/Lobrano-Res-publica-Romana-modello-costituzionale-attuale.htm; M. Baccari, Cittadini popoli e comunione nella legislazione dei secoli IV-VI, cit., 53 ss. Intorno all’utilizzo dello schema della societas vedi le perplessità di M. Varvaro, Iuris consensus e societas in Cicerone. Un’analisi di Cic., De rep., 1,25,39, in Annali del Seminario Giuridico dell’Università di Palermo 45 (1998), 445 ss., 456 ss. Sulla concezione stoica in Cicerone rinvio in part. a O. Sacchi, Le nozioni di stato e di proprietà in Panezio e l’influenza della dottrina stoica sulla giurisprudenza romana dell’epoca scipionico-cesariana, in Revue Internationale des droits de l’Antiquité LII (2005), 325 ss., in part. 335 ss. fonti e bibl. ivi, http://www2.ulg.ac.be/vinitor/rida/2005/Sacchi2.pdf.

 

[39] C. Nicolet, Citoyenneté française et citoyenneté romaine: essai de mise en perspective, cit., 166.

 

[40] Vedi: T. Spagnolo Vigorita, Città e impero: un seminario sul pluralismo cittadino nell’impero romano, Napoli 1996, 14 ss.; L. Labruna, Civitas quae est constitutio populi e altri studii di storia costituzionale romana, Napoli 1999, 21.

 

[41] Per un quadro delle fonti e delle opinioni sugli effetti dell’editto di Caracalla si vedano, senza presunzione di esaustività, in part.: V. Capocci, La Constitutio Antoniniana, in Memorie della E. Accademia dei Lincei. Classe discienze morali, storiche e filologiche VI ser. 1 (1925), 1 ss.; E. Bickermann, Das Edikt des Caracalla Kaisers in P. Giess. 40, Berlin 1926; C. Sasse, Die Constitutio Antoniniana, Wiesbaden 1958; Id., Literaturübersicht zur Constitutio Antoniniana, in Journal of Juristic Papyrology 14 (1962), 109 ss; A. d’Ors, Nuevos estudios sobre la Constitutio Antoniniana, Atti dell’XI Congresso Internazionale di Papirologia, Milano 1966, 408 ss.; H. Wolff, Die Constitutio Antoniniana und Papyrus Gissensis 40 I, Köln 1976; M. Talamanca, Su alcuni passi di Menandro di Laodicea relativi agli effetti della ‘constitutio Antoniniana’, in Studi Volterra V, Milano 1971, 433 ss.; A.N. Sherwin-White, The Roman citizenship, Oxford 1973, 380 ss.; Id., The Tabula of Banasa and the Constitutio Antoniniana, in Journal of Roman Studies 63 (1973), 86 ss.; G.I. Luzzatto, Appunti di Papirologia Giuridica, Bologna 1974, 177 ss.; H. Wolff, Die Constitutio Antoniniana und Papyrus Gissensis 40, Köln 1976; T. Spagnuolo Vigorita, Cittadini e sudditi tra II e III secolo, in Storia di Roma III, L’età Tardoantica, I, Crisi e trasformazioni (a cura di A. Schiavone), Torino 1993, 5 ss.; Id., Città e Impero, Napoli 1996, 98 ss.; A. Torrent, La constitutio Antoniniana. Reflexiones sobre el Papiro Giessen 40 I, Madrid 2012; G. Purpura, Constitutio Antoniniana de civitate, in Revisione ed integrazione dei  Fontes Iuris Romani Anteiustiniani - FIRA. Studi preparatori I, Leges, Palermo 2012, 699 ss.; Id., Il P. GISS. 40, I, in Iuris Antiqui Historia 5 (2013), 73 ss. http://www1.unipa.it/dipstdir/portale/ARTICOLI%20PURPURA/P.Giss.%2040%20IAH%205%202013.pdf; C. Corbo, Constitutio Antoniniana. Ius, Philosophia, Religio, Napoli 2013; V. Marotta, Tre riflessioni sulla cittadinanza: da Roma antica al mondo attuale, in Iuris Antiqui Historia 5 (2013), 53 ss.; G. Lobrano, La constitutio Antoniniana de civitate peregrinis danda del 212 d.C.: il problema giuridico attuale di ri-comprendere scientificamente la cittadinanza per ri-costruirla istituzionalmente, in La cittadinanza tra impero, stati nazionali ed Europa. Studi promossi per il MDCCC anniversario della constitutio Antoniniana, Roma 2015.

 

[42] Si veda, sul punto, P. Catalano, Una civitas communis deorum atque hominum: Cicerone tra temperatio reipublicae e rivoluzioni, in Studia et Documenta Historiae et Iuris 61 (1995), 723 ss.