N. 5 – 2006 – Note & Rassegne

 

 

Palingenesi dei documenti sacerdotali romani: un progetto scientifico russo-italiano*

 

Francesco Sini

Università di Sassari

 

 

Sommario: 1. Una collaborazione ormai decennale: il gruppo di ricerca russo-italiano su «documenti sacerdotali, formule solenni, terminologia giuridica». – 2. L’impianto teorico: metodologia e finalità della ricerca sui documenti sacerdotali. – 3. Critica dei testi e palingenesi dei documenti sacerdotali: la “gerarchia delle fonti”. – 4. Potenzialità storico-giuridiche insite nella palingenesi dei documenti sacerdotali e delle formule solenni.

 

 

1. – Una collaborazione ormai decennale: il gruppo di ricerca russo-italiano su «documenti sacerdotali, formule solenni, terminologia giuridica»

 

Il progetto di palingenesi dei documenti sacerdotali romani muove da una impostazione metodologica che privilegia le norme di "diritto divino", e più in generale tutto il complesso di fonti ad esso riferibile (nella misura in cui derivino da documenti sacerdotali), in quanto rappresentano «ciò che di più serio gli storici di Roma abbiano potuto conoscere sui primi secoli»[1].

Fin dal momento in cui la ricerca sui documenti sacerdotali è stata proposta al C.N.R. (maggio 1994), avevamo prospettato ad alcuni ricercatori dell’Associazione degli Antichisti di Russia l’opportunità di una collaborazione con un gruppo di ricercatori italiani operanti nell’Università di Roma e nell’Università di Sassari. A questa prima presa di contatto, seguì un breve soggiorno a Roma e a Sassari (dicembre 1994) di Leonid. L. Kofanov, ricercatore dell’Accademia delle Scienze di Russia e componente del Direttivo dell’Associazione degli Antichisti, nel corso del quale furono delineate le grandi linee della futura collaborazione.

In seguito, l’impianto progettuale e metodologico fu compendiato nel documento intitolato «Programma per una ricerca italo-russa su: Documenti sacerdotali, formule solenni e lessico politico-religioso romano arcaico. Terminologia e della dogmatica giuridica»; documento che fu oggetto di riflessione critica da parte dei citati ricercatori russi, in due incontri, tenutisi a Mosca presso l’Accademia delle Scienze nel marzo 1996, a cui ebbi occasione di presenziare accompagnato da Valentina Antoscina, docente di Lingua russa nell’Università di Sassari.

Parteciparono fra gli altri a questi incontri: Elena Golubtsova, presidente dell’Associazione degli Antichisti di Russia; Ija Majak, ordinario di Storia del Mondo antico nell’Università Statale di Mosca “Lomonosov”; Alexandr Cernych, vice direttore dell’Istituto di Storia Universale dell’Accademia delle Scienze di Russia; Liudmila Marinovic, direttore della Sezione di Storia Antica dell’Istituto di Storia Universale; Leonid L. Kofanov; Jurij G. Cernysciev, ordinario di Storia antica nell’Università di Altaj.

L’Associazione degli Antichisti di Russia decise di impegnare alcuni suoi aderenti nel progetto di ricerca «Documenti sacerdotali, formule solenni e lessico politico-religioso romano arcaico: alle origini della terminologia e della dogmatica giuridica»; fu anche convenuto di tradurre il documento in lingua russa e di pubblicarlo nella “Rivista di Storia Antica” dell’Accademia delle Scienze[2].

A tale scopo fu costituito un gruppo di ricerca, diretto da Ija L. Majak e coordinato da Leonid L. Kofanov, composto anche dai proff.: Olga V. Sidorovic, dell’Università Umanistica di Mosca; Natalia G. Majorova, dell’Università di Mosca “Lomonosov”; Andrej M. Smorchkov, dell’Università Pedagogica di Mosca; Valerij N. Tokmakov, dell’Accademia delle Scienze di Russia; Aleksej V. Sciogolev, come operatore di computer.

Altro momento di forte valenza scientifica ed organizzativa è stato il Seminario russo-italiano di studi storici e giuridici: «Sacra e iura. Sacerdozi, documenti sacerdotali, formule solenni e lessico giuridico nella storiografia russa e italiana su Roma antica», promosso dal Dipartimento di Scienze Giuridiche e dalla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Sassari il 18-19 dicembre 1998[3]. Al Seminario hanno partecipato, presentando relazioni, quasi tutti i componenti russi del gruppo di lavoro sui documenti sacerdotali (Ija L. Majak, Università Statale di Mosca “Lomonosov”; Leonid L. Kofanov, Accademia delle Scienze di Russia; Andrej M. Smorchkov, Università Pedagogica di Mosca; Valerij N. Tokmakov, Accademia delle Scienze di Russia; Olga V. Sidorovic, Università Umanistica di Mosca; Aleksej V. Sciogolev, Accademia delle Scienze di Russia). Nel corso del Seminario gli interventi degli studiosi russi e italiani si sono concentrati soprattutto sui documenti, sui sacerdozi, sulle formule solenni e sul lessico giuridico; le relazioni sono state poi pubblicate nel 1999 dalla rivista Ius Antiquum-Drevnee Pravo[4], curata dall’amico Leonid Kofanov, presidente del “Centro per lo studio del Diritto romano” di Mosca. Il Seminario ha costituito un importante verifica dei risultati conseguiti fino a quel momento, e ha dato ulteriore impulso alla prospettiva di un’indagine sistematica sulle fonti latine da parte del gruppo di ricerca russo-italiano su: «Documenti sacerdotali e formule solenni»; con una riunione del gruppo in margine al Seminario, si stabilì anche il calendario dell’attività del gruppo di lavoro sulle fonti latine.

L’attività scientifica del gruppo russo-italiano continua ancora oggi, nell’ambito dei rapporti che intratteniamo con il “Centro per lo studio del Diritto romano” di Mosca e con l’attività redazionale della rivista Ius Antiquum-Drevnee Pravo. Ma di questi colleghi russi voglio anche segnalare, in quanto legata al tema della nostra ricerca, un’opera collettiva dedicata ai collegi sacerdotali romani, edita nel 2001 a cura di Leonid L. Kofanov[5].

I primi risultati palingenetici dei lavori del gruppo russo-italiano sono lo spoglio e la raccolta di frammenti dalle opere di Varrone, Aulo Gellio, Macrobio (a cura dei ricercatori russi) e Tito Livio (a cura dei ricercatori italiani).

Ovviamente, la palingenesi dei documenti sacerdotali non può essere basata solo su questi quattro autori. È superfluo sottolineare, al riguardo, la fondamentale importanza delle opere di altri scrittori antichi, quali ad esempio Cicerone, Festo, Servio; o dei frammenti delle opere dei giureconsulti romani, specialmente di quelli che si occuparono di diritto pubblico e di diritto sacro[6].

Gli autori menzionati sono degli esempi che indicano solo priorità di ordine temporale: concepiamo, infatti, la ricerca potenzialmente aperta a tutte le fonti latine, sul modello del lavoro di redazione del Thesaurus Linguae Latinae.

 

2. – L’impianto teorico: metodologia e finalità della ricerca sui documenti sacerdotali

 

Sull’importanza degli archivi sacerdotali v'è la testimonianza concorde degli scrittori antichi, dai quali si apprende che la redazione di documenti dei collegi avrebbe avuto inizio fin dai primi anni della storia cittadina (Varrone, Cicerone, Livio, Servio, Macrobio)[7]: da quegli anni, cioè, in cui si sarebbero enucleate le istituzioni fondamentali del sistema giuridico-religioso romano; istituzioni che nel racconto annalistico appaiono intimamente connesse alle funzioni dei collegi sacerdotali.

Ad una datazione arcaica dell'inizio delle compilazioni sacerdotali fanno pensare, seppure in maniera indiretta, le testimonianze archeologiche provenienti dagli scavi dell'area laziale; attraverso queste testimonianze, sempre di più in sintonia con la tradizione antica[8], emergono dai secoli VIII e VII a.C. le immagini vive di comunità umane assai articolate dal punto di vista produttivo, socialmente stratificate e dotate di organizzazioni politiche per niente elementari. Insomma, immagini di comunità capaci di esprimere quella “sapienza”[9] comprensiva di “cose umane e divine” (teologica, giuridica, tecnica), che fu tipica dei collegi sacerdotali romani in età arcaica[10]; sia di utilizzare diffusamente l'arte della scrittura, quanto meno per atti ufficiali e pratiche cultuali[11].

Del resto, fra gli studiosi dell’ideologia romana arcaica ormai da tempo si sostiene il carattere complesso delle “prime” elaborazioni religiose e giuridiche dei grandi collegi sacerdotali. Valga per tutti l’esempio di G. Dumézil, massimo sostenitore dell’eredità indoeuropea a Roma[12]. L’illustre studioso francese sostiene che “idéologie romaine ancienne” si presenta già in grado di fornire alla comunità romana una giustificazione filosofica sia dell'organizzazione sociale, sia dell’ordine dell’universo[13].

Potenzialità cosmica dell’ideologia (religiosa e giuridica) romana arcaica, elevato livello della civiltà materiale[14], assoluta necessità di precisione nelle pratiche del culto: questi sono i principali elementi che rendono credibili le notizie relative a compilazioni e raccolte di documenti sacerdotali fin dall'età più antica della storia cittadina[15].

L'antichità dei maggiori collegi sacerdotali, la funzione preminente che essi esercitavano nella vita della comunità arcaica, il ruolo di custodi della tradizione e della memoria storica del Popolo Romano, sono tre dei motivi che rendono il materiale tratto dagli archivi sacerdotali fonte insostituibile per lo studio dei rapporti sociali. I documenti sacerdotali costituiscono, dunque, il nucleo più antico e sicuro della tradizione.

Quanto alle formule solenni, elaborate dai sacerdoti e raccolte nei loro documenti, la cui funzione consisteva principalmente nell'operare la traduzione nella sfera divina delle attività riferibili al Popolo Romano, va sottolineato che esse costituiscono, seppure in forma elementare, la primitiva concettualizzazione politico-religiosa e la più antica sovrastruttura ideologica di questo popolo[16].

Utilizzando i documenti sacerdotali e le formule solenni si acquisiscono, inoltre, validi elementi per reimpostare lo studio dei numerosi e controversi problemi attinenti al "diritto pubblico romano"[17]; diventa soprattutto possibile superare l'impostazione sistematica della storiografia giuridica tedesca dell'Ottocento, ancora sostanzialmente dominante, e la sua interpretazione della storia giuridica romana attraverso la contemporanea concezione statualistica del diritto.

Data la disparità dei criteri adottati e dei risultati conseguiti, le raccolte compilate da studiosi moderni e contemporanei (ad es. B. Brissonius[18]; I.A. Ambrosch[19]; P. Preibisch[20]; F.A. Brause[21]; P. Regell[22]; R. Peter[23]; C.M. Zander[24]; W. Rowoldt[25]; C. Thulin[26]; G. Appel[27]; E. Norden[28], G.B. Pighi[29]) evidenziano ancora maggiormente l'esigenza di procedere al rilevamento sistematico di documenti ed altro materiale di provenienza sacerdotale contenuto nelle fonti latine.

Una ulteriore questione riguarda il criterio di sistemazione dei frammenti di sicura provenienza sacerdotale: in questa fase, i frammenti sono ordinati sulla base del collegio sacerdotale; privilegiando fra i collegi pontefici, auguri, feziali e II-X-XVviri sacris faciundis, in considerazione del maggiore spazio che trovano nelle opere spogliate.

 

3. – Critica dei testi e palingenesi dei documenti sacerdotali: la “gerarchia delle fonti”

 

L’individuazione di frammenti riconducibili a documenti sacerdotali romani (ad es. a libri o a commentarii) presuppone l’accertamento del grado di attendibilità delle fonti che li citano. Si tratta, insomma, di rispettare una sorta di “gerarchia” delle fonti, al fine di ordinare le testimonianze antiche in ragione di intrinseche qualità, opportunamente individuate sul piano metodologico.

Porre il problema dell’attendibilità e del valore di queste fonti, non significa ridiscutere il grado di approssimazione storica della tradizione annalistica, sviscerando i differenti filoni confluiti in tale tradizione[30]. La validità della tradizione annalistica ed il valore storiografico delle fonti letterarie sono ormai generalmente confermati dagli studi degli ultimi decenni[31]; emerge la sostanziale attendibilità dei contesti in cui storici ed antiquari fanno riferimenti a formule solenni o ad altri documenti più risalenti[32].

Tuttavia, resta sempre da determinare, in queste citazioni degli scrittori antichi, il diverso grado di attendibilità delle singole parti: si tratta, insomma, di separare il riferimento (diretto o indiretto) a documenti o istituzioni giuridico-religiosi contenuto nel testo, dall’interpretazione “colta” che lo scrittore antico propone di tale riferimento. Un caso esemplare è il passo di Cicerone, De re publ. 1.63:

 

Nam dictator quidem ab eo appellatur quia dicitur, sed in nostris libris vides eum Laeli magistrum populi appellari[33].

 

Dal passo si ricavano due informazioni di valore diseguale: l’etimologia del termine dictator (quia dicitur) e l’arcaica denominazione ufficiale del dittatore (magister populi). Pare del tutto evidente, che il diverso valore delle due informazioni sia da ricercare nella differente qualità delle fonti utilizzate da Cicerone: per l’etimologia si sarà avvalso della scienza filologico-antiquaria del suo secolo, mentre ha ricavato la denominazione arcaica del magistrato direttamente dai libri degli auguri[34].

La “gerarchia” delle fonti che citano i documenti sacerdotali favorisce, a mio avviso, il superamento di difficoltà e incertezze anche nella determinazione dei generi documentari[35]. Proprio l’aver mescolato fonti non omogenee per attendibilità, ha determinato il quadro assai confuso dei contenuti di libri e commentarii sacerdotali[36].

Fra i testi che citano documenti sacerdotali, vi sono sia fonti primarie sia fonti secondarie[37]. Ecco, dunque, individuato un primo livello della “gerarchia” delle fonti.

Da una parte abbiamo “fonti primarie”: documenti ufficiali dei collegi sacerdotali o loro frammenti pervenutici direttamente, cioè, senza altra mediazione al di fuori del materiale scrittorio che li ha conservati[38]. Per quanto riguarda l’attendibilità, le fonti primarie, fatto salvo l’accertamento del carattere autentico, si presentano pressoché omogenee.

Dall’altra stanno le “fonti secondarie”: materiali riferibili ai documenti sacerdotali contenuti in opere, di vario genere, scritte tra l’ultimo secolo della repubblica e l’ottavo secolo d.C.[39]. Fra le fonti di questo tipo possono essere individuati almeno quattro ulteriori livelli:

1) il primo livello è costituito dalle citazioni testuali di formule solenni o di altri documenti di sicura provenienza sacerdotale;

2) al secondo livello sono da ascrivere quelle notizie riferibili ai collegi sacerdotali e alla loro tradizione documentaria, contenute in opere di sacerdoti, giuristi e antiquari, comunque pervenute;

3) il terzo livello consiste nelle importanti testimonianze dell’annalistica;

4) infine, le informazioni ricavabili dalle restanti opere letterarie.

Va da sé che l’utilizzazione di questa “gerarchia” delle fonti non dovrà essere meccanica, considerando che sovente diversi livelli possono coesistere nello stesso testo[40]. L’individuazione di un corpus di testi base per la palingenesi dei documenti sacerdotali non deve essere disgiunta dalla ricostruzione storica complessiva della società romana arcaica, e quindi, sia del rapporto tra base economica materiale e sovrastruttura ideologica, sia del rapporto tra sovrastruttura ideologica arcaica e nuova base economica della società romana più recente.

Per queste ragioni, nell’opera di reperimento e cernita dei materiali, i giuristi dovranno avvalersi dell’apporto specialistico dei filologi, dei lessicografi[41] e degli storici della religione. In tal modo, graduando l’attendibilità delle fonti antiche (a cominciare da quelle che citano libri e commentarii), potranno essere realizzate raccolte affidabili, da cui procedere verso una palingenesi dei documenti sacerdotali.

 

4. – Potenzialità storico-giuridiche insite nella palingenesi dei documenti sacerdotali e delle formule solenni

 

I sacerdoti romani redigevano e conservavano documenti sulle attività di ciascun collegio[42]. Il contenuto degli archivi sacerdotali[43] doveva presentarsi piuttosto vasto: rituale e istruzioni generali di culto; preghiere e formule solenni (carmina)[44]; decreta e responsa, cioè interventi autoritativi e pareri interpretativi dei sacerdoti[45]. Negli archivi si conservano, inoltre, le liste dei membri del collegio (in cui era possibile trovare anche un embrione di storia e di cronologia)[46] e i processi verbali degli atti professionali (acta)[47].

I documenti dei pontefici[48] erano di gran lunga i più consistenti: questi sacerdoti determinavano il calendario annuale[49], compilavano i fasti consolari[50], registravano negli annales[51] le res gestae del popolo romano; inoltre, la tradizione antica riconduceva all’archivio dei pontefici anche le leges regiae[52], i libri e i commentarii dei re[53] e le primitive regole dello ius civile[54].

Questa vasta opera di compilazione si sviluppò nel costante lavoro di interpretazione e di rielaborazione delle diverse parti dello ius (sacrum, publicum, privatum) da parte dei sacerdoti[55].

E’ innegabile, quindi, che i documenti sacerdotali (lessico e concetti elaborati dai sacerdoti)[56] siano da considerare le evidenze più autentiche e le più antiche riflessioni sistematiche della giurisprudenza romana[57]; nonché il nucleo più risalente della storiografia romana.

A fronte dell’inadeguatezza delle categorie giuridiche moderne, nei documenti sacerdotali troviamo gli strumenti per la piena comprensione del “sistema giuridico-religioso”[58] dei Romani e per la ridefinizione del «diritto pubblico romano» in chiave non “statualista”[59].

Non voglio addentrarmi in critiche alla sistematica statalista del Römisches Staatsrecht di Theodor Mommsen[60], alla sua pretesa di ricondurre le molteplicità di forme e di tempi storici ad astrazioni concettuali generalizzanti, «Grundbegriffe»[61]; fra i quali primeggiava il «Grundbegriff» di Magistratura, concepito come chiave di volta dell’intero sistema[62].

Nella tradizione documentaria dei sacerdoti, possono individuarsi due linee di tendenza:

1) Rigoroso formalismo per gli antichissimi carmina (illa mutari vetat religio et consecratis utendum est), conservati in forma linguistica arcaica anche in età imperiale avanzata, con non pochi problemi di comprensione da parte degli stessi sacerdoti[63]; 

2) Aggiornamento linguistico di rituali e forme di culto, al fine di renderli comprensibili ai contemporanei: in tal modo, nel corso delle generazioni, si accumularono materiali – soprattutto decreta e responsa – che pervennero sostanzialmente integri fino all’ultimo secolo della repubblica[64].

Le fonti attestano almeno quattro interventi ordinatori, susseguitisi con sorprendente periodicità: l’ultimo intervento ordinatorio si deve collocare nel periodo immediatamente successivo all’incendio gallico[65].

Intorno al 130 a.C., gli annales pontificum vennero raccolti in forma definitiva dal pontefice massimo P. Mucio Scevola[66], il quale rielaborò quei materiali e compose gli Annales Maximi[67].

I documenti sacerdotali dovevano presentarsi riordinati in maniera organica già alla fine del III secolo a.C., quando cominciarono ad essere oggetto di studio e di sistematizzazione da parte di sacerdoti-giuristi[68] e antiquari, i quali negli ultimi due secoli della repubblica improntarono sui documenti sacerdotali lo studio della religio (id est cultu deorum)[69], degli iura (divinum, publicum, privatum) e delle antiquitates[70] del Populus Romanus Quirites[71].

 

 



 

* Testo della relazione presentata nella sessione moscovita del XXV Seminario Internazionale di Studi Storici “Da Roma alla Terza Roma” «Diritto e religione. Da Roma a Costantinopoli a Mosca. Persona città Impero universale» (Cremlino, Palazzo del Patriarca, 17 ottobre 2005).

 

[1] P. Catalano, Contributi allo studio del diritto augurale, Torino 1960, 109; per adesione vedi anche F. Sini, Documenti sacerdotali di Roma antica, I. Libri e commentarii, Sassari 1983.

 

[2] F. Sini, The Italian-Russian Program «Sacerdotal Documents, Ceremonial Formulas and Roman Archaic Political Religious Lexis: On the Origin of Legal Terminology and Dogmatics» (in russo), in Vestnik Drevnei Istorii - Journal of Ancient History 1 (220), Janvar - Febral - Mart, (Moskva) 1997, 242 s.

 

[3] Sini F., Kofanov L. L.,  Breve cronaca del Seminario (in russo), in Ius Antiquum - Drevnee Pravo 5, (Moskva) 1999, 66 ss.

 

[4] Ius Antiquum–Drevnee Pravo 5, 1999: Majak I. L. (Mosca), Documenti e formule sacerdotali e il problema dell’attendibilità delle fonti nella scienza russa dei sec. XIX – inizio XX (in russo), 69 ss.; Sini F. (Sassari), Libri e commentarii nella tradizione documentaria dei grandi collegi sacerdotali romani (in italiano), 76 ss.; Smorchkov A. M. (Mosca), Il collegio dei pontefici e il diritto pontificale nella storiografia russa (in russo), 109 ss.; Santi C. (Roma), I collegi sacerdotali di Roma arcaica negli studi storico-religiosi italiani (in italiano), 115 ss.; Tokmakov V. N. (Mosca), Il collegio sacerdotale dei salii e i riti di preparazione alla guerra della Roma arcaica nella storiografia russa dei sec. XIX-XX (in russo), 124 ss.; Kofanov L.L. (Mosca), Il diritto sacro e il problema dell’evoluzione della legislazione romana arcaica nella storiografia russa dei sec. XIX-XX (in russo), 139 ss.; Sidorovič O. V. (Mosca), Aspetti giuridico-religiosi dell’autorità del Senato della Roma arcaica nella storiografia russa (in russo), 149 ss.; Del Ponte R. (Villafranca), Aspetti del lessico pontificale: gli «indigitamenta» (in italiano), 154 ss.; Ščogolev A. V. (Mosca), L’aspetto sacro del concetto di maiestas nella storiografia russa dei sec. XIX-XX (in russo), 161 ss.; Bellocci N. (Siena), Ius sacrum et sollemnes nuncupationes nella Roma antica (in italiano), 166 ss.

 

[5] Hreqeskie Kollegii v Rannem Rime. K voprosu o stanovleii rimskogo sakral[nogo i publiqnogo prava, Otvetstvennyj redaktor L.L. Kofanov Moskva, Nauka, 2001, 328 s. ((Collegia sacerdotum Romae primordialis. Ad problemam de incremento iuris sacri et publici, Mosca, Nauka, MMI, 328) [Contents – Introduction: L.L. Kofanov, 5 s. Chapter One. Role of Priests’Colleges in the Archaic Rome and the Priests’ law: L. L. Kofanov, 7 ss. Chapter Two. The College of Augures: L.L. Kofanov, 62 ss. Chapter Three. The College of Pontifices: A.M. Smorchkov, 100 ss. Chapter Four. The College of Fetials: N.G. Majorova, 142 ss. Chapter Five. The College of Saliis: V.N. Tokmakov, 180 ss. Chapter Six. The College of Fratres Arvales: A.M. Smorchkov, 213 ss. Chapter Seven. The Lupercal College: A.M. Smorchkov, 249 ss. Chapter Eight. The College of Sacrificies’ Priests: A.M. Smorchkov, 269 ss. Chapter Nine. The College of Vestals: A.M. Smorchkov-L.L. Kofanov, 287 ss. Chapter Ten. The Forming of the Roman law system: L.L. Kofanov, 299 ss. Conclusion: L.L. Kofanov, 309 ss.]

 

[6] Per alcuni dei quali rinvio a F. Sini, A quibus iura civibus praescribebantur. Ricerche sui giuristi del III secolo a.C., Torino 1995.

 

[7] Su questi autori, in relazione agli archivi sacerdotali, vedi F. Sini, Documenti sacerdotali di Roma antica, cit., 91 ss.

 

[8] Per il quadro archeologico basterà citare, fra la vastissima bibliografia, i cataloghi di due delle più importanti mostre organizzate negli ultimi decenni: Enea nel Lazio. Archeologia e mito, [Bimillenario Virgiliano. 22 settembre - 31 dicembre 1981], Roma 1981; La grande Roma dei Tarquini, catalogo della mostra a cura di Mauro Cristofani, Roma 12 giugno - 30 settembre 1990. Su questa sintonia fra tradizione antica e nuove scoperte archeologiche, «purché sagacemente intepretate», ha insistito con particolare autorevolezza M. Pallottino, Lo sviluppo socio-istituzionale di Roma arcaica alla luce dei nuovi documenti epigrafici, in Studi Romani 27 (1979) 1 ss.; cfr. Id., Origini e storia primitiva di Roma, Milano 1993, 36 ss. Si mostra invece assai cauto J. Poucet, Archéologie, tradition et histoire: les origines et les premiers siècles de Rome, in Les études Classiques 47 (1979) 201 ss. e 347 ss., in part. 352 ss.; Id., Les origines de Rome. Tradition et histoire, Bruxelles 1985, 116 ss.

 

[9] Utilizzo il termine, per quanto non usuale in riferimento ai sacerdoti, basandomi sul significato più risalente del vocabolo latino sapientia, il quale, come del resto il verbo sapere, si riferiva quasi esclusivamente alla sfera dell’attività pratica, o si presentava comunque collegato a tale sfera in maniera diretta; così ancora nella lingua di Plauto «sapiens è colui che sa vivere e la sapientia è intesa come ars vivendi»: G. Garbarino, Evoluzione semantica dei termini ‘sapiens’ e ‘sapientia’ nei secoli III e II a. C., in Atti dell’Accademia delle Scienze di Torino, II. Classe di Scienze Morali, Storiche e Filologiche 100 (1965-66) 254.

 

[10] Non si deve dimenticare che a Roma la “sapienza” sacerdotale aveva anche funzioni tecniche e pratiche, soprattutto per quanto riguardava le attività produttive più antiche: cfr., giusto a titolo esemplificativo, E. Pais, I pontefici, l’agricoltura e l’annona. Leges regiae e leges sumptuariae, in Id., Ricerche sulla storia e sul diritto pubblico di Roma, 1, Roma 1915, 423 ss. Sullo strettissimo rapporto esistente nella religione romana arcaica tra feste, stagioni e ciclo produttivo, mi pare sufficiente richiamare il lavoro di G. Dumézil, Fêtes romaines d'été et d'automne suivi de Dix questions romaines, Paris 1975 [= Feste romane, trad. it. di M. Del Ninno, Genova 1989].

 

[11] Cfr., più in generale, M. Cristofani, La scrittura e i documenti, in La grande Roma dei Tarquini cit. 16 s.

 

[12] G. Dumézil, Idées romaines cit., 9, il quale inizia quel suo libro intitolato Idées romaines con queste significative parole: «La pensée des plus anciens Romains regagne l’estime qu'elle mérite»

 

[13] G. Dumézil, Idées romaines cit., 10: «L’ideologie romaine ancienne qui s'est dégagée de ces enquêtes est d'une bonne qualité intellectuelle. Si ceux qui la pratiquaient, aux premiers siècles de la ville et jusqu'assez avant dans les temps républicains, n'ont pas éprouvé le besoin ou n'ont pas eu le talent de lui donner une expression littéraire du niveau des hymnes védiques, elle n'en était pas moins riche, nuancée, structurée, habile à la distinction et à l’agencement, apte à fournir à l’organisme social une justification déjà philosophique de lui-même et aussi du monde, dans la mesure limitée où le monde l’intéressait».

 

[14] Per la definizione di «civilisation matérielle ou vie matérielle» è veramente illuminante ciò che scriveva F. Braudel: «La vie matérielle, ce sont des hommes et des choses, des choses et des hommes. Étudier les choses ‑ les nourritures, les logements, les vêtements, le luxe, les outils, les instruments monétaires, les cadres du village ou de la ville ‑, en somme tout ce dont l’homme se sert, n'est pas la seule façon de prendre la mesure de son existence quotidienne»: Civilisation matérielle, économie et capitalisme, XVe-XVIIe siécle, 1. Les structures du quotidien: le possible et l’impossible, Paris 1979, 15 (peraltro, questo primo tomo della monumentale opera dell'eminente storico francese era già apparso nel 1967: Cívilisation matérielle et capitalisme = Capitalismo e civiltà materiale, trad. it. di C. Vivanti, Torino 1977).

 

[15] G. Dumézil, La religion romaine archaïque, 2ª ed., Paris 1974, 104 ss.

 

[16] Cfr. C. Nicolet, Lexicographie politique et histoire romaine: problèmes de méthode et directions de recherches, in Atti del Convegno sulla lessicografia politica e giuridica nel campo delle scienze dell’antichità, Torino 1980, 19 ss.

 

[17] Sul Populus e sulle "parti" del sistema giuridico-religioso romano, vedi soprattutto lo studio di P. Catalano, Populus Romanus Quirites, Torino 1974.

 

[18] B. Brissonius, De formulis et solennibus populi Romani verbis libri VIII (Parigi 1583); nel Settecento l’opera venne ripubblicata in diverse edizioni: ricordo quella curata da F. C. Conradi (Halae et Lipsiae 1731).

 

[19] I.A. Ambrosch: Studien und Andeutungen im Gebiet des altrömischen Bodens und Cultus, Breslau, 1839; Observationum de sacris Romanorum libris particula prima, Vratislaviae, 1840; Über die Religionsbücher der Römer, Bonn, 1843; Quaestionum pontificalium caput primum, Vratislaviae 1848; Quaestionum pontificalium caput alterum, Vratislaviae 1850.

 

[20] P. Preibisch, Quaestiones de libris pontificiis, Vratislaviae 1874; Id., Fragmenta librorum pontificiorum, Tilsit 1878.

 

[21] F. A. Brause, Librorum de disciplina augurali ante Augusti mortem scriptorum reliquiae, Lipsiae 1875.

 

[22] P. Regell, De augurum publicorum libris, Vratislaviae, 1878; Id., Fragmenta auguralia, Hirschberg, 1882; Id., Auguralia, in Commentationes Philologae in honorem Augusti Reifferscheidii, Vratislaviae 1884, 61 ss.; Id., Commentarii in librorum auguralium fragmenta specimen, Hirschberg, 1893.

 

[23] R. Peter, De Romanorum precationum carminibus, in Commentationes Philologae in honorem Augusti Reifferscheidii, Vratislaviae 1884, 67 ss.; Id., Quaestionum pontificalium specimen, Argentorati 1886.

 

[24] C.M. Zander, Versus Italici antiqui, Lundae 1890.

 

[25] W. Rowoldt, Librorum pontificiorum Romanorum de caeremoniis sacrificiorum reliquiae, Halis Saxonum 1906.

 

[26] C.O. Thulin, Italiscke sakrale Poesie und Prosa. Eine metriscke Untersuckung, Berlin 1906.

 

[27] G. Appel, De Romanorum precationibus, Gissae 1909 [rist. an. New York 1975].

 

[28] E. Norden, Aus altrömischen Priesterbüchern, Lund-Leipzig 1939.

 

[29] G.B. Pighi, De ludis saecularibus populi Romani Quiritium, Milano 1941; Id., La poesia religiosa romana, testi e frammenti per la prima volta raccolti e tradotti da G.B. P., Bologna 1958.

 

[30] D. Musti, Tendenze nella storiografía romana e greca su Roma arcaica. Studi su Tito Livio e Dionigi d’Alicarnasso, [Quaderni Urbinati di cultura classica, 10] Urbino 1970.

 

[31] R. Bloch, Le origini di Roma, trad. it., Milano 1961 [4ª ed. 1977], 42 ss., 89 ss.; R.M. Ogilvie, Early Rome and the Etruscans, Hassocks 1976, 15 ss. [trad. it., Le origini di Roma, Bologna 1986, 13 ss.]; J. Gagé, La chute des Tarquins et les débuts de la République romaine, Paris 1976; T. Cornell, Alcune riflessioni sulla formazione della tradizione storiografíca su Roma arcaica, in Roma arcaica e le recenti scoperte archeologiche (Giornate di studio in onore di U. Coli, Firenze, 29-30 maggio 1979), Milano 1980, 19 ss.; C. Letta, La tradizione storiografica sull’età regia: origine e valore, in Alle origini di Roma. Atti del Colloquio tenuto a Pisa il 18 e 19 settembre 1987, a cura di E. Campanile, Pisa 1988, 61 ss.; A. Mastrocinque, Lucio Giunio Bruto. Ricerche di storia, religione e diritto sulle origini della repubblica romana, Trento 1988, 7 ss.; Id., Romolo (la fondazione di Roma tra storia e leggenda), Este 1993, 85 ss.; A. Momigliano, The Origins of Rome, in The Cambridge Ancient History, VII.2, Cambridge 1989, 52 ss. [= Le origini di Roma, in Id., Roma arcaica, Firenze 1989, 3 ss.]; D. Musti, La tradizione storica sullo sviluppo di Roma fino all’età dei Tarquini, in La grande Roma dei Tarquini, catalogo della mostra a cura di Mauro Cristofani, Roma 1990, 9 ss.; A. Carandini, La nascita di Roma. Dèi, Lari, eroi e uomini all’alba di una civiltà, Torino 1997, 3 ss.

 

[32] J. Bayet, Introduction, in Tite-Live, Histoire romain, livre I, Paris 1965, XXXVIII s.; G. Dumézil, La religion romaine archaïque, cit, 104 ss. [= La religione romana arcaica, cit., 93 ss.].

 

[33] F.A. Brause, Librorum de disciplina augurali, cit., 42 fragm. XXVIII; P. Regell, Fragmenta auguralia, cit., 21 fragm. 17.

 

[34] Cfr. F. Sini, A proposito del carattere religioso del dictator (note metodologiche sui documenti sacerdotali), in Studia et Documenta Historiae et Iuris 42, 1976, 419; Id., Documenti sacerdotali di Roma antica, cit., 96.

 

[35] Contrari alla determinazione dei generi di documenti sacerdotali, soprattutto, A. Bouché-Leclercq, Les pontifes de l’ancienne Rome. Étude historique sur les institutions religieuses de Rome, Paris 1871 [rist. an. New York 1975], 19 ss.; M. Voigt, über die Leges regiae, II. Quellen und Authentie der Leges regiae, in Abhandlungen der philologisch-historischen Classe der königlich sächsischen Gesellschaft der Wissenschaften VII, 1873-79, 647 ss.; P. Regell, De augurum publicorum libris, cit., 30 ss.; R. Bonghi, Storia di Roma, II, Milano 1888, 222 ss.; G. Rohde, Die Kultsatzungen der römischen Pontifíces, cit., 16 ss.

 

[36] Per quanto riguarda «l’assenza, entro la cultura giuridica romana, di una sistematica delle opere letterarie in campo giuridico», vedi L. Lantella, Le opere della giurisprudenza romana nella storiografia, Torino 1979, 63 ss.

 

[37] Per la terminologia, nonché per la definizione più generale di fonti primarie e secondarie, seguo A. Guarino, Esegesi delle fonti del diritto romano, 1, a cura di L. Labruna, Napoli 1968, 289. Cfr., fra gli altri, A. Rosenberg, Einleitung und Quellenkunde zur römischen Geschichte, Berlin 1921, 1 ss., 113 ss.); C.W. Westrup, Introduction to Early Roman Law, IV e V. Sources and Methods, London-Copenhagen 1950-1954, IV, 9 ss.; V, 17 ss.; L. Wenger, Die Quellen des römischen Rechts, Wien 1953, 46; K. Latte, Römische Religionsgeschichte, München 1960, 3 s.; K. Christ, Römische Geschichte. Einführung, Quellenkunde, Bibliographie, 3ª ed., Darmstad 1980, 35 ss.; C. Cosentino, Lezioni di esegesi delle fonti del diritto romano, Ristampa riveduta, Catania 1995, 66 ss.

 

[38] Le fonti epigrafiche, che menzionano testualmente libri e commentarii sacerdotali, sono state discusse da F. Sini, Documenti sacerdotali di Roma antica, cit., 111 ss.

 

[39] Per le fonti letterarie si vedano: G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., München 1912, 4 ss.; N. Turchi, La religione di Roma antica, Bologna 1939, 337 ss.; K. Latte, Römische Religionsgeschichte, München 1960, 4 ss.; G.B. Pighi, La religione romana, Torino 1970, 27 ss., 41 ss.; cfr. inoltre G. Dumézil, La religion romaine archaïque, 2a ed., Paris 1974, 111 ss. [trad. it. di F. Jesi, La religione romana arcaica, Milano 1977, 99 ss.].

 

[40] A titolo esemplificativo, oltre il già citato Cic. De re publ. 1.63, vedi anche Macr. Sat. 1.12.21-22: Auctor est Cornelius Labeo huic Maiae id est terrae aedem kalendis Maiis dedicatam sub nomine Bonae Deae et eandem esse Bonam Deam et terram ex ipso ritu occultiore sacrorum doceri posse confirmat. Hanc eandem Bonam Faunamque, Opem et Fatuam pontificum libris indigitari: Bonam quod omnium nobis ad victum bonorum causa est, Faunam quod omni usui animantium favet, Opem quod ipsius auxilio vita constat, Fatuam a fando quod, ut supra diximus, infantes partu editi non prius vocem edunt quam attigerint terram. R. Agahd, Antiquitates rerum divinarum. Libri I XIV XV XVI. Praemissae sunt quaestiones varronianae, in Jahrbücher für classische Philologie, Supplementband 24, (Leipzig) 1898, 116 s., attribuiva il passo al XVI libro delle Antiquitates di Varrone; cfr. anche G. Rohde, Die Kultsatzungen der römischen Pontifíces, Berlin 1936, 44 s. Nega, invece, che questo frammento dei Fastorum libri di Cornelio Labeone possa essere di derivazione varroniana P. Mastandrea, Un neoplatonico latino, Cornelio Labeone (testimonianze e frammenti), Leiden 1979, 51: «La fonte cui ricorreva Labeone in questa circostanza erano dunque i Libri pontificales, gli archivi dei pontefici romani ove si conservavano gelosamente le norme e gli ordinamenti del rito e del culto».

 

[41] Sull’apporto specialistico della filologia, vedi G. Pascucci, Diritto e filologia, in Romanitas 9, 1970 [= Annales I Colloqui Internationalis de iure Romano lingua litterisque Latinis], 53 ss.; H. Le Bonniec, La philologie latine au service de l’histoire de la religion romaine, in Bulletin de l’Association G. Budé, 1979, 389 ss. Per quanto riguarda invece gli studi lessicografici, vedi Atti del Convegno sulla lessicografia politica e giuridica nel campo delle scienze dell’antichità, cit., particolarmente stimolante la relazione di C. Nicolet, Lexicographie politique et histoire romaine: problèmes de méthode et directions de recherches (19 ss.).

 

[42] G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, cit., 479 ss.; J. Bayet, Histoire politique et psychologique de la religion romaine, Paris 1957 (2a ed. 1969) [trad. ital. di G. Pasquinelli: La religione romana. Storia politica e psicologica, Torino 1959, 107 ss.]; G. Dumézil, La religion romaine archaïque, cit., 567 ss. [= La religione romana arcaica, cit., 492 ss.]. Fra gli studi monografici sui collegi sacerdotali (per la bibliografia più risalente cfr. J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung, III. Das Sacralwesen, 2ª ed. a cura di G. Wissowa, Leipzig 1885 [rist. an. New York 1975], 235 ss.): P. Catalano, Contributi allo studio del diritto augurale, Torino 1960; Id., Linee del sistema sovrannazionale romano, Torino 1965; F. Guizzi, Aspetti giuridici del sacerdozio romano. Il sacerdozio di Vesta, Napoli 1968; M.W. Hoffman Lewis, The Official Priests of Rome under the Julo-Claudians. A study of the Nobility from 44 B. C. to 68 A. D., Roma 1955; G.J. Szemler, The Priests of the Roman Republic. A Study of Interactions between Priesthoods and Magistracies, Bruxelles 1972; J. Scheid, Les frères arvales. Recrutement et origine sociale sous les empereurs julo-claudiens, Paris 1975.

 

[43] R. Besnier, Les archives privées, publiques et religieuses à Rome au temps des rois, in Studi Albertario, II, Milano 1953, 1 ss.; J. Linderski, The ‘Libri Reconditi’, in Harvard Studies in Classical Philology 89, 1985, 207 ss.; J. Scheid, Les archives de la piété. Réflexions sur les livres sacerdotaux, in La mémoire perdue. A la recherche des archives oubliées, publiques et privées, de la Rome antique, Paris 1994, 173 ss.; Id., L’écrit et l’écriture dans la religion romaine: mythe et réalité, in Lire l’écrit. Textes, archives, bibliothèques dans l’Antiquité, études réunies par B. Gartien et R. Hanoune = «Ateliers». Cahiers de la Maison de la Recherche. Université Charles de Gaulle - Lille III 12, 1997, 99 ss.; AA.VV., La mémoire perdue: recherches sur l’administration romaine, avant-propos de C. Moatti, Rome 1998 (costributi di J. Scheid, Les livres sibyllins et les archives des quindécemvirs, 11 ss.; J. Rüpke, Les archives des petits collèges: le cas des vicomagistri, 27 ss.; J.A. North, The books of the pontifices, 45 ss.; G. Liberman, Les documents sacerdotaux du collège sacris faciundis, 65 ss.; M. Beard, Documenting Roman religion, 75 ss.; A. Giovannini, Les livres auguraux, 103 ss.).

 

[44] A. Rostagni, Storia della letteratura latina, 3ª ed., I, Torino 1964, 41. Carmen Saliare: C.M. Zander, Carminis saliaris reliquiae, Lundae 1888; B. Maurenbrecher, Carminum Saliarium reliquiae, in Jahrbücher für classische Philologie, Suppl. XXI, 1894, 315 ss.; W. Morel, Fragmenta poetarum latinorum epicorum et liricorum praeter Ennium et Lucilium, 2ª ed. (1927), rist. Stutgardiae 1963, 1 ss. Carmen Arvale: M. Nacinovich, Carmen Arvale, 2 voll., Roma 1933-1934; E. Norden, Aus altrömischen Priesterbüchern, Lund-Leipzig 1939, 99 ss.; G. Radke, Archaisches Latein, Darmstadt 1981, 100 ss.; I. Paladino, Fratres Arvales. Storia di un collegio sacerdotale romano, Roma 1988, 195 ss.; J. Scheid, Romulus et ses frères. Le collège des frères arvales, modèle du culte public dans la Rome des Empereurs, Rome 1990, 644 ss. Altri carmina di cui le fonti hanno conservato i testi: inauguratio (Liv. 1.18.6 ss.); foedus (Liv. 1.24.3 ss.); indictio belli (Liv. 1.32.11-13); deditio (Liv. 1.38.2); devotio (Liv. 8.9.16); evocatio (Macr. Sat. 3.9.7). Cfr. R. Peter, De Romanorum precationum carminibus, in Commentationes Philologae in honorem Augusti Reifferscheidii, Vratislaviae 1884, 67 ss.; C.M. Zander, Versus Italici antiqui, Lundae 1890; C. Thulin, Italische sakrale Poësia und Prosa. Eine metrische Untersuchung, Berlin 1906; G. Appel, De Romanorum precationibus, Gissae 1909 [rist. an. New York 1975].

 

[45] Esempi di decreta sacerdotali in Cic. De div. 2.35; Cic. in Vat. 20; Liv. 27.37.4; 27.37.7; 31.9.8; 32.1.9; 34.45.8; 39.22.4-5; 40.45.2; 4.7.3; 45.12.10; 21.1.15-19; 41.21.10-11; 31.8.2-3; Fest. De verb. sign., p. 152 L. Responsa in Cic. De domo 39. 40; Liv. 5.23.8-10; 5.25.7; 36.3.7-12; 41.18.8.

La distinzione tra i decreta e i responsa sacerdotali non risulta del tutto chiara: P. Jörs, Römische Rechtswissenschaft zur Zeit der Republik, I. Bis auf die Catonen, Berlin 1888, 29 ss.; E. De Ruggiero, v. Decretum, in Dizionario Epigrafico di Antichità Romane, II.2, Roma 1910, 1497 ss.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, cit., 541 s., 527 ss., 551; F. Schulz, History of Roman Legal Science, 2ª ed., Oxford 1953, 15 ss. [= Id., Storia della giurisprudenza romana, trad. it. a cura di G. Nocera, Firenze 1968, 37 ss.]; G. Mancuso, Studi sul decretum nell’esperienza giuridica romana, in Annali del Seminario Giuridico dell’Università di Palermo 40, 1988, 78 ss.; infine da menzionare L.L. Cohee, Responsa and decreta of Roman priesthoods during the Republic, Dissertation University of Colorado at Boulder 1994. Per quanto riguarda i responsa, non è neppure certo se, e in che misura, essi vincolassero il magistrato, il senato o il privato che li avevano richiesti; tuttavia il prestigio dei sacerdoti era tale da far sì che raramente venissero disattesi; cfr. Cic. De har. resp. 6.12: Quae tanta religio est qua non in nostris dubitationibus atque in maximis superstitionibus unius P. Servili ac M. Luculli responso ac verbo liberemur? De sacris publicis, de ludis maximis, de deorum penatium Vestaeque matris caerimoniis, de illo ipso sacrificio quod fit pro salute populi Romani, quod post Romam conditam huius unius casti tutoris religionum scelere violatum est quod tres pontifices statuissent, id semper populo Romano, semper senatui, semper ipsis dis immortalibus satis sanctum, satis augustum, satis religiosum esse visum est.

 

[46] Lista di pontefici in Cic. De har. resp. 6.12; Macr. Sat. 3.13.11. L. Mercklin, Die römischen Sacerdotalfasten, appendice a Die Cooptation der Römer, Mitau und Leipzig 1848, 213 ss.; C. Bardt, Die Priester der vier grossen Collegien aus römisch-republicanischer Zeit, Berlin 1871; P. Habel, De Pontificum Romanorum inde ab Augusto usque ad Aurelianum condicione publica, Vratislaviae 1888; G. Howe, Fasti sacerdotum populi Romani publicorum aetatis imperatoriae, Lipsiae 1904; a. klose, Römischen Priesterfasten I, Diss. Breslau 1910; T.R.S. Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, 2 voll., 1 suppl., New York 1951-1952, 1960.

 

[47] Gu. Henzen, Acta fratrum arvalium quae supersunt, Berolini 1874; Ae. Pasoli, Acta fratrum arvalium quae post annum MDCCCLXXIV reperta sunt, Bologna 1950; J. Scheid, Romulus et ses frères. Le collège des frères arvales, modèle du culte public dans la Rome des Empereurs, Rome 1990.

 

[48] Per una visione d’insieme dei contenuti: C.W. Westrup, On the Antiquarian-Historiographical Activities of the Roman Pontifical College, København 1929; G. Rohde, Die Kultsatzungen der  römischen Pontifices, Berlin 1936.

 

[49] Serv. Dan. in Verg. Georg. 1.270: Sane quae feriae a quo genere hominum vel quibus diebus observentur, vel quae festis diebus permissa sint, siquis scire desiderat, libros pontificales legat.

 

[50] CIL I, 2a ed., 1 ss.; A. Degrassi, Inscriptiones Italiae, XIII, Fasti et elogia, Roma 1947; Id., Inscriptiones Latinae liberae rei publicae, I, Firenze 1957, 15 ss.; T.R.S. Broughton, The Magistrates of the Roman Republic, cit. in n. 6; R. Stiehl, Die Datierung der kapitolinischen Fasten, Tübingen 1957; R. Werner, Der Beginn der römischen Republik. Historisch-chronologische Untersuchungen über die Anfangszeit der libera res publica, München-Wien 1963, 219 ss., 264 ss.

 

[51] Cic. De orat. 2.12.52-53: erat enim historia nihil aliud nisi annalium confectio, cuius rei memoriaeque publicae retinendae causa ab initio rerum Romanarum usque ad P. Mucium pontificem maximum res omnis singulorum annorum mandabat litteris pontifex maximum efferebatque in album et proponebat tabulam domi, potestas ut esset populo cognoscendi, ei qui etiam nunc annales maximi nominantur. Serv. Dan. in Verg. Aen. 1.373: Ita autem annales conficiebantur: tabulam dealbatam quotannis pontifex maximus habuit, in qua praescriptis consulum nominibus et aliorum magistratuum digna memoratu notare consueverat domi militiaeque terra marique gesta per singulos dies. Cuius diligentiae annuos commentarios in octoginta libros veteres retulerunt, eosque a pontificibus maximis a quibus fiebant annales maximos appellarunt. Macr. Sat. 3.2.17: Pontificibus enim permissa est potestas memoriam rerum gestarum in tabulas conferendi, et hos annales appellant et quidem maximos quasi a pontificibus maximis factos. Paul. Fest. ep., p. 113 L.: Massimi annales appellabantur, non magnitudine, sed quod eos pontifex maximus confecisset.

La bibliografia sugli annali dei pontefici è vastissima; ci limiteremo pertanto alle indicazioni essenziali: A. Bouché-Leclercq, Les pontifes de l’ancienne Rome, cit., 250 ss.; L. Cantarelli, Origine degli Annales Maximi, in Rivista di filologia e d’istruzione classica 26, 1898, 209 ss.; A. Enmann, Die älteste Redaktion der Pontifikalannalen, in Rheinisches Museum für Philologie, 57, 1902, 517 ss.; W. Soltau, Die Anfänge der roemischen Geschichtschreibung, Leipzig 1909, 10 ss.; E. Kornemann, Die älteste Form der Pontifikalannalen, in Klio 11, 1911, 245 ss.; C.W. Westrup, On the Antiquarian - historiographical Activities of the Roman Pontifical College, cit.; M. Gelzer, Der Anfang römischer Geschichtsschreibung, in Hermes 69, 1934, 46 ss. (= Kleine Schriften, III, Wiesbaden 1964, 93 ss.); E.A. Crake, The Annals of the Pontifex Maximus, in The Classical Philology 35, 1940, 375 ss.: gli scritti del Gelzer e del Crake sono stati ripubblicati di recente in V. Pöschl (Hrsg. von), Römische Geschichtsschreibung, Wege der Forschung 90, Darmstadt 1969; A. Alföldi, Early Rome and the Latins, Ann Arbor 1965, 164 ss.; E. Gabba, Considerazioni sulla tradizione letteraria sulle origini di Roma, in Les origines de la république romaine (Entretiens sur l’antiquité classique XIII, Fond. Hardt), Genève 1967, 150 ss.; L. Alfonsi, La prosa e lo stile degli Annales Maximi, in Studii Clasice 15, 1973, 51 ss.; E. Peruzzi, Origini di Roma, II. Le lettere, Bologna 1973, 175 ss.; B. Gentili - G. Cerri, Le teorie del discorso storico nel pensiero greco e la storiografia romana arcaica, Roma 1975, 81 ss.; da ultimo, B.W. Frier, Libri Annales Pontificum Maximorum. The Origins of the Annalistic Tradition, Rome 1979.

 

[52] P.F. Girard, Textes de droit romain, 2a ed., Paris 1895, 3 ss.; S. Riccobono, Fontes iuris romani antejustiniani, pars prima, 2a ed., Florentiae 1968, 4 ss.; S. Tondo, Leges regiae e paricidas, Firenze 1973.

 

[53] Cic. Pro Rabir. perd. 15; Liv. 1.31.8; 1.32.2; 1.60.4; Plin. Nat. hist. 28.2.4.

 

[54] Cic. Brut. 156; Pro Mur. 26; Liv. 4.3.9; 9.46.5; Pomp. D. 1.2.2.6.

 

[55] Documenti dei pontefici: J.-V. Le Clercq, Des journaux chez les Romains, recherches précédées d’un mémoire sur les annales des pontifes, et suivies de fragments des journaux de l’ancienne Rome, Paris 1838, in part. 127 ss.; I.A. Ambrosch, Studien und Andeutungen im Gebiet des altrömischen Bodens und Cultus, Breslau 1839, 159 ss.; Id., Observationum de sacris Romanorum libris particula prima, Vratislaviae 1840; Id., Über die Religionsbücher der Römer, Bonn 1843; Id., Quaestionum pontificalium caput primum, Vratislaviae 1848; Id., Quaestionum pontificalium caput alterum, Vratislaviae 1850; E. Lübbert, Commentationes pontificales, Berolini 1859; A. Bouché-Leclercq, Les pontifes de l’ancienne Rome, cit., 19 ss.; P. Preibisch, Quaestiones de libris pontificiis, Vratislaviae 1874; Id., Fragmenta librorum pontificiorum, Tilsit 1878; R. Peter, Quaestionum pontificalium specimen, Argentorati 1886; W. Rowoldt, Librorum pontificiorum Romanorum de caeremoniis sacrificiorum reliquiae, Halis Saxonum 1906; G. Rohde, Die Kultsatzungen der römischen Pontifices, cit., 4 ss.

Documenti degli auguri: F.A. Brause, Librorum de disciplina augurali ante Augusti mortem scriptorum reliquiae, Lipsiae 1875; P. Regell, De augurum publicorum libris, Vratislaviae 1878; Id., Fragmenta auguralia, Hirschberg 1882; Id., Auguralia, in Commentationes Philologae in honorem Augusti Reifferscheidii, cit., 61 ss.; Id., Commentarii in librorum auguralium fragmenta specimen, Hirschberg 1893; J. Linderski, The Augural Law, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II.16.3, Berlin-New York 1986, 2241 ss.

Documenti dei feziali: F.C. Conradi, De Fecialibus et iure feciali populi Romani, Helmstadii 1734; M. Voigt, De fetialibus populi Romani quaestionis specimen, Lipsiae 1852.

 

[56] F. Sini, Documenti sacerdotali e lessico politico-religioso di Roma arcaica, in Atti del Convegno sulla lessicografia politica e giuridica nel campo delle scienze dell’antichità (Torino, 28-29 aprile 1978), a cura di I. Lana - N. Marinone, Torino 1980, 127 ss.; cfr. C. Nicolet, Lexicographie politique et histoire romaine: problèmes de méthode et directions de recherches, ibid., 19 ss.

 

[57] Sul punto, si vedano le «Remarques préliminaires sur la dignité et l’antiquité de la pensée romaine» di G. Dumézil, Idées romaines, Paris 1969, 9 ss.; ma già P. Jörs, Römische Rechtswissenschaft zur Zeit der Republik, cit., 15 ss., dedicava ampio spazio all’analisi della «pontificale Jurisprudenz». Nello stesso senso, G. Nocera, Iurisprudentia. Per una storia del pensiero giuridico romano, Roma 1973, 11 ss.; e soprattutto F. Wieacker, Altrömische Priesterjurisprudenz, in Iuris professio. Festgabe für Max Kaser zum 80. Geburtstag, Wien-Graz-Köln 1986, 347 ss.; Id., Römische Rechtsgeschichte. Quellenkunde, Rechtsbildung, Jurisprudenz und Rechtsliteratur, I, München 1988, 310 ss.; ora anche A. Schiavone, Linee di storia del pensiero giuridico romano, Torino 1994, 4 s.

 

[58] Sull’espressione «sistema giuridico-religioso», P. Catalano, Linee del sistema sovrannazionale romano, cit., 30 ss., in part. 37 n. 75; Id., Aspetti spaziali del sistema giuridico-religioso romano. Mundus, templum, urbs, ager, Latium, Italia, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II.16.1, Berlin-New York 1978, 445 s.; Id., Diritto e persone. Studi su origine e attualità del sistema romano, Torino 1990, 57; concorda, in parte, anche G. Lombardi, Persecuzioni, laicità, libertà religiosa. Dall’Editto di Milano alla Dignitatis Humanae, Roma 1991, 34 s. Per la validità del concetto di «ordinamento giuridico», R. Orestano, Diritto. Incontri e scontri, Bologna 1981, 395 ss.; Id., Le nozioni di ordinamento giuridico e di esperienza giuridica nella scienza del diritto, in Rivista trimestrale di Diritto Pubblico 4, 1985, 959 ss., in part. 964 ss.; Id., Introduzione allo studio del diritto romano, Bologna 1987, 348 ss.; P. Cerami, Potere ed ordinamento nell’esperienza costituzionale romana, 3ª ed., Torino 1996, 10 ss.; A. Guarino, L’ordinamento giuridico romano, 5ª ed., Napoli 1990, 56 s.

 

[59] Critica all’interpretazione “statalista” del sistema giuridico-religioso romano in alcuni studi di P. Catalano: Populus Romanus Quirites, cit., 41 ss. (con ampia analisi [52 ss.] dei motivi di opposizione nei confronti della «Staatslehre» mommseniana, presenti nella cultura giuspubblicistica italiana dell’Ottocento); Id., La divisione del potere in Roma (a proposito di Polibio e di Catone), in Studi in onore di Giuseppe Grosso, VI, Torino 1974, 673 ss. Da vedere anche J. Bleicken, Lex publica. Gesetze und Recht in der römischen Republik, Berlin-New York 1975, 16 ss. G. Lobrano, Note su «diritto romano» e «scienze di diritto pubblico» nel XIX secolo, in Index 7, 1977 [ma 1979], 66; Id., Il potere dei tribuni della plebe, Milano 1982, 6 ss.; Id., Diritto pubblico romano e costituzionalismi moderni, Sassari 1990, 81 ss.; Id., Res publica res populi. La legge e le limitazioni del potere, Torino 1996, 42 ss.

 

[60] La pubblicazione dell’opera ha richiesto ben diciotto anni (1871-1888), nel mentre però i volumi già editi conobbero successive riedizioni: Römisches Staatsrecht, I (1ª ed. Leipzig 1871; 3ª ed. Leipzig 1887); II (1ª ed.: II 1 Leipzig 1874; II 2 Leipzig 1875; 3ª ed. Leipzig 1887); III 1 (Leipzig 1887); III 2 (Leipzig 1888). Alle temperie politiche e culturali in cui l’opera fu composta dedica penetranti rapide notazioni Y. Thomas, Mommsen et l’«isolierung» du droit, in Th. Mommsen, Le droit public romain, I, Paris 1984, 16 s: «C’est vers les années 1860-1880 seulement que l’État, en Allemagne, devient un objet de droit; que naît un Staatsrecht construit lui aussi, selon la démarche des pandectistes, sur quelques principes dont se déduit un système clos de concepts hiérarchiquement ordonnés; que le statut scientifique de cette nouvelle discipline est assuré, en dehors de l’histoire, par la structure logico-déductive de son discours et par la cohérence interne de ses parties. Bref, ce sont les contemporains de Mommsen, et Mommsen au premier chef, qui, vers le moment où se constitue l’état bismarckien, récusent cette marginalisation du droit public, revendiquent pour lui sa place à l’intérieur du savoir juridique, le constituent dogmatiquement sur la base même des définitions qui avaient d’abord servi à l’en exclure». Sul ruolo del Mommsen nella storia giuridica e politica contemporanea: A. Heuss, Theodor Mommsen und das 19. Jahrhundert, Kiel 1956; A. Wucher, Theodor Mommsen. Geschichtsschreibung und Politik, Göttingen 1956; G. Liberati, Mommsen e il diritto romano, in Materiali per una storia della cultura giuridica 6, 1976, 215 ss.

 

[61] Nella premessa alla seconda edizione del I volume (Leipzig 1876), troviamo ribadita una puntigliosa difesa di questo metodo: Th. Mommsen, «Vorwort zur zweiten Auflage», Römisches Staatsrecht, I, cit., XI: «Wenn der Staat ein organisches Ganze ist, so müssen wir, um ihn zu begreifen, theils die Organe als solche in ihrer Besonderheit, theils die aus dem Zusammenwirken mehrer Organe hervorgehenden Functionen verstehen; und wenn das letztere durch die materiell geordnete Darlegung geschieht, so ist das erstere die Aufgabe des Staatsrechts. Es genügt nicht, dass uns der Prätor theils im Krieg commandierend, theils im Civilprozess rechtsprechend, theils bei den Volksfesten spielgebend begegnet; wir müssen das Amt als solches in seiner Einheit anschauen, um sein Eingreifen in jede einzelne Function zu verstehen. Insbesondere die Eigenthümlichkeit des römischen Gemeinwesens, das in den oberen Sphären nicht ein einzelnes Organ für eine einzelne Function entwickelt hat, sondern dessen Wesen es ist die höheren Behörden an dem ganzen Staatswesen zu betheiligen, fordert diese Behandlung mit zwingender Nothwendigkeit» [= Id., Droit public romain, I, cit., XXIII]. Cfr. J. Bleicken, Lex publica. Gesetze und Recht in der römischen Republik, cit., 36 ss.; G. Lobrano, Note su «diritto romano» e «scienze di diritto pubblico» nel XIX secolo, cit., 65 ss.

 

[62] Il «Grundbegriff» di magistratura emerge fin dalle sommarie esemplificazioni di metodo fornite nel «Vorwort» alla prima edizione: Th. Mommsen, Römisches Staatsrecht, I, cit., VIII s.: «Dass der allgemeinen Lehre von der Magistratur eine weit grössere Ausdehnung gegeben worden ist als sie bei Becker und sonst einnimmt und dass hier vieles vorgetragen wird, welches in den bisherigen Darstellung sich entweder gar nicht oder zerstückelt findet, wird sich hoffentlich im Gebrauch als zweckmässig erweisen. Wie in der Behandlung des Privatrecht der rationelle Fortschritt sich darin darstellt, dass neben und vor den einzelnen Rechtsverhältnissen die Grundbegriffe systematische Darstellung gefunden haben, so wird aus das Staatsrecht sich erst dann einigermassen ebenbürtig neben das – jetzt allerdings in der Forschung und der Darlegung ihm eben so weit wie in der Ueberlieferung voranstehende –- Privatrecht stellen dürfen, wenn, wie dort der Begriff der Obligation als primärer steht über Kauf und Miethe, sie hier Consulat und Dictatur erwogen werden als Modificationen des Grundbegriffs der Magistratur. Beispielsweise führe ich die Lehre von der Cooperation und dem Turnus bei den Amtshandlungen und die von Intercession an; eine klare Darstellung der ersteren lässt sich unmöglich geben, wenn die einzelnen Notizen bei den verschiedenen Magistraturen untergebracht werden, und die übliche Abhandlung der Intercession bei der tribunicischen Gewalt giebt sogar ein durchaus schiefes Bild» [= Id., Droit public romain, I, cit., XXIII].

 

[63] Quint. Instit. orat. 1.6.41: et Saliorum carmina vix sacerdotibus suis satis intellecta. Sed illa mutari vetat religio et consecratis utendum est. E. Peruzzi, Aspetti culturali del Lazio primitivo, Firenze 1978, 166. Suggestiva l’interpretazione del tradizionalismo rituale delle società antiche, proposta da N.D. Fustel de Coulanges, La cité antique. Étude sur le culte, le droit, les institutions de la Grèce et de Rome (1864), 16ª ed., Paris 1898, 197 [= Id., La città antica, trad. it. di G. Perrotta (1924), rist. con nota introduttiva di G. Pugliese Carratelli, Firenze 1972, 202].

 

[64] Mi permetto di rinviare a quanto ho già trattato in un mio precedente lavoro (F. Sini, Documenti sacerdotali di Roma antica, I. Libri e commentarii, cit., 163 ss.), dove credo di aver dimostrato la sostanziale continuità della tradizione documentaria sacerdotale, individuando, anche, alcune probabili revisioni o sistemazioni dei materiali degli archivi nel corso della storia di Roma.

 

[65] Liv. 6.1.9-10: Hi ex interregno cum extemplo magistratum inissent, nulla de re prius quam de religionibus senatum consuluere. In primis foedera ac leges ‑ erant autem eae duodecim tabulae et quaedam regiae leges ‑ conquiri, quae comparerent, iusserunt. Alia ex eis edita etiam in volgus; quae autem ad sacra pertinebant, a pontificibus maxime, ut religione obstrictos haberent multitudinis animos suppressa. S.P. Oakley, A commentary on Livy, Books VI-X, Vol. I. Introduction and Book VI, Oxford 1997, 393 ss.

 

[66] F.P. Bremer, Iurisprudentiae Antehadrianae quae supersunt, I, Lipsiae 1896, 32. ss.; F. Münzer, Mucius, in Real-Encyclopädie der classischen Altertumswissenschaft 16, 1, Stuttgart 1933, coll. 425 ss.; E.S. Gruen, The Political Allegience of the P. Mucius Scaevola, in Athenaeum 43, 1965, 321 ss.; G. Grosso, P. Mucio Scevola tra politica e diritto, in Archivio Giuridico “Filippo Serafini” 175, 1968, 204 ss.; R. Seguin, Sacerdoces et magistratures chez les Mucii Scaevolae, in Revue des études Anciennes 72, 1970, 90 ss.; F. Wieacker, Die römischen Juristen in der politischen Gesellschaft des zweiten vorchristlichen Jahrhunderts, in Sein und Werden im Recht. Festgabe für Ulrich von Lübtow zum 70. Geburtstag, Berlin 1970, 183 ss., 204 ss.; Id., Römische Rechtsgeschichte. Quellenkunde, Rechtsbildung, Jurisprudenz und Rechtsliteratur, I, cit., 547 ss.; O. Behrends, Tiberius Gracchus und die Juristen seiner Zeit - die römische Jurisprudenz gegenüber der Staatskrise des Jahres 133 v. Chr., in Das Profil des Juristen in der europäischen Tradition. Symposion aus Anlass des 70. Geburtstages von Franz Wieacker, Ebelsbach am Main 1980, 25 ss., 51 ss.; A. Guarino, La coerenza di Publio Mucio, Napoli 1981; M. Bretone, Tecniche e ideologie dei giuristi romani, 2ª ed., Napoli 1982, 255 ss.; R.A. Bauman, Lawyers in Roman republican politics: a study of the Roman jurists in their political setting, 316-82 BC, München 1983, 230 ss.; A. Schiavone, Giuristi e nobili nella Roma repubblica, Roma-Bari 1987, 3 ss.; Id., Linee di storia del pensiero giuridico romano, cit., 41 ss.

 

[67] Per i frammenti superstiti, vedi J.-V. Le Clercq, Des journaux chez les Romains, cit., 344 ss.; H. Peter, Historicorum Romanorum reliquiae, I, 2ª ed., Stutgardiae 1914 [editio stereotypa 1967], 3 s. Le più recenti raccolte di frammenti sono opera di B.W. Frier, Libri Annales pontificum Maximorum. The Origins of the Annalistic Tradition, Rome 1979 [2ª ed. Ann Arbor 1998]; e di M. Chassignet, L’annalistique romaine, Tome I. Les annales des pontifes et l’annalistique ancienne (fragments), Texte établi et traduit par M. Ch., Paris 1996.

 

[68] Per i frammenti dei giuristi in questione, vedi F.P. Bremer, Iurisprudentiae antehadrianae, cit., 9 ss.; cfr. W. Kunkel, Herkunft und soziale Stellung der römischen Juristen, Weimar 1952, 6 ss.; L. Wenger, Die Quellen des römischen Rechts, Wien 1953, 473 ss.; F. Schulz, Storia della giurisprudenza romana, cit., 78 ss.

 

[69] Questo significato di religio è attestato da Cic. De nat. deor. 2.8 (cfr. 1.117); De leg. 1.60; De har. resp. 18. Sul significato di religio, H. Fugier, Recherches sur l’expression du sacré dans la langue latine, Paris 1963, 172 ss.; Ė. Benveniste, Le vocabulaire des institutions indo-européennes, 2. Pouvoir, droit, religion, Paris 1969, 265 ss.; H. Wagenvoort, Wesenzüge altrömischer Religion, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, I.2, Berlin-New York 1972, 348 ss. (ripubblicato col titolo Characteristic Traits of Ancient Roman Religion, in Id., Pietas. Selected studies in Roman Religion, Leiden 1980, 223 ss.); G. Lieberg, Considerazioni sull’etimologia e sul significato di religio, in Rivista di Filologia e di Istruzione Classica 102, 1974, 34 ss.; R. Muth, Von Wesen römischer religio, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, II.16.1, Berlin-New York 1978, 290 ss.; R. Schilling, L’originalité du vocabulaire religieux latin, in Id., Rites, cultes, dieux de Rome, Paris 1979, 30 ss.; E. Montanari, v. Religio, in Enciclopedia Virgiliana, IV, Roma 1988, 423 ss.

 

[70] Alla teologia sacerdotale doveva rifarsi anche il grande antiquario M. Terenzio Varrone, nel trattare degli dèi negli ultimi tre libri delle sue antiquitates rerum divinarum; la stessa suddivisione dell’argomento in: de dis certis, de dis incertis, de dis praecipuis atque selectis, sembra riflettere la cautela tutta sacerdotale, e la propensione per definizioni esaustive, nei confronti delle divinità che erano oggetto di culto. Su “teologia” varroniana e sistematiche sacerdotali, vedi ora F. Sini, «Fetiales, quod fidei publicae inter populos praeerant»: riflessioni su fides e “diritto internazionale” romano (A proposito di bellum, hostis, pax), in Il ruolo della buona fede oggettiva nell’esperienza giuridica storica e contemporanea. Atti del Convegno internazionale di studi in onore di Alberto Burdese, a cura di Luigi Garofalo, III, Padova 2003, 484 ss. = Sini F., Varr. De ling. Lat. 5.86 i rimskoe <mehdynarodnoe pravo> (razmywlenià o  fides, bellum, hostis, pax), in Ius Antiquum - Drevnee Pravo 12, (Moskva) 2003, 42-82. Pubblicato ora anche in versione elettronica: = http://www.dirittoestoria.it/iusantiquum/articles/Sini-Varr.de-ling-lat-5-86.htm .

 

[71] Sul valore da attribuire a questa espressione giuridico-religiosa, «certo antichissima, che indica l’insieme dei cittadini romani», P. Catalano: Populus Romanus Quirites, cit., 97 ss.