ds_gen N. 7 – 2008 – Contributi

 

Foto-ComenaleLA RESPONSABILITÀ PER I DANNI DA URTO

FRA AEROMOBILI (*)

 

MICHELe m. COMeNALE Pinto

Università di Sassari

 

 

Sommario: 1. Cenni introduttivi alla disciplina dell’urto fra aeromobili nel diritto vigente. – 2. La linea di demarcazione fra urto e danni a terzi in superficie. – 3. Assicurazione obbligatoria e limite risarcitorio. – 4. Carenza di previsioni sulla decadenza dell’esercente dal beneficio del limite. – 5. Abrogazione del limite risarcitorio ad hoc per i danni alle persone. – 6. L’individuazione della legge applicabile. – 7. Applicabilità della disciplina di diritto speciale ai soli aeromobili in volo. – 8. Le peculiarità della disciplina dell’urto aeronautico rispetto alla disciplina di diritto comune della responsabilità aquiliana. – 9. Alla ricerca di un «deep pocket». – 10. Le prospettive aperte dai due schemi di convenzione sui danni a terzi. – 11. Le interferenze con la disciplina della responsabilità vettoriale.

 

 

1. – Cenni introduttivi alla disciplina dell’urto fra aeromobili nel diritto vigente

 

Se dovessi limitare la mia trattazione alla disciplina de jure condito, potrei risolvere il mio contributo in un richiamo dei precedenti infruttuosi tentativi di addivenire ad un regime di diritto uniforme dell'urto, a partire dai primi studi del CITEJA, risalenti al 1931 ([1]), di cui peraltro ha tenuto conto (in particolare per quanto concerne l'individuazione della fattispecie) anche il legislatore del codice della navigazione italiano del 1942 ([2]), ricordando lo schema di convenzione elaborato nel 1964 ed esaminato nell'ambito della quindicesima sessione del comitato legale dell'ICAO ([3]).

Credo, invece, di non poter ignorare le prospettive aperte dal possibile diritto uniforme prossimo venturo (mi riferisco in particolare alle ipotesi di nuova disciplina dei danni a terzi per le attività aeronautiche oggi allo studio dell'ICAO, con l’ipotesi di adozione delle due convenzioni sui rischi «di carattere generale» e su quelli derivanti da interferenze illecite).

D’altra parte, sui progetti di disciplina uniforme dell’urto fra aeromobili, non aveva certo mancato di operare la sua influenza la Convenzione sull’urto marittimo, così come l’aveva operata sui testi in materia di urto in acque interne ([4]).

Al di là di ciò, salvo valutare le interferenze con la disciplina del trasporto aereo e con altri regimi di diritto uniforme relativi ad ipotesi di responsabilità extracontrattuale e così in particolare di quello dettato dalla Convenzione di Roma del 7 ottobre 1952, che ha sostituito la precedente convenzione di Roma del 19 maggio 1933 (mai entrata in vigore), in tema di danni a terzi in superficie, senza peraltro incontrare un particolare successo di ratifiche ([5]), potrei circoscrivere il mio discorso, facendo riferimento al diritto interno, ed eventualmente prendere in considerazione i connessi problemi di diritto internazionale privato. 

A prescindere dagli argomenti che si possono trarre sulla valutazione delle condotte dei comandanti di aeromobili, non mi pare che abbia conseguenze particolari sull'essenza della disciplina che qui ci interessa la considerazione della diffusione degli apparati anticollisione ([6]). E la medesima considerazione credo possa essere svolta per l’impiego dei velivoli a pilotaggio remoto, nella misura in cui essi possano essere considerati alla stregua di aeromobili, secondo l'impostazione fatta propria dall'art. 743, comma 2, del c. nav., nel testo introdotto dall'art. 5 del d. lgs. 9 maggio 2005, n. 96, come modificato dall'art. 8 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151 ([7]). Per inciso, va puntualizzato come fra gli effetti di quest’ultima riforma certamente rilevanti sul tema di cui sono stato chiamato ad occuparmi c’è quello della disciplina applicabile alle collisioni che coinvolgano gli apparecchi per il volo da diporto o sportivo di cui alla l. 25 marzo 1985, n. 106 ([8]): la loro espressa inclusione nella nozione di «aeromobile» porta finalmente a superare per l’urto (come per i danni a terzi in superficie) ingiustificate difformità di disciplina ([9]), ed anche le incertezze che avrebbero potuto registrarsi rispetto all’ipotesi della collisione fra uno di tali mezzi ed un altro apparecchio, che fosse stato da considerare «aeromobile» ([10]).

 

 

2. – La linea di demarcazione fra urto e danni a terzi in superficie

 

L'asse centrale di un discorso così concepito sarebbe verosimilmente costituito dall'esame della linea di confine tra le ipotesi che ricadono nell'ambito della disciplina dell'urto, rispetto a quelle che, viceversa, ricadono nel regime dei danni a terzi in superficie.

Il corpus centrale della disciplina dell'urto fra aeromobili e dell'urto misto (ovvero dell'urto fra una nave ed un aeromobile) ([11]), dettata dal codice della navigazione ([12]), su cui non ha sostanzialmente inciso la recente riforma del 2005-2006 ([13]), si incentra su un rinvio alle disposizioni del medesimo codice in materia di urto di navi (artt. 482-487). Inoltre è prevista espressamente l'estensione di tale disciplina anche alle ipotesi in cui l'urto non si sia concretizzato in una collisione materiale (come, ad esempio, nel caso in cui il danno si sia verificato in conseguenza dello spostamento d'aria od altra causa analoga, situazioni che si suole indicare cumulativamente con l'etichetta del cosiddetto «urto equiparato»: art. 967) ([14]). Infine, sono dettate alcune specificazioni in tema di danni a terzi in superficie in seguito ad urto (art. 968) ([15]) e di limitazione risarcitoria (art. 972) ([16]).

Peraltro, sembra interessante puntualizzare che, già nel testo originario del codice della navigazione, il legislatore aveva assoggettato alla medesima limitazione risarcitoria sia un regime di responsabilità per colpa, qual è quello per urto, sia un regime di c.d. responsabilità oggettiva, in tal modo smentendo quelle tesi che pretendono di individuare necessariamente una connessione fra aggravamento del meccanismo di imputazione risarcitoria e compressione quantitativa del risarcimento in concreto ottenibile dal danneggiato ([17]).

 

 

3. – Assicurazione obbligatoria e limite risarcitorio

 

In quest'ultimo ambito, a prescindere dai dubbi circa la rispondenza dei decreti legislativi in concreto adottati ai confini tracciati dalla delega conferita con la l. 9 settembre 2004 n. 265 ([18]), all'art. 2, comma 2, sembra interessante sottolineare come il testo vigente dell'art. 971 c. nav. determini il limite risarcitorio a carico dell'esercente, anche per le ipotesi di danno derivante da urto, come per quelle di danni a terzi in superficie, con riferimento «alle somme previste dalla normativa comunitaria come copertura assicurativa minima della responsabilità verso i terzi per incidente per ciascun aeromobile», ovvero ai massimali di cui all'art. 7 del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo ai requisiti assicurativi applicabili ai vettori aerei e agli esercenti di aeromobili 04/785/CE del 21 aprile 2004 ([19]). In astratto potrebbe forse formularsi qualche riserva circa l'inversione logica che vede il massimale di assicurazione obbligatoria condizionare il limite risarcitorio, piuttosto che l'inverso, come in genere si riscontra rispetto ad altre ipotesi di responsabilità in analoghi contesti.

 

 

4. – Carenza di previsioni sulla decadenza dell’esercente dal beneficio del limite

 

Mi sembra invece oltremodo più significativo che non sia prevista alcuna ipotesi di decadenza dell'esercente dal beneficio di tale limitazione, non essendo stata riprodotta una norma di contenuto analogo a quella dell'originario art. 971 c. nav., e del richiamo ad essa di cui all'art. 977 c. nav., nel testo antecedente alla novella dettata dall'art. 15 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151.

A prescindere da quelle che possono essere implicazioni e conseguenze sul regime di responsabilità per danni a terzi di superficie, che è comunque basato su un rinvio dinamico al diritto uniforme, credo che qualche perplessità possa e debba sorgere rispetto ad una limitazione che si applica sempre e comunque ad un regime di responsabilità sostanzialmente ancorato al criterio della colpa (in virtù del richiamo alla disciplina dell'urto fra navi), senza alcun aggravamento della posizione del soggetto che se lo vede imputato.

Se anche possa ritenersi soddisfatto il vincolo della certezza del risarcimento, a suo tempo evidenziato, sia pure con riferimento ad un regime di responsabilità contrattuale qual è quello del vettore aereo, dalla Corte costituzionale nella nota pronunzia n. 132 del 1985 ([20]), almeno sotto quest'ultimo profilo andrebbe forse messa in dubbio la legittimità della previsione, o quantomeno la sua opportunità.

 

 

5. – Abrogazione del limite risarcitorio ad hoc per i danni alle persone

 

Può invece certamente convenirsi in via di principio sull'opportunità dell'abrogazione (operata dal già menzionato art. 15 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151) della norma contenuta nel testo dell'originario art. 976 c. nav., che prevedeva un limite risarcitorio per i danni alle persone in caso di responsabilità per urto determinato nel medesimo importo del limite risarcitorio che era accordato al vettore aereo per i danni da morte e lesioni personali subite dai passeggeri, alla stregua del precedente testo dell'art. 943 c. nav. ([21]), e dunque in misura inferiore a quella cui era commisurato il limite per i danni subiti da ciascuna persona dal testo originario dell'art. 968, comma 1, c. nav. (oggi sostituito per effetto dell'art. 15 del d. lgs. 15 marzo 2006 n. 151). La limitazione ad hoc per tale categoria di danni era evidentemente intesa a scoraggiare un'amplificazione del contenzioso, con la promozione di giudizi dei passeggeri danneggiati (e più probabilmente dei loro aventi causa) contro l'esercente dell'altro aeromobile coinvolto nel sinistro, nel tentativo di eludere i limiti risarcitori nel trasporto aereo di persone ([22]): una volta che, con il regolamento del Consiglio 97/2027/CE sulla responsabilità del vettore aereo con riferimento al trasporto aereo dei passeggeri e dei loro bagagli del 9 ottobre 1997 (oggi vigente nel testo emendato dal successivo regolamento 02/889/CE del 13 maggio 2002) e la Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, tali limiti non sussistono più ([23]), era venuta meno anche la ragione di mantenere una corrispondente previsione nell'ambito della disciplina dei danni da urto.

 

 

6. – L’individuazione della legge applicabile

 

Nell’attuale carenza di un quadro normativo vigente di diritto uniforme l'ipotesi di urto fra aeromobili, sotto il profilo dell’individuazione della legge applicabile, ricade oggi nell’ambito della previsione di cui all’art. 12 c. nav. (legge nazionale comune degli aeromobili, se comune, altrimenti legge italiana), che peraltro contempla soltanto il caso dell’urto che si verifichi al di fuori del territorio o dello spazio assoggettato alla sovranità di uno Stato. Viceversa, per il danno che si produca in un ambito assoggettato alla sovranità di uno Stato si è a suo tempo ritenuta applicabile la lex loci commisi delicti, ai sensi dell’art. 25 disp. prel. cod. civ. ([24]).

Il criterio è stato sostituito, nel sistema vigente, dal riferimento al luogo in cui si verifica l’evento (salvo che il danneggiato invochi la legge del luogo in cui si è verificato il fatto che ha causato il danno), ai sensi dell’art. 62, comma 1, della l. 31 maggio 1995, n. 218; è fatta salva l’ipotesi (comma 2) del fatto illecito che coinvolga soltanto cittadini di un medesimo Stato in esso residenti, la cui legge potrà in tal caso essere applicata.

Alla medesima ratio si ispira la disciplina del regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio sulla legge applicabile alle obbligazioni extracontrattuali 07/864/CE dell’11 luglio 2007, che entrerà in vigore dall’11 gennaio 2009: è affermata la prevalenza in generale (ai sensi dell’art. 4) della legge del luogo in cui si verificano le conseguenze del fatto dannoso, con estensione di tale disciplina anche alle ipotesi di limitazione della responsabilità, ex art. 15, lett. c del medesimo regolamento comunitario ([25]). Va però evidenziato che anche tale disciplina non considera l’ipotesi in cui il danno si sia prodotto in un ambito non assoggettato alla sovranità di alcuno Stato, come potrebbe essere (nel caso che qui ci interessa) lo spazio aereo internazionale: rispetto ad una siffatta collocazione, quindi, sembrerebbe ritenersi ancora applicabile l’art. 12 c. nav.

 

 

7. – Applicabilità della disciplina di diritto speciale ai soli aeromobili in volo

 

Ipotizzando l'applicabilità della legge italiana, il quadro normativo oggi vigente richiede, analogamente ad altre legislazioni aeronautiche, per l'integrazione dell'ipotesi di urto fra aeromobili o di urto misto il requisito del movimento di entrambi i mobili della navigazione coinvolti (art. 966 c. nav.), condizione viceversa non richiesta per l’urto fra navi: gli aeromobili dovranno poter essere considerati in volo, così come le navi coinvolte in un urto con un aeromobile devono essere in movimento ([26]).

Peraltro, va puntualizzato che, conformemente ad analoga (e più dettagliata) disciplina contenuta nella Convenzione di Roma del 1952 (art. 1, § 2) ([27]), l’aeromobile, ai sensi del secondo comma dell’art. 966 c. nav., si considera in volo «dall'inizio delle manovre per l'involo al termine di quelle di approdo».

Tale formula, secondo la lettura più accreditata (riferita peraltro alla corrispondente previsione che nel testo originario del codice della navigazione delimitava l’ambito di applicazione della responsabilità per danni a terzi in superficie: art. 965 c. nav. v.s.), va «interpretata in conformità della più ... precisa norma» della Convenzione di Roma ([28]).

Da ciò deriva che la disciplina speciale vigente in Italia per l’urto aeronautico si applica anche, per gli aeromobili a motore, dal momento dell’accensione al momento dello spegnimento dell’apparato propulsivo per le finalità del volo e, dunque, anche nella fase in cui l’apparecchio si trova a contatto con il suolo.

Al di là di quella che può essere la valutazione sull’efficienza della soluzione adottata dal legislatore, l’inclusione delle fasi in cui l’aeromobile si trova in tale specifica condizione nell’ambito di applicazione della disciplina speciale è giustificata dalla sua (relativa) rischiosità: è stato esattamente sottolineato che si tratta di uno dei momenti più critici della navigazione aerea ([29]). Tale considerazione è suffragata da una casistica di incidenti catastrofici che vede coinvolti proprio aeromobili in tale fase, in particolare con episodi di «runway incursions», come è accaduto anche, in Italia, nella nota vicenda di Linate dell’8 ottobre 2001 ([30]), e nell’aeroporto di Tenerife il 27 marzo 1977, in quello che è stato il più grave sinistro della storia dell’aviazione civile, fino agli attacchi terroristici del settembre 2001 ([31]).

La collisione fra un aeromobile in volo ed un altro fermo rientra nella disciplina dei danni a terzi in superficie. Peraltro, poiché la limitazione risarcitoria di cui può avvalersi l’esercente è riferita alla sola responsabilità per urto, che appunto richiede il movimento di entrambi i mobili coinvolti, nella misura in cui la collisione sia da ascrivere a colpa imputabile all’esercente dell’aeromobile fermo (tale da far ricadere su di lui la responsabilità sulla base delle regole di diritto comune e, al contempo, escludere la responsabilità per danni a terzi in superficie dell’altro esercente), non si potrà far luogo ad alcuna limitazione ([32]).

Tale conseguenza, secondo avvertita dottrina, sarebbe da considerare come un «inconveniente» ([33]). A me sembra però che, al di là della non agevole verificabilità in concreto dell’ipotesi considerata ([34]) (e a prescindere dall'opportunità dei limiti in generale), la questione dovrebbe essere impostata in termini in parte diversi da quelli suggeriti dalla dottrina qui ricordata, che, se non si è mal inteso, lamenta la sperequazione della posizione dell’esercente dell’aeromobile fermo in ordine all’applicazione della limitazione. Da un lato, a mio avviso, occorrerebbe chiedersi se il supposto «inconveniente» non si risolva in un’ingiustificata disparità di trattamento rispetto a situazioni omogenee (tale, insomma, da integrare una violazione del principio di uguaglianza ex art. 3 Cost.); dall’altro, andrebbe valutato se il problema non sia a monte, ovvero se sia da mantenere il campo di applicazione odierno della responsabilità per urto (ed eventualmente chiedersi se l’«inconveniente» o l’ipotetico contrasto con il principio di uguaglianza non sia da individuare proprio sotto questo profilo).

Analogamente, la collisione fra aeromobile in volo e nave non in movimento rientra nella disciplina dei danni a terzi in superficie. Come ha a suo tempo avvertito autorevole dottrina non si tratta di «danno da urto per il solo fatto che si abbia, oltre ad un aeromobile in volo, una nave in movimento (ben potendo esservi danno in superficie a carico di una nave in movimento» ([35]). In realtà, per «potersi parlare di urto tra aeromobile in volo e nave in movimento dovrà intervenire un incidente, che possa farsi rientrare nell’ambito dell’urto, sia pure latamente inteso ...; non vi sarebbe, viceversa ragione di non considerare danno sulla superficie quello arrecato da aeromobile in volo a nave in navigazione» ([36]).

L'ipotesi opposta di collisione fra nave in movimento ed aeromobile fermo (nella pratica, da un punto di vista probabilistico, immaginabile più agevolmente rispetto ad un idrovolante alla fonda) sarebbe viceversa destinata a ricadere nell'ambito della disciplina di diritto comune ([37]).

 

 

8. – Le peculiarità della disciplina dell’urto aeronautico rispetto alla disciplina di diritto comune della responsabilità aquiliana

 

A ben guardare, però, la disciplina speciale della responsabilità per danni da urto, come recata nella parte prima del codice della navigazione, relativa alla navigazione per acqua, non reca deroghe particolarmente significative al regime generale della responsabilità extracontrattuale recato dal codice civile ([38]). L’urto aeronautico è, inoltre, caratterizzato dalla limitazione risarcitoria in favore dell’esercente (oggi ex art. 972 c. nav., come sostituito dall’art. 15 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151).

In effetti, come è esplicitamente affermato nella Relazione accompagnatoria del Ministro Guardasigilli al codice della navigazione, ha risposto all’intento di trasporre nel nostro codice della navigazione la disciplina dettata dalla Convenzione di Bruxelles del 23 settembre 1910 ([39]), al di là della volontà di dettare regole che caratterizzassero in maniera particolare la relativa disciplina rispetto a quella della responsabilità aquiliana di diritto comune ([40]). Il regime della Convenzione di Bruxelles del 1910 ha avuto un maggior rilievo in quegli ordinamenti che non conoscevano il principio della proporzionalità della colpa nel caso di urto per colpa comune. Un esempio in tal senso è ravvisabile nell’art. 662, prima parte, del previgente codice di commercio del 1882, prima della novella di cui alla l. 14 giugno 1925, n. 938, di adeguamento ai principi della Convenzione di Bruxelles del 1910. Nel testo originario, tale norma prevedeva che: «Ove non risulti a quale tra le navi urtate sia imputabile la colpa, o se la colpa risulti comune, ognuna sopporta i danni e le perdite che ha sofferto, senza diritto a ripetizione» ([41]). D'altra parte, va puntualizzato come proprio il testo novellato dell'art. 662 c. comm. alla stregua della Convenzione di Bruxelles del 1910 sia stato uno dei fattori che ha ispirato prima la dottrina e la giurisprudenza a generalizzare il principio della riduzione proporzionale del credito in caso di concorso di colpa del creditore, e poi il legislatore a recepirlo nell'art. 1227 c. civ. ([42]).

A tale disciplina, non ravvisando ragioni per distaccarsene in materia aeronautica ([43]) è stato improntato anche il trattamento riservato all’urto nella parte II del codice della navigazione, salvo avvertire l’esigenza di delineare il campo di applicazione, per distinguerlo da quello della responsabilità per danni a terzi in superficie, seguendo le indicazioni recate dal Progetto di convenzione di diritto uniforme elaborato nell’ambito del CITEJA ([44]): il movimento di tutti i mobili della navigazione coinvolti traccia la linea di demarcazione fra l'urto di aeromobili e misto, da un lato, e l'urto fra nave dall'altro ([45]).

Come per l'urto fra navi, alla stregua del rinvio di cui all'art. 974 c. nav., occorre distinguere fra urto per colpa unilaterale, urto per colpa comune ed urto fortuito ([46]), e valgono le medesime presunzioni di non imputabilità della causa e di uguaglianza della colpa. Si tratta quindi di una disciplina dettata prevalentemente per ragioni storiche (non riferibili, come tali, alla navigazione aerea) ([47]), che non apporta elementi diversi da quelli che potrebbe essere ricavati alla stregua del diritto comune ([48]), se non per la presunzione dell'equivalenza della colpa di cui non possa determinarsi la proporzione ([49]) e per l'affermazione della responsabilità in solido per i danni alle persone nell'urto per colpa comune, contenute entrambe nell’art. 484 c. nav. ([50]).

D'altra parte, la mancata individuazione della necessità di apportare deroghe rispetto ai comuni principi della responsabilità civile, in assenza comunque di un regime vigente di diritto uniforme, ha condotto vari legislatori nazionali ad astenersi dal dettare regole specifiche per la responsabilità per i danni da urto fra aeromobili ([51]), o a risolvere la disciplina in un semplice rinvio alle norme generali sulla responsabilità aquiliana ([52]).

Per il medesimo ordine di ragioni, non sembra che la scelta del legislatore italiano della riforma del 2005-2006 di non estendere agli aeromobili di Stato ed equiparati ([53]) la disciplina della responsabilità per urto contenuta dal codice della navigazione (con soluzione diversa da quella affermata, rispetto ai danni a terzi in superficie, dall'art. 965, u.c., c. nav., nel testo sostituito dall'art. 15 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151) possa indurre a valutazioni diverse per le collisioni che coinvolgano tali aeromobili, rispetto a quelle che coinvolgono gli aeromobili civili, dovendosi assumere tali ipotesi come assoggettate al diritto comune ([54]).

 

 

9. – Alla ricerca di un «deep pocket»

 

Va incidentalmente ricordato come la prospettiva di trovare scarsa soddisfazione, in particolare in ragione delle limitazioni di cui potevano avvalersi i soggetti che più immediatamente potevano individuarsi come responsabili di sinistri aeronautici, ha richiamato in vari casi giudiziari l’attenzione degli avvocati delle parti danneggiate sugli enti di controllo, o comunque su altri soggetti che di quelle limitazioni non potevano avvalersi ([55]) alla ricerca del «deep pocket» in cui affondare la mano per ottenere un risarcimento adeguato ([56]). La questione è in parte decantata in ragione di quella che è stata l’evoluzione della responsabilità vettoriale per il trasporto di persone, che ha avuto il suo momento più significativo con l’adozione, a livello di diritto uniforme, della già menzionata Convenzione di Montreal del 1999 ([57]). Resta in ogni caso attuale la questione delle azioni di rivalsa che le compagnie aeree potrebbero vedersi indotte a proporre, anche contro le organizzazioni di controllo del traffico aereo, dopo aver dovuto risarcire i propri passeggeri o i terzi, in conseguenza di incidenti che siano ricollegabili all’attività di queste ultime.

 

 

10. – Le prospettive aperte dai due schemi di convenzione sui danni a terzi

 

Il quadro così delineato sarebbe destinato ad essere sovvertito, se dovesse concludersi l’iter di adozione dei due strumenti di diritto uniforme oggi allo studio in ambito ICAO a cui ho fatto riferimento nella parte iniziale del mio discorso. Incidentalmente è da avvertire come l'eventuale ratifica ed entrata in vigore da parte dell'Italia di strumenti di diritto uniforme di contenuto coincidente con quelli a cui stiamo qui riferendoci mostra un lato debole del pur interessante meccanismo di rinvio dinamico al diritto uniforme introdotto con la recente revisione della parte aeronautica del codice della navigazione ([58]): tale tecnica di intervento è stata, fra l'altro, seguita con riferimento alla responsabilità dell'esercente per i danni a terzi in superficie dall’art. 965 c. nav., nel testo introdotto dall’art. 15 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151, con norma che non ha, però, alcuna corrispondenza nella disciplina dell’urto di aeromobili. Come si è accennato i due testi di diritto uniforme sui danni a terzi finiscono per coprire anche il campo della responsabilità per urto.

Il problema si porrebbe, nell'ipotesi formulata, se, entrato in vigore anche a livello di diritto interno tale futuro diritto uniforme, fosse possibile ipotizzare un margine in cui esso non fosse applicabile ex se in ambito nazionale. In effetti, la questione della definizione dell'ambito di applicazione delle due future convenzioni non sembra ancora pacifico. Ad una prima stesura che (inopportunamente) lasciava fuori dal campo di applicazione delineato nei due schemi di convenzione (art. 2 convenzione sulle interferenze illecite; art. 2 convenzione sul rischio generale) i casi in cui non ricorresse un elemento di estraneità rispetto allo Stato in cui i danni si siano prodotti, ne sono seguite altre che prevedono la possibilità di un'applicazione a prescindere da tale elemento, su decisione di ciascun Stato parte, chiamato peraltro, ove intenda operare tale estensione, a formalizzare una dichiarazione in tal senso ([59]).

In effetti, è auspicabile per un regime di responsabilità extracontrattuale, seguire quella tendenza di massima estensione del campo di applicazione degli strumenti di diritto uniforme che, a partire dal secondo dopoguerra, ha in prevalenza caratterizzato l’operato del legislatore internazionale nel campo della navigazione, con l’adozione di discipline applicabili anche a rapporti che si esaurivano integralmente in un unico ordinamento ([60]). Rispetto a tale tendenza, però, va registrata anche come faccia significativamente eccezione la disciplina del trasporto e della responsabilità vettoriale ([61]), così come anche quella adottata per i danni a terzi in superficie con la Convenzione di Roma del 1952 ([62]).

Occorrerebbe allora chiedersi se il richiamo dall’art. 965 c. nav., possa essere tale da modificare la qualificazione della fattispecie «danni a terzi» e ad includervi quindi anche i danni conseguenti all'urto, con effetto abrogativo della disciplina incentrata sull'oggi vigente art. 966 c. nav., o se, viceversa, il richiamo alla disciplina di diritto uniforme vada inteso in maniera frammentaria, basandosi sulle norme definitorie del codice della navigazione (escludendo, quindi, l'estensione della disciplina all'urto). Si porrebbe peraltro in generale il problema dell'efficacia dell'eventuale estensione unilaterale da parte dell'Italia nell'ambito di intervento del Fondo integrativo previsto dallo schema di convenzione sul rischio da interferenze illecite.

Occorre partire dalla constatazione che il regime di responsabilità introdotto in entrambi i testi in questione, ai sensi delle disposizioni contenute nei rispettivi art. 2, § 1, si applica ai danni ai terzi che si verifichino nel territorio di uno degli Stati contraenti causati da un aeromobile in volo, tenuto conto della definizione di «terzo» contenuta nei rispettivi art. 1 (art. 1, lett. h schema di convenzione sulle interferenze illecite; art. 1, lett. f, schema di convenzione sul rischio generale) che comprende (esplicitamente per il caso di urto) anche l’operator, il proprietario e l'equipaggio dell'altro aeromobile coinvolto, nonché i passeggeri, il mittente e destinatari della merce a bordo dell'altro aeromobile coinvolto. Peraltro, la previsione di responsabilità solidale fra gli operator di più aeromobili che fossero coinvolti nel medesimo sinistro che cagioni danni a terzi (art. 5 schema di convenzione sulle interferenze illecite; art. 4 schema di convenzione sul rischio generale), in ragione della definizione di «terzo» più sopra evocata implica in generale che in caso di urto sia comunque la responsabilità solidale verso tutti tali soggetti terzi di ogni operator coinvolto.

 

 

11. – Le interferenze con la disciplina della responsabilità vettoriale

 

Il regime di responsabilità che emerge dai due progetti ICAO sui danni a terzi si fonda su un criterio di imputazione che non richiede un collegamento alla colpa del soggetto su cui ricade (art. 3 convenzione sulle interferenze illecite; art. 3, § 1, schema di convenzione sul rischio generale), assistita però da un meccanismo di limitazione risarcitoria (art. 4 schema di convenzione sulle interferenze illecite; art. 3, § 2, schema di convenzione sul rischio generale).

Per i danni da interferenze illecite è previsto l'intervento integrativo di un fondo risarcitorio (art. 19 schema di convenzione sulle interferenze illecite), con finanziamento a carico dei passeggeri e delle merci in partenza dagli Stati aderenti ([63]), sul modello di quello introdotto in campo marittimo per il risarcimento dei danni da inquinamento da idrocarburi non coperti dalla responsabilità del proprietario, nel sistema delle convenzioni CLC-FUND (Convenzione di Bruxelles del 29 novembre 1969 sulla responsabilità civile del proprietario di navi per inquinamento da idrocarburi e Convenzione di Bruxelles del 18 dicembre 1971 sul fondo internazionale per il risarcimento dei danni da idrocarburi e relativi protocolli modificativi) ([64]), seguito peraltro anche dalla (non ancora vigente) Convenzione di Londra del 3 maggio 1996 sulla responsabilità nel trasporto marittimo di sostanze nocive e pericolose (c.d. HNS) ([65]).

Per i danni da rischio generale è altresì previsto un secondo livello risarcitorio con possibilità di prova liberatoria dell’operator, deliberatamente ispirato al two-tier system a carico del vettore nella Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 ([66]). Va al di là dei confini del tema affidatomi, ma credo interessante richiamare l'attenzione sulla tendenza del diritto uniforme aeronautico ad adottare il medesimo paradigma per regimi che (almeno nella nostra ottica di sistemi giuridici di civil law) vanno ricondotti alla responsabilità contrattuale, come nel caso della responsabilità vettoriale, e regimi di responsabilità extracontrattuale, com'è comunque la responsabilità per i danni a terzi di superficie e quella per i danni da urto ([67]).

Interessante appare poi l'affermazione della canalizzazione dell'imputazione, contenuta espressamente in entrambi gli schemi di convenzione di diritto uniforme, con l'evocazione del principio dell'esclusività dell'azione (art. 27 schema di convenzione sulle interferenze illecite; art. 10 schema di convenzione sul rischio generale); si tratta di previsioni che sbarrano la strada rispetto alla possibile ricerca di soggetti da aggredire in via giudiziale che non possono avvalersi delle medesime difese (eccezioni e limiti risarcitori) dei soggetti su cui viene canalizzata la responsabilità. È da chiedersi se l’espressa formulazione in tal senso di una norma specifica in un contesto destinato comunque ad interagire con la Convenzione di Montreal del 1999 non debba indurre ad una maggiore prudenza nell'interpretazione (nel senso di norma introduttiva di un sistema di canalizzazione) della previsione contenuta nell'art. 29 di tale ultimo testo di diritto uniforme, nonché della corrispondente previsione dell’art. 24 della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, trattandosi in realtà di previsioni ab origine formulate (esclusivamente) al fine di escludere il concorso tra responsabilità contrattuale e responsabilità extracontrattuale, in quegli ordinamenti in cui in astratto ciò fosse possibile, al fine di ottenere con la propria azione un risultato più vantaggioso di quello che si sarebbe altrimenti ottenuto ([68]).

Semmai, occorre riflettere proprio sul fatto che le due convenzioni allo studio implicano proprio la possibilità di un concorso di responsabilità (contrattuale, almeno nella nostra prospettiva) del vettore con quella che ricade su di lui come operator dell’aeromobile coinvolto in una collisione, in solido con l'altro o gli altri operator i cui velivoli siano implicati nel medesimo incidente. Certamente, la previsione della possibilità di agire quale terzo sulla base dei meccanismi di imputazione previsti dai due schemi di convenzione a cui si è fatto riferimento, lascia al passeggero o ai suoi aventi causa un margine per ottenere un risarcimento maggiore di quello che potrebbe ottenere alla stregua dell'art. 21, § 2, della Convenzione di Montreal, agendo contro il proprio vettore, lì dove ricorrano (e siano provate) le circostanze evocate dalle lettere a) e b) di tale previsione.

Va, infine, posta in luce la non esclusione assoluta del danno meramente psicologico (art. 3, § 5, convenzione sulle interferenze illecite; art. 3, § 6, convenzione sul rischio generale), la cui risarcibilità nell'ambito delle azioni contro il vettore alla stregua della Convenzione di Montreal del 1999, secondo la maggior parte dei commentatori, non è ammessa ([69]). Ciò implica che, attraverso il ricorso (ammesso, in deroga al già menzionato art. 29 della Convenzione di Montreal) all’azione extracontrattuale, il passeggero (o il suo avente causa) potrebbe ottenere un risarcimento più ampio non solo sotto il punto di vista quantitativo di quello che potrebbe ottenere sulla base dell’azione alla stregua della Convenzione di Montreal (risarcimento non limitato ai 100000 DPS pure nei casi in cui ricorrano le circostanze evocate dalle lettere a) e b) dell’art. 21, § 2, della Convenzione di Montreal), ma anche qualitativo (risarcimento dei danni da pure emotional distress).

 



 

* Relazione al Convegno «Nuovi profili di responsabilità e di assicurazione nel diritto aeronautico» - Università di Roma «La Sapienza» - 28/29 maggio 2008.

 

[1] Seguì l’elaborazione dello schema di Antonio Ambrosini, che costituì la base del testo approvato nell’XI sessione del CITEJA del 1936, sottoposto (senza esito, per le riserve di alcune delegazioni, e l’opposizione netta di quella statunitense) alla IV Conferenza internazionale di diritto privato aeronautico del 1936 a Bruxelles: v. amplius Giannini, L’urto fra aeromobili alla Conferenza di Bruxelles, in Riv. dir. aeron. 1938, 316, ora in Nuovi Saggi di diritto aeronautico, II, Milano, 1940, 413; Spasiano, Sulla disciplina della responsabilità per danni da urto e per danni a terzi sulla superficie, in Studii per la codificazione del diritto della navigazione, IV, 1941, 1053, 1081 ss.

 

[2] Cfr. Rel. min. c. nav., § 612 ss. Il Progetto di Convenzione sull’urto esaminato nella IV Conferenza internazionale di diritto privato aeronautico tenutasi a Bruxelles nel 1938 è in Giannini, L’urto fra aeromobili alla Conferenza di Bruxelles, ora in Nuovi Saggi di diritto aeronautico, II, Milano, 1940, 413.

 

[3] Il testo è riprodotto in Mateesco Matte, Treatise on Air-Aerial Law, Montreal - Toronto, 1981, 780. V. in generale Mankiewics, Le project de Convention relative à l’àbordage aérien elaborè par le Comité Juridique dell’O.A.C.I. en 1964, in Rev. fr. dr. aér. 1965, 34 ss.

 

[4] Convenzioni di Ginevra, del 9 dicembre 1930 e del 15 marzo 1960 sull’unificazione delle regole in materia di urto in acque interne: cfr. Righetti, Trattato di diritto marittimo, III, Milano, 1994, 332. In particolare sul secondo dei due testi di diritto uniforme menzionati, v. Giannini, La Convenzione di Ginevra 1960 sulla collisione tra battelli della navigazione interna, in Riv. dir. nav. 1960, I, 300. V. in generale Romanelli, Principî comuni nelle convenzioni internazionali in materia di trasporto, relazione al convegno per il centenario della Rivista “Il Diritto Marittimo” (Genova, 22-23 gennaio 1999) in Dir. mar. 1999, 197.

 

[5] Già agli albori della codificazione del diritto aeronautico si era pervenuti alla consapevolezza che «se nella navigazione marittima l’urto comprende tutti i possibili danni, che vengono arrecati da una nave in corso di navigazione, fino ad una zona marginale — quella dei danni ad una costruzione galleggiante o fissa ... — in cui una disciplina adeguata è costituita dal diritto comune; nella navigazione aerea, per le differenze che sono facilmente intuibili, al di fuori dell’urto rimane una larghissima zona, cui non si è ritenuta confacente la disciplina, del diritto comune, e relativamente alla quale sono stati stabiliti regolamenti internazionali, dei quali il legislatore italiano deve necessariamente tener conto»: Spasiano, Sulla disciplina della responsabilità per danni da urto e per danni a terzi sulla superficie, cit., 1054.

 

[6] In tema, da ultimo, v. Comenale Pinto, Sistemi di bordo anticollisione e relative problematiche giuridiche, in Sicurezza, Navigazione e trasporto, a cura di Tranquilli Leali e Rosafio, Milano, 2008, 37.

 

[7] Cfr., nella letteratura italiana recente: La Torre, Gli UAV: mezzi aerei senza piloti, in Sicurezza, Navigazione e trasporto, cit., 93. Per la rispondenza degli aeromobili senza pilota al tipo dell’«aeromobile», sulla base dell’art. 8 della Convenzione di Chicago del 7 dicembre 1944, v. da ultimo Kaiser, Legal Aspects of Unmanned Aerial Vehicles, in ZLW 2006, 344, 348. In generale per la rispondenza alla nozione di «aeromobile» della Convenzione di Chicago, nella letteratura francese, v. Dupont, Les drones en question, in R.F.D.A. 2006, 97.

 

[8] Ai sensi dell’art. 1 del testo originario di tale legge, gli apparecchi in questione, in quanto «compresi nei limiti indicati nell'allegato annesso» alla medesima legge, non erano «considerati aeromobili ai sensi dell'art. 743 del codice della navigazione».

 

[9] Per l’affermazione espressa dell’applicabilità, in conseguenza della novella operata dal d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151, della disciplina dell’urto di aeromobile anche agli apparecchi per il volo da diporto o sportivo, v. Franchi, La nuova disciplina del volo da diporto o sportivo dopo la riforma del codice della navigazione, in Resp. civ. prev. 2007, 4, 17. In giurisprudenza, a suo tempo, per l’affermazione che al volo da diporto o sportivo (esclusa l’applicabilità della disciplina della responsabilità per conduzione di veicoli senza guida di rotaie, di cui all’art. 2054 c. civ.) fosse comunque applicabile il regime di responsabilità per attività pericolose, di cui all’art. 2050 c. civ. (Trib. Roma, 22 maggio 2002, in Dir. trasp. 2003, 953, con nota di Antonini, Assicurazione della responsabilità della scuola di pilotaggio e azione diretta del danneggiato). In dottrina, i commenti alla disciplina originaria della l. 25 marzo 1985, n. 106 tendevano ad affermare l’applicabilità ai sinistri che coinvolgessero apparecchi per il volo da diporto o sportivo della disciplina di diritto comune sulla responsabilità extracontrattuale (art. 2043 ss.), non ravvisando i presupposti dell’attività pericolosa, con esclusione, dunque, dell’imputazione ex art. 2050 c. civ. (Antonini, Responsabilità ed assicurazione nel volo da diporto o sportivo, in Cinquant'anni di codice della navigazione: profili di responsabilità degli operatori del settore aereo, atti del convegno giuridico di Roma, 2-3 dicembre 1992, a cura di B. Franchi, Roma, s.d. (ma 1993), 47, 60 ss.

 

[10] Questa ipotesi era considerata da Antonini, Responsabilità ed assicurazione, cit., 62, con soluzione che non sembra incontrovertibile, come assoggettata comunque al diritto comune. A me non sembra così pacifica l’esclusione dal campo di applicazione della disciplina della responsabilità per danni a terzi in superficie dell’esercente dell’aeromobile considerato come tale dal legislatore dell’epoca, almeno per l’ipotesi in cui la collisione avvenga a terra, salvo che non fosse avvenuta per colpa ascrivibile a colpa nell’impiego dell’apparecchio per il volo da diporto o sportivo (ai sensi dell’art. 965, comma 2, lett. b, nel testo originario). Più complessa appare, sulla base della disciplina precedentemente in vigore, la valutazione delle collisioni in aria, se si ritiene che il riferimento alla «superficie» delimiti l’ambito spaziale di applicazione del vecchio testo dell’art. 965 c. nav. (peraltro la medesima espressione è presente anche nel testo odierno dell’art. 965 c. nav.), fermo restando che l’apparecchio per il volo da diporto o sportivo, ancorché in movimento, non poteva essere giuridicamente considerato un aeromobile e non era una nave.

 

[11] Occorre segnalare che si tratta di una soluzione che non ha corrispondenza in tutti gli ordinamenti. Così, ad esempio, in Francia, in assenza di una previsione ad hoc, l’ipotesi in questione sembra ricondotta ai danni a terzi in superficie: De Juglart, Traité de droit aérien, I, Paris, 1989, 756. Peraltro, la soluzione da dare al caso, prima dell’entrata in vigore del codice della navigazione, era assai controversa: cfr. Spasiano, Sulla disciplina della responsabilità per danni da urto, cit., 1074 ss.

 

[12] Anteriormente all’emanazione del codice della navigazione l’urto aeronautico era sommariamente disciplinato dagli artt. 39 e 44 del r.d.l. 20 agosto 1923 n. 2207 che si applicava anche in caso di collisione con un aeromobile fermo e che, tra l’altro, imponeva l’onere della protesta entro tre giorni per l’ammissibilità dell’azione.

 

[13] Così Turco Bulgherini, La riforma del codice della navigazione parte aerea, in N.L.C.C. 2006, 1341, 1363.

 

[14] Con conclusione analoga a quella cui può pervenirsi in altri ordinamenti (v. in tal senso De Juglart, Traité de droit aérien, I, cit., 757; Tosi, Responsabilité aérienne, Paris, 1978, 260; Morsello, Responsabilidade civil no transporte aéreo, São Paulo, 2006, 268; Videla Escalada, Manual de derecho aeronáutico, Buenos Aires, 1996, 504) e che trova il suo antecedente storico nell’art. 2 del Progetto del CITEJA. Circa la specifica disposizione italiana (con riferimento al testo originario dell’art. 974, comma 1, c. nav.), v. Grigoli, L’esercizio dell’aeromobile, Milano, 1988, 458. In particolare, sono state indicate come rientranti nella nozione le conseguenze delle turbolenze causate dal passaggio di un aeromobile sul volo di un altro: Tosi, Responsabilité aérienne, cit., 261.

 

[15] La previsione corrisponde a quella dell’art. 978 c. nav., nel testo precedente alla novella apportata dall’art. 15 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151. Rispetto ad essa, v. a suo tempo Romanelli, I danni da aeromobile sulla superficie, Milano, 1970, 182 ss., che da tale previsione argomentava l’irrilevanza, nel regime dei danni a terzi in superficie, del fatto illecito altrui.

 

[16] Antecedentemente alla novella apportata dall’art. 15 del d. lgs. 15 marzo 2006, n. 151 la materia era regolata dagli artt. 975 ss.; oggi si risolve in un richiamo della corrispondente disciplina dettata per i danni a terzi in superficie.

 

[17] V. amplius Romanelli - Comenale Pinto, Urto di aeromobili, in IV Digesto ital., Sez. commerciale, XVI, Torino, 1999, 318.

 

[18] V. Comenale Pinto, La novella del codice della navigazione italiano, in Estudios de derecho aerónautico y espacial - XXXI Jornadas Latinoamericanas de derecho aerónautico y espacial, a cura di Folchi, Guerrero Lebrón e Parra, Madrid, 2008, 205, 215. Analoghe perplessità sono espresse (rispetto ad un pur marginale intervento sull’art. 493 c. nav. operato dal medesimo legislatore della riforma della parte aeronautica) da Camarda, Il soccorso in mare, Milano, 2006, X, nota alla premessa. Per una lettura ampia della legge di delega (ma che non sembra comunque poter giustificare l’operato del legislatore delegato sul punto specifico qui in esame) v. Rosafio, Il trasporto aereo di cose – Riflessioni sul nuovo regime legale, Milano, 2007, 21.

 

[19] Nella dottrina italiana, v. Grigoli, Un incisivo intervento del legislatore comunitario per integrare le garanzie assicurative richieste al vettore aereo ed all'esercente dell'aeromobile, in Assic. 2005, I, 34. Sugli aspetti connessi alla riforma del codice, v. Mastrandrea – Tullio, Il compimento della revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, in Dir. mar. 2006, 699, 734; cfr. anche Vernizzi, Brevi note sul nuovo assetto delle assicurazioni aeronautiche a seguito dei decreti legislativi nn. 96/2005 e 151/2006, in Resp. civ. e prev. 2006, 1946.

 

[20] C. cost., 6 maggio 1985, n. 132, in Dir. mar. 1985, 751, con nota di Fogliani, La limitazione della responsabilità del vettore aereo internazionale di persone nel giudizio della Corte costituzionale, nonché in Foro it. 1985, I, 1586, con nota di Pardolesi. In tema cfr. altresì Rinaldi Baccelli, La Convention de Varsovie devant la Constitution italienne, in A.A.L.S. 1985, 217; Camarda, Profili di illegittimità costituzionale dell'art. 943 c. nav., dell'art. 22 della Convenzione di Varsavia e dell'art. 11 del Protocollo dell'Aja, in Dir. aereo 1979, 9.

 

[21] Rel. min. c. nav., § 614. Sul punto, v. Grigoli, L’esercizio, cit., 460 (che pone tuttavia in dubbio l’opportunità di quella che era la soluzione allora vigente, in ragione con la difformità del limite invece allora in vigore per il danno alle persone rispetto alla responsabilità per danni a terzi in superficie: ivi, 461).

 

[22] Nell’ambito dei lavori del CITEJA sull’urto si era ampiamente discusso circa l’opportunità di escludere comunque la rivalsa fra esercenti, al fine di non incidere sul limite risarcitorio accordato al vettore aereo per i danni ai passeggeri alla stregua della Convenzione di Varsavia: cfr. Drion, Limitation of Liabilities in International Air Law, The Hague, 1954, 105.

 

[23] Sul regolamento n. 2027 del 1997, v. in generale Romanelli, Il regime di responsabilità del vettore aereo per infortunio al passeggero in base al regolamento CE del Consiglio n. 2027/97, in Studi in memoria di Maria Luisa Corbino, Milano, 1999, 749; Silingardi, Reg. CE 2027/97 e nuovo regime di responsabilità del vettore aereo di persone, in Dir. trasp. 1998, 621; Capotosti, Criteri di «ragionevolezza» e obbligo di assicurazione della responsabilità civile del vettore aereo comunitario per i danni ai passeggeri, in Assic. 1997, II, 244; Guerrero Lebrón, La responsabilidad contractual del porteador aéreo en el transporte de pasajeros, Valencia, 2005, 51 ss. Sulla Convenzione di Montreal, v. Antonini, La responsabilità del vettore aereo per il trasporto di persone e cose nella più recente evoluzione normativa: Protocolli di Montreal, Varsavia-Montreal, Regolamento comunitario, in Dir. trasp. 2000, 615; Comenale Pinto, Riflessioni sulla nuova convenzione di Montreal del 1999 sul trasporto aereo, in Dir. mar. 2000, 798; Id., La responsabilità del vettore aereo dalla Convenzione di Varsavia del 1929 alla Convenzione di Montreal del 1999, in Riv. dir. comm. 2002, 67; Mapelli, La reforma del Convenio de Varsovia. Actualización desde la Conferencia de 1999, in Rev. Eur. der. nav. 2001, 2147; Sarmiento Garcia, El nuevo regimen del transporte aereo internacional contenido en el Convenio de Montreal de 1999, in Liber Amicorum en Honor al Dr. Mario O. Folchi, a cura di M. Donato, Buenos Aires, 2006, 227; Zampone, Le nuove norme sulla responsabilità del vettore nel trasporto aereo internazionale di passeggeri, in Dir. trasp. 2000, 7. Con specifico riferimento ai problemi applicativi, in connessione con il regolamento 889 del 2002, v. Rosafio, Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999: problemi applicativi, in Dir. tur. 2004, 10.

 

[24] Fanara, Le assicurazioni aeronautiche, I, Reggio Calabria, 1970, 482.

 

[25] In generale, su tale regolamento, v. Tonolo, La nuova disciplina di conflitto delle obbligazioni extra-contrattuali nel regolamento (CE) Roma II, in Studium Juris 2008, 1.

 

[26] Un’analoga condizione è richiesta in diritto francese per l’urto fra aeromobili: v. De Juglart, Traité de droit aérien, I, cit., 756. In senso analogo è la disposizione contenuta nell’art. 154 del Proyecto de codigo aeronautico latinoamericano (consultabile in Aa. Vv., La Asociacion Latino Americana De Derecho Aeronautico y Espacial - Resultados y Perspectivas En Sus Primeros Treinta y Cuatro Años, Buenos Aires, s.d., 57 ss.). Si tratta di un presupposto che era evocato anche nel Progetto del CITEJA (art. 2) ed in quello elaborato nel 1964 dal Comitato legale dell’ICAO (art. 1). Contesta l’opportunità di tale soluzione difforme da quella seguita in campo marittimo Grigoli, L’esercizio, cit., 458, sulla scia di Spasiano, Ancora in tema di urto tra aeromobili, nota a App. Milano, 14 marzo 1939, in Riv. dir. nav. 1940, II, 176, 180.

 

[27] «Aux fins de la présente Convention, un aéronef est considéré comme en vol depuis le moment où la force motrice est employée pour décoller jusqu'au moment où l'atterrissage a pris fin. Lorsqu'il s'agit d'un aérostat, l'expression "en vol" s'applique à la période comprise entre le moment où cet aérostat est détaché du sol et celui où il y est à nouveau fixé». Peraltro la medesima definizione era stata ripresa anche nell’art. 1, § 2, del più sopra menzionato schema ICAO di convenzione del 1964.

 

[28] Romanelli, I danni da aeromobile sulla superficie, cit., 154.

 

[29] Da ultimo: Ricchiuti, La modernización del Convenio de Roma de 1952 sobre daños a terceros en la superficie, in Liber Amicorum en Honor al Dr. Enrique Mapelli López, a cura di M. O. Folchi, Buenos Aires, 2007, 537, 546. Sulle ragioni tecniche, v. Thomas, The Increasing Risk of Runway Incursions - the Most Dangerous Part of Air Travel May be the Time Spent on the Ground, in J. Air L. & Com. 67/2002, 545.

 

[30] Proprio a seguito di quell’incidente venne insediata una Commissione parlamentare per un'indagine conoscitiva sulla sicurezza del trasporto aereo, che elaborò a sua volta un documento che indicava le linee guida per la riforma dell'aviazione civile in Italia. Successivamente, venne insediata presso il ministero delle infrastrutture e dei trasporti una nuova Commissione di studio per la riforma della parte nel corso della navigazione, i cui lavori subirono tuttavia un'interruzione a seguito della presentazione in Parlamento di una proposta di legge sullo stesso oggetto; infine la l. 9 settembre 2004 n. 265, all'art. 2, comma 2, conferiva al Governo una delega ad emanare uno o più decreti legislativi per la revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, in base alla quale è stata adottata la riforma del 2005-2006 a cui si fa reiteratamente riferimento in questo lavoro: per una ricostruzione della vicenda, v. Turco Bulgherini, La riforma, cit., 1343 ss.

 

[31] Su tale incidente, v. a suo tempo Damiano, L'incidente di Tenerife: una lezione di incomunicabilità?, in Dir. aereo 1979, 17.

 

[32] Cfr. Lefebvre d’Ovidio - Pescatore – Tullio, Manuale di diritto della navigazione, XI ed., Milano, 2008, 600; in senso analogo Fanara, Le assicurazioni aeronautiche, I, cit., 486 e, sembrerebbe, Grigoli, L’esercizio, cit., 460, sub nota 13. A suo tempo segnalava come irrazionale escludere la limitazione per l’urto fra aeromobili a terra (e per l’urto misto), rispetto al progetto di codificazione del diritto della navigazione, Spasiano, Sulla disciplina della responsabilità per danni da urto e per danni a terzi sulla superficie, cit., 1086.

 

[33] Così, in particolare, Lefebvre d’Ovidio - Pescatore – Tullio, Manuale di diritto della navigazione, loc. cit., ma, nella sostanza, sembra considerazione condivisa anche dagli altri autori richiamati nella nota precedente.

 

[34] Come già a suo tempo osservato: Romanelli - Comenale Pinto, Urto di aeromobili, cit., 324, ed ivi nota 46.

 

[35] Romanelli, I danni da aeromobile sulla superficie, cit., 143.

 

[36] Romanelli, I danni da aeromobile sulla superficie, cit., 143, sub nota 47 (ove si evidenzia altresì un argomento testuale traibile dall’art. 23 della Convenzione di Roma del 1952).

 

[37] Fanara, Le assicurazioni aeronautiche, I, Reggio Calabria, 1970, 484.

 

[38] V. fra gli altri Antonini, Responsabilità ed assicurazione nel volo da diporto o sportivo, cit., 61; Romanelli - Comenale Pinto, Urto di aeromobili, cit., 320; Romanelli - Silingardi, Urto di navi o aeromobili, in Enc. dir., XLV, Milano, 1992, 906, 907.

 

[39] Tale convenzione fu resa esecutiva in Italia con legge 12 giugno 1913, n. 606. Sulla tendenza del legislatore italiano del codice della navigazione del 1942 a trasporre nel diritto interno le norme del diritto uniforme, v. da ultimo Rosafio, Il trasporto aereo di cose – Riflessioni sul nuovo regime legale, cit., 4 ss.

 

[40] Rel. min. c. nav., § 286.

 

[41] Il principio della proporzionalità della colpa nel caso di urto per colpa comune non era conosciuto nemmeno dal diritto marittimo inglese. Con il Maritime Convention Act del 1911, con l’introduzione della Convenzione di Bruxelles, tale principio venne introdotto esclusivamente per quei casi in cui la convenzione si applicava; per tutti gli altri casi continuava ad applicarsi il diverso principio della contributory negligence, in base al quale anche il più lieve concorso di colpa determinava la ripartizione in parti uguali del danno (c.d. principio della «divided damages rule», emersa chiaramente in un caso del 1815, The Woodrop-Sims, 2 Dods. 83, 165 Eng.Rep. 1422). Tale situazione venne superata soltanto con il Law Reform (Contributory Negligence) Act del 1945, che estese a tutto il diritto marittimo inglese il principio della proporzionalità della colpa. Analogamente negli Stati Uniti, che non avevano (e per quanto mi consta non hanno a tutt’ora ratificato la Convenzione del 1910) il principio della divided damage rule ha continuato ad essere applicato fino al 1975, quando venne superato con la decisione della Corte Suprema del 1975 sul caso United States v. Reliable Transfer Co., 421 U.S. 397 (v. in generale Healy, The Basis of Apportionment of Damages in Both-To-Blame Collision Cases, 47 Loy. L. Rev. 993 [2001]; Sweeney, Proportional Fault in Both to Blame Collisions, in Dir. mar. 1964, numero speciale, Studi in onore di G. Berlingieri, 549).

 

[42] Aspetto, questo, evidenziato in Rel. min. c. civ., § 572. Per la riconduzione dell’art. 484 c. nav. alla medesima ratio dell’art. 1227 c. civ., v. De Cupis, Il danno – Teoria generale della responsabilità civile, I, Milano, 1979, 268. All’epoca della codificazione, per l’esigenza di adeguare la disciplina a quella che si riteneva emergere dal codice civile (allontanandosi dall’ipotesi di regolamentazione formulata nell’art. 396 del Progetto di codice marittimo del 1931), v. Spasiano, Sulla disciplina della responsabilità per danni da urto, cit., 1065. In generale, per il trattamento giurisprudenziale della questione, e per le valutazioni della dottrina, nella vigenza del codice civile del 1865, che non contemplava una norma di contenuto corrispondente a quello dell’odierno art. 1227 c. civ., v. Bianca, Inadempimento delle obbligazioni, in Commentario del codice civile, a cura di Scialoja e Branca, Bologna-Roma, 1979, 404 ss.

 

[43] Rel. min. c. nav., § 613.

 

[44] Rel. min. c. nav., § 615.

 

[45] Romanelli - Silingardi, Urto di navi o aeromobili, cit., 917.

 

[46] Distinzione che si rinviene anche nelle legislazioni che hanno espressamente e specificamente disposto sull’urto aeronautico, sebbene le conseguenze sulla responsabilità non coincidano integralmente con quelle del diritto italiano. Così, ad esempio, per l’art. 123 della LNA (Ley 48/1960 de 21 de julio, sobre Navegación Aérea) nel caso di urto per colpa comune (a prescindere dalla responsabilità solidale nei confronti dei terzi) il risarcimento verrà imputato in proporzione del peso degli aeromobili coinvolti: cfr. Arroyo, Curso de derecho aéreo, Madrid, 2006, 232; Parada Vázquez, Derecho aeronáutico, Madrid, 2000, 329. Per l’art. 157 del Proyecto de codigo aeronautico latinoamericano, cit., in tali casi l’imputazione verrebbe distribuita in proporzione del valore di ciascun aeromobile coinvolto.

 

[47] Romanelli - Comenale Pinto, Urto di aeromobili, in IV Digesto ital., Sez. commerciale, XVI, Torino, 1999, 318, 320.

 

[48] In tal senso (limitatamente all’urto fortuito ed all’urto per colpa unilaterale) v. De Cupis, Il danno, I, cit., 266.

 

[49] Va peraltro rilevato come non si tratti di una soluzione eccezionale nell’ambito del nostro ordinamento: sembrano applicazione del medesimo principio, nel codice civile, la regola per la distribuzione interna del risarcimento fra condebitori solidali, dettata dall'ultimo comma dell'art. 2055, nonché, quella dell'art. 2054, comma 2, c. civ., nell'ambito della disciplina della responsabilità per la circolazione di veicoli senza guida di rotaia, nel concorso di responsabilità in causo di urto.

 

[50] Rel. min. c. nav., § 291. Nel senso che la disciplina dell’urto per colpa comune costituirebbe una deroga rispetto al principio dell’art. 2055 c. civ., che postulerebbe la solidarietà fra gli autori del danno, v. De Cupis, Il danno, I, cit., 278.

 

[51] Nel senso che, rispetto ai rapporti fra esercenti, nel caso di urto di aeromobili, in assenza di una norma specifica, debba ricorrersi alle regole del diritto comune per quanto concerne l’entità del risarcimento (con esclusione, quindi, dell’applicazione di limitazioni) v. Videla Escalada, Manual de derecho aeronáutico, cit., 621; conf. Morsello, Responsabilidade civil, cit., 276.

 

[52] È la soluzione seguita, ad esempio, in Francia, con l’art. L.-141-1 del Code de l’aviation civil: cfr. De Juglart, Traité de droit aérien, I, cit., 759. Nel medesimo segno operava l’art. 39 del r.d.l. 20 agosto 1923 n. 2207.

 

[53] Per i quali vale in generale il principio di esclusione, salvo le eccezioni specificamente poste (come, ad esempio, nel citato nuovo testo dell'art. 965, u.c., c. nav., su cui v. Mastrandrea - Tullio, Il compimento della revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, cit., 734) delle norme del codice della navigazione, oggi formulato dall'art. 748 c. nav., nel testo introdotto dall'art. 5 del d. lgs. 9 maggio 2005, n. 96.

 

[54] In tal senso, con l’esclusione in particolare della disciplina dei danni a terzi in superficie agli aeromobili militari, prima dell’entrata in vigore dell’odierno testo dell’art. 965 c. nav., v. ad esempio Cass., 19 luglio 2001, n. 10551, in Giust. civ. 2003, I, 104.

 

[55] Su tali premesse, a suo tempo si è discusso dell’opportunità di adottare una disciplina di diritto uniforme ad hoc sulla responsabilità nel controllo del traffico aereo: il testo del rapporto svolto sulla questione dal Prof. Guido Rinaldi Baccelli alla Conferenza di Varsavia del 1988, che ha concluso i lavori intrapresi, fin dal 1985, dal Comitato di diritto aereo dell’International Law Association è in Dir. prat. av. civ. I/1988, 69.

 

[56] Vale il rilievo per cui, nella misura in cui il livello risarcitorio ottenibile dall’esercente sia particolarmente basso, appare probabile che qualche danneggiato possa tentare di agire direttamente nei confronti del gestore dell’assistenza al volo, se il danno è in qualche misura ascrivibile anche al suo operato: v. Comenale Pinto, Obblighi e responsabilità del controllore del traffico aereo, in Aeroporti e responsabilità, atti del Convegno di Cagliari del 24-25 ottobre 2003, a cura di Deiana, Cagliari, 2005, 59, 70. A tale questione una parte della dottrina ha ritenuto di poter dare opportuna risposta propugnando l’adozione di un’estensione anche in favore di tali soggetti di un regime di limitazione risarcitoria: Turco Bulgherini, Brevi considerazioni sull’attuale regime giuridico della gestione dei servizi di assistenza al volo in Europa e sull’unificazione internazionale della loro responsabilità, in Dir. prat. av. civ. 1/1989, 249, 252 ss. Per un'applicazione della teoria del deep pocket, riferita alle compagnie aeree ed al terrorismo, v. Magdelénat, Liability for damages resulting from air terrorism, in Aerial Piracy and Aviation Security, a cura di Alexander e Sochor, Dordrecht, 1990, 55; in senso critico, v. Young, Responsibility and Liability for Unlawful Interference in International Civil Aviation, in Air & Sp. L. 2003, 1, 71.

 

[57] Comenale Pinto, Organizzazione e responsabilità nei servizi di traffico aereo, relazione al Convegno di Trieste del 26 e 27 settembre 2003 “Il diritto aeronautico a cent’anni dal primo volo: profili evolutivi e problematiche giuridiche attuali”, in Dir. trasp. 2004, 41, 54.

 

[58] Sulla particolare tecnica di rinvio seguita dal legislatore della riforma della parte aeronautica del codice della navigazione v. per tutti Rosafio, Il trasporto aereo di cose – Riflessioni sul nuovo regime legale, cit., 23 ss.; non pare dubbia la legittimità dal punto di vista del diritto internazionale di un'estensione dell'applicazione delle convenzioni di diritto uniforme al di là del loro campo di applicazione: cfr. Berlingieri, Le convenzioni internazionali di diritto marittimo e la loro attuazione nel diritto interno, in Dir. mar. 1999, 54, 79 ss.

 

[59] Cfr. sul punto il documento di lavoro del Comitato giuridico ICAO, XXXIII Sessione, LC/33-WP/3-3, sub § 3.2 (p. 6).

 

[60] Sulla ritenuta opportunità dell’equiparazione operata dal legislatore della riforma, v. Mastrandrea - Tullio, Il compimento della revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, cit., 734. Sulla tendenza espressa da vari testi di diritto uniforme del secondo dopoguerra ad affermare un ambito di applicazione che prescinda dalla ricorrenza di elementi di estraneità v. Malintoppi, Diritto uniforme e diritto internazionale privato in materia di trasporto, Milano, 1955, 39 ss.; v. anche Comenale Pinto, La responsabilità per inquinamento da idrocarburi nel sistema della C.L.C. 1969, Padova, 1993, 46. Sui vantaggi che tale soluzione comporta (anche nell’ottica di disincentivare il forum shopping) v. Camarda, Il soccorso in mare, cit., 4.

 

[61] Così, per limitare il discorso al trasporto aereo, non rientra in tale tendenza la Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999. Sulla nozione di trasporto aereo «internazionale» con riferimento alla corrispondente previsione della Convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929, v. Arena, Il concetto di trasporto aereo internazionale ai fini della responsabilità del vettore nella Convenzione di Varsavia e nel Protocollo dell'Aja, in Scritti in onore di Salvatore Pugliatti, Milano, 1978, 29; Giannini, Il contratto di trasporto internazionale secondo la Convenzione di Varsavia, in Nuovi Saggi di diritto aeronautico, I, Milano, 1940, 94; Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit., 171 ss.; Ivaldi, Diritto uniforme dei trasporti e diritto internazionale privato, Milano, 1990, 110 s.; nei lavori per la Convenzione di Montreal non è stata ripresa la proposta (formulata, senza successo, già nei lavori che hanno portato all'adozione del Protocollo dell'Aja del 1955, e ricordata da Romanelli, Il trasporto aereo di persone, Padova, 1959, 169 s., nota 36) di estendere l'ambito di applicazione della Convenzione anche a tutti i trasporti aerei che abbiano il solo punto di partenza od il solo punto di arrivo nel territorio di uno degli Stati contraenti.

 

[62] E rispetto alla soluzione seguita dalla Convenzione di Roma del 1952, richiamando il suo preambolo, che afferma il desiderio di garantire un risarcimento adeguato (soltanto) per i danni a terzi in superficie cagionati da un aeromobile straniero, v. le perplessità di Drion, Limitation of Liabilities in International Air Law, cit., 88, sub nota 3.

 

[63] Kjiellin, The New International Regime for Third Party Liability, in Air & Sp. Law 2008, 63, 66.

 

[64] Cfr. (sia pure con la puntualizzazione di alcune supposte specificità del sistema delle convenzioni CLC/FUND) Caplan, Modernization of the 1952 Rome Convention, in Air & Sp. Law 2007, 19, 29. Su tali strumenti del diritto marittimo, a cui si è ispirato la legislazione aeronautica uniforme in itinere v. in generale Comenale Pinto, La responsabilità, cit., da ultimo Carbone, Strumenti internazionalistici e privatistici internazionali relativi al risarcimento dei danni provocati da idrocarburi all'ambiente marino, in Riv. dir. int. priv. proc. 2006, 623. Il sistema è stato peraltro ulteriormente integrato da un Protocollo di Londra del 16 maggio 2003, che ha istituito un fondo di terzo livello, scongiurando l'ipotesi che la Commissione europea aveva formulato nel c.d. pacchetto Erika-II di istituire unilateralmente un proprio fondo complementare: cfr. Comenale Pinto, Il meccanismo dei fondi e la proposta di istituzione di un fondo europeo di terzo livello (Relazione al convegno «Inquinamento del mare e sicurezza della navigazione», Santa Severina, 14-15 giugno 2002), in Riv. giur. amb. 2003, 197.

 

[65] V. in generale Zunarelli, La Convenzione di Londra sulla responsabilità nel trasporto marittimo di sostanze pericolose e nocive (HNS 1996), in Dir. trasp. 1996, 727 (ed ivi, 742 ss., sull'aspetto specifico della prevista istituzione di un fondo per il risarcimento dei danni coperti da tale convenzione sul modello dello IOPCF previsto dalla Convenzione FUND).

 

[66] La necessità di un coordinamento fra i due regimi era considerazione frequente nei commenti sulle prospettive della riforma dei danni a terzi in superficie: cfr. Ricchiuti, La modernización del Convenio de Roma de 1952 sobre daños a terceros en la superficie, cit., 543.

 

[67] Per (giustificate) perplessità circa l'adozione di un regime di limitazione per i danni a terzi ispirato al paradigma della responsabilità del vettore aereo di persone, v. Caplan, Modernization of the 1952 Rome Convention, cit., 26; in generale sull’inopportunità di interfacciare la responsabilità per danni a terzi con quella vettoriale v. da ultimo Tompkins, Some Thoughts to Ponder when Considering Whether to Adopt the New Aviation General Risks and Unlawful Interference Conventions, in Air & Sp. Law 2008, 81. Circa il rilievo che in generale i limiti vengono ad esplicare in sistemi di responsabilità extracontrattuale, che trascendono dalla sfera di prevedibilità del soggetto danneggiato, v. Comenale Pinto, La responsabilità, cit., 141.

 

[68] Sulla portata di tale disciplina, v. Folchi, sub Art. 29, in Transporte Aereo Internacional – Convenio para la unificacion de ciertas reglas para el transporte aéreo internacional – Montreal 1999, a cura di Folchi, Buenos Aires, 2002, 297 s.; Rosafio, L’azione extracontrattuale, in La nuova disciplina del trasporto aereo – Commento alla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, a cura di Tullio, Napoli, 2006, 255 ss.

 

[69] Antonini, Il danno risarcibile nel trasporto di persone, in La nuova disciplina del trasporto aereo – Commento alla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, cit., 81, 88; Field, Air Travel, Accidents and Injuries: Why the New Montreal Convention is Already Outdated, in Dalhousie L.J. 28/2005, 69, 84; Hermida, The New Montreal Convention: The International Passenger’s Perspective - One airline’s merit is another passenger’s shortcoming, in Air & Sp. Law 2001, 150, 153; Mendes De Leon - Eyskens, The Montreal Convention: Analysis of Some Aspects of the Attempted Modernization and Consolidation of the Warsaw System, in J. Air L. & Com. 66/ 2001, 1155, 1167; Sarmiento Garcia, Estructura de la responsabilidad del transportador aéreo en el Convenio de Montreal de 1999, in Dir. trasp. 2004, 687, 702 ss. Nel senso, invece, che la Convenzione di Montreal non sarebbe preclusiva rispetto all’ammissibilità del risarcimento per tale categoria di danni, v. Weber-Jacob, The Modernization of the Warsaw System: The Montreal Convention of 1999, in A.A.S.L. 1999, 333, 340.