N. 3 – Maggio 2004 – Lavori in corso – Contributi

 

 

PROFILO DEL DIRITTO ALBANESE TRA LE DUE GUERRE MONDIALI

 

natasha shehu

Università di Tirana

 

 

Sommario: 1. Le caratteristiche del diritto albanese. – 2. Castriota Skanderbeg: i kanuni. – 3. L’Albania dopo la guerre balcaniche contro l’Impero ottomano: la proclamazione dell’indipendenza di Ismail Kemal. – 4. La conferenza degli ambasciatori: principato. – 5. Statuto organico dell’Albania. – 6. Lo Statuto di Lushnja. – 7. La 2ª Repubblica d’Albania. – 8. Statuto fondamentale del regno d’Albania (Mbrëtnia Shqiptare). – 9. I codici. – 10. Leggi speciali.

 

 

1. – Le caratteristiche del diritto albanese

 

Non si può trattare del diritto albanese a cavallo tra le due guerre senza avere presente alcuni processi attraverso i quali esso è avanzato affondando le radici nel processo di Rinascita generale e, quindi anche giuridica, conseguente all’azione fondante compiuta nel secolo XV dal principe Giorgio Castriota, detto Scanderbeg (in albanese Gjergj Kastriot Skënderbeu).

Per entrare nella realtà albanese bisogna liberarsi del vizio, comune agli analizzatori occidentali, di esaminare la questione alla luce delle visioni e dei concetti propri all’Europa ed all’Occidente. Va, invece, riflettere sul fatto che tutti i Balcani sono frutto di vicende plurisecolari, nel corso delle quali le popolazioni conservano l’impronta di radici antichissime, che, nell’Albania risalgono all’epoca pre-romana degli Illiri. Inoltre va tenuta nel debito conto l’influenza culturale e nei costumi esercitata dall’appartenenza all’Impero musulmano.

Per molti secoli si ebbe un quadro invariato (almeno dal sec. XV sino alle soglie dell’età contemporanea) che influenzò le leggi che in varie epoche e particolarmente nella seconda metà del secolo XIX si preoccuparono di dare un assetto piú stabile e certo al diritto albanese.

In questo quadro ebbero influenze decisive le concezioni religiose, tanto che agli inizi del secolo XIX tutta la materia matrimoniale era demandata alla regolamentazione religiosa, applicata in base alla religione di appartenenza dei singoli.

Persino durante l'occupazione ottomana in Albania i rapporti famigliari non erano trattati dal codice civile ottomano ma secondo la provenienza religiosa delle parti e la loro credenza. Questo stato di diritto è durato fino all’aprile del 1929, quando è entrato in vigore il codice civile del regno Zogista.

In molti casi, poi, le situazioni venivano regolate da norme che erano la confluenza del costume e delle prescrizioni religiose. Le quali ultime erano, come è noto, basate sul Corano per i Musulmani, e incentrate sulle prescrizioni del Profeta, chiamato Sheri (il Legislatore) e sulla Fikhut (giurisprudenza mussulmana); sull’influenza della Perandoria romano‑bizantina filtrata (per quanto attiene al diritto) dall’Hexabiblos di Costantin Harménopoulos, per gli Ortodossi; sul diritto canonico cattolico per i Cattolici.

Questo fino al 1929, cioè fino all’entrata in vigore del Codice Zogu.

 

 

2. - Castriota Skanderbeg: i kanuni

 

Schematizzando il relativo iter, ricordo che la stabilizzazione del diritto albanese ha per caposaldo l’opera dello Skanderbeg[1].

Fu questi a disegnare il progetto, non realizzato, di una lega tra i vari principi e comandanti albanesi. Era questo un disegno che si muoveva secondo la concezione post-medievale che del diritto si aveva al suo tempo ma poggiava su due capisaldi che, fondati su un fertile spirito di Rinascita, successivamente sino ai giorni nostri hanno caratterizzato il diritto albanese:

- la certezza dell'esistenza di un popolo tra i greci e gli slavi, che non era greco e tanto meno slavo e che tale non si considerava;

- la forte consapevolezza che questo popolo aveva raggiunto della sua unità.

Apparve opportuno ed anzi necessario dare consistenza e chiarezza alle convinzioni ed ai principi giuridici radicati nella pratica giuridica dei diversi gruppi che costituivano il mosaico della nazione albanese.

Questo diritto non scritto sul quale si basava la società albanese fu raccolto, nel tentativo di dargli forme certe, nei ‘kanuni’. Essi ebbero varie stesure con notevoli differenze di contenuto. Si può dire tuttavia che la fonte piú importante fu il ‘Kanun’ di Lek Dukagjni[2] contemporaneo e collaboratore di Skanderbeg, con il quale divise la conduzione dell’esercito.

A questo Kanun si affiancarono altri Kanuni, spesso differenziatisi in punti significativi e rispecchianti costumi delle regioni in cui sorsero secondo alcuni raggruppabili in 4 varianti fondamentali[3]. La comparazione tra i kanuni evidenzia le caratteristiche comuni e le specificità, spesso di natura regionale, conseguenza del differente grado di sviluppo socio-economico delle Regioni[4].

I kanuni non vengono visti in contrapposizione reciproca, bensì come integranti un sistema unitario, del diritto non scritto degli Albanesi.

Essi vanno tenuti ben presenti perché hanno costituito il diritto praticato sino alla codificazione del re Zogu e ancora oltre.

Di recente sono per così dire riemersi dando luogo ad un reviviscenza con la quale bisogna fare i conti.

Cito un esempio per tutti: la vendetta privata oggi è riapparsa con grande vigore specialmente al Nord e costituisce un motivo di forte preoccupazione nella politica legislativa dello Stato democratico fondato sulla Costituzione del 1998.

Se ci interroghiamo sulle ragioni della osservanza quasi ininterrotta dei kanuni forse possiamo dire che risiede nell’aspirazione alla propria specificità di un popolo stretto (dal Nord al Sud ed ad Est) tra popolazioni diverse rispetto alle quali trova la propria identità nella particolarità dei suoi costumi, che possono essere anche poco condivisibili dalla cultura europea contemporanea[5].

È alla luce di questa tenace ricerca della propria identità, alla quale si affiancò l’aspirazione all’integrazione nella comunità europea, che va letta un po’ tutta l’evoluzione del diritto albanese dell’età moderna e contemporanea ed in particolare il processo legislativo del periodo intorno alle due guerre mondiali.

 

 

3.- L’Albania dopo le guerre balcaniche contro l’impero ottomano: la proclamazione di indipendenza di Ismail Kemal

 

Il punto di partenza può essere quello della nascita dello Stato autonomo di Albania, sorto dopo le guerre balcaniche dai timori per il progetto della costruzione della Grande Albania, che consolidarono lo smembramento del popolo e dei territori degli Albanesi, con l’annessione del Kossova alla Serbia e di consistenti regioni alla Grecia ed all’attuale Macedonia[6].

Ben altre invero erano state le aspettative degli Albanesi guidati da Ismail Kemal Bey in lotte che, anche grazie all’intervento dell’Italia, portarono all’accoglimento delle richieste albanesi da parte della Turchia il 4 settembre del 1912, sicché gli Albanesi ritennero più produttivo schierarsi con la stessa Turchia durante la successiva guerra dei Balcani, nel corso della quale quello stesso anno il 28 novembre a Vlorë, 83 delegati musulmani e cristiani proclamarono l’indipendenza dell’Albania dopo 500 anni di dominio turco.

Fu dato un assetto nuovo al nascente Stato attraverso un’Assemblea Nazionale (Kuvendi Kombëtar) di 83 membri la quale nominò un Senato di 18 membri ed elesse presidente provvisorio del nuovo Stato Ismail Qemal Vlora, il quale nominò un Direttorio di 4 membri.

 

 

4. – La conferenza degli ambasciatori: principato

 

Ma questo assetto ebbe vita breve perché il riconoscimento della raggiunta indipendenza e le sue condizioni furono regolati dalla Conferenza degli Ambasciatori delle 6 Potenze che costituivano il "direttorio europeo" sotto la presidenza del ministro degli Esteri britannico Sir Edward Grey, riunita a Londra, che concluse i lavori il 29 luglio del 1913 emanando un provvedimento, in 11 articoli, che stabiliva il controllo che l’Albania doveva subire e fissava solo alcuni criteri della futura costituzione, precisando che il nuovo Stato sarebbe dovuto essere un Principato con a capo un Principe Tedesco (individuato successivamente, nell’aprile del 1914, nel Principe. Guglielmo di Wied); che la successione sarebbe stata regolata dalla legge salica (cioè attraverso la successione del primogenito maschio); che l’Albania doveva avere lo stato di neutralità semi-armata, garantita dalle Grandi Potenze e doveva tagliare qualsiasi legame con la Turchia.

La condizione delineata per questo Principato era vicina a quella di ‘Protettorato’ esercitato per 10 anni, rinnovabili, da una Commissione composta dai rappresentanti delle 6 Grandi Potenze e da un rappresentante dell’Albania.

 

 

5. – Statuto organico dell’Albania

 

Nel 1914 si arrivò alla promulgazione a Valona dello Statuto Organico dell’Albania, che configurava il Principato di Albania sul modello delle Monarchie costituzionali europee.

Al Principe-sovrano era affiancata un’Assemblea nazionale con il potere di fare le leggi, con evidente riferimento alla dottrina della separazione dei poteri.

Interessante ed originale era la composizione dell’Assemblea, la quale era solo in parte elettiva e di nomina del sovrano, mentre comprendeva una componente di aventi diritto per legge tra i quali era significativa quella dei rappresentanti delle tre confessioni religiose (musulmana, cattolica, ortodossa) presenti nel Territorio.

Il Governo era composto da un Consiglio dei Ministri e da un Primo Ministro, di nomina del Principe, nelle cui mani prestavano giuramento ed eventualmente rassegnavano le dimissioni.

Vi era una organizzazione territoriale in 7 distretti con capoluoghi aventi a capo mytesafir, dipendenti però dal Ministro dell’Interno.

Interessante appare anche l’organizzazione della Giustizia distribuita tra

1.                 consiglio degli anziani;

2.                 giudice di pace;

3.                 tribunale;

4.                 istanze di appello.

Vi è un riconoscimento esplicito di tutti i culti con la conservazione delle ricchezze possedute dalle Organizzazioni religiose.

Rilevante è la previsione dell’insegnamento a carico dello Stato sia attraverso le scuole pubbliche sia attraverso le scuole delle comunità.

Con specifica disposizione venivano fatti salvi gli obblighi ed i trattati internazionali contratti dalla Grande Porta.

 

 

6. – Lo Statuto di Lushnja

 

Tumultuosi avvenimenti successivi videro movimenti patriottici di ribellione che, alla vigilia del conflitto mondiale, nel 1918 videro l’intervento dell’Italia, interessata allo sfruttamento del petrolio e del bitume, e dettero vita ad un Governo Provvisorio ed un Congresso Provvisorio riunito a Durazzo il 25 dicembre di quell’anno.

La reazione a questo tentativo maldestro e screditato fu l’indizione di un Congresso nazionale veramente rappresentativo della realtà albanese. Esso si riunì a Lushnja il 21 gennaio del 1920 ed in 6 punti, nei quali erano affermati i caratteri fondamentali dello Stato albanese, fu delineato il profilo degli Organi del potere legislativo ed esecutivo.

Approvato il 31 gennaio, esso è noto come lo Statuto di Lushnja oppure Le basi dei kanuni dell’Alto Consiglio anche se costituisce solo uno schema e manca di completezza e perciò non era una Costituzione nel senso pieno della parola, secondo il modello europeo. Ha però aperto la strada alla Riforma costituzionale che per la prima volta ha introdotto la democrazia parlamentare ed il pluralismo politico.

Perciò apparve necessario completarlo. Nel 1922 il Consiglio nazionale approvò un nuovo testo, noto come allargamento dello Statuto di Lushnja.

Sia lo Statuto sia il successivo allargamento dichiarano espressamente di volersi fondare sulla tradizione e quindi sul diritto dei kanuni.

Quanto agli aspetti più salienti, vi era la sanzione esplicita della forma monarchica, l’istituzione di un Parlamento, la distinzione dell’esecutivo sotto forma di Governo di Gabinetto e la proclamazione dell’autonomia del potere giudiziario.

In via provvisoria le funzioni spettanti al Re erano esercitata da un Alto Consiglio, al quale competeva l’esercizio del potere esecutivo. L’Alto Consiglio di 4 persone era scelto dal Parlamento a maggioranza assoluta per 3 anni e munito di immunità parlamentare.

Venne introdotta la fiducia parlamentare.

Il Parlamento per la prima volta veniva eletto a suffragio universale e durava in carica 4 anni. Esercitava in via normale la funzione legislativa e di controllo sull’operato del Gabinetto e dei singoli Ministri.

Fu prevista la nomina di un Gabinetto nominato dall’Alto Consiglio e composto da un Primo Ministro (Fan Noli, autorevole esponente della chiesa ortodossa, che rapidamente si espandeva in tutta l'Albania) e dai Ministri.

In conclusione può dirsi che il modello delineato da questo Statuto era quello della Monarchia costituzionale, con la conseguente divisione dei poteri (legislativo, esecutivo, giurisdizionale). Esso era fortemente influenzato dagli altri modelli europei ed in modo particolare da quello belga del 1831 ed italiano del 1848.

Non mancava tuttavia di originalità. La funzione legislativa era esercitata congiuntamente dal Consiglio degli Anziani (Parlamento) e dall’Alto Consiglio (il quale esercitava anche la Reggenza al posto del Re costituendo forse il primo caso di esercizio collegiale delle funzioni di Capo dello Stato). Il Consiglio degli anziani era di elezione diretta a suffragio universale maschile.

Degno di nota è che lo Statuto non faceva nessuna distinzione tra cittadini albanesi e stranieri.

Per la prima volta veniva affermato che la tassazione doveva avvenire soltanto attraverso la legge (così come affermato in Inghilterra già dal secolo XVII).

Questo Statuto, significativo per il carattere di democraticità approvato mentre nella vicina ed influente Italia si stabilizzava la dittatura, ebbe vita breve.

 

 

7. – La 2a Repubblica di Albania

 

Nel 1924 ad opera principalmente di Fan Noli nasce il Governo provvisorio democratico di Noli, fondato su un Programma Provvisorio realizzato attraverso atti del Consiglio dei Ministri.

Nel 1925, il 25 gennaio, fu proclamata nuovamente la Repubblica di Albania, rimasta in vita fino al 1 settembre del 1928 e fu emanato un nuovo Statuto a carattere democratico e pluralistico. Intanto si aveva la svolta impressa da Hamet Zogut, capo del partito popolare il quale stava attuando una politica autoritaria che costrinse molti oppositori ad emigrare, sicché nell’Assemblea parlamentare erano rimasti solo 22 deputati indipendenti contro 40 favorevoli al Governo.

Il nuovo Statuto comprendeva 142 articoli divisi in 4 capi.

Le funzioni legislative restavano al Parlamento composto, per la prima volta, da due Camere: la Camera dei deputati (Dhoma e deputetëve), di 57 membri ed il Senato di 18 membri.

Si accentuano i poteri del Capo dello Stato (Hamet Zogut), che è Presidente della Repubblica e Presidente del Consiglio dei Ministri e viene eletto per 7 anni.

Il modello, così come appare all’estero, sembra quello degli Stati Uniti. Ma a ben vedere esso era più vicino a quello francese del 1875. Tuttavia va segnalato che a differenza del modello francese lo Statuto albanese del 1925 non seppe dar vita ad uno stabile sistema parlamentare.

Viene istituito un Consiglio per il controllo delle Finanze.

Viene proclamata l’indipendenza dei Tribunali

Lo Statuto non garantiva contro le svolte autoritarie. Infatti già nel dicembre del 1925 Zogut fece approvare una legge che prevedeva la punizione di ogni azione di propaganda contro il Governo e fece istituire un Tribunale Speciale per la punizione degli avversari.

In apposito articolo 141 ultimo paragrafo si stabiliva che la forma repubblicana non poteva essere cambiata.

Questo articolo fu molto importante perché era di ostacolo alle mire di Zogut. Il quale dovette faticare molto per ottenerne la possibilità di modifica, approvata su proposta del Senato, nel 1927, attraverso la riformulazione dell’articolo 141 e la previsione della possibilità di modifica dello Statuto da parte di un’Assemblea Costituente.

 

8. – Statuto fondamentale del regno d’Albania (Mbrëtnia Shqiptare)

Si introdusse così un nuovo organismo costituente che apparentemente sembrava più rispondente alle esigenze di partecipazione dei cittadini, mentre nei fatti diventò strumento per la modifica rivoluzionaria e l’affermazione del potere assoluto di Zogut.

Di fatti appena insediata l’Assemblea Costituente sciolse il Parlamento (12 giugno 1928) e restaurò la Monarchia proclamando Zog I Re degli Albanesi: 22 novembre 1928.

Fu emanato (1 dicembre 1928) un nuovo Statuto Fondamentale del Regno d’Albania (Mbrëtnia Shqiptare). Il quale ampliò enormemente le competenze ed i poteri del Re mentre ridusse il parlamento ad una posizione formale. Non si metteva in discussione né la democrazia né il pluralismo, però l’esecutivo si rafforzava attraverso l’approvazione dei codici e di leggi improntati ai modelli occidentali. Nacquero così un Codice penale del 1928, il Codice Civile nel 1929, il Codice Commerciale nel 1932.

Il modello di Statuto è misto anche se essenzialmente impostato su quello delle Monarchie costituzionali.

Viene proclamata la derivazione dal popolo di tutti i poteri, che però vanno esercitati in conformità allo Statuto. Il quale attribuisce la funzione di Capo dello Stato al Re degli Albanesi con i poteri di esercitare insieme al Parlamento la funzione legislativa e di nominare il Consiglio dei Ministri e di esercitare il potere esecutivo.

La successione dinastica avveniva per linea maschile diretta.

Il Parlamento era composto dalla Camera dei Deputati, di 57 membri, eletti dal popolo che rimanevano in carica per 4 anni. Ogni Deputato veniva eletto da una circoscrizione elettorale di 15.000 abitanti o frazione superiore a 7.500 abitanti, però rappresentava la Nazione e non solo la circoscrizione che lo aveva eletto.

Fu istituito un Consiglio di Stato (Këshilli i Shtetit) di 10 membri.

Venne sancita l’autonomia dei giudici stabilendo, però, che le loro sentenze, emanate in nome del Re, dovessero essere fondate esclusivamente sulla legge e che personalmente non dovessero svolgere attività politica.

 

9. – I codici

 

Tappa fondamentale della politica legislativa del periodo che precedette la seconda guerra mondiale è la pubblicazione dei Codici.

Con il Codice civile detto Codice Zogu si ha il primo codice ufficiale civile dell’Albania. Esso rappresentò un evento di ammodernamento rispetto al vecchio diritto consuetudinario e cercò di innovare riguardo ad alcune prescrizioni dei kanuni. Era modellato sui codici classici dell’epoca, cioè sul code Napoléon, sul Codice civile italiano del 1865 e sul Codice svizzero[7]. Ma se il modello era europeo la disciplina di singoli punti aveva aspetti di originalità e rispecchiava le particolarità della realtà albanese.

Per tutti valga un esempio tratto dalla materia del diritto famigliare, nella quale più tenaci erano i principi e le discipline dei kanuni.

I rapporti familiari ed il matrimonio erano disciplinati dagli artt. 120-409, incentrati intorno al riconoscimento della potestà del marito e del padre sui figli. In tal modo esso continuava a mantenere la disuguaglianza, esistente nei kanuni, della donna nei rapporti famigliari.

Gli aspetti patrimoniali connessi al matrimonio erano trattati sotto il titolo "Il contratto del matrimonio" agli artt. 1331 1389 c.c.

In essi si rinviava alle disposizioni generali in materia contrattuale per tutti i rapporti patrimoniali nascenti dal matrimonio, ad eccezione delle ipotesi trattate espressamente in modo specifico: a queste erano dedicati quattro appositi capitoli.

1. Disposizioni di carattere generale sulla peculiarità dei rapporti famigliari.

2. Dote, che poteva essere costituita dal padre della donna o da un terzo; era destinata a sostenere il peso (economico) del matrimonio ed era amministrata dal marito, fino all'eventuale scioglimento.

3. Beni parafernali costituito dal patrimonio della donna che non fa parte della dote e che il marito non ha diritto di amministrare.

4. Il patrimonio creato da entrambi i coniugi durante il matrimonio.

Il codice civile del 1929 disciplinava ex professo il fidanzamento, definito come una promessa per il matrimonio.

La rottura del fidanzamento comportava conseguenze giuridiche, soprattutto il risarcimento dei danni e la restituzione dei regali secondo (artt. 114 - 119 c.c.).

L'età per il matrimonio che nei kanuni era legata alla pubertà, veniva fissata solo in un numero di anni, 18 per gli uomini e 16 per la donna, distinguendosi, poi, chi avesse raggiunto o meno i 20 anni. Per coloro che non avessero 20 anni era necessaria l'approvazione del padre (art. 123 c.c.); superati i 20 anni non era più necessaria l'approvazione dei genitori, però fin che non avesse compiuto 25 anni occorreva che si desse comunicazione scritta, a mezzo di notaio, al genitore eventualmente dissenziente (art. 128 c.c.).

Dieci giorni prima del matrimonio si metteva un avviso presso il Comune dove i nubendi dovevano abitare.

Secondo il codice civile (art. 188) la donna prendeva il cognome del marito e lo seguiva ovunque; se straniero prendeva la cittadinanza del marito automaticamente.

Il marito doveva assicurare il sostentamento della moglie, ma anche la moglie doveva dare il suo contributo soprattutto se il marito non avesse molte disponibilità.

Nel c.c. alla donna veniva riconosciuta la piena capacità di agire; però tale riconoscimento era solo formale perché la donna aveva necessità dell'approvazione del marito per qualsiasi attività e specificamente per esercitare una professione.

La donna vedova o la donna il cui matrimonio fosse stato annullato, non poteva contrarre nuovo matrimonio se non fossero trascorsi 300 giorni dallo scioglimento Questo periodo veniva diminuito con sentenza del Tribunale se vi erano le prove che la donna non era incinta.

Il codice non rispettò le idee dei cattolici ed introdusse il divorzio. Lo scioglimento del matrimonio viene riconosciuto solo per gravi motivi o in seguito a separazione personale dei coniugi. I gravi motivi erano: il tradimento della donna, l'abbandono del coniuge, le malattie terminali e mentali, la mancanza di figli, la sterilità naturale; un caso a parte e singolare era quello di gravi sconvolgimenti nei rapporti familiari (artt. 203, 209 c.c.).

 

10.- Leggi particolari

 

Le posizioni calibrate (equilibrate) tra modernità e tradizione apparvero arretrate e perciò furono emanate leggi ulteriori di ammodernamento.

Con la legge sul fidanzamento del 1934 veniva riconosciuto alla ragazza il diritto ad esprimere il proprio consenso riguardo alla scelta operata dal padre e stabiliva che il fidanzamento non potesse avvenire prima dei sedici anni. Inoltre concedeva alla donna la facoltà di sciogliere il fidanzamento.

In corrispondenza di ciò fu introdotta una nuova norma nel Codice penale che puniva i genitori ed i tutori che agivano contro le regole della legge sul fidanzamento.

Grande importanza e rilievo ebbe la legge approvata nel marzo del 1937 sul divieto di velo per le donne. Tale divieto fu la conseguenza di un lungo cammino le cui tappe principali furono la costituzione dell’associazione La donna albanese la quale si impegnò su molti fronti a rivendicare l’autonomia e la dignità della donna. Su sua sollecitazione si riunì la Presidenza del Comitato dei Musulmani, la quale, dopo lungo dibattito, dichiarò che l’obbligo del velo non era contenuto nel Corano e pertanto poteva essere abolito. Esso segnò un passo molto importante nel cammino di valorizzazione e di liberazione della donna albanese e fu preceduto dal divieto di circolazione per le strade di donne scalze e coperte dalla testa ai piedi con ferexhe.

 

 

 

 

 



 

[1] v. carlus du frense du cange, Histoire byzantine, 1680, e. durhan, High Albania, 1909, 128

 

[2] Per la ricostruzione del ‘Kanun’ ci si è basati sui racconti di sokol bacit, che ricostruì 75 articoli, cui dette il nome di “Legge di Lek Dukagjni”, nel 1894.

 

[3] Per la loro ricostruzione sono essenziali soprattutto dei “Leka Kanun” di R. Kazmajac; la ‘Gazeta Prizèreni’ del 1871; la ‘Gazeta Salname e Vilajeti’ del Kossovo, del 1894; la ‘Gazeta e Vilajetit’ del Monastero (1889-1890); l’accordo tra Shales, shoshit e Nikajt di Merturi (1894); il Kanun della Bandiera di Curbinit (1906); la decisione della campagna Vukèl (1892). Si riconoscono quattro varianti principali dei ‘kanuni’. Oltre il Lek Dukagjni, il Kanun delle Montagne, il Kanun di Skanderbeg, detto anche di Arberia, Kanun di Laberia, detto anche ‘Shartet e Idriz Sulit’. Riguardo alla loro vigenza territoriale, si può notare che il kanuni di Lek Dukagjni era il piú diffuso e aveva radici nell’estremo Nord; pure al Nord trovava diffusione il kanuni di Skanderbeg e quello delle Montagne; al Sud era diffuso il kanuni di Laberia.

 

[4] In epoca contemporanea, ne curò la racolta Shtjefen Gjecovi, che vi lavorò fino al 1929.

 

[5] Sul punto, da ultimo, si può tenere presente il recente libro di sisto capra, Albania Proibita. Il sangue, l’onore ed il codice delle montagne, Milano 2000.

 

[6] Lo smembramento trova origine nel Trattato di San Stefano (3 marzo 1878) che prevedeva, la divisione dei territori di lingua albanese. E' solamente con il trattato di Berlino (13 luglio 1878) che i tedeschi, guidati da Bismark, per limitare l'influenza della Russia e per non umiliare eccessivamente l'impero ottomano, decisero che il trattato di San Stefano dovesse essere modificato. Si salvò così l'integrità territoriale dell'Albania, ma alcuni territori dovettero essere ceduti agli Stati vicini. La Serbia prese i territori di Kusumlje e di Vranja; al Montenegro andarono quelli di Antivari e i territori di Gusinj, Plava e Triepsi, invece la Grecia si prese una parte parte dell'Epiro. Proprio per protesa contro questi smembramenti, nella stessa estate, fu creata la Lega albanese per la difesa e la rivendicazione del terrritorio nazionale (Lega di Prizrend). Animatore di questa fu Abdyl Frashëri. Ma, a differenza dell'antica Lega di Scanderbeg, il comitato albanese sorgeva ora per incoraggiamento turco, col compito di difendere l'Albania dagli appetiti delle popolazioni vicine.

Tale appoggio non durò a lungo: l'Inghilterra fece pressione, insieme alle potenze firmatarie del Trattato di Berlino, su Istanbul. A questo punto, la Turchia, rinnegando l'appoggio segreto assicurato alla Lega di Prizrend, inviò Dervish Pascià con 30000 uomini a reprimere la rivolta del nord dell'Albania. Dervish vinse le forze della Lega, uccidendo od esiliando i capi, prendendo in ostaggio anche il giovane principe dei Mirditi, Preng Bib Doda.

Nonostante ciò, vi fu la formazione, nel 1883, di una nuova lega fra le tribù di Kastrat, Hoti, Gruda e Shkreli, contro l'occupazione montenegrina dei territori albanesi. Altre manifestazioni dello spirito albanese seguirono nel 1897, in occasione della guerra greco-turca, e nel 1908 allo scoppio della rivoluzione dei Giovani Turchi.

E proprio con l'arrivo al potere di questi, nel 1908, ebbe l'inizio una fase dinamica del risveglio dell'Albania. La loro "politica aggressiva e centralista era stato il lievito che aveva risvegliato il sentimento nazionale degli albanesi" scrisse Ismail Qemal bey Vlora, il padre dell'indipendenza albanese.

 

[7] Sul punto v. la Gazzetta Ufficiale n° 46 del 3.5.1928 sul Progetto del Codice Civile approvato il 10 feb, 1928. Cfr. n. shehu, Donna e matrimonio in Albania. Profilo storico, Bari 1988, 19 ss.