Seconda-pagina1[ISSN 1825-0300]

 

N. 9 – 2010 – Contributi

 

 

LA SINDROME DELLA CLASSE ECONOMICA*

 

Michele Comenale Pinto

Università di Sassari

 

 

 

 

Sommario: I. La sindrome venosa profonda e la sua incidenza nel trasporto aereo. – II. Presupposti per una pretesa del passeggero verso il vettore. – II.1. Disciplina applicabile. – II.2. La pretesa esclusività dell’azione. – La casistica. – II.3. Uniformità delle soluzioni adottate. – II.4. La casistica italiana. – II.5. Le ragioni della posizione negativa della giurisprudenza. – Esigenze di uniformità di interpretazione del diritto uniforme. – II.6. La nozione di «incidente». – II.7. Evento ed incidente. – II.8. Le condizioni fisiche del passeggero. – II.9. Sostanziale coincidenza della previsione del presupposto del risarcimento nella Convenzione di Montreal rispetto alla Convenzione di Varsavia. – III. Le prospettive aperte dal caso Olympic Airways v. Husain. – IV. Opportunità di prevedere una copertura assicurativa obbligatoria per gli infortuni del passeggero. – IV.1. I precedenti regimi di assicurazione obbligatoria infortuni del passeggero. – IV.2. Abolizione dell’assicurazione obbligatoria passeggeri nel codice della navigazione italiano. – IV.3. Inadeguatezza dell’assicurazione di responsabilità del vettore a garantire pienamente la tutela dei passeggeri, anche in un regime di responsabilità oggettiva. – IV.4. Opportunità di prevedere un’assicurazione che copra i danni da DVT ed altre manifestazioni morbose del passeggero. – V. Conclusioni.

 

 

I. – La sindrome venosa profonda e la sua incidenza nel trasporto aereo

 

Il problema della risarcibilità del danno conseguente alla c.d. «sindrome della classe economica»[1] (nota nella terminologia medica come «sindrome venosa profonda»)[2], che si verifichi nell'ambito di un trasporto aereo «internazionale», ai sensi della Convenzione di Montreal del 1999, ovvero della Convenzione di Varsavia del 1929, non apre, in realtà, questioni assolutamente nuove rispetto ad altre già esaminate in passato dalla giurisprudenza e dalla dottrina. Tuttavia, ha richiamato l'attenzione tanto della stampa di divulgazione che della letteratura specialistica, sia medica[3], sia giuridica, se non altro per la drammaticità delle conseguenze che in alcuni casi le vicende connesse hanno assunto. Fra i fattori certamente non secondari che hanno alimentato il dibattito, oltre le maggiori conoscenze scientifiche, certamente ha inciso la diffusione del trasporto aereo, diventato mezzo di trasporto di massa, e l’introduzione di apparecchi a reazione, idonei a voli di lungo raggio senza scalo, che ha contribuito ad un incremento della casistica conosciuta[4].

Prima di affrontare i profili giuridici, va chiarito che non si tratta di una patologia che si riscontra esclusivamente nei passeggeri del trasporto aereo[5], e nemmeno è vero che si verifichi esclusivamente fra i passeggeri di classe economica. In realtà, conseguenze analoghe sono state riscontrate in soggetti costretti a posture particolari per periodi di tempo dilatati, come può accadere anche in altre modalità di trasporto, e la patologia non è sconosciuta nemmeno ai passeggeri di prima classe[6]. D'altro canto, la patologia in questione è stata riscontrata con una certa frequenza durante la seconda guerra mondiale fra i soggetti costretti a restare per lunghi periodi nei rifugi antiaerei durante la battaglia d'Inghilterra[7].

D’altra parte, rispetto al trasporto aereo, a mio avviso, la riflessione va svolta, tenendo in considerazione anche un’altra considerazione di fatto, di non secondaria importanza sul piano sociale ed economico: quand’anche non abbia esito fatale, la sindrome può comportare per il passeggero l’assunzione di costi sanitari e di ospedalizzazione particolarmente gravosi, molto lontano dal suo luogo di residenza abituale, e magari non coperti dal regime di assistenza sanitaria di cui gode nel proprio Paese. A ciò si aggiunge la considerazione che la casistica della sindrome venosa profonda resta comunque fortunatamente molto circoscritta rispetto al totale dei passeggeri nel trasporto aereo: si tratta, insomma, di un rischio che potrebbe essere molto agevolmente collocato sul mercato assicurativo.

 

 

II. – Presupposti per una pretesa del passeggero verso il vettore

 

II.1. – Disciplina applicabile

 

Da un punto di vista giuridico, la questione va inquadrata in termini non diversi rispetto ad ogni altra pretesa che il passeggero o i suoi aventi causa possano avanzare nei confronti del vettore nel trasporto aereo internazionale. In quanto sia applicabile una convenzione di diritto uniforme, occorre verificare se la domanda dell'attore ricada in quella convenzione, ovvero, se quella convenzione, ove la vicenda de qua ricada nel suo campo di applicazione, sia preclusiva della possibilità per il danneggiato di fondare la sua pretesa anche, o soltanto, sul diritto comune, piuttosto che sul testo di diritto uniforme: ad esempio, in un trasporto aereo internazionale, ai sensi dell'art. 1 della Convenzione di Montreal del 1999, ovvero dell’art. 1 della Convenzione di Varsavia del 1929, va verificato se il passeggero o gli aventi causa possano invocare (anche o soltanto) le tutele accordate alla stregua della disciplina ordinaria dei contratti o del trasporto in generale (assumendo che il trasporto aereo altro non sia che un sottotipo di quest'ultimo)[8], ovvero della responsabilità aquiliana, in astratto applicabile alla stregua dei principi di diritto internazionale privato, in quanto non siano precluse, ai sensi dell’art. 29 della Convenzione di Montreal, o dell’art. 24 della Convenzione di Varsavia[9].

 

II.2. – La pretesa esclusività dell’azione

 

Va precisato che la Convenzione di Varsavia prima, e la Convenzione di Montreal, poi, non hanno inteso dettare un regime legale esaustivo, che potesse esaurire nel diritto uniforme ogni possibile aspetto connesso al trasporto aereo internazionale[10].

Si tratta di un aspetto evidenziato nella stessa intestazione delle convenzioni in questione: ad esempio, la Convenzione di Varsavia del 1929 è, infatti, intitolata alla «unification de certaines règles relatives au transport aérien International». Sottolineo l'utilizzazione del termine «certaines», che intendeva sottolineare come il legislatore di diritto uniforme avesse inteso dettare soltanto una disciplina minima della materia della trasporto aereo internazionale, incentrata sulla responsabilità vettoriale e sulla documentazione del trasporto, in quanto funzionale alla responsabilità, lasciando per il resto il rapporto regolato appunto alla stregua della normativa nazionale applicabile. Questo paradigma è stato seguito anche dalla Convenzione di Montreal nel 1999 («Convention for the unification of certain rules for international carriage by air»; «Convention pour l'unification de certaines règles relatives au transport aérien»; in lingua spagnola «Convenio para la unificación de ciertas reglas para el transporte aéreo internacional».

A questa lettura si contrappone quella che, partendo da una malintesa interpretazione dell’art. 24 della Convenzione di Varsavia, ha aperto la strada ad un atteggiamento ancor più restrittivo alla stregua dell’art. 29 della Convenzione di Montreal[11], che, tuttavia, sembra non aver attecchito nella giurisprudenza degli ordinamenti di diritto continentale[12], ed è stata espressamente rigettata dalla Corte di giustizia delle Comunità europee[13].

 

La casistica

 

II.3. – Uniformità delle soluzioni adottate

 

La giurisprudenza fin qui conosciuta sulla sindrome venosa profonda nel trasporto aereo formatasi nei vari ordinamenti legati al sistema della Convenzione di Varsavia, in cui la questione si è posta, è sembrata univocamente orientata ad escludere la risarcibilità dei danni derivanti da questo tipo di evenienze[14], sulla scìa della prima decisione nota[15], adottata dalla Corte Suprema dello Stato di New York nel 1976 [16]; con il conforto, peraltro, della prevalente letteratura[17].

 

II.4. – La casistica italiana

 

La per ora circoscritta casistica italiana, che consta di due decisioni, entrambe relative a trasporti aerei che ricadevano nell’ambito di applicazione della Convenzione di Montreal, emesse, rispettivamente dal Tribunale di Varese – Sezione di Busto Arsizio[18] e dal Tribunale di Roma[19], non si discosta dalla soluzione negativa della risarcibilità[20].

 

II.5. – Le ragioni della posizione negativa della giurisprudenza. – Esigenze di uniformità di interpretazione del diritto uniforme

 

Si riscontra sul punto una coincidenza di soluzioni adottate dalle autorità giudiziarie dei vari ordinamenti interessati, che va nella linea di offrire una interpretazione uniforme dei trattati internazionali (quali sono anche le convenzioni di diritto uniforme), secondo quanto postulato dalla Convenzione di Vienna del 23 maggio 1969 sul diritto dei trattati[21]; è incidentalmente da dire che, a livello di diritto interno italiano, il canone ermeneutico che richiama l’esigenza dell’interpretazione uniforme delle convenzioni di diritto uniforme è esplicitamente ribadito dall’art. 2, comma 2, della l. 31 maggio 1995, n. 218 sulla riforma del sistema di diritto internazionale privato[22].

 

II.6. – La nozione di «incidente»

 

L’atteggiamento della giurisprudenza riposa sulla nozione di «accident qui a causé le dommage … produit à bord de l’aéronef ou au cours de toute opérations d’embarquement et de débarquement», secondo la formula adottata dall’art. 17 della Convenzione di Varsavia, sostanzialmente ripresa dall’art. 17 della Convenzione di Montreal, per delimitare l’ambito dei fatti causativi della responsabilità del vettore aereo per morte o lesioni personali subite dal passeggero. In effetti, ancorché la nozione di «incidente» nella disciplina uniforme della responsabilità vettoriale sia stata al centro di ampia discussione, ne manca una definizione nella Convenzione di Varsavia, e non si è considerata l’opportunità di operare in maniera diversa nella stesura della Convenzione di Montreal[23], nonostante l’esperienza pregressa avesse mostrato tutti i limiti di tale soluzione, anche rispetto a tipologie di eventi di ben di natura diversa da quelli di cui ci stiamo occupando oggi, come, per citare un esempio noto e discusso, le conseguenze di atti terroristici o, comunque, interferenze illecite contro l’aviazione civile[24].

Sembra, in effetti, prevalente l’idea, tanto rispetto alla Convenzione di Varsavia che alla Convenzione di Montreal, che l’«accident» debba consistere in un evento che non discenda dalle pregresse condizioni di salute del passeggero: anche sulla base del richiamo della nozione presupposta nell’Annesso 13 della Convenzione di Chicago del 1944 [25], in un filone giurisprudenziale inaugurato dalla celebre decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti sul caso Air France v. Saks[26], che riguardava la rottura di un timpano di un passeggero, senza che il volo avesse presentato alcuna anomalia[27], si è sostenuto che l’«incidente» debba consistere in un fattore inusuale rispetto alle normali operazioni dell’aeromobile[28], con soluzione che è stata criticata da un’ampia parte della letteratura specialistica[29], anche in quanto le sue implicazioni sono state malintese da una parte della giurisprudenza successiva[30], in senso che aggrava l’onere probatorio a carico del danneggiato, al di là di quanto richiesto dal legislatore di diritto uniforme[31].

 

II.7. – Evento ed incidente

 

Si tende ad affermare che la morte o la lesione personale subita dal passeggero non costituisce di per sé un «incidente»[32]; essa può (eventualmente) costituire la conseguenza di un «incidente», che, se ed in quanto verificatosi nell’arco temporale coperto dall’art. 17 della Convenzione di Varsavia, ovvero, dall’art. 17 della Convenzione di Montreal (in definitiva, dall’inizio dell’imbarco al completamento dello sbarco)[33], può dar luogo alla responsabilità del vettore[34].

Devo incidentalmente osservare che non necessariamente la formula proposta dal mai entrato in vigore Protocollo di Guatemala City del 1971, per definire il presupposto fattuale su cui si fonda la responsabilità del vettore («fait» in lingua francese; «event» in lingua inglese; «hecho» in lingua spagnola), sostanzialmente seguita anche dall’art. 129 del Proyecto de Código Aeronáutico Latinoamericano[35], avrebbe potuto portare ad una più agevole affermazione della responsabilità del vettore aereo, rispetto ad episodi come quelli di cui ci stiamo occupando in questa sede, dato che comunque resta ferma la condizione che il fatto produttivo della morte o della lesione personale si sia prodotto a bordo dell’aeromobile o durante le operazioni di imbarco o di sbarco: mi limito qui ad osservare che la definizione di tale ambito temporale della responsabilità vettoriale non è pacifica, e che, comunque, sul passeggero o sui suoi aventi causa continuerebbe a gravare l’onere della prova circa la collocazione cronologica del fattore scatenante dell’episodio di trombosi venosa profonda.

 

II.8. – Le condizioni fisiche del passeggero

 

Rispetto all’accoglimento di una domanda risarcitoria per i danni conseguenti alla DVT osta che il fattore che ha determinato in concreto il rischio della trombosi risiede nelle condizioni fisiche pregresse del passeggero, di cui forse lui, e nella normalità dei casi il vettore, non ha consapevolezza. E, sotto quest’ultimo profilo, che si è sostenuta la differenza rispetto al caso deciso, con il riconoscimento del diritto al risarcimento dei danni, nel celebre caso Husain v. Olimpic Airways, in cui un passeggero asmatico, come tale palesatosi, si era visto assegnare, nonostante le sue proteste, un posto nell’area fumatori, pur avendo prenotato un posto «non fumatori»[36]. In particolare, in quest’ultima decisione, si è ritenuto di dover enfatizzare che la condotta omissiva del personale di cabina, circa il mancato trasferimento del passeggero, che pur aveva fatto presente le sue ragioni di salute, rispetto al posto assegnatogli, fosse stata considerata «unexpected and unusual».

 

II.9. – Sostanziale coincidenza della previsione del presupposto del risarcimento nella Convenzione di Montreal rispetto alla Convenzione di Varsavia

 

Prima che entrasse effettivamente in vigore, è stata adombrata la possibilità che la Convenzione di Montreal, rispetto al Sistema di Varsavia, lasciasse maggiori spazi per affermare la responsabilità del vettore per i danni conseguenti alla sindrome della classe economica, nel caso di utilizzazione di aeromobili con spazi eccessivamente ridotti fra i sedili, ovvero di mancata informazione dei passeggeri circa gli accorgimenti da adottare per circoscrivere il rischio di una trombosi venosa profonda[37]. Al riguardo, va ricordato come, secondo un’autorevole opinione, l’omissione di un richiamo circa gli accorgimenti da seguire per ridurre il fattore di rischio dell’insorgenza della DVT sarebbe un «non-event», come tale non riconducibile comunque alla nozione di incidente che integra i presupposti per l’affermazione della responsabilità vettoriale[38]. In realtà, non sembra possibile intravedere alcun elemento che, con riferimento alla questione in esame, giustifichi una lettura diversa e più ampia, del fatto costitutivo della pretesa contro il vettore di persone, rispetto a quella operata alla stregua della Convenzione di Varsavia del 1929 [39].

In realtà, l’esclusione del risarcimento dei danni subiti dal passeggero, ricollegabile ad un suo fattore intrinseco, ovvero comunque non derivante da un fattore estrinseco classificabile come incidente è tendenzialmente ormai consolidato nella già richiamata giurisprudenza aeronautica internazionale[40].

A ben guardare, poi, la soluzione cui è pervenuta la giurisprudenza internazionale a proposito del trasporto aereo di passeggeri non è dissonante rispetto alla lettura giurisprudenziale che in Italia (dove, tendenzialmente, non si dubita della natura contrattuale delle pretese del passeggero o dei suoi aventi causa rispetto ai danni subiti nel trasporto)[41] è stata data di formule, pure particolarmente rigorose nei confronti del vettore marittimo di persone e del vettore di persone nel trasporto disciplinato dal codice civile. Entrambe sono state, con soluzione fortemente avversata da una parte della dottrina, circoscritte al solo ambito (per la verità mai evocato dal legislatore) dei danni «a causa del trasporto»; addossando, viceversa, al danneggiato, la prova dell’imputabilità al vettore, per i danni etichettati come «in occasione del trasporto»[42]. Sembra non privo di interesse rilevare che la motivazione di una delle due decisioni italiane conosciute fino a questo momento in tema di sindrome venosa profonda, abbia ritenuto di dover appoggiare l’esclusione dell’imputazione al vettore aereo, oltre che sull’art. 17 della Convenzione di Montreal, anche sull’art. 1681 cod. civ.

 

 

III. – Le prospettive aperte dal caso Olympic Airways v. Husain

 

Incidentalmente, anche se nella sua motivazione ha ritenuto di dover precisare che non intendeva aprire alla risarcibilità del danno da sindrome della classe economica, il caso Olympic Airways v. Husain[43] ha comunque introdotto nel dibattito sulla nozione di «incidente» elementi che possono comunque rilevare quanto meno rispetto a casi-limite: non si potrebbe verosimilmente escludere il risarcimento, lì dove il vettore impiegasse aeromobili allestiti o con problemi di malfunzionamento degli impianti tali da aggravare in maniera consistente il rischio di incidenza della trombosi venosa profonda, e da escludere la possibilità, per il passeggero, di adottare quelle precauzioni di comportamento durante il volo che sono ormai generalmente raccomandate. Verosimilmente, potrebbe essere meno agevole supporre argomentare l’insussistenza di cause estrinseche rispetto al danneggiato, lì dove a subire quella particolare patologia sia più di un passeggero e/o o di un membro dell’equipaggio sul medesimo volo. Non si potrebbe fare a meno di sottolineare la maggior incidenza su un campione comunque limitato, qual è quello delle persone imbarcate per una tratta su un determinato aeromobile, rispetto alla media dei casi riscontrati nelle statistiche generali del fenomeno.

 

 

IV. – Opportunità di prevedere una copertura assicurativa obbligatoria per gli infortuni del passeggero

 

IV.1. – I precedenti regimi di assicurazione obbligatoria infortuni del passeggero

 

Infine, credo giusto ricordare come il legislatore italiano del codice della navigazione del 1942 aveva preso atto della necessità di tutelare il passeggero al di là delle ipotesi di responsabilità vettoriale, per le conseguenze negative del trasporto aereo, che potessero tradursi in un danno per la sua persona. Alludo qui, in particolare, all’assicurazione obbligatoria passeggeri «contro gli infortuni di volo», prevista dal testo originario dell’art. 941 cod. nav., che aveva dato veste di obbligo legale a quella che era già, in ambito italiano, una consolidata prassi amministrativa, a partire dagli anni venti del secolo scorso[44], con l’introduzione di un tale strumento, limitatamente ai trasporti su volo di linea[45], attraverso una copertura contratta in abbonamento dal vettore, in favore del passeggero, con le modalità previste dagli artt. 996/1000 cod. nav., nel testo originario[46], con una disciplina che teneva delle linee emerse nel corso dei lavori di uniformazione del diritto aeronautico fra le due guerre mondiali, che non si concretizzarono mai nell’adozione di una specifica convenzione[47]. È, però, da dire che l’Italia non restò il solo Stato ad introdurre nel proprio diritto interno un’assicurazione obbligatoria; iniziative analoghe vennero, in effetti, seguite in numerosi altri ordinamenti[48].

 

IV.2. – Abolizione dell’assicurazione obbligatoria passeggeri nel codice della navigazione italiano

 

Il legislatore della riforma del 2005-2006 ha abrogato tout-court le norme sull’obbligo di assicurazione degli infortuni dei passeggeri, ritenendo che l’odierno più rigoroso regime di imputazione della responsabilità vettoriale, unitamente all’introduzione di un’assicurazione obbligatoria di responsabilità, abbiano fatto venir meno le ragioni di un tale strumento[49].

Ciò su cui può certamente convenirsi è che, nel momento in cui il legislatore della riforma si è trovato anche ad intervenire su questa specifica materia, il massimale minimo legale della copertura assicurativa per infortuni dei passeggeri era davvero molto basso, insufficiente ad assicurare un serio ristoro dei danni gravi subiti dal passeggero, in quanto era venuta meno la corrispondenza al limite risarcitorio del vettore aereo di persone, originariamente previsto nel testo del 1942 del codice della navigazione: mentre il primo (art. 941 cod. nav., nel testo originario) era stato adeguato da ultimo soltanto la l. 16 aprile 1954, n. 202, il secondo era stato oggetto di ulteriori interventi volti a parametrarlo al deprezzamento della moneta italiana. In effetti, prima della riforma del 2005-2006, il massimale dell’assicurazione obbligatoria per gli infortuni dei passeggeri, poi abrogata, era fissato in soltanto 5.200.000 lire; l’ultimo limite risarcitorio previsto in Italia per il danno da morte e lesioni personali dei passeggeri, ai sensi del testo precedentemente in vigore dell’art. 942 cod. nav., corrispondeva a 195.000.000 lire, importo previsto dal d.P.R. 7 marzo 1987, n. 201, che aveva appunto fatto venire meno la simmetria fra limite risarcitorio del vettore aereo e massimale di legge dell’assicurazione obbligatoria infortuni dei passeggeri[50].

 

IV.3. – Inadeguatezza dell’assicurazione di responsabilità del vettore a garantire pienamente la tutela dei passeggeri, anche in un regime di responsabilità oggettiva

 

Al di là dei dubbi che possono comunque sussistere sull’opportunità della soluzione del legislatore della riforma[51], è da chiedersi se non sarebbe stato opportuno piuttosto[52], anche in considerazione dell’accresciuta consapevolezza dei rischi del volo, al di là delle responsabilità del vettore (anche in un regime più rigoroso di imputazione come è quello della Convenzione di Montreal del 1999) modificare ed ampliare lo strumento dell’assicurazione obbligatoria degli infortuni dei passeggeri. In effetti, quest’ultima, nella sua forma originaria, prevista dal testo del 1942 del codice della navigazione, copriva soltanto i rischi da morte ed invalidità del passeggero derivanti, secondo la formula dell’art. 997 cod. nav., abrogato, «da lesioni prodottesi in occasione del volo, per causa violenta ed esterna, purché il sinistro non dipenda in tutto o in parte dal passeggero»[53]. Si trattava comunque di una soluzione che offriva al passeggero una tutela maggiore di quella che avrebbe potuto essergli offerta alla stregua del coesistente regime di imputazione della responsabilità vettoriale, basato su un regime di imputazione che lasciava comunque al vettore la possibilità di sfuggire all’obbligazione risarcitoria, in una serie di ipotesi tendenzialmente corrispondenti alla nozione di «fortuito», per le quali, viceversa, come aveva sottolineato la Relazione ministeriale al codice della navigazione[54], il danneggiato avrebbe potuto trovare ristoro attraverso quella copertura assicurativa[55]. Il passo ulteriore da prendere in considerazione dovrebbe essere quello di prevedere una copertura obbligatoria degli infortuni, a favore dei passeggeri, da stipularsi a carico del vettore, secondo lo schema dell’assicurazione in abbonamento, secondo l’esempio dell’art. 941 cod. nav., nel testo originario del 1942, con un massimale minimo adeguato, e tale da offrire una copertura delle conseguenze della sindrome venosa profonda, o di altre patologie, che pur dovuti alle condizioni del passeggero, si siano scatenate, o comunque aggravate, in occasione del trasporto aereo[56].

 

IV.4. – Opportunità di prevedere un’assicurazione che copra i danni da DVT ed altre manifestazioni morbose del passeggero

 

Non resta che augurarsi, de jure condendo, che l’occasione persa dal legislatore italiano della riforma del 2005-2006 della parte aeronautica del codice della navigazione, venga colta almeno dal legislatore europeo. Analogamente al regime del testo originario del codice della navigazione del 1942, potrebbe ipotizzarsi un regime di assicurazione in abbonamento, contratta obbligatoriamente dal vettore in favore del passeggero. Il mancato assolvimento dell’obbligo assicurativo per il vettore dovrebbe comportare il suo assoggettamento al pagamento degli indennizzi che sarebbe stati dovuti dall’assicuratore, se l’assicurazione fosse stata contratta. Si potrebbe ipotizzare di condizionare le operazioni delle compagnie aeree nell’Unione europea all’assolvimento di tale obbligo, analogamente a quanto era stato a suo tempo previsto, a livello di legislazione italiana, per il rispetto della disciplina in materia di assicurazione obbligatoria di responsabilità del vettore aereo, dall’art. 3 della l. 7 luglio 1988, n. 274 [57], su una linea poi seguita dall’art. 8 del regolamento CE n. 785/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 aprile 2004, relativo ai requisiti assicurativi applicabili ai vettori aerei e agli esercenti di aeromobili[58].

 

 

V. – Conclusioni

 

A questo punto, credo possiamo tentare una sintesi dei rilievi svolti precedentemente e provare a delineare qualche conclusione:

·             la Convenzione di Montreal o, prima, quella di Varsavia, non hanno inteso affermare il principio dell’esclusività dell’azione;

·             la sindrome venosa profonda e le sue conseguenze non sono di per loro un «incidente», ai sensi dell’art. 17 della Convenzione di Montreal o della Convenzione di Varsavia;

·             conseguentemente, non è di per sé escluso (ai sensi dell’art. 29 della Convenzione di Montreal o dell’art. 24 della Convenzione di Varsavia) che la materia delle conseguenze della sindrome venosa profonda o delle precauzioni da adottare per evitarne l’insorgere possa costituire un campo di azione per il legislatore nazionale o per il legislatore europeo (come è avvenuto, ad esempio, per quanto concerneva il mancato imbarco e la cancellazione del volo, e comunque per gli obblighi di assistenza del passeggero in caso di ritardo, con il regolamento 261 del 2004);

·             l’intervento auspicato de jure condendo potrebbe consistere nell’introduzione, in tutti i voli che interessino il territorio dello Stato e/o dell’Organizzazione di integrazione regionale che introduca la misura, ovvero per tutti i biglietti aerei venduti in quel territorio, di un obbligo di assicurazione a favore dei passeggeri, che offra una copertura estesa alle conseguenze della sindrome della classe economica e di ogni altra patologia che possa essere scatenata od aggravata dal trasporto aereo.

 

 



 

* Questo scritto si basa su una relazione tenuta dall’autore nell’ambito del Congreso Internacional de transporte aéreo, aeropuertos y turismo (con motivo del 50º Aniversario de la Asociación Latino Americana de Derecho Aeronautico y Espacial ALADA), svoltosi nell’Aula Magna della Facultad de Derecho de la Universidad de Buenos Aires, dal 15 al 19 novembro 2010. In tale occasione, è stata approvata dall’Assemblea di ALADA, su proposta del relatore, la seguente risoluzione:

«1.- Considerando que el transporte aéreo asume el deber de preservar la seguridad del pasajero a bordo y en las operaciones de embarco y desembarco,

Se sugiere solicitar al transportador aéreo cobertura obligatoria de seguro sobre daños corporales de los pasajeros, de acuerdo con las exigencias del seguro con un límite compensatorio suficiente, a efectos de cubrir consecuencias de la trombosis venosa profunda (TUP) o de otras patologías, aun debidas a las condiciones de salud del pasajero, las que se hayan manifestado o bien agravado durante el transporte aéreo. -

2.- Solicitar a las autoridades competentes que exijan a los transportadores aéreos la oportuna información sobre medidas preventivas indicadas por la Organización Mundial de la Salud para prevenir casos de trombosis venosa profunda (TUP)» .

 

[1] In lingua spagnola «Síndrome del pasajero de clase económica» o, più semplicemente «Síndrome de la clase económica», ovvero «Síndrome de la clase turista».

 

[2] Ovvero come «D.V.T.», acronimo dall'espressione in lingua inglese «deep venous trombosys»; in lingua spagnola «T.V.P.», dall’espressione «trombosis venosa profonda».

 

[3] È impossibile dar conto della ormai ampia letteratura medica sul punto. Ci si limita, in questa sede a richiamare, nell’ambito degli scritti italiani di medicina legale: G. Umani Ronchi – G. Bolino – M. Bellezza, La trombosi venosa del viaggiatore: aspetti medico-legali ed assicurativi, in Zacchia, 2003, 151.

 

[4] N. Koukakos, Syndrome de la classe économique et indemnisation dans le transport aérien de passagers, in Rev. fr. dr. aer., 2001, 165, ivi, 166.

 

[5] Rimanendo nell’ambito delle notizie ricavabili dalle vicende giudiziarie, per un caso di richiesta (respinta) di risarcimento dei danni da sindrome venosa profonda subita, con esito mortale, da un passeggero nel trasporto ferroviario, sul percorso Chicago-Los Angeles, nella giurisprudenza statunitense, decisa dalla Corte d’appello federale per il nono Circuito, v. Haynes v. Amtrak, 2009 U.S. App. LEXIS 5201, che ha confermato la sentenza resa dalla Corte distrettuale Haynes v. Amtrak 2006 U.S. Dist. LEXIS 13992 (C.D. Cal., 2006).

 

[6] Cfr. M.F. Morsello, A saúde do passageiro e a Trombose Venosa Profunda (TVP) em cotejo com a responsabilidade civil do tranportador aéreo, in Diritto@storia, n. 7, 2008, http://www.dirittoestoria.it/7/Contributi/Morsello-Saude-passageiro-responsabilidade-transportador-aereo.htm. Come ricorda N. Koukakos, Sindrome, cit., 167, nel 1994, persino l’allora vice-presidente degli Stati Uniti, Dan Quayle, dopo un volo di Stato, verosimilmente non operato in condizioni di particolare scomodità per il passeggero, fu ricoverato d’urgenza per un malore apparentemente riconducibile alla sindrome.

 

[7] Per riferimenti: R. Abeyratne, Aviation and Social Responsibility, in A.A. S.L., 2002, 27, ivi 62; N. Koukakos, Sindrome, cit., 165; G.N. Tompkins, Jr., Deep Vein Trombosys (DVT) and Air Carrier Legal Liability – The Myth and the Law, in Air & Sp. L., 2001, 231, ivi, 232.

 

[8] V. in proposito, nella letteratura italiana, G. Romanelli, Il trasporto aereo di persone, Padova, 1959, 10; U. La Torre, La definizione del contratto di trasporto, Napoli, 2000, 154.

 

[9] Sulla genesi e l’ambito di applicazione di tale disciplina, nella letteratura italiana, anche per ulteriori riferimenti bibliografici, v. da ultimo E.G. Rosafio, Riflessioni in margine all’art. 29 della Convenzione di Montreal del 1999, in Dir. turismo, 2006, 124.

 

[10] Nella varia letteratura sul punto, v. T. Ballarino – S. Busti, Diritto aeronautico e spaziale, Milano, 1988, 607; M. De Juglart, Traité de Droit aérien, I, Paris, 1989, 1160; I. DIEDERIKS-VERSSCHOOR, An Introduction to Air Law, Deventer, 1983, 48; N. Mateesco Matte, Treatise on Air-Aeronautical Law, Montreal-Toronto, 1981, 421; G. Romanelli, Il trasporto aereo di persone, cit., 230; Id., Uniform Rules of Air Carriage (relazione all'International Conference on Current Issues in Maritime Transportation, Genova, 22 giugno 1992), in Dir. mar., 1992, 103.

 

[11] Possono, ricordarsi, al riguardo, fra le altre, due decisioni, rispettivamente, della Corte Suprema degli Stati Uniti e della Camera dei Lords, che esprimono in maniera significativa il punto di vista rigettato nel testo: El Al Israel Airlines, Ltd. v. Tsui Yuan Tseng [U.S. Supreme Court, 12 gennaio 1999], 525 U.S. 155 (anche in Dir. trasp., 2000, 205, con nota condivisibilmente critica di E.G. Rosafio, In tema di ammissibilità di azioni risarcitorie da parte del passeggero al di fuori della Convenzione di Varsavia, ivi, 222) e Abnett v. British Airways Plc. (Scotland) and Sidhu v. British Airways Plc [1 All E.R. 193 (1996)] [House of Lords, 12 dicembre 1996]. Quest’ultima decisione è reperibile anche, in traduzione francese, in Rev. fr. dr. aér., 1997, 163. Sulla derivazione dell’art. 29 della Convenzione di Montreal dalla previsione dell’art. 24 della Convenzione di Varsavia, e sulle ragioni dell’adozione di tale previsione nell’ottica (soltanto) di impedire che il danneggiato possa eludere i meccanismi di diritto uniforme, esperendo, in via di concorso, o di cumulo, l’azione contrattuale e l’azione extracontrattuale, v. da ultimo, nella letteratura italiana, E.G. Rosafio, L’azione extracontrattuale, ne La nuova disciplina del trasporto aereo – Commento alla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, a cura di L. Tullio, Napoli, 2006, 255, ivi, 258.

 

[12] Cass. francese, 15 luglio 1999, in Rev. fr. dr. aér., 1999, 353, oppure in Dir. trasp., 2000, 531, con annotazione di E. R(osafio).

 

[13] C. giust. CE, 10 gennaio 2006, in causa C-344/04, in Dir. turismo, 2006, 154, con nota di M. Lopez de Gonzalo, I giudici comunitari confermano il nuovo Regolamento «Overbooking». V. anche (su tale sentenza) le precisazioni, nel senso comunque della compatibilità della disciplina comunitaria con la Convenzione di Montreal (ma in senso parzialmente critico sulla motivazione) di L. Tullio, Interventi interpretativi della Corte di giustizia europea sul Reg. (CE) n. 261/2004, in Estudios de derecho aéreo: Aeronave y Liberalización, Madrid–Barlona-Buenos Aires, 2009, 303. La sentenza è invece duramente criticata da altri autori, che lamentano, appunto, la violazione dell’(inesistente) principio dell’esclusività dell’azione: J. Wegter, The ECJ Decision of 10 January 2006 on the Validity of Regulation 261/2004: Ignoring the Exclusivity of the Montreal Convention, in Air & Sp. L., 2006, 133.

 

[14] Al riguardo, a quanto consta, resta ancora valida l’efficace sintesi di N. Koukakos, Sindrome, cit., 166, «… jamais personne n’a pu obtenir, officiellement tout au moins, une quelconque imdemnisation». V. anche M.F. Morsello, A saúde do passageiro, cit., con i richiami di cui alle note 8, 9, 10 e 11; con riferimento alla Germania, v. W. Müller-Rostin, DVT Claim Dismissed by German Court, in Air & Sp. L., 2002, 151.

 

[15] Come tale richiamata da M. Clarke, Deep Vein Trombosis (DVD): a Misfortune but not an Accident – End of the Runway in England – A note on the decision of the House of Lords, 12 August 2005 Re Deep Vein Trombosis and Air Travel Group Litigation, in Unif. L. Rev., 2006, 187, ivi, 188.

 

[16] Scherer v. Pan American World Airways, Inc., 54 App. Div. 2d 636, 387 N. Y. S. 2d 580 (1976).

 

[17] Da ultimo, v. N.E. Luongo, Tratado de daños y perjuicios en el transporte aéreo, Buenos Aires, 2009, 231. Deve peraltro darsi atto che ancora non definitivamente chiusa alla possibilità di ammettere un risarcimento appare, invece, la dottrina giuridica che ha trattato la problematica, in assenza di una casistica giurisprudenziale nazionale: V., ad esempio, M.J. Guerrero Lebrón, La responsabilidad contractual del porteador aéreo en el transporte de pasajeros, Valencia, 2005, 133 ss.

 

[18] Trib. Varese, Sez. Busto Arsizio, 3 febbraio 2009, n. 399, relativa ad una passeggera deceduta dopo un volo fra Shangai e Milano Malpensa, in Riv. dir. nav., 2010, 384, con nota di S. Pollastrelli, Il risarcimento del danno da sindrome da classe economica, ivi, 393, oppure in Dir. trasp., 2010, 453, con nota di E. Cargniel, Trombosi nel trasporto aereo: nesso di causalità e nozione di incidente, ivi, 459.

 

[19] Si tratta di Trib. Roma, 28 marzo 2009, n. 9155, relativa ad una passeggera di un volo intercontinentale Roma-Parigi-San Francisco, in Dir. trasp., 2010, 473. Tuttavia se ne può leggere una sintesi in G. Guerreri, Italian Court Denies Recovery for Celebral Haemorrhage Followung 18.5-Hour Journey, in Air & Sp. L., 2010, 79.

 

[20] Per quanto concerne i trasporti aerei non «internazionali», ai sensi delle Convenzioni di Varsavia del 1929 e di Montreal del 1999, è da dire che non risultano decisioni dei tribunali italiani basate esclusivamente sul diritto interno. D'altro canto, l'ambito dei trasporti a medio e lungo raggio (ovvero quelli in cui è più probabile che possano crearsi i presupposti della trombosi venosa profonda) che ricadano esclusivamente nell'ambito di applicazione della legge italiana, sembra alquanto circoscritto. Infine c'è da osservare che, quanto meno dopo l'entrata in vigore della riforma della parte ed aeronautica del codice della navigazione (decreti legislativi 96 del 2005 e 151 del 2006), la vicenda dovrebbe essere comunque decisa alla stregua della medesima disciplina di diritto uniforme, alla stregua del rinvio operato dall'articolo 941 del codice della navigazione, nel testo oggi in vigore, che la richiama, unitamente al diritto comunitario.

 

[21] V. in generale S. Bariatti, L'interpretazione delle convenzioni internazionali di diritto uniforme, Padova, 1986, spec. 62 ss.; cfr. anche E. Du Pontavice, L'interprétation des conventions internationales portant loi uniforme dans les rapports internationaux, in A.A.S.L., 1982, 2, ivi 16 ss. Si tratta di questione di particolare evidenza per l’interpretazione delle convenzioni di diritto uniforme dei trasporti: v. sul punto F. Berlingieri, Sulla interpretazione delle convenzioni internazionali e sull’esonero per danni da incendio, in Dir. maritt., 1987, 380.

 

[22] Esso non implica, peraltro, un dovere del giudice italiano di attenersi acriticamente all’interpretazione del testo fornita nelle altre giurisdizioni in decisioni precedenti, ma soltanto quello di non ignorare la lettura fornita da quelle precedenti decisioni: così A. Giardina, Il ruolo delle convenzioni internazionali nella nuova normativa, in Aa. Vv., La riforma del diritto internazionale privato, atti della giornata di studio di Milano del 28 ottobre 1995, Milano, 1996, 17, ivi 23 ss.

 

[23] A suo tempo, sulla nozione di «incidente» (e sulla carenza di una definizione nei testi di diritto uniforme privato, in cui pure la nozione rileva) v. A. Bauza Araujo, Del acidente aviatorio y su problematica juridica, Montevideo, 1973, 7 ss.; da ultimo, v. M.F. Morsello, Responsabilidade civil no Transporte Aéreo, São Paulo, 2006, 58 ss.

 

[24] Per una sintesi sul punto, v. M.J. Guerriero Lebrón, La responsabilidad contractual del porteador aéreo en el transporte de pasajeros, Valencia, 2005, 126 ss.

 

[25] Si tratta di un’indicazione tutt’altro che pacifica. Per un’autorevole critica, v. F.N. Videla Escalada, Manual de derecho aaeronáutico, Buenos Aires, 1996, 501, nonché M. De Juglart, traité de droit aérien, I, a cura di E. du Pontavice, J. Dutheil de la Rochère e G.M. Miller, Paris, 1989, 1116. Circa la nozione di «incidente» nell’Annesso 13, anche in relazione all’art. 26 della Convenzione di Chicago, v. W.-H. Park, Use of the term «Accident» and «Incident» in Air Law, in A.A.S.L., 1990, 193, ivi, 194.

 

[26] Ed a tale precedente, nel riferirsi alla sindrome della classe economica, fa richiamo la più diffusa manualistica. V. I. Diederiks Vershoor, An Introduction to Air Law, Deventer, 2006, 131.

 

[27] U.S. Supreme Court, 4 marzo 1985, 470 U.S. 392 (1985).

 

[28] Nella giurisprudenza italiana, in termini analoghi nel decisum a Air France v. Saks, v., con riferimento alla rottura di un timpano subito da un passeggero, Cass., 15 febbraio 2006, n. 3285, in Dir. trasp., 2007, 507, con nota di W. Pagliei, La colpa del passeggero nel trasporto aereo, ivi, 509. V., anche per ulteriori richiami alla letteratura in lingua italiana, le considerazione, riferite a tale ultima sentenza, di N. Liberatoscioli, La nozione di accident per il risarcimento dei danni al passeggero aereo, in Dir. turismo, 2008, 259. Nella medesima direzione di Air France v. Saks, rispetto ad un caso simile, in Francia, v. Cass. Fr., 6 dicembre 1988, in Rev. fr. dr. aér., 1988, 381. Per l’esclusione della responsabilità della compagnia aerea rispetto ad un caso di morte del passeggero sopravvenuta in conseguenza di un malessere nella fase di atterraggio, alla stregua del diritto interno francese (che, all’epoca, rinviava alla Convenzione di Varsavia), v. App. Aix-en-Provence, 6 novembre 2002, in Rev. fr. dr. aér., 2002, 411. Nella giurisprudenza inglese, con riferimento al caso di un passeggero scivolato nella cabina dell’aeromobile, v., Barclay v. British Airways Plc [2008] EWCA Civ 1419 (su cui v., in senso conforme, T. Marland, Court of appeal Does Not Put a Foot Wrong, in Air & Sp. L., 2009, 135); per un’analoga conclusione della giurisprudenza statunitense rispetto ad un passeggero inciampato su un bagaglio nel corridoio, durante l’imbarco: Sethy v. Malev-Hungarian Airlines, 2000 US Dist. Lexis 1206 (SDNY, 2000).

 

[29] V., in proposito, M.J. Guerriero Lebrón, La responsabilidad contractual del porteador aéreo en el transporte de pasajeros, cit., 120. Avverte E. Mapelli Lopez, El contrato de transporte aéreo internacional. Commentarios al Convenio de Varsovia, Madrid, 1968, 160, «La palabra accidente, en la forma en que la emplea el Convenio de Varsovia, no debe entenderse en relación con la aeronave ni aun siquiera con el viaje, sino contemplando directamente la persona del pasajero».

 

[30] Cfr. L. Goldhirsh, Definition of «Accident». Revisiting Air France v. Saks, in Air & Sp. L., 2001, 86.

 

[31] V. al riguardo, nella letteratura italiana, S. Busti, Contratto di trasporto aereo, Milano, 2001, 417. J. De Paz Martín, La responsabilidad en el transporte aéreo internacional, Madrid, 2006, 263, sul punto si limita ad auspicare una lettura ampia della nozione di «incidente», tale da non rendere vana l’affermazione (nella Convenzione di Montreal) di criteri oggettivi per l’imputazione della responsabilità del vettore aereo di persone.

 

[32] Per l’esclusione della responsabilità del vettore per la morte del passeggero intervenuta per un malessere sopravvenuto a bordo, nel corso del trasporto, nella giurisprudenza francese: Trib. Grand Instance Marseille, 3 settembre 1997, in Rev. fr. dr. aér., 1999, 146.

 

[33] Sull’individuazione di tale arco spazio-temporale, v. da ultimo U. La Torre, La responsabilità per le operazioni di imbarco e sbarco nel trasporto aereo di persone, in Trasporto aereo e tutela del passeggero nella prospettiva europea, a cura di L. Masala e E.G. Rosafio, atti del convegno di Sassari del 15-16 aprile 2005, Milano, 2006, 153, ivi 161 ss.

 

[34] Da ultimo, N.E. Luongo, Tratado de daños y perjuicios en el transporte aéreo, cit., 231; contra S. Busti, Contratto di trasporto aereo, cit., 418.

 

[35] V. il testo pubblicato nel volume 40 Años de Alada la Asociación Latino Americana de Derecho Aeronáutico y Espacial y sus cuatro décadas de vida académica, a cura di M.O. Folchi, Buenos Aires, s.d., 147 ss.

 

[36] Olympic Airways v. Husain, 540 U.S. 644 (2004) [U.S. Supreme Court, 24 febbraio 2004], anche in Dir. trasp., 2006. 603, con nota di M.M. Comenale Pinto, Nozione di «incidente» e condotte omissive del vettore e dei suoi preposti nel trasporto aereo internazionale di persone, ivi, 609 e in Dir. mar., 2006, 930, con nota di L. Palmieri, Ancora sulla nozione di «accident» in base alla Convenzione di Varsavia, ivi, 931.

 

[37] V. R. Abeyratne, Aviation and Social Responsibility, cit., 65.

 

[38] V. M. Clarke, Deep Vein Trombosis (DVD), cit., 191, che richiama l’opinione espressa da Lord Phillips, nel caso Re Deep Vein Trombosis and Air Travel Group Litigation.

 

[39] Anzi, la lettura restrittiva seguita dalla giurisprudenza sembra trovare conforto nella formulazione della norma di delimitazione del fatto che poteva determinare il danno risarcibile, adottata dalla Convenzione di Montreal, che, non ha seguito la via tracciata dal mai entrato Protocollo di emendamento della Convenzione di Varsavia, adottato a Guatemala City nel 1971. Quest’ultimo aveva sostituito il termine «fait» a quello di «accident», cui aveva fatto originariamente ricorso il legislatore di diritto uniforme nel 1929: cfr. M. Donato, sub Artículo 17, in Transporte aéreo internacional, cura di M.O. Folchi, Buenos Aires, 2002, 191, ivi, 192.

 

[40] Cass., 15 febbraio 2006, n. 3285, cit.

 

[41] Nel senso della natura contrattuale della responsabilità del vettore, v. per tutti F.N. Videla Escalada, Manual de derecho aaeronáutico, Buenos Aires, 1996, 534.

 

[42] Per qualche riferimento, v. S. Zunarelli – M.M. Comenale Pinto, Manuale di diritto della navigazione e dei trasporti, I, Padova, 2009, 223 (per la disciplina del codice civile) e 263 (per il trasporto marittimo di passeggeri che ricade nella disciplina del codice della navigazione).

 

[43] Olympic Airways v. Husain, cit.

 

[44] S. Ferrarini, Le assicurazioni aeronautiche, in Assic., 1985, I, 511, ivi, 516.

 

[45] L’esigenza di introdurre uno strumento analogo era stata, a suo tempo, segnalata dalla dottrina anche per il trasporto aereo non di linea: M. Grigoli, La tutela assicurativa dei passeggeri di volo «charter», in Dir. aereo, 1977, 48. Ad estendere gli obblighi assicurativi anche ai vettori aerei non di linea provvide poi effettivamente l’art. 3 della l. 11 dicembre 1980, n. 862, con disposizione che, tuttavia, aveva sollevato le perplessità della dottrina, per il fatto che il legislatore aveva omesso di provvedere contestualmente all’elevazione del massimale: v. G. Romanelli, Legge 11 dicembre 1980, n. 862 - Disciplina dei servizi aerei non di linea ed interpretazione di disposizioni del codice della navigazione, in Nuove leggi civ., 1982, 177, ivi, 182.

 

[46] Cfr. M. Grigoli, L’assicurazione obbligatoria dei passeggeri, Milano, 1971, 112 ss.

 

[47] Cfr. A. Giannini, Il movimento internazionale per la disciplina giuridica delle assicurazioni aeronautiche, già pubblicato in Assic., 1934, ora in Nuovi Saggi di diritto aeronautico, II, Milano, 1940, 459 (ed ivi, 470 s., per la copertura degli infortuni dei passeggeri nel trasporto aereo); E. Fanara, Le assicurazioni aeronautiche, I, Reggio Calabria, 1976, 545 ss.

 

[48] Per spunti di diritto comparato, cfr. E. Fanara, Le assicurazioni aeronautiche, I, cit., 548 ss.

 

[49] V. al riguardo le considerazioni di G. Mastrandrea – L. Tullio, Il compimento della revisione della parte aeronautica del codice della navigazione, in Dir. mar., 2006, 699, ivi, 729.

 

[50] Cfr. A. Antonini, La tutela assicurativa del passeggero nel trasporto aereo di persone, in Dir. prat. av. civ., 2/1990, 328, ivi, 329. In tema, v. anche E.G. Rosafio, Considerazioni sull'assicurazione della responsabilità del vettore aereo di persone, in Nuovi profili di responsabilità e di assicurazione nel diritto aeronautico - Nuevos enfoques de la responsabilidad y del seguro en el derecho aeronáutico, a cura di L. Tullio, Napoli, 2009, 307, ivi, 308; S. Vernizzi, Brevi note sul nuovo assetto delle assicurazioni aeronautiche a seguito dei decreti legislativi nn. 06/2005 e 151/2006, in Resp. Civ. prev., 2006, 1946, ivi, 1949.

 

[51] V. al riguardo le incisive e convincenti considerazioni di E.G. Rosafio, Considerazioni sull'assicurazione della responsabilità del vettore aereo di persone, cit., 310 ss. Una valutazione sull’opportunità di un adeguamento del regime di assicurazione infortuni (piuttosto che la sua integrale sostituzione con un regime di assicurazione di responsabilità del vettore) sembra implicito in E. Fogliani, Le assicurazioni del trasporto aereo, ne I nuovi contratti nella prassi civile e commerciale, a cura di Cendon, XVII - Trasporto, Torino, 2004, 172, ivi, 174. Per considerazioni sulle ragioni che portavano a ritenere il meccanismo dell’assicurazione infortuni preferibile, per la salvaguardia degli interessi dei passeggeri, rispetto all’assicurazione di responsabilità del vettore, nel quadro originale del codice della navigazione, in cui il regime di responsabilità vettoriale era ispirato ai meccanismi della Convenzione di Varsavia del 1929: M. Grigoli, L’assicurazione obbligatoria, cit., 304 ss. (d’altronde, l’assicurazione obbligatoria doveva essere stipulata anche per i trasporti internazionali assoggettati alla Convenzione di Varsavia, ove fosse comunque applicabile il diritto italiano: G. Romanelli, Le norme regolatrici del trasporto aereo internazionale nell’ordinamento italiano, in Riv. dir. nav., 1954, I, 166, ivi, 195; Id., Il trasporto aereo di persone, Padova, 1966, 190 s.; E. Fanara, Le assicurazioni aeronautiche, I, cit., 574; S. Nisio, Assicurazione dei passeggeri (dir. nav.), in Enc. dir., III, Milano, 1958, 573, ivi, 579).

 

[52] È appena il caso di osservare che l’introduzione di un obbligo di assicurazione di responsabilità del vettore non era affatto incompatibile con il mantenimento del regime di assicurazione obbligatoria infortuni per i passeggeri: cfr. G. Romanelli, Il regime di responsabilità del vettore aereo per infortunio al passeggero in base al Regolamento CE del Consiglio n. 2027/97, in Studi in memoria di Maria Luisa Corbino, Milano, 1999, 749, ivi, 769; E.G. Rosafio, Considerazioni sull'assicurazione della responsabilità del vettore aereo di persone, cit., 312; G. Silingardi, commento alla l. 7 luglio 1988, n. 274, in Nuove leggi civ. comm., 1989, 783. Era stata del resto opportunamente contestata (E. Fogliani, Le assicurazioni del trasporto aereo, cit., 175) la tesi che ipotizzava la tacita abrogazione (per effetto dell’introduzione degli obblighi assicurativi di responsabilità del vettore ex art. 3, reg. 2027/97) degli obblighi assicurativi di cui all’art. 941 cod. nav. (tesi sostenuta da M. Piras, L’assicurazione della responsabilità del vettore aereo di persone, in Dir. trasp., 2001, 462, ivi, 471; apparentemente in senso analogo v. anche R. Capotosti, Criteri di «ragionevolezza» e obbligo di assicurazione della responsabilità civile del vettore aereo comunitario per i danni ai passeggeri, in Assic., 1997, II, 244).

 

[53] Cfr. M. Grigoli, L’assicurazione obbligatoria, cit., 85 ss.

 

[54] Rel. min. cod. nav., § 630.

 

[55] V. sul punto i rilievi di A. Antonini, La tutela assicurativa del passeggero nel trasporto aereo di persone, cit., 330 ss.

 

[56] Per la tendenziale non copertura del rischio, nelle odierne polizze di assicurazione del rischio del viaggio, v. M. Clarke, Deep Vein Trombosis (DVD), cit., 196.

 

[57] Su cui v. il commento di G. Silingardi, cit., 777.

 

[58] Per quanto concerne l’ambito di applicazione, ci si potrebbe rifare a quello del medesimo regolamento 785/2004/CE, ovvero prevederne l’applicabilità «a tutti i vettori aerei e a tutti gli esercenti di aeromobili che effettuino voli all'interno del territorio di uno Stato membro cui si applica il trattato, a destinazione o in provenienza dallo stesso, o che lo sorvolano» (cfr. art. 1 regolamento 785/2004/CE). In generale sul regolamento CE/785/2004, v. C. Severoni, Requisiti assicurativi minimi nell’assicurazione di responsabilità del vettore aereo, in Dir. trasp., 2004, 769.